Alain-René Lesage

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Alain-René Lesage

Alain-René Lesage o Le Sage (1668 – 1747), romanziere e commediografo francese.

Il diavolo zoppo[modifica]

Incipit[modifica]

Una notte d'ottobre copriva di fitte tenebre la celebre città di Madrid: già la gente, ritiratasi in casa, lasciava le strade libere agli amanti che volessero cantare le loro pene o le loro gioie sotto il verone delle amate; già il suono delle chitarre inquietava i padri e metteva in allarme i mariti gelosi: insomma era quasi mezzanotte, quando don Cleofas Leandro Perez Zambullo, studente d'Alcalà, sbucò all'improvviso dall'abbaino di una casa, dove il figlio indiscreto della dea di Citera lo aveva fatto entrare. Nel tentativo di conservare la vita e l'onore, cercava di sfuggire a tre o quattro spadaccini che lo inseguivano da presso per ucciderlo, o per fargli sposare a forza la dama con la quale lo avevano giustappunto sorpreso.

Citazioni[modifica]

  • [...] ci riconciliarono; ci abbracciammo e da allora siamo nemici mortali. (Asmodeo; p. 20)
  • Vorrei proprio [...] che un medico presenziasse ai funerali del malato, così come, in Francia, il giudice assiste all'esecuzione del colpevole da lui stesso condannato. (Zambullo; p. 229)

Storia di Gil Blas di Santillana[modifica]

Incipit[modifica]

Originale[modifica]

Blas de Santillane, mon pere, aprés avoir long-temps porté les armes pour le service de la Monarchie Espagnole, se retira dans la ville où il avoit pris naissance. Il y épousa une petite bourgeoise, qui n'estoit plus dans sa premiere jeunesse, et je vins au monde dix mois aprés leur mariage. Ils allerent ensuite demeurer à Oviedo, où ma mere se fit femme de chambre et mon pere Ecuyer. Comme ils n'avoient pour tout bien que leurs gages, j'aurois couru risque d'estre assez mal élevé, si je n'eusse pas eu dans la ville un oncle Chanoine. Il se nommoit Gil Perez. Il estoit frere aîné de ma mere et mon parrain. Representez-vous un petit homme haut de trois pieds et demi, extraordinairement gros, avec une teste enfoncée entre les deux épaules: voila mon oncle. Au reste, c'estait un Ecclesiastique qui ne songeoit qu'à bien vivre, c'est à dire qu'à faire bonne chere; et sa Prebende, qui n'estoit pas mauvaise, lui en fournissoit les moyens.[1]

Giulio Monti[modifica]

Blas di Santillano mio padre, dopo di essere stato lungo tempo al servigio dell'Arma della Monarchia Spagnuola, ritirossi poi in quella Città, dove avea egli avuto i suoi natali: Ivi maritossi con una cittadina ordinaria, che più non era nel primo fiore di gioventù, ed io nacqui dieci mesi dopo il loro maritaggio: Andarono poi questi ad abitar in Oviedo dove s'impiegarono, mia Madre per Cameriera, e mio Padre per Bracciere. Quindi non avend'essi altri beni di fortuna, che il loro salario, sarei io stato in evidente pericolo di essere malamente allevato, se in questa Città non avessi avuto un Zio Canonico chiamato Gil Perez, fratello primogenito di mia madre, che m'aveva tenuto al Battesimo. Figuratevi un uom di picciola statura, non alto più di tre piedi e mezzo, grosso fuor di misura, con una testa sepolta fra tutte due le spalle. Ecco il Ritratto di mio Zio: era questi per altro un'Ecclesiastico, che non pensava, che a ben vivere: voglio dire a mangiar bene, e bever meglio, giacché la sua Prebenda, che non era tanto ordinaria, gliene somministrava i mezzi.[2]

Riccardo Bassi[modifica]

Mio padre, Blas di Santillana, dopo avere a lungo militato agli ordini della monarchia spagnola, si ritirò nella sua città natale. Qui sposò una ragazza non più molto giovane, di modeste condizioni, e dieci mesi dopo il matrimonio, venni alla luce io. In seguito i miei genitori si trasferirono a Oviedo, dove furono costretti a cercarsi una sistemazione; mia madre fece la cameriera, mio padre lo scudiero. Poiché non avevano altre entrate all'infuori del loro salario, io avrei corso il rischio di essere allevato piuttosto male se non avessi avuto, in quella città, uno zio canonico. Questi si chiamava Gil Perez. Era fratello maggiore di mia madre e mio padrino. Figuratevi un nanerottolo, alto tre piedi e mezzo, straordinariamente grasso, con la testa infossata fra le spalle: tale era mio zio. Per il resto, era un ecclesiastico che pensava soltanto a viver bene, cioè a mangiar molto, e questo gli era consentito da una prebenda più che discreta.

