Andrea Rubbi

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Andrea Rubbi (1738 – 1817), critico letterario italiano.

  • I letterati s'attengono all'epoca del criterio, i pedanti al materialismo delle cronologie.[1]
  • La volgar poesia non ha una favola più delicata ed amabile del Pastor fido [Battista Guarini]. Cesso dal lodarlo, perché ricomincio a leggerlo.[2]
  • Questa rappresentazione pastorale, detta tragicommedia [Il pastor fido di Battista Guarini], eccitò fama e contrasti. ll plauso de' contemporanei e de' posteri, le traduzioni, l'edizioni hanno giustificato la sua causa, ed estinto per fino il nome de' suoi impugnatori.[2]
  • Tutti gli altri nostri poeti o moderni o antichi tanto sono inferiori all'Ariosto quanto lo è uno scrittore ad un genio. Genio faceto nelle commedie, genio critico nelle satire, genio amabile nel lirico italiano e latino; ma genio grande nell'epica. Niuno aspiri al suo sublime, se non ha la forza della sua anima.[3]
  • L'Invidia o il puntiglio, cortesi amici, può far de' volumi contro l'opere grandi, ma non mai opprimerle sotto il lor peso. V'è l'obblio del momento, prodotto dalle circostanze. Cessate queste, ritorna la luce e la gloria a chi era stato lo scopo del delirio e dell'entusiasmo. L'Aminta del Tasso, ch'io v'offro, fu soggetto ai travedimenti de' letterati e de' grandi. Oggi s'ignorano e censure e censori; e l'Aminta vive immortale.[4]
  • Pochi han letto Pindaro in Greco; pochissimi l'hanno inteso; niuno forse l'ha saputo rendere poeticamente Italiano. Sia la difficoltà del dialetto, sia la sublimità dell'argomento, sia la stranezza dell'estro, o qualche altro magico incanto nei versi di quel grand'uomo, non trovo a lui accaduto ciò che Omero, Esiodo, Teocrito non provarono certamente.[5]
  • Tre traduttori io conosco di Pindaro. Alessandro Adimari, Giambattista Gautier, Angelo Mazza. Il primo fu stimato finora il migliore, e a ragione. Ma egli ha il difetto della circonlocuzione o prolissità. Compose nel secolo scorso; né poté prescindere dall'ampollosità de' suoi maestri. Ne avrete un saggio nella prima Ode, che viene qui appresso. L'altro è Giambattista Gautier, che ho scelto per la maggior parte. È più facile e naturale. S'intende da lui Pindaro qual dev'essere in Greco, benché sempre la veste Italiana noi mostri in giorno di pompa e di maestà. Resta il terzo, celebre letterato nell'università di Parma, e noto all'Italia per tante sue energiche produzioni. Tutti aspettano questo suo Pindaro, ch'egli ha promesso al Sig. Bodoni. Io non potei avere il suo manoscritto, che bene è dovuto alla più celebre tipografia dell' Europa.[5]

Note[modifica]

  1. Da Lettere proemiali; citato in Francesco Petrarca, Volume I, Antonio Zatta, Venezia, 1784.
  2. a b Dalle Lettere proemiali; citato in Il Pastor fido: tragicommedia di Giovanbattista Guarini, Seguin Ainé, Avignon, 1816.
  3. Citato in Ludovico Ariosto, Orlando furioso, Vol. I, Antonio Zatta, Venezia, 1785.
  4. Da Parnaso italiano, Tomo XXIV: Aminta, Alceo, Egle, Favole teatrali del secolo XVI, Antonio Zatta, Venezia, 1786.
  5. a b Citato in Pindaro di vari autori, a cura di Andrea Rubbi, Venezia, presso Antonio Zatta e figli, 1795.

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