Alain de Benoist

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Alain de Benoist

Alain de Benoist (1943 – vivente), giornalista, filosofo e scrittore francese.

Citazioni di Alain de Benoist[modifica]

  • Un uomo politico può dire il contrario di quello che pensa, perché la finalità del discorso è accedere al potere. Ma un intellettuale non può farlo, perché la sua opera è la sola che resterà di lui.[1]

Citazioni in ordine temporale.

  • Ma non ci si occupa solamente dei vivi. Si fanno anche processi ai morti. Si rilegge l'intera storia sul registro dell'anacronismo, passando le opere del passato al vaglio delle idee che oggi sono di moda, senza tener conto dell'epoca né del contesto. Di volta in volta, Georges Bataille, Andrè Gide, George Orwell, Alexis Carrel, Ernest Renan, Georges Burqèzil, Emile Cioran, Mircea Eliade, Jean Genet, Antonin Artaud, Lèo Malet, Ezra Pound, Paul Morand, Colette, Baudelaire, Hemingway, Vladimir Nabokov, Montheriant, Carl Schmitt, Jack London, Marguerite Yourcenar, Heidegger, e persino Shakespeare, Voltaire, Balzac o Dostojevskij, per citarne disordinatamente solo alcuni, si vedono convocare a titolo postumo dinanzi a tribunali di carta che pretendono di operare una revisione della loro posizione nel mondo letterario o nella storia delle idee il che permette di togliere i loro nomi dalle targhe stradali o dalle facciate degli istituti scolastici a loro intitolati. L'epurazione del 1945 non è stata sufficiente. Le si aggiunge ogni giorno un post scriptum rifacendo il processo a Céline o trasformando Carrel in "precursore delle camere a gas", mentre ci sono avversari della pena di morte che esprimono pubblicamente il rimpianto di non poter fucilare Brasillach una seconda volta. Non si è del resto vista di recente la Banca di Francia rinunciare a raffigurare su una banconota l'effigie dei fratelli Lumiére, inventori del cinema, perché costoro avevano sostenuto il governo di Vichy – e questo nello stesso momento in cui all'Eliseo sedeva un uomo [Mitterrand, ndt] a suo tempo decorato dell'ordine della Francisque [istituito da Pètain per ricompensare chi aveva ben meritato ai suoi occhi, ndt]?[2]
  • Per quale ragione criminali che sostengono di fare il bene sono meno condannabili di criminali che sostengono di fare il male?[3]
  • I rivoltosi non hanno motivazioni fondamentalmente politiche o religiose. Essi incendiano le loro stesse scuole, i loro stessi ospedali, le automobili dei loro vicini. Praticano sui loro "territori" la politica della terra bruciata. Quello che esprimono è un'ostilità assoluta per tutto quello che, da vicino o da lontano, evoca l'autorità, le istituzioni, lo Stato o i pubblici poteri. La violenza a cui assistiamo in questi giorni è un lungo grido di odio, ma anche di disperazione, da parte di «giovani» che sono quasi tutti disoccupati, in situazione di fallimento scolastico e che constatano di non avere alcun posto in una società globale dove la povertà non cessa di avanzare, mentre le grandi società industriali vedono regolarmente aumentare i loro utili. Essi si ribellano perché constano questo, ma più si ribellano più arretrano. Per questi giovani ribelli, dediti fin dall'infanzia alla delinquenza e alla strada, semplicemente non c'è futuro. Una «vita normale» sembra un sogno inaccessibile. Molti pensano che tali rivolte segnino il fallimento della «società multiculturale». La formulazione è troppo facile. Contrariamente a quello che si afferma ovunque, noi non siamo in una società "multiculturale", ma in una società contemporaneamente multi-etnica e tristemente monoculturale (in cui la cultura si riduce ai valori mercantili e alla passione per il consumo).[4]
