Carlo Collodi

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Carlo Collodi

Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini (1826 – 1890), giornalista e scrittore italiano.

I racconti delle fate[modifica]

  • Gli smeraldi, le perle, ed i diamanti | Abbaglian gli occhi col vivo splendore; | Ma le dolci parole e i dolci pianti | Hanno spesso più forza e più valore. (da Le fate)
  • Grazia, spirito, coraggio, modestia, nobiltà di sangue, buon senso, tutte bellissime cose; ma che giovano questi doni della Provvidenza, se non si trova un compare o una comare, oppure, come si dice oggi, un buon diavolo che ci porti? (da Cenerentola)
  • Godersi in pace una ricca eredità, passata di padre in figlio, è sempre una bella cosa: ma per i giovani, l'industria, l'abilità e la svegliatezza d'ingegno valgono più d'ogni altra fortuna ereditata. (da Il gatto con gli stivali)
  • La cortesia che le bell'alme accende, | Costa talora acerbi affanni e pene; | Ma presto o tardi la virtù risplende, | E quando men ci pensa il premio ottiene. (da Le fate)
  • La storia di Cappuccetto Rosso fa vedere ai giovinetti e alle giovinette, e segnatamente alle giovinette, che non bisogna mai fermarsi a discorrere per la strada con gente che non si conosce: perché dei lupi ce n'è dappertutto e di diverse specie, e i più pericolosi sono appunto quelli che hanno faccia di persone garbate e piene di complimenti e di belle maniere. (da Cappuccetto Rosso)
  • La bellezza, per le donne in ispecie, è un gran tesoro; ma c'è un tesoro che vale anche di più, ed è la grazia, la modestia e le buone maniere. (da Cenerentola)
  • La curiosità, massime quando è spinta troppo, spesso e volentieri ci porta addosso qualche malanno. (da Barba-blu)
  • Le follie e i capricci delle mamme spesse volte sono cagione di grandi dispiaceri per i figliuoli. (da La gatta bianca)
  • Si può correggere l'orgoglio, le bizze, la gola, la pigrizia; ma la conversione di un cuore invidioso e cattivo è una specie di miracolo. (da La bella e la bestia)
  • Tutto ci par bello nella persona amata, anche i difetti: tutto ci par grazioso, anche le sguaiataggini. (da Enrichetto dal ciuffo)

La bella dai capelli d'oro[modifica]

Incipit[modifica]

C'era una volta la figlia di un Re, la quale era tanto bella, che in tutto il mondo non si dava l'eguale; e per cagione di questa sua grande bellezza, la chiamavano la Bella dai capelli d'oro, perché i suoi capelli erano più fini dell'oro, e biondi e pettinati a meraviglia le scendevano giù fino ai piedi.
Essa andava sempre coperta dai suoi capelli inanellati, con in capo una ghirlanda di fiori e con delle vesti tutte tempestate di diamanti e di perle, tanto che era impossibile vederla e non restarne invaghiti.

Citazioni[modifica]

  • A ogni modo, tieni sempre a mente che un benefizio fatto non è mai perduto.
  • Se per caso qualche povero diavolo ricorre a te per essere aiutato, tu aiutalo: né badare com'è vestito, né se abbia viso di persona da poterti rendere, un giorno o l'altro, il piacere che gli fai.
  • Sulle opere buone e generose non si mercanteggia mai: né bisogna farle coll'intenzione di ripigliarci sopra il frutto e l'usura.

Le avventure di Pinocchio[modifica]

Incipit[modifica]

C'era una volta...
Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.
– No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.

