Emilio Cecchi

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Emilio Cecchi (1884 – 1966), critico letterario e critico d'arte italiano.

Citazioni di Emilio Cecchi[modifica]

  • Al pappagallo di cucina, sulla nave che porta i pirati verso l'isola del tesoro, io gli ho voluto più bene che se fosse stato il pappagallo di casa mia; molti anni prima di sapere che c'erano stati anche i pappagalli di Daniel Defoe, e che cotesto, probabilmente, veniva da quella famiglia di pappagalli. E son sicuro d'avere sgranato gli occhi come un bambino, quando in Treasure Island la nave deserta vien bordeggiando sul risucchio come la più indubitabile e pazza delle apparizioni; e d'averli sgranati con non meno stupore, più tardi, e, questa volta, non più soltanto come un bambino ma anche come un critico, nell'accorgermi che cotesta nave, il più perfezionato dei vascelli fantasma, apparteneva alla stessa flottiglia della nave-scheletro in Coleridge e del pontone abbandonato di Gordon Pym.[1]
  • Buzzati è fra i più sperimentati e garbati dosatori d'allarmi e spaventi, che esercitano tale mestiere con l'aiuto della penna. È un addomesticatore di apocalissi.[2]
  • Che Dio ci guardi dagli autori candidi, col cuore in mano, che giurano di non aver maniera![3]
  • [Paul Valéry] Il maggior lirico francese dopo Baudelaire.[4]
  • In realtà, uno scrittore come lui [Robert Louis Stevenson], ricchissimo di senso del romanzo peccava, almeno in certo senso, di eccesso di romanzesco, quando, pur con tutta la sua scaltra discrezione e la sua facoltà di dare alle immagini la positività d'un documento storico, si metteva ad architettare un romanzo. Senza contare che per questo scrittore così dotato la vita vissuta era stata, quasi dal principio, straordinaria come il più incredibile dei romanzi.[1]
  • Io sono sempre stato per i carabinieri a cavallo.[5]
  • L'arte non adopera materialmente le cose dell'esperienza; ma dà forma comunicativa all'emozione ch'esse suscitano in noi.[6]
  • L'errore di una forte personalità artistica, è quasi sempre più istruttivo dei successi di un talento irrilevante.[7]
  • [...] lo Stevenson, con la sua ariostesca ironia e squisitezza d'arte, fu tra i primi ad avviare cotesta forma [il romanzo poliziesco] verso un destino superiore; allorché nel Club dei Suicidi e nel Diamante del Rajah inventò quel sorprendente deus ex machina ch'è Florizel principe di Boemia, arbitro metafisico tra la virtù e il vizio.[8]
  • Nella igiene e nella salute del mondo ha gran parte, forse la parte suprema, il trascurare, il distruggere, semplificare e dimenticare. Le antiche civiltà erano vigorose e vitali perché generosamente distruggitrici e si affidavano spavaldamente all'oblio.[9][10])
  • Non siamo mai in un atto, ma sempre alla periferia, al punto di tangenza di due o più atti.[11]
  • Non so di che specie egli [Dino Campana] fosse: se superiore o inferiore alla comune nostra; certo è ch'era di altra specie. [...] Da lui e dal coetaneo Ungaretti, s'inaugura un tono intimo e grave nella nostra ultima poesia.[12]
  • Prezzolini si vantò sempre d'essere uno che in realtà, tutta la vita, non fece che negarsi ogni capacità e ambizione artistica, e sempre considerò le proprie, abbondantissime, virtù di scrittore come puramente strumentali, a determinati effetti divulgativi e didattici. Diciamolo chiaro, noi che fummo sempre suoi amici. In questo mezzo secolo, nel nostro ambiente culturale, è probabile non s'incontri nessun altro così volenteroso, d'altrettanto disinteresse, pronto a fare pieno di abnegazione, ma al medesimo tempo, difficile e scorbutico come lui. Alla sua scontrosa bizzarria gli antichi avrebbero applicato qualcuno di quei loro bizzarri modi di dire: che non gli si trova mai il basto che gli entri; che è come il carbone che tinge o che scotta. Spinoso come un riccio, come un ananasso, che da qualsiasi parte lo tocchi ti punge. Spregiudicato e pedante, impazientissimo eppure tenace, simpatico e al medesimo tempo scostante, bastian contrario per la pelle.[13]
  • Quando frequentando una casa, si vede un gatto con tutto l'aspetto d'un gatto, e che in tutto si comporta come gatto; ma invece a poco a poco si riconosce ch'è un bambino: un bambino non nato, che s'è travestito da gatto, e da quei tondi buchi degli occhi vi guarda con gli occhi del gatto. E si capisce che quei gemiti, quei sommessi miagolii, suonano come balbettate parole. Dall'innocente signora che siede con in grembo l'innocente gattino, a volte si distoglierebbe lo sguardo, come dall'assurdità inafferrabile quanto intollerabile d'uno di quei disegni del Grandville dove una placida papera o una lumaca madornale ha partorito e porge la poppa a un esserino con la testa di gatto.[14]
  • Anche la Ninfa del bosco[15] (cominciata nel 1862, attendendovi l'artista fino, si può dire, al giorno della morte), è una gran battaglia campale più che una grande vittoria. Certo, nell'arte italiana moderna, nessuno si propose, non Fattori, non Segantini, qualche cosa di tanto alto. [...]. Quanto il Costa poteva ottenere in fatto di grazia, nella Ninfa l'ha ottenuto, nonostante, anche costì, la macchinosa incubazione. Si dice fra l'altro, che le più belle donne di Roma non rifiutarono di prestare, e tornare a prestare inesauribilmente le loro gambe, per modello alla Ninfa; e la nobiltà dell'artista era tale da rassicurare anche il più geloso pudore. La volontà dello stile mette un che di fisso nel modellato delle carni, e raffrena il colore in una gelidità fra marmorea e madreperlacea. E si scuopre anche più nel partito di contrasto con la sorda massa di pietra, a lato della donna; contrasto spazialmente troppo insistito, ma che, nella pietra, offre motivo a un bel pezzo di pittura; mentre per lo sfondo alberato e il terreno non par possibile dire altrettanto.[16]
  • Soltanto una cosa è più lugubre dell'uomo che mangia solo; ed è […] l'uomo che beve solo. Un uomo solo che mangia somiglia a un animale alla mangiatoia. Ma un uomo solo che beve, somiglia a un suicida.[17]

