Adriano Olivetti

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Adriano Olivetti nel 1957

Adriano Olivetti (1901 – 1960), imprenditore, ingegnere e politico italiano.

Citazioni di Adriano Olivetti[modifica]

  • C'è una crisi di civiltà, c'è una crisi sociale, c'è una crisi politica. L'ingranaggio della società che è stato rotto nell'agosto 1914 non ha mai più funzionato, e indietro non si torna. Come possiamo contribuire a costruire quel mondo migliore che anni terribili di desolazione, di tormenti, di disastri, di distruzione, di massacri, chiedono all'intelletto e al cuore di tutti?[1]
  • Chi opera secondo giustizia opera bene e apre la strada al progresso. Chi opera secondo carità segue l'impulso del cuore e fa altrettanto bene, ma non elimina le cause del male che trovano luogo nell'umana ingiustizia.[2]
  • Conoscevo la monotonia terribile e il peso dei gesti ripetuti all'infinito davanti a un trapano o a una pressa, e sapevo che era necessario togliere l'uomo da questa degradante schiavitù. Bisognava dare consapevolezza di fini al lavoro.[1]
  • Ho cercato di portare avanti la missione per far finire il regno del denaro nella società industriale.[3]
  • Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo.[1]
  • La Comunità sarà un valido, nuovo strumento di autogoverno, essa nascerà come consorzio di comuni. E le Comunità, federate, daranno luogo, esse sole, alle Regioni e allo Stato.[2]
  • Molte coscienze inquiete sono oggi in crisi, in una crisi dolorosa, perché per esse i partiti non hanno rispettato la verità, non hanno avuto tolleranza e hanno in qualche modo tradito gli stessi ideali dai quali erano nati.[2]
  • Percorsi rapidamente, in virtù del privilegio di essere il figlio del principale, una carriera che altri, sebbene più dotati di me, non avrebbero mai percorsa. Imparai i pericoli degli avanzamenti troppo rapidi, l'assurdo delle posizioni provenienti dall'alto.[1]

Adriano Olivetti: Un secolo troppo presto[modifica]

  • Beh, ecco, se mi posso permettere, spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande.[4]
  • Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.[5]
  • La fabbrica non può guardare solo all'indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l'uomo, non l'uomo per la fabbrica, giusto? Occorre superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria e agricoltura, produzione e cultura. A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza.[4]
  • Abbiamo portato in tutti i paesi della comunità le nostre armi segrete: i libri, i corsi culturali, l'assistenza tecnica nel campo della agricoltura. In fabbrica si tengono continuamente concerti, mostre, dibattiti. La biblioteca ha decine di migliaia di volumi e riviste di tutto il mondo. Alla Olivetti lavorano intellettuali, scrittori, artisti, alcuni con ruoli di vertice. La cultura qui ha molto valore.[4]
  • Alla fine del fascismo la maggior parte degli intellettuali vedeva nei partiti uno strumento di libertà. Io no. Sono organismi che selezionano personale politico inadeguato. Un governo espresso da un Parlamento così povero di conoscenze specifiche non precede le situazioni, ne è trascinato. Ho immaginato una Camera che soddisfi il principio della rappresentanza nel senso più democratico; e poi sappia scegliere ed eleggere un senato composto delle persone più competenti di ogni settore della vita pubblica, della economia, dell'architettura, dell'urbanistica, della letteratura.[4]

Adriano Olivetti: Il mondo che nasce[modifica]

  • Tutti i dipendenti hanno diritto di usufruire dei servizi sociali offerti gratuitamente dall'azienda, senza che questo debba essere inteso come una generosa elargizione del datore di lavoro: i servizi sono un dovere che deriva dalla responsabilità sociale dell'azienda. La civiltà di un popolo si riconosce dal numero, dall'importanza, dall'adeguatezza delle strutture sociali, dalla misura in cui è esaltato e protetto tutto ciò che serve alla cultura e in una parola all'elevamento spirituale e materiale dei nostri figli: ma questo apparato sociale è ancora il privilegio di pochi. La marcia inesorabile verso il massimo profitto, salvo poche eccezioni, è ancora la regola più evidente della nostra economia.