Citazioni[modifica]

  • La miseria, quando è miseria davvero, la intendono tutti: anche i ragazzi. (Il narratore, cap. 8)
  • Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni! (Il grillo parlante, cap. 13)
  • Ricordati che i ragazzi che vogliono fare di loro capriccio e a modo loro, prima o poi se ne pentono. (Il grillo parlante, cap. 13)
  • Io dico che il medico prudente quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto. (Il grillo parlante, cap. 16)
  • Vi sono le bugie che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno il naso lungo: la tua per l'appunto è di quelle che hanno il naso lungo. (La fata, cap. 17)
  • QUI GIACE LA BAMBINA DAI CAPELLI TURCHINI
    MORTA DI DOLORE
    PER ESSERE STATA ABBANDONATA DAL SUO FRATELLINO PINOCCHIO
(Epitaffio, cap. 23)
  • – Ed ora, che cosa dobbiamo fare qui al buio?...
    – Rassegnarsi e aspettare che il Pesce-cane ci abbia digeriti tutt'e due!...
    – Ma io non voglio esser digerito! – urlò Pinocchio, ricominciando a piangere.
    – Neppure io vorrei esser digerito – soggiunse il Tonno – ma io sono abbastanza filosofo e mi consolo pensando che, quando si nasce Tonni, c'è più dignità a morir sott'acqua che sott'olio!... (cap. XXXIV)
  • In questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno.[1] (Il grillo parlante, cap. 36)

Citazioni su Le avventure di Pinocchio[modifica]

  • Collodi racconta una specie di epica della povertà e della fame assoluta. [...] Tutti questi personaggi, secondo me, sono una emanazione di un sogno, sono un incubo. Sono l'incubo di Geppetto. (Antonello Fassari)
  • Confesso che provai uno schietto godimento quando, già in grige chiome, mi accorsi – come per illuminazione improvvisa – che un passo di Pinocchio che mi aveva irrelatamente deliziato da piccolo era la trasposizione di uno dei Promessi sposi. Siamo, cap. primo, al punto in cui maestro Ciliegia, dato il primo colpo d'ascia al famoso pezzo di legno da catasta, sente la misteriosa vocina [...]. Una ricerca dello stesso tipo, a gradatio eliminatoria, aveva fatto don Abbondio vedendo i bravi che gli si avviavano incontro. (Giovanni Nencioni)
  • Il libro di Carlo Collodi, si può leggere in tanti modi. Intanto, è un libro pedagogico che segue la moda dei tempi, che voleva per i bambini «favole morali»; però vi spira un'aria strana un po' anarchica, un po' arrabbiata, che non consente anche il ribaltamento. Secondo me è un capolavoro. (Luigi Comencini)
  • Il Pinocchio di Collodi è un miracolo letterario dalla profondità esoterica quasi intollerabile. (Elémire Zolla)
  • Pinocchio piace moltissimo anche a me. Ritengo anche io che sia uno dei più grandi libri dell'Ottocento italiano. Ma non fa testo. È al di fuori della letteratura. Collodi non aveva la coscienza, la lucidità del letterato. Era in sostanza un narratore orale; non sapeva quello che poteva dare come non lo sa ogni narratore orale. (Edoardo Sanguineti)
  • Rileggo ogni anno Cuore e Pinocchio; e più invecchio, più ho qualche cosa da imparare da questi due libri. (Libero Bovio)
  • Se c'è una cosa poco comica è Pinocchio: una lettura piuttosto angosciosa, soprattutto se la fai da bambino. (Antonello Fassari)

Incipit di alcune opere[modifica]

I ragazzi grandi[modifica]

- Bettina, accendi subito il caminetto – disse Clarenza, entrando in salotto e volgendo la sua parola a una donna sulla cinquantina, che stava spolverando con una spazzola di penne i mille ninnoli, di varia maniera, posati per ornamento sopra la mensola di un caminetto, sormontato da un grande specchio.
- Nel momento – rispose la Bettina, e chinandosi per accomodare la legna, disse alla sua giovane padrona:
- Indovini un po', signora Clarenza, chi ho veduto or ora, per la strada, mentre tornavo a casa.
- Sarà un po' difficile.
- Glie lo do a indovinare in mille.
- Figurati, se voglio stare a lambiccarmi il cervello. Spicciamoci: chi hai veduto?
- Il signor conte!...

Storie allegre[modifica]

L'omino anticipato[modifica]

Quando lo conobbi io, aveva appena dieci anni. Di nome si chiamava Gigino.
Non era né bello né brutto. Aveva un par d'occhietti cerulei: i capelli biondissimi, d'un biondo chiaro come la stoppa: il naso un po' ritto e voltato in su e le gambe un tantino magre più del bisogno.