  • I partiti politici specializzati nella denuncia anti-immigratoria non sono nient'altro che partiti demagogici piccolo-borghesi, che cercano di capitalizzare sulle paure e sulle miserie del mondo attuale praticando la politica del capro espiatorio. L'esperienza storica ci ha mostrato verso cosa conducono tali flautisti! Bisogna adesso distinguere l'immigrazione e gli immigrati. L'immigrazione è un fenomeno negativo, in quanto è lei stessa il frutto della miseria e della necessità, e i seri problemi che pone sono ben conosciuti. È quindi necessario cercare, se non di sopprimerla, almeno di rimuovere il carattere troppo rapido e troppo massiccio che la caratterizza attualmente. È chiaramente evidente che non risolveremo i problemi del Terzo mondo invitando i suoi popoli a venire ad installarsi in massa nei paesi occidentali! Nello stesso tempo, bisogna avere uno sguardo più globale dei problemi. Credere che è l'immigrazione a minacciare principalmente l'identità collettiva del paese d'accoglienza è un errore. Ciò che minaccia le identità collettiva, è inanzitutto il tipo di esistenza che prevale oggi nei paesi occidentali e che rischia di estendersi progressivamente al mondo intero. Non è colpa degli immigrati se gli Europei non sono più capaci di dare al mondo l'esempio di un modo di vita che sia loro! L'immigrazione, da questo punto di vista, è una conseguenza prima di essere un causa: costituisce un problema perché, di fronte a degli immigrati che hanno spesso saputo conservare le loro tradizioni, gli Occidentali hanno già scelto di rinunciare alle loro. L'americanizzazione del mondo, l'omogeneità dei modi di produzione e di consumazione, i regno della merce, l'estensione del mercato planetario, l'erosione sistematica delle culture sotto l'effetto della mondializzazione mettono in pericolo l'identità dei popoli molto di più dell'immigrazione.[5]
  • Le stesse persone che trovano abbastanza normale che le vignette anti-musulmane appaiano in un "paese libero" accetterebbero la pubblicazione di vignette anti-ebraiche allo stesso modo? Chi riderebbe nel vedere Mohamet rappresentato in atteggiamenti equivoci o grotteschi ammetterebbe con la stessa facilità la diffusione mondiale di immagini pornografiche di Anne Frank? Direbbero che dopotutto sono solo caricature, suggerendo che coloro che si offendono sono eccessivamente "sensibili"? Lo sappiamo molto bene di no. Ci sono leggi nei paesi europei che sanzionano l'antisemitismo, ma non ce ne sono che sanciscono l'islamofobia. Per molti musulmani ci sono due pesi e due misure.
Les mêmes qui trouvent tout-à-fait normal que des caricatures antimusulmanes paraissent dans un "pays libre" accepteraient-ils de la même façon la publication de caricatures antijuives? Ceux qui rient de voir représenté Mohamet dans des postures équivoques ou grotesques admettraient-ils avec la même facilité la diffusion mondiale d'images pornographiques d'Anne Frank? Diraient-ils qu'il ne s'agit après tout que de caricatures, en laissant entendre que ceux qui s'en offusquent sont exagérément "susceptibles"? On sait bien que non. Il y a dans les pays européens des lois qui sanctionnent l'antisémitisme, mais il n'y en a aucune qui sanctionne l'islamophobie. Pour nombre de musulmans, il y a là deux poids et deux mesures.[6]
  • All'inizio del XXI secolo, che s'annuncia come il secolo dove il "fluido" (Zygmunt Bauman) tende a sostituire ovunque il solido, come l'effimero sostituisce il duraturo, come le reti sostituiscono le organizzazioni, le comunità le nazioni, i sentimenti transitori le passioni di un'intera vita, gli impegni puntuali le vocazioni immutabili, gli scambi nomadi i rapporti sociali radicati, la logica del Mare (o dell'aria) quella della Terra; si constata che l'uomo avrà consumato in un secolo riserve costituite dalla natura in trecento milioni d'anni. Se ne traggano le conclusioni.[7]
