Alfred Kubin

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Alfred Kubin (1904)

Alfred Leopold Isidor Kubin (1877 – 1959), illustratore, litografo, pittore e scrittore austriaco.

Disegnatore di sogni[modifica]

  • Nella confusione del mondo, l'arte ci garantisce il miracolo di un'intima vicinanza al divino. (1924; p. 43)
  • Il mondo mi appare come un dedalo in cui voglio orientarmi, e devo farlo come disegnatore. (1924; p. 44)
  • La nostra condizione è sempre più incerta e inquietante. Che vittoria allora è l'irrealtà, unica via d'uscita possibile! Di tanto in tanto, almeno, possiamo sfuggire alle dispute che ci torturano continuamente, e il cuore e la testa possono trovare ciò che davvero desiderano. (1931; p. 70)
  • Per me esiste, difatti, un solo male: dover vivere senza poter creare! (1931; p. 73)
  • Doversi dedicare controvoglia a una tema è come doversi nutrire con cibo disgustoso e insipido. (1933; p. 91)
  • Saper disegnare è un dono molto spesso invidiato. Dover disegnare perché si è interiormente spinti a farlo costituisce un destino. (1949; p. 103)
  • Le mie parole vogliono esortare i giovani disegnatori a non vacillare quando si fa sentire la confusione sterile dei molteplici carichi quotidiani. (1949; p. 106)

L'altra parte[modifica]

  • Tra i miei amici di gioventù c'era un tipo strano, la cui storia è ben degna di essere sottratta all'oblio. (p.13) [1]
  • Ero sempre andato soggetto a improvvisi e radicali cambiamenti d'umore. Da questa particolare disposizione nervosa, ereditata da mia madre, ritraevo le più grandi gioie, ma anche i più amari tormenti. (p. 21)
  • Una folata di vento spalancò la porta del caffè, un sentore di terra caldo e umido vi penetrò, fortemente mescolato all'eccitante odore del sogno. (p. 88)
  • Ma quando la vecchia cominciò a esagerare e insultò mia moglie nella tromba delle scale, io la sistemai a dovere: - Con la faccia che ha, lei è per me la principessa della merda! - (p. 92)
  • È raro che un artista sia un individuo veramente malvagio [...]. Le nostre sensazioni non ci lasciano tempo per bricconate in grande stile. Mettiamo l'anima allo scoperto nei nostri lavori [...]. L'arte è una valvola di sicurezza! (p. 101)
  • Ormai c'eravamo, il panno nero venne rimosso dalla bara. Mi trovavo in una specie di dormiveglia. Con destrezza, i becchini calarono la bara dentro la terra. Io vi gettai solo una volta una breve occhiata e l'immagine s'impresse in me con una nettezza irreale. «È l'ultimo sguardo, l'addio alla compagna della tua vita». (p. 138)
  • Non ne volevo più sapere di quella commedia grottesca. Al quarto bicchiere sguazzavo in un pantano di idee suicide. Meglio non esistere che vivere da pazzo tra i pazzi. (p. 146)
  • Al di sopra di ogni altra cosa imparerai ad apprezzare il valore dell'indolenza. A un uomo pieno di vitalità occorre, per conquistarla, il lavoro di tutta una vita. Una volta che se n'è gustata la dolcezza, non si può più staccarsene, anche se ciò costa lotte continue. (p. 157)
  • «Ma perché siamo tutti ancora vivi se siamo già condannati? Se ora mi ammalassi, neanche il diavolo si occuperebbe di me ». Una sorda paura s'impossessò di me: «Non voglio morire, non voglio morire!» smarrito mi tenevo la testa tra le mani. «Non ci sono esseri superiori» disse dentro di me lo sconforto. «Due gambe, dei canali ossei sostengono tutto il mio mondo, un mondo di dolori e di errori! La cosa più spaventosa è il corpo». La paura della morte mi sconvolgeva: «Che cosa dovrà ancora sopportare il mio corpo, in che raffinati strumenti di tortura si trasformeranno i suoi mille organi? Ah, se potessi smettere di pensare! Ma il pensiero funziona da sé. Non esistono certezze alle quali non si contrappongano delle incertezze. Il groviglio è senza fine... io sono dannato! Nel mio ventre trascino schifo e sozzura, e se mai dovessi arrivare a una grande passione, ecco che subito dopo viene la vigliaccheria. So soltanto una cosa: per quanto mi divincoli, devo lasciare che l'inevitabile, la morte, si avvicini sempre più, di minuto in minuto. Non ho nemmeno la forza di suicidarmi: sono condannato a una perpetua infelicità». Sospirai. (p. 210)
  • Poi il mostro si contrasse rapidamente, solo il suo sesso non rimpiccioliva: alla fine egli rimase attaccato come un parassita insignificante a un fallo di proporzioni assurde. Poi il parassita cadde come un porro disseccato, e il terribile membro, simile a un mostruoso serpente, strisciò sulla terra, si contorse come un verme e scomparve rimpicciolendo in un cunicolo sotterraneo dello Stato del Sogno. (p. 278)
  • La realtà mi sembrava una ripugnante caricatura dello Stato del Sogno. Oramai mi dava sollievo soltanto il pensiero di scomparire, di morire. Mi aggrappavo alla morte con tutto il fervore di cui ero ancora capace. L'amavo in un'estasi, come se fosse stata una donna, ero perso in lei. Nelle notti che seguirono, piene di luce lunare, mi abbandonavo completamente a lei, la contemplavo, la sentivo, e godevo di una voluttà ultraterrena. Vivevo nell'intimità di quell'immensa sovrana, di quella gloriosa signora del mondo, la cui bellezza è indescrivibile per tutti coloro che la sentono. Era la mia ultima, la mia più grande felicità. La riconoscevo in ogni foglia caduta, nell'erba bagnata, persino in una zolla di terra. Cedere alle sue carezze feline, percepire come amplessi d'amore le sue distruzioni, ciò mi rendeva felice! [...] Pensavo alla mia morte come a una gioia grandissima, celeste, come all'inizio di una eterna notte nuziale. Come tutto si rivolta contro di lei, e come sono buone le sue intenzioni! In ogni volto cercavo ansiosamente i suoi segni, nelle pieghe e nelle rughe della vecchiaia scoprivo i suoi baci. Sempre nuova mi appariva; e com'erano squisiti i suoi colori! I suoi sguardi risplendevano così seducenti che anche i più forti dovevano cedere, e allora lei gettava la sua maschera e senza mantello il morente la vedeva circondata da diamanti, nei riflessi di mille sfaccettature. (p. 292)
  • Il demiurgo è un ibrido. (p. 293)
Der Demiurg ist ein Zwitter.

Note[modifica]

  1. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Alfred Kubin, Disegnatore di sogni, traduzione di Mariagiorgia Ulbar, Castelvecchi, 2013 (1921-1949). ISBN 978-88-6826-062-0
  • Alfred Kubin, L'altra parte, traduzione di Lia Secci, Adelphi, 2001 (1908). ISBN 88-459-1644-8

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