Citazioni su Adriano Olivetti: Un secolo troppo presto[modifica]

  • Forse il più bel testo di politica contemporanea. (Furio Colombo)

Citazioni su Adriano Olivetti[modifica]

  • A ben pensarci l'impatto grandissimo che Adriano Olivetti e la sua fabbrica di Ivrea hanno sulla cultura italiana del dopoguerra è che in buona sostanza sono l'unico fatto veramente nuovo, che segna un distacco netto dalla cultura tradizionale italiana: la scoperta della cultura industriale anzi della civiltà industriale. (Giorgio Bocca)
  • Una cosa che manda in bestia la cultura tradizionale e il padronato è che Olivetti si comporta come un principe rinascimentale: invece di fermarsi agli ingegneri e ai tecnici per fabbricare macchine per scrivere, lui raccoglie attorno a sé architetti, pittori, disegnatori industriali, giornalisti, letterati perché ha fatto un'altra scoperta scandalosa per l'Italia di allora: che la libera circolazione delle idee e dei talenti è necessaria alla produzione quanto la competenza tecnica. (Giorgio Bocca)

Natalia Ginzburg[modifica]

  • Fra questi amici ce n'era uno che si chiamava Olivetti, e io ricordo la prima volta che entrò in casa nostra, vestito da soldato perché faceva in quel tempo il servizio militare. Adriano aveva allora la barba, una barba incolta e ricciuta, di un colore fulvo; aveva lunghi capelli biondo fulvi, che si arricciolavano sulla nuca ed era grasso e pallido. La divisa militare gli cadeva male sulle spalle, che erano grasse e tonde; e non ho mai visto una persona, in panni grigio verdi e con pistola alla cintola, più goffa e meno marziale di lui. Aveva un'aria molto malinconica, forse perché non gli piaceva niente fare il soldato; era timido e silenzioso, ma quando parlava, parlava allora a lungo e a voce bassissima, e diceva cose confuse ed oscure, fissando il vuoto con i piccoli occhi celesti, che erano insieme freddi e sognanti.
  • Io ricorderò sempre, tutta la vita, il grande conforto che sentii nel vedermi davanti, quel mattino, la sua figura che mi era così familiare, che conoscevo dall'infanzia, dopo tante ore di solitudine e paura, ore in cui avevo pensato ai miei che erano lontani, al Nord, e che non sapevo se avrei mai riveduto; e ricorderò sempre la sua schiena china a raccogliere, per le stanze, i nostri indumenti sparsi, le scarpe dei bambini, con gesti di bontà umile, pietosa e paziente. E aveva, quando scappammo da quella casa, il viso di quella volta che era venuto da noi a prendere Turati, il viso trafelato, spaventato e felice di quando portava in salvo qualcuno.
  • Lo incontrai a Roma per la strada, un giorno, durante l'occupazione tedesca. Era a piedi; andava solo, con il suo passo randagio; gli occhi perduti tra i suoi sogni perenni, che li velavano di nebbie azzurre. Era vestito come tutti gli altri, ma sembrava, nella folla, un mendicante; e sembrava, nel tempo stesso, anche un re. Un re in esilio, sembrava.

Note[modifica]

  1. a b c d Citato in Federico Rampini, Olivetti inedito, la Repubblica, 27 aprile 2013, p. 45.
  2. a b c Citato in Salvatore Settis, Democrazia molecolare, Il Sole 24 Ore, 28 aprile 2013, p. 29.
  3. Citato in Lo sceneggiato "povero" sulla ricca figura di Adriano Olivetti, quotidianodellumbria.it, 21 ottobre 2016.
  4. a b c d Citato in Furio Colombo, L'Olivetti dei sogni perduti, IlFattoQuotidiano.it, 27 novembre 2011.
  5. Citato in Comunicato stampa fumetto Olivetti, FondazioneAdrianOlivetti.it.

Bibliografia[modifica]

  • Marco Peroni e Riccardo Cecchetti, Adriano Olivetti: Un secolo troppo presto, BeccoGiallo, Padova, 12 ottobre 2011. ISBN 978-88-9755-501-8

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