  • Perdita d'energia, fatica d'esser se stessi. Voglia d'oblio, non per ritrovare l'innocenza perduta, forse condizione di un nuovo inizio, ma per addormentarsi più agevolmente nel fragore del nichilismo, per ripiegarsi nel privato e nella comodità narcisistica dei consumi. La figura di Amleto rappresenta per Carl Schmitt l'estrema difficoltà di scelte esistenziali. L'indecisione deriva da una volontà inadeguata rispetto alla realtà: se la volontà è indecisa, c'è solo la casualità di un incontro col reale. La storia continua a svilupparsi su scala planetaria, per iniziativa propria o per volontà altrui. La politica è la storia in azione. Ma il grande disegno politico, che darebbe unità e speranza, dov'è? Essere o non essere? Amleto oggi è l'Europa.[8]
  • I nordici hanno potuto fondare culture solo contro il loro ambiente. Ne hanno dedotto che l'esistenza umana s'opponga al mondo e che gli ostacoli naturali si vincano solo con la razionalità tecnica. L'universo dell'industrializzazione generalizzata, della crescita a ogni costo, dell'efficienza meccanica, del calcolo tecnologico, è un universo formatosi nel nord. Anche l'individualismo viene oggi da quel nord che, nonostante radure e foreste, ha dimenticato i valori organici della comunità, del clan, dell'onore e del disonore, anche della sensualità, tuttora valori-chiave nell'ambito mediterraneo. Da qui lo stereotipo dell'oriente mistico, arcaico e superstizioso (Edward Said ha dimostrato come essa sia un'invenzione occidentale), antagonista dell'occidente razionalista, moderno e emancipato.[9]
  • Si snatura la democrazia facendo dimenticare che essa è una forma di regime politico, prima che una forma di società. Si snatura la democrazia presentando come democratici tratti di società – come la ricerca d'una crescita illimitata di beni e merci – inerenti invece alla logica dell'economia capitalista: «democratizzare» significherebbe produrre e vendere a ceti sempre più larghi prodotti dal forte valore aggiunto. Si snatura la democrazia favorendo condizioni per il caos istituzionalizzato, reso sacro come solo ordine possibile, come esito di una necessità storica davanti alla quale ognuno, per «realismo» («il buon senso delle canaglie», lo chiamava Bernanos), dovrebbe piegarsi... L'ideale della governance, il modo di rendere non democratica la società senza affrontare la democrazia: senza sopprimerla formalmente, si lavora a un sistema di governo senza popolo. Se del caso, contro.[10]
  • La dolce vita testimonia con estrema sensibilità non il crollo della religiosità, ma della sua facciata ben pensante. Scandaloso non era il film, era ciò che denunciava.[11]

Note[modifica]

  1. Citato in Marcello Veneziani, Imperdonabili, Venezia, 2017, p. 373, ISBN 978-88-317-2858-4
  2. Da Pensiero unico e censura, Diorama letterario, gennaio 1998.
  3. Citato da Libero, 22 giugno 2003, pag. 7.  Indicare titolo articolo Indicare titolo articolo
  4. Da La Francia va a fuoco?, Tribune libre, 7 novembre 2005.
  5. C'est-à-dire, Les Amis d'Alain de Benoist, 2006.
  6. Da Liberte D'Expression Et Respect Des Croyances, alaindebenoist.com, Éléments, nº 120, 2006, p. 7.
  7. Da Non sprechiamo il passato, Il giornale, 4 dicembre 2007.
  8. Da Europa, patria del dubbio, Il giornale, 27 giugno 2008.
  9. Da Un piccolo mare che può regalare un grande futuro, Il giornale, 19 luglio 2008.
  10. Da Uso e abuso della democrazia, Il giornale, 17 agosto 2008.
  11. Citato in Maurizio Cabona, A cinquant'anni la Dolce Vita non è ancora finita, il Giornale.it, 30 gennaio 2010.

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