Edgar Quinet

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Edgar Quinet in una caricatura di André Gill, luglio 1873.

Edgar Quinet (1803 – 1875), scrittore, politico e storico francese.

Citazioni di Edgar Quinet[modifica]

  • I contemporanei non hanno mai creduto che Robespierre fosse estraneo al Terrore; soltanto alcuni storici hanno sostenuto il contrario.[1][2]
  • I popoli liberi sono i soli che abbiano una storia; gli altri hanno solo delle cronache: sono materia per l'erudito e il genere umano non li conosce.[3]
  • Non senza ragione Boccaccio ha fatto della descrizione della peste del 1349 l'introduzione e il preludio dei suoi racconti frivoli. L'immaginazione ne è tanto rapita, che un resto di spavento ci unisce a tutte quelle risa sfrenate... Questa leggerezza sfrenata in tanta desolazione, questa esultanza di gioia nel gran cimitero, questa società a cui resta solo un giorno di vita, e che, in quella villa, sotto quelle ombre magnifiche, sfiorate appena dal terrore della peste, invece di pensare ai funebri rintocchi della Chiesa, alle minacce e alle promesse della vita futura, si fa di ogni ora un piacere, e raccoglie tutti i suoi ricordi allegri; quale poesia audace e nuova![4]
  • Questa città di Strasburgo mi piace più di quanto non possa dire. Amo questo carattere alsaziano, qualcosa di ospitale e di libero; amo questa cattedrale così vicina a me, amo soprattutto la vicinanza del Reno. Mi fa pensare a tutto quello che vi è di illimitato nella storia; ai Celti, a tutte le orde che a lungo si sono fermate sulle sue sponde.
Cette ville de Strasbourg me plaît plus que je ne puis dire. J'aime ce caractère alsacien, quelque chose d'hospitalier et de libre; j'aime cette cathédrale si près de moi, j'aime sourtout le voisinage du Rhin. Il me fait penser à tout ce qu'il y a d'illimité dans l'histoire; aux Celtes, à toutes les hordes qui se sont longtemps arrêtées sur ses bords.[5]

Citazioni su Edgar Quinet[modifica]

  • Il Quinet ci fa notare l'assenza completa di sentimento cristiano nel primo poema epico dell'Europa moderna. (Camillo Benso, conte di Cavour)
  • Il vecchio libro di Quinet sulle Révolutions d'Italie attesta i limiti dell'ingegno di uno scrittore che storico certo non può esser detto, e – come ha mostrato Neri – le origini di alcuni pregiudizi della nostra critica romantica. Quinet aveva in comune col suo amico Michelet la manìa della superiorità del protestantesimo sul cattolicesimo, buffissima pretesa e gara tra due forme della stessa superstizione. […] L'odio di religione lo rende perspicace: pochi hanno sferzato come lui il vizio indigeno della retorica che copre, nasconde, ammanta il vuoto, l'ignavia, le colpe, l'atrocità. Nessun ossequio per la legge, sempre apertamente violata o faziosamente applicata, nessun rispetto alla libertà o dignità individuale. La setta vittoriosa stermina e soffoca la soccombente; gli interessi della prima e i suoi uomini, regnano sovrani. Al di fuori, la pompa tende a creare una rappresentazione scenografica-letteraria, che nulla ha a che fare con la triste realtà. L'equilibrio dei poteri, il governo costituzionale, l'alternarsi dei partiti – osserva Quinet – sono stati in ogni età, in Italia, una chimera. (Arrigo Cajumi)
  • [Rivoluzione francese] Quinet aveva condannato il Terrore non solo per il danno che, secondo lui, aveva provocato in Francia ma perché la sua «selvaggia grandezza deve ancora terrorizzare i posteri». Per lui, come per molti altri storici, l'ansioso interesse per il presente serviva da stimolo a riscrivere la storia del passato. (George Rudé)

Note[modifica]

  1. Da La Révolution
  2. Citato in George Rudé, Robespierre, traduzione di Maria Lucioni, Editori Riuniti, 1981.
  3. Da La Révolution, XXII, 9. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  4. Da Le Rivoluzioni d'Italia, a cura di Carlo Muscetta, Bari, 1935, p. 110 ssg. Citato in I classici italiani nella storia della critica, opera diretta da Walter Binni, vol. I, da Dante a Marino, La Nuova Italia, Firenze, 1974, p. 209.
  5. Da (FR) Correspondance de Edgar Quinet. Lettres à sa mère, vol. II, Librairie Germer-Baillière et Cie, Parigi, 1826, pp. 14-15.

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