Lautréamont

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Isidore Ducasse all'età di 20 anni circa

Lautréamont, pseudonimo di Isidore Lucien Ducasse (1846 – 1870), poeta francese.

I Canti di Maldoror[modifica]

Incipit[modifica]

Originale[modifica]

Plût au ciel que le lecteur, enhardi et devenu momentanément féroce comme ce qu'il lit, trouve, sans se désorienter, son chemin abrupt et sauvage, à travers les marécages désolés de ces pages sombres et pleines de poison; car, à moins qu'il n'apporte dans sa lecture une logique rigoureuse et une tension d'esprit égale au moins à sa défiance, les émanations mortelles de ce livre imbiberont son âme comme l'eau le sucre. Il n'est pas bon que tout le monde lise les pages qui vont suivre; quelques-uns seuls savoureront ce fruit amer sans danger.

Nicola M. Buonarroti[modifica]

Piaccia al cielo che il lettore, reso ardito e fatto momentaneamente feroce come ciò che legge, trovi, senza disorientarsi, il suo cammino scosceso e selvaggio, attraverso le paludi desolate di queste pagine scure e piene di veleno; poiché, a meno che egli non introduca nella sua lettura una logica rigorosa e una tensione di spirito simile almeno alla sua diffidenza, le emanazioni mortali di questo libro gli imbeveranno l'anima come l'acqua lo zucchero. (1968)

Ivos Margoni[modifica]

Voglia il cielo che il lettore, imbaldanzito e diventato momentaneamente feroce come ciò che sta leggendo, trovi, senza disorientarsi, la sua via dirupata e selvatica attraverso gli acquitrini desolati di queste pagine oscure e venefiche; infatti, a meno che non ponga nella lettura una logica rigorosa e una tensione dello spirito pari almeno alla sua diffidenza, le micidiali esalazioni di questo libro gl'imbeveranno l'anima, come l'acqua lo zucchero. Non è bene che tutti leggano le pagine che seguono; solo pochi potranno assaporare questo frutto amaro senza rischio. (1989)

Citazioni[modifica]