Corse al trotto[modifica]

  • Greta Garbo l'incontrai in una sala d'Assisi, dove faceva così freddo da rannicchiarsi sotto al cappello e tenere alzato il bavero del cappotto. Quel freddo umbro-toscano che spacca le pietre, e odora lontanamente di polenta dolce e castagne arroste. (da Cinematografi poveri)
  • L'età sempre più m'innamora di queste verità favolose, di questi simboli assurdi. Invece di ancorarmi, l'età sempre più mi fa traboccare da quest'altra parte. Come un vecchio forzato che espiò largamente la sua colpa, ed è in pace con sé, con gli uomini e con Dio, ma non vuole uscir di prigione, perché non ha dove andare, e perché è inutile andare dovunque sia, non potrò meglio che starmene ad occhi chiusi, contemplando il paese altissimo e sconfinato dove s'aggirano i grandi galeotti bianchi...
  • Uno dei più vividi ricordi di Buster Keaton si riassocia per me alla stamberga d'un borgo toscano. E il viso severo del mimo pareva ristampato in quelli degli spettatori: visi da statue del Pollaiuolo, con appena l'ombra d'un risolino agli angoli della bocca. (da Cinematografi poveri)

Note d'arte a Valle Giulia[modifica]

  • [Sull'arte giapponese] Tutti i quadri sembrano, per un'aria di domesticità serena, dipinti dalla stessa persona o, se non dalla stessa persona, da un'accolta di persone riunite in un intento comune, da una frateria di umili operai, ognuno dei quali si dimentica della propria opera, e s'incontra con tutti gli altri, in una grande opera collettiva, per questa individuale dimenticanza.[18]
  • [Sull'arte giapponese] Sono immuni, questi artisti, dall'infiltrazione di desiderî estranei a quello di far della loro arte una placida adorazione di quella bellezza che vedono spanta in ogni punto della vita. E sono immuni, perché la loro vita non lascia nel suo corso allumacature nostalgiche, ma corre bene incanalata nei suoi alvei, si concreta tutta. Il loro sogno non si sostituisce all'atto abortito. La loro praxis si chiude dentro sé stessa, in un cerchio nitido, e non refluisce contraddetta e negata a intorbidare il sogno, con uno sfogo irrequieto.[19]
  • [Sull'arte giapponese] Ma sono semplici questi giapponesi, a modo dei vecchi greci, perché son forti come essi, e sono così forti perché come essi sono interiormente limpidi. La loro visione non ha nulla di approssimativo, è tutta chiusa e sicura.[20]

Pesci rossi[modifica]

Incipit[modifica]

I pesci rossi nella palla di vetro nuotavano con uno slancio, un gusto