Aline B. Saarinen

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Aline Bernstein Saarinen (1914 – 1972), scrittrice e critico d'arte statunitense.

C'est mon plaisir[modifica]

Incipit[modifica]

Isabella Stewart Gardner, come molte persone interessanti e piacevoli, era un'egocentrica e, come tutti gli egocentrici, era mossa dalla vanità. La sua non era una vanità meschina: era cosmica e insaziabile. la continua smania di appagarla la portò, come ebbe a dire il suo amici H. James, a «una carriera strampalatamente piacevole», e che arricchì l'America. Gli dei furono gentili con Isabella Stewart Gardner. Non la fecero bella; le diedero fattezze comuni. Aveva begli occhi, molto distanziati l'uno dall'altro, ma i lineamenti erano piuttosto ampi, il viso un po' piatto, il colorito scialbo. Però, come a compensarla di queste lievi ingiustizie, gli dei le fecero un dono maggiore della bellezza, la resero seducente. Fecero anche di più. Le diedero un'intelligenza pronta e curiosa e il senso teatrale; le diedero vitalità per spalleggiare il suo entusiasmo, energia per sostenere la sua volontà.

Citazioni[modifica]

  • Con generosità ancor maggiore, gli dei le offrirono le circostanze più favorevoli, dandole come scenario la Boston degli anni fra il 1880 e la fine di quel secolo. In nessun altro scenario i suoi capricci sarebbero apparsi sufficientemente assurdi da concentrare su di lei l'ambito fuoco dei riflettori.
  • La sua vanità la portava a voler primeggiare. Doveva avere il meglio e ancor più il tutto. Se i suoi desideri erano contrariati, l'appetito n'era aguzzato.
  • Nelle relazioni personali non tollerava ostacoli, rifiuti o sconfitte. E si comportò nello stesso modo quando incominciò a far collezione d'arte.
  • Boston adorava la cultura italiana con un fervore che, dice Brooks, rendeva «bostoniane Firenze e Venezia. Il fatto che le fanciulle di Boston crescessero con modi di fare botticelliani faceva di Botticelli un pittore quasi di Boston... Dante, Petrarca, Ruskin, Browning erano, a modo loro, cittadini di Boston, anche se, per buona pace di tutti, si erano tenuti a distanza; e manuali sull'arte italiana uscivano a fiumi dalle tipografie di Boston».

Bibliografia[modifica]

  • Aline B. Saarinen, I grandi collezionisti americani, Einaudi Editore, 1977.

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