  • Stabilirò in poche righe che Maldoror fu buono nei primi anni in cui visse felice; ecco fatto. S'accorse poi d'essere nato malvagio: straordinaria fatalità! (1989, p. 9)
  • Ahimè! Che sono dunque il il bene e il male? Non son forse un'unica cosa mediante la quale testimoniamo rabbiosamente la nostra impotenza, e la passione di raggiungere l'infinito anche coi mezzi più insensati? Oppure sono due cose differenti? (1989, p. 19)
  • Oh, polipo, dallo sguardo di seta! tu, la cui anima è inseparabile dalla mia; tu, il più bello tra tutti gli abitanti del globo terrestre, e che comandi a un serraglio di quattrocento ventose; tu, in cui siedono nobilmente, come in una loro naturale residenza, in virtù di un comune accordo, stretti da un legame indistruttibile, la dolce virtù comunicativa e le grazie divine; perché non sei con me, col tuo ventre di mercurio contro il mio petto di alluminio, entrambi seduti su qualche scoglio della riva, a contemplare questo spettacolo, che adoro! (1968, p. 21)
  • Come i cani, io sento il bisogno dell'infinito… Non posso, non posso soddisfare questo bisogno. Sono figlio dell'uomo e della donna, a quanto m'hanno detto. Mi stupisce... credevo d'esser di più! Del resto, che m'importa donde vengo? (1989, p. 29)
  • Scendendo dal grande al piccolo, ogni uomo vive come un selvaggio nella sua tana, e ne esce di rado per visitare il proprio simile, come lui accovacciato in un'altra tana. La grande famiglia universale degli esseri umani è un'utopia degna della logica più mediocre. (1989, p. 37)
  • Mi sono chiesto, spesso, che cosa fosse più facile da esplorare: la profondità dell'oceano o la profondità del cuore umano! (1989, p. 41)
  • — A cosa pensavi, fanciullo?
    — Pensavo al cielo.
    — Non hai bisogno di pensare al cielo; è già abbastanza pensare alla terra. Sei stanco di vivere, tu che sei appena nato?
    — No, ma ognuno preferisce il cielo alla terra.
    — Ebbene, io no. Dato che il cielo è stato fatto da Dio, come la terra, sii dunque certo che v'incontrerai gli stessi mali di quaggiù. (1989, p. 115)
  • Non trovando ciò che cercavo, alzai le palpebre stravolte più in alto, ancora più in alto, finché scorsi un trono, formato d'escrementi umani e d'oro, su cui troneggiava con orgoglio idiota, col corpo ricoperto d'un sudario fatto di sudice lenzuola d'ospedale, colui che da sé si denomina il Creatore! (1989, p. 129)
  • I pidocchi sono incapaci di compiere tutto il male che la loro immaginazione medita. Se incontrate un pidocchio sulla vostra strada, tirate avanti, e non leccategli le papille della lingua. Vi succederebbe qualche incidente. È già capitato. Non importa, sono già contento della quantità di male che ti fa, o razza umana; vorrei solo che te ne facesse di più. (1989, p. 137)
  • S'osservano entrambi, mentre l'angelo sale verso le serene altezze serene del bene, e Maldoror, invece, scende invece verso gli abissi vertiginosi del male... Che sguardo! Tutto ciò che l'umanità ha pensato da sessanta secoli, e che penserà ancore nei secoli che verranno, potrebbe facilmente esservi contenuto, tante cose si dissero in quel supremo addio! Ma erano, si capisce, pensieri più elevati di quelli che scaturiscono dall'intelligenza umana; anzitutto, a causa di quei due personaggi, e, poi, della circostanza. Quello sguardo li avvinse con eterna amicizia. (1989, p. 157)
  • I miei anni non sono molti, eppure sento già che la bontà non è che un'accozzaglia di sillabe sonore; non l'ho trovata in nessun luogo. (1989, p. 165)
  • Ho ricevuto la vita come una ferita, e ho proibito al suicidio di sanare la cicatrice. Voglio che il Creatore ne contempli, ad ogni ora della sua eternità, il crepaccio spalancato. (1989, p. 205)
  • Quando il piede scivola su una rana, si prova un senso di schifo; ma quando si sfiora appena il capo umano con la mano, la pelle delle dita si screpola come le scaglie d'un blocco di mica spezzato a martellate; e, come il cuore di uno squalo che, morto da un'ora, palpita ancora sul ponte con tenace vitalità, così le nostre viscere sono sconvolte da cima a fondo, per lungo tempo dopo quel contatto. (1989, p. 247)
  • Se esisto non sono un altro. Io non ammetto in me questa equivoca pluralità. (1989, p. 329)
  • M'occorrono esseri che mi somiglino, sulla cui fronte la nobiltà umana sia segnata a caratteri più netti e incancellabili! (1989, p. 341)
  • È bello come la retrattilità degli artigli negli uccelli rapaci; o anche come l'incertezza dei movimenti muscolari nelle pieghe delle parti molli della regione cervicale posteriore; [...] e soprattutto, come l'incontro fortuito sopra un tavolo d'anatomia di una macchina per cucire e un ombrello! (1989, p. 381)
  • Vecchio oceano, dalle onde di cristallo, tu somigli proporzionalmente a quei segni azzurrognoli che si vedono sul dorso martoriato dei mozzi; tu sei un livido immenso, applicato sul corpo della terra: mi piace questo paragone. Così, al tuo primo apparire, un soffio lungo di tristezza che si potrebbe credere il mormorio della tua brezza soave, passa, lasciando tracce incancellabili sull'anima profondamente sconvolta, e tu richiami alla memoria dei tuoi amanti, senza che se ne rendano sempre conto, i rudi inizi dell'uomo, quando fa la conoscenza del dolore che non lo lascerà più. (1995)
  • Fino a quando conserverai il culto tarlato di questo dio insensibile alle tue preghiere e alle offerte generose che gli tributi in olocausto espiatorio? Vedi, quell'orribile manitù non è riconoscente per le grandi coppe di sangue e di cervella che tu spandi sui suoi altari, devotamente decorati di ghirlande di fiori. Non è riconoscente... perché i terremoti e le tempeste continuano a infierire fin dall'inizio di tutte le cose. Eppure, spettacolo degno di nota, più si mostra indifferente e più tu lo ammiri. Si vede che diffidi dei suoi attributi, che nasconde; e il tuo ragionamento si fonda su questa considerazione, che soltanto una divinità di una potenza estrema può mostrare tanto disprezzo verso i fedeli che obbediscono alla sua religione. (1995)

Citazioni su I Canti di Maldoror[modifica]

  • Quest'opera è apocalisse definitiva: tutto ciò che, nel corso dei secoli, si penserà e s'intraprenderà di più audace è qui formulato in anticipo, nella sua magica legge. (André Breton)

Poésies I[modifica]

Incipit[modifica]

I gemiti poetici di questo secolo altro non sono che sofismi.
I primi princìpi debbono restare fuori discussione.
Accetto Euripide e Sofocle; ma non accetto Eschilo.
Non date prova di mancanza delle convenienze più elementari e di cattivo gusto verso il creatore.
Respingete l'incredulità: mi farete piacere.
Non esistono due specie di poesie; ce n'è una sola. (1989)