Pipì[modifica]

Nel famosissimo bosco di Vattel'a pesca, c'era una volta una piccola famigliola composta di sette scimmie: il babbo, la mamma e cinque scimmiottini alti quanto un soldo di cacio.
Questa famigliola abitava fra i rami di un albero gigantesco, in mezzo a una foresta, e pagava quindici susine l'anno di pigione a un vecchio gorilla prepotente, che si era messo in capo di essere il padrone di casa.

La festa di Natale[modifica]

La storia che vi racconto oggi, non è una di quelle novelle, come se ne raccontano tante, ma è una storia vera, vera, vera.
Dovete dunque sapere che la Contessa Maria (una brava donna che io ho conosciuta benissimo, come conosco voi) era rimasta vedova con tre figli: due maschi e una bambina.

Dopo il teatro[modifica]

Alfredo, Gino e Ida entrano tutti e tre insieme nella stanza preceduti da Bettina, che va a posare il lume sulla tavola.

Alfredo (levandosi il cappello e il paletò): Com'hanno recitato bene! ma proprio bene!...
Ida: Quanto ci siamo divertiti, Bettina mia!... Che bella commedia!...
Gino: E la farsa dove la lasci? Se tu avessi visto, Bettina, il brillante della farsa! Chi sa quanto tu avresti riso! Figurati! gli è venuto fuori in maniche di camicia, e ha detto che dal freddo tremava tutto come un pezzo di gelatina. Te lo immagini un brillante di gelatina! (Ridendo di genio.)
Bettina: E la commedia era bella davvero?
Ida: Alfredo, diglielo tu.

Chi non ha coraggio non vada alla guerra[modifica]

Leoncino è un ragazzetto entrato appena nei dieci anni.
"Perché questo nome di Leoncino?", domanderete voi.
La storia sarebbe un po' lunghetta, ma io ve la racconterò in quattro parole.
Bisogna dunque sapere che quando questo bambino fu portato al fonte battesimale, la sua mamma avrebbe gradito volentieri che si fosse chiamato Luigi: ma il suo babbo, incaponitosi a farne col tempo un guerriero (il babbo era comandante dei pompieri e bisogna perdonargli certe debolezze guerresche) volle a tutti i costi che fosse battezzato col nome di Napoleone.

L'avvocatino difensore[modifica]

Il suo nome era Tommaso: ma, in casa e fuori di casa, lo chiamavano Masino.
Masino aveva tutti i difetti, che può avere un giovinetto della sua età, fra gli undici e i dodici anni: disubbidiente, goloso, pigro, dormiglione, nemico dell'acqua per lavarsi le mani e il viso, coperto di frittelle e di strappi in tutti i vestiti che portava addosso, spacciatore di bugie all'ingrosso e al minuto, ciarliero, impertinente, rispondiero e avversario implacabile dei libri e della scuola.

Quand'ero ragazzo![modifica]

Mille anni fa, anch'io ero un ragazzetto, come voi, miei cari e piccoli lettori: anch'io avevo, su per giù, la medesima vostra età, vale a dire fra gli undici e i dodici anni.
E com'è naturale, dovevo ancor'io andare tutti i giorni alla scuola, salvo il giovedì e la domenica. Ma i giovedì, nel corso dell'anno, erano così pochi!... Appena uno per settimana! E le domeniche?... Le domeniche era grazia di Dio, se ritornavano una volta ogni otto giorni.

Una mascherata di Carnevale[modifica]

Ogni volta che Cesarino andava o tornava dalla scuola, aveva preso il vizio di fermarsi a tutte le cantonate per leggere i cartelli dei teatri.
Questa era la sua grande passione.
E se per caso i cartelli annunziavano qualche commedia tutta da ridere, allora Cesarino cominciava subito a spappolarsi dalle risa, tale e quale come se si fosse trovato in teatro.

Note[modifica]

Bibliografia[modifica]

Voci correlate[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]