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[Alla domanda «Numerosi cristiani si convertono al buddismo. È una cosa buona?»] Cambiare religione non è mai positivo. È un'azione che può generare grande confusione nello spirito. Sono rare le persone che traggono benefici da un cambiamento spirituale. Che d'altra parte non è affatto necessario: tutte le religioni portano in sé delle possibilità di guarire l'anima. (da un'intervista a Geodata?)
Il futuro del Tibet deve essere deciso dai tibetani. La questione del Tibet ha nulla a che fare col futuro del Dalai Lama, ma piuttosto con la felicità ed il benessere dei sei milioni di tibetani.
Per me è molto importante essere un monaco. Anche nei miei sogni, io mi riconosco come un semplice monaco buddhista, quasi mai come il Dalai Lama.
Mi considero solo un semplice monaco buddhista. Niente di più, niente di meno. Quello che è importante non sono io ma il popolo tibetano. Questo premio rappresenta un incoraggiamento per i sei milioni di abitanti del Tibet che da oltre quarant'anni stanno vivendo il più doloroso periodo della propria storia. Nonostante ciò la determinazione della gente, il suo legame con i valori spirituali e la pratica della non violenza rimangono inalterati. Il premio Nobel è un riconoscimento alla fede e alla perseveranza del popolo tibetano. (dal discorso tenuto alla cerimonia di consegna del Nobel) Fonte secondaria?
Noi esseri umani abbiamo in dote l'intelligenza, una visione che ci consente di vedere al di là del presente. (citato nell'intervista di Giovanni Floris e pubblicata su Ballarò il 19-04-2011) Fonte non chiara
Le creature che abitano questa terra – siano essi animali o esseri umani – sono qui per contribuire, ciascuno nel suo modo particolare, alla bellezza e alla prosperità del mondo.
Pericolose conseguenze seguiranno se i politici e governanti dimenticano i principi morali; sia che crediamo in Dio oppure nel karma, l'etica è il fondamento di ogni religione.
Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere né il presente né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto. (citato in Reata Strickland, Interview with God, Free Press, 2002. ISBN 978-0743229579) La fonte è pasticciata, vedi cronologia della voce[1]
Il Comitato norvegese per il Nobel ha deciso di attribuire il Nobel per la pace per il 1989 al 14° Dalai Lama, Tenzin Gyatso, leader politico e religioso del popolo tibetano. Il Comitato desidera sottolineare il fatto che il Dalai Lama nella sua lotta per la liberazione del Tibet ha sempre e coerentemente rifiutato l'uso della violenza, preferendo ricercare soluzioni pacifiche basate sulla tolleranza ed il rispetto reciproco, per preservare il retaggio storico e culturale del Suo popolo. Il Dalai Lama ha sviluppato la propria filosofia di pace a partire da un reverente rispetto per tutto ciò che è vivo, basandosi sul concetto della responsabilità universale che unisce tutta l'umanità al pari della natura. Il Comitato ritiene che Sua Santità abbia avanzato proposte costruttive e lungimiranti per la soluzione dei conflitti internazionali, e per affrontare il problema dei diritti umani e le questioni ambientali globali. (motivazione del Nobel) Fonte secondaria?