Citazioni[modifica]

  • I migliori autori di romanzi e di drammi snaturerebbero, a lungo andare, la famosa idea del bene, se il corpo insegnante, conservatore del giusto, non mantenessero le generazioni giovani e vecchie nella via dell'onestà e del lavoro. (1989, p. 447)
  • Non è dato a tutti accostarsi agli estremi, sia in un senso che in un altro. (1989, p. 449)
  • Se siete infelici non bisogna dirlo al lettore. Tenetevelo per voi. (1989, p. 459)
  • Tutta l'acqua del mare non basterebbe a lavare una macchia di sangue intellettuale. (1989, p. 463)

Poésies II[modifica]

Incipit[modifica]

Il genio garantisce la facoltà del cuore.
L'uomo non è meno immortale dell'anima.
I grandi pensieri vengono dalla ragione!
La fratellanza non è un mito.
I bambini che nascono non conoscono nulla della vita, nemmeno la grandezza.
Nella sventura gli amici aumentano.
Lasciate ogni disperanza voi ch'entrate. (1989)

Citazioni[modifica]

  • Io non accetto il male. L'uomo è perfetto. L'anima non cade. Il progresso esiste. Il bene è irriducibile. Gli antecristi, gli angeli accusatori, le pene eterne, le religioni sono prodotte dal dubbio. (1989, p. 467)
  • L'amore d'una donna è incompatibile con l'amore dell'umanità. (1989, p. 469)
  • Se la morale di Cleopatra fosse stata meno corta, la faccia della terra sarebbe cambiata. Il suo naso non sarebbe per questo diventato più lungo. (1989, p. 471)
  • Non esiste nulla d'incomprensibile. (1989, p. 473)
  • Il principio dei culti è l'orgoglio. (1989, p. 477)
  • Se si canta il bene, il male è eliminato da quest'atto congruo. (1989, p. 477)
  • Non conosco ostacolo che superi le forze dello spirito umano, tranne la verità. (1989, p. 479)
  • L'amore non è la felicità. (1989, p. 479)
  • Il plagio è necessario. Il progresso lo implica. Esso stringe da presso la frase d'un autore, si serve delle sue espressioni, cancella un'idea falsa, la sostituisce l'idea giusta. (1989, p. 481)
  • Una massima, per essere ben fatta, non richiede correzioni. Richiede d'essere sviluppata. (1989, p. 481)
  • Esiste una logica per la poesia. Non è la medesima per la filosofia. I filosofi sono da meno dei poeti. I poeti hanno il diritto di considerarsi superiori ai filosofi. (1989, p. 493)

Citazioni sul Conte di Lautréamont[modifica]

  • Da quando esistono gli uomini, e questi leggono Lautréamont, tutto è stato detto e pochi sono giunti a trarne beneficio. Siccome le nostre conoscenze sono in sé banali, possono solo avvantaggiare gli spiriti che non lo sono. (Raoul Vaneigem)
  • E io, io dico che vi era in Isidore Ducasse uno spirito che voleva sempre lasciar perdere Isidore Ducasse a vantaggio del conte impensabile de Lautréamont, un bellissimo nome, un grandissimo nome. (Antonin Artaud)
  • Ed è così che Isidore Ducasse è morto di rabbia, per aver voluto, come Edgar Poe, Nietzsche, Baudelaire e Gérard de Nerval, conservare la propria individualità intrinseca, invece di diventare, come Victor Hugo, Lamartine, Musset, Blaise Pascal, o Chateaubriand, l'imbuto del pensiero di tutti. (Antonin Artaud)
  • L'ispirazione poetica, in Lautréamont, si offre come il prodotto della rottura tra il buon senso e l'immaginazione, rottura consumata per lo più a favore di quest'ultima e ottenuta grazie a un'accelerazione volontaria, vertiginosa dell'elocuzione. (André Breton)

Note[modifica]

  1. Da Poesie; citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894

Bibliografia[modifica]

  • Lautréamont, I Canti di Maldoror. Poesie. Lettere, traduzione di Nicola M. Buonarroti, Feltrinelli, Milano, 1968.
  • Lautréamont, I Canti di Maldoror. Poesie. Lettere, a cura di Ivos Margoni, Einaudi, Torino, 1989. ISBN 88-06-11609-6
  • Lautréamont, Canti di Maldoror. Poesie. Lettere, a cura di Idolina Landolfi, Rizzoli, 1995. ISBN 9788817169196

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