Dino Compagni

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Lapide a Dino Compagni nella chiesa di Santa Trinità

Dino Compagni (1255 ca. – 1324), politico, scrittore e storico italiano.

Citazioni di Dino Compagni[modifica]

  • Et non si può d'amor propio parlare | a chi non prova i suoi dolzi savori; | e senza prova non sen può stimare | più che 'l cieco nato dei colori. (da La donna del poeta; in L'Intelligenza, p. 4)

Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi[modifica]

Incipit[modifica]

Quando io incominciai propuosi di scrivere il vero delle cose certe che io vidi e udi', però che furon cose notevoli le quali ne' loro principi nullo le vide certamente come io: e quelle che chiaramente non vidi, proposi di scrivere secondo udienza; e perché molti secondo le loro volontà corrotte trascorrono nel dire, e corrompono il vero, proposi di scrivere secondo la maggior fama. E acciò che gli strani possano meglio intendere le cose advenute, dirò la forma della nobile città, la quale è nella provincia di Toscana, edificata sotto il segno di Marte, ricca e larga d'imperiale fiume d'acqua dolce il quale divide la città quasi per mezo, con temperata aria, guardata da nocivi venti, povera di terreno, abondante di buoni frutti, con cittadini pro' d'armi superbi e discordevoli, e ricca di proibiti guadagni, dottata e temuta, per sua grandeza, dalle terre vicine, più che amata.

Citazioni[modifica]

  • La detta città di Firenze è molto bene popolata, e generativa per la buona aria: i cittadini ben costumati, e le donne molto belle e adorne: i casamenti bellissimi, pieni di molte bisognevoli arti, oltre all'altre città d'Italia. Per la qual cosa molti di lontani paesi la vengono a vedere, non per necessità, ma per bontà de' mestieri ed arti, e per bellezza ed ornamento della città.
    Piangano adunque i suoi cittadini sopra loro e sopra i loro figliuoli, i quali, per loro superbia e per loro malizia e per gara d'ufici, hanno così nobile città disfatta, e vituperate le leggi, e barattati gli onori in picciol tempo, i quali i loro antichi con molta fatica e con lunghissimo tempo hanno acquistato; e aspettino la giustizia di Dio, la quale per molti segni promette loro male sì come a colpevoli, i quali erano liberi da non potere essere soggiogati.[1] (pp. 5-6)
  • Mossono le insegne al giorno ordinato i Fiorentini per andare in terra di nimici, e passarono per Casentino per male vie, ove, se avessono trovati i nimici, arebbono ricevuto assai danno: ma non volle Dio.[1] (pp. 20-21)
  • Uno giovane gentile, figliuolo di messer Cavalcante Cavalcanti, nobile cavaliere, chiamato Guido, cortese e ardito, ma sdegnoso e solitario e intento allo studio, nimico di messer Corso, avea più volte diliberato offenderlo. Messer Corso forte lo temea, perché lo conoscea di grand'animo; e cercò d'assassinarlo, andando Guido in pellegrinaggio a San Jacopo; e non gli venne fatto. (p. 49)
  • Cominciò per questo l'odio a multiplicare; e messer Corso molto sparlava di messer Vieri, chiamandolo l'Asino di Porta, perché era uomo bellissimo, ma di poca malizia, né di bel parlare; e però spesso dicea: Ha ragghiato oggi l'asino di Porta? E molto lo spregiava, e chiamaval Vieri Cavicchia. (p. 50)
  • Sedea in quel tempo nella sedia di San Piero papa Bonifazio VIII, il quale fu di grande ardire e d'alto ingegno, e guidava la Chiesa a suo modo, e abbassava chi non gli consentìa. (pp. 50-51)
  • Perché i giovani è più agevole a ingannare che i vecchi, il diavolo accrescitore de' mali si fece da una brigata di giovani che cavalcavano insieme, i quali, ritrovandosi insieme a cena una sera di calen di maggio, montorono in tanta superbia, che pensorono scontrarsi nella brigata de' Cerchi e contro a loro usare le mani e' ferri. In tal sera, che è il rinnovamento della primavera, le donne usano molto per le vicinanze i balli. I giovani de' Cerchi si riscontrorono con la brigata de' Donati, tra' quali era uno nipote di messer Corso, e Bardellino de' Bardi, e Piero Spini, ed altri loro compagni e seguaci, i quali assalirono la brigata de' Cerchi con armata mano. Nel quale assalto fu tagliato il naso a Ricoverino de' Cerchi da uno masnadiere de' Donati, il quale, si disse, fu Piero Spini, e in casa sua rifuggirono. Il qual colpo fu la distruzione della nostra città, perché crebbe molto odio tra i cittadini. I Cerchi non palesorono mai chi si fusse, aspettando farne gran vendetta. (pp. 54-55)
  • [...] naturalmente i Pistolesi sono uomini discordevoli, crudeli e salvatichi. (p. 62)
  • Credete voi che la giustizia di Dio sia venuta meno? pur quella del mondo rende una per una. Guardate a' vostri antichi, se ricevettono merito nelle loro discordie: barattate gli onori che eglino acquistorono. Non v'indugiate, miseri, ché più si consuma in uno dì nella guerra, che molt'anni non si guadagna in pace; e picciola è quella favilla, che a distruzione mena un gran regno. (p. 68)
  • Uno cavaliere della somiglianza di Catilina romano, ma più crudele di lui, gentile di sangue, bello del corpo, piacevole parlatore, adorno di belli costumi, sottile d'ingegno, con l'animo sempre intento a mal fare (col quale molti masnadieri si raunavano, e gran séguito avea) molte arsioni e molte ruberie fece fare, e gran dannaggio a' Cerchi e a' loro amici: molto avere guadagnò, e in grand'altezza salì. Costui fu messer Corso Donati, che per sua superbia fu chiamato il Barone, che quando passava per la terra, molti gridavano: Viva il Barone; e parea la terra sua. La vanagloria il guidava, e molti servigi facea. (pp. 105-106)

Citazioni su Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi[modifica]

  • È l'opera più viva e più bella di tutta la storiografia medievale. (Natalino Sapegno)

Citazioni su Dino Compagni[modifica]

  • L'unico vero e grande storico dei primi secoli della nostra letteratura è Dino Compagni, contemporaneo di Dante e simile a lui per forza della tempra morale ed artistica. (Attilio Momigliano)
  • Non è una meraviglia di scrittore Dino Compagni: contemporaneo a Dante; e autore di una tal prosa, che per brevità, precisione, vigore, non avrebbe da vergognarsene Sallustio? (Pietro Giordani)

Note[modifica]

  1. a b Citato in La letteratura narrativa e allegorica, Letteratura Italiana, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1965, pp. 114-115.

Bibliografia[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]