Citazioni[modifica]

Gil Blas e l'arcivescovo
  • Qui sta chiusa l'anima del dottor Pietro García. (Gil Blas a chi legge; 1885, vol. I, p. 1)
Aquí está encerrada el alma del licenciado Pedro Garcías.[3]
  • [...] ognuno desidera appropriarsi della roba altrui; è un istinto comune a tutti, soltanto il modo di appagarlo è diverso. (I, IV; 2000)
  • Io conosco i grandi: non valutano affatto lo zelo e l'affezione di un uomo onesto; non si preoccupano che delle persone che son loro necessarie. (I, XV; 2000)
  • Il mestiere di servitore è faticoso, è vero, per uno stolido, ma per un giovane che abbia dello spirito, è il più bel mestiere del mondo. Un giovane di gran talento, il quale si mette a servire, non fa il suo servizio materialmente come un balordo; anzi egli entra in una casa più per comandare che per servire. Comincia dallo studiare il carattere del suo padrone; procura di andargli a genio, adattandosi a' suoi difetti: in tal guisa guadagna la sua fiducia e lo mena poi pel naso. (Fabrizio: I, XVII; 1885, vol. I, p. 86)
  • [...] quel dottore è così sbrigativo, che non lascia tempo ai suoi ammalati di chiamare il notaio. (II, II; 2000)
  • Le feci osservare che [...] una donna manierosa e gentile poteva farsi amare senza l'ajuto della bellezza, e che all'opposto una bella persona senza affabilità e cortesia diventava un oggetto di disprezzo. (Marco Obregon: II, VII; 1885, vol. I, p. 133)
  • L'amore è un disordine mentale che ci trascina verso un determinato oggetto e ci incatena ad esso nostro malgrado: è una malattia che ci viene come la rabbia viene agli animali. (II, VII; 2000)
  • [...] se ella [la Giustizia] non fa morire gli innocenti, nondimeno osserva sì male, rispetto a loro, le leggi dell'ospitalità, che è sempre una cattiva cosa il soggiornare in casa sua. (Gil Blas: III, I; 1885, vol. I, p. 160)
  • [...] alla maldicenza non manca mai materia: la stessa virtù gliene somministra gli argomenti. (Gil Blas: III, I; 1885, vol. I, p. 160)
  • [...] se volessi dare a' miei vizi il nome di virtù, chiamerei la mia pigrizia una indolenza filosofica [...]. (Don Bernardo: III, I; 1885, vol. I, p. 167)
  • [...] è soltanto parlando a casaccio che un'infinità di persone pretendono di esser considerate menti elette. Vuoi esser brillante? Basta che ti abbandoni alla tua vivacità, e arrischi di dire la prima cosa che ti viene alla mente: la tua sventatezza verrà presa per nobile ardimento. Se poi ti capitasse di dire cento spropositi, purché ti salti fuori un motto di spirito, le tue stupidaggini verranno dimenticate, mentre la tua battuta verrà ricordata, e il tuo merito sarà tenuto in grande considerazione. (III, IV; 2000).
  • [...] un adulatore può tutto arrischiare con le persone altolocate che accettano le più sfacciate adulazioni! (IV, VII; 2000)
  • [...] uno di quegli uomini contegnosi, che vogliono passare per grandi geni, con silenzi che vorrebbero essere pieni di significato [...]. (IV, VIII; 2000)
  • Del resto, non credo di essere il primo confidente che abbia tradito il suo padrone in materia amorosa. (V, I; 2000)
  • [...] addio, signor Gil Blas, vi auguro ogni prosperità ed un poco più di buon gusto. (Arcivescovo: VII, IV; 1885, vol. I, p. 413)
  • [...] l'interesse sa operare della metamorfosi tanto quanto l'amore. (VII, VII; 2000)
  • Una donna scusa anche le cattive azioni commesse per la sua bellezza. (VII, VII; 2000)
  • Il piacere di discorrere è una delle più vive passioni delle donne. (VII, VII; 1885, vol. II, p. 6)
  • Il miracolo colpisce l'immaginazione, e, una volta che questo avviene, il ragionamento non serve più. (VII, IX; 2000)
  • [...] vivo contento e beato, perché penso di esserlo. (VII, XIII; 2000)
  • "Buon giorno, dissi nell'entrare, al signor Fabrizio, il fiore, o per dir meglio il fungo della nobiltà asturiana." (Gil Blas: VII, XIV; 1885, vol. II, p. 40)
  • Quando siamo sani ci facciamo beffe ordinariamente de' medici, ma quando siamo ammalati, ci sottomettiamo facilmente alle loro prescrizioni. (Gil Blas: VII, XVIVIII; 1885, vol. II, p. 52)
  • Dopo aver tante volte provato che la fortuna non mi aveva sì tosto rovesciato che subito mi rialzava, non avrei dovuto considerare lo stato infelice in cui mi trovava, se non come una occasione prossima di prosperità. (Gil Blas: VII, XVIVIII; 1885, vol. II, p. 56)
  • La grazia di un sovrano si rassomiglia al possesso d'una donna che si ama. È un bene, di cui uno è geloso, e non può risolversi a dividerlo con un rivale, per quanto sia a lui congiunto di sangue o di amicizia. (Duca di Lerma: VIII, IV; 1885, vol. II, p. 72)
  • Si forma spesso uno stretto legame fra due persone, che siano oppresse da una cattiva sorte. (Gil Blas: IX, V; 1885, vol. II, p. 144)
  • La voluttà non consiste nella squisitezza de' cibi ma essa è tutta in noi, e ciò tanto è vero, che i miei pasti più deliziosi non sono già quelli, nei quali vedo regnare la delicatezza e l'abbondanza. La frugalità è una sorgente di delizie maravigliosa per la salute. (Gil Blas: IX, IX; 1885, vol. II, p. 171)
  • Trovai il porto. Addio, speranza, addio, fortuna; abbastanza mi avete ingannato, ora ingannate altri. (IX, X)[4]
Inveni portum; Spes et Fortuna valete. | Sat me lusistis: ludite nunc alios.
  • Date un'occhiata ai medici più accreditati: hanno eglino forse questi rimorsi? No certamente, anzi seguono la loro professione con tranquillità, addossando alla natura i funesti accidenti, e facendosi onore d'ogni fortunato successo. (Scipione: X, I; 1885, vol. II, p. 181)
  • Non è mai saggio mettere in cantina l'ubriaco che ha smesso di bere. (X, VII; 2000)
  • Il cattivo esempio produce talvolta de' buonissimi effetti. (Scipione: X, XII; 1885, vol. II, p. 260)
  • Non basta che il cameriere piaccia al padrone, occorre anche che il padrone piaccia al cameriere; altrimenti stanno male insieme. (XII, IV; 2000)

Explicit[modifica]

Sono ormai tre anni, amico lettore, che conduco una vita deliziosa in compagnia di persone tanto care. Per colmo di soddisfazione, la Provvidenza si è degnata di concedermi due figli, dei quali mi ritengo modestamente il padre, e la cui educazione rappresenterà il divertimento della mia tarda età.

[Traduzione di Riccardo Bassi]

Note[modifica]

  1. (FR) Alain-René Lesage, Histoire de Gil Blas de Santillane, 4 voll., Pierre Ribou, Paris, 1715-1735, vol. I, 1715.
  2. Alain-René Lesage, Gil Blas di Santillano, 4 voll., Bortoli, Venezia, 1740, vol. I.
  3. Incisione su una lapide nella quale s'imbattono per strada due studenti. Uno ride all'idea di un'anima rinchiusa e prosegue il viaggio; l'altro, per chiarire il mistero, solleva la pietra: e scopre un tesoro. Con questo apologo l'Autore invita il lettore a prestare attenzione agl'insegnamenti morali contenuti nell'opera.
  4. Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto, Hoepli, Milano, 1921, p. 561, § 1680.

Bibliografia[modifica]

  • Alain-René Lesage, Il diavolo zoppo, traduzione di Idolina Landolfi, Fazi, Roma, 1996. ISBN 88-8112-022-4.
  • Alain-René Lesage, Istoria di Gil Blas di Santillana, 2 voll., traduzione di anonimo, Sonzogno, Milano, 1885, voll. I e II.
  • Alain-René Lesage, Storia di Gil Blas di Santillana, traduzione di Riccardo Bassi, in I grandi classici della letteratura straniera, 7 CD-Rom, Garzanti-Gruppo editoriale L'Espresso, Milano, 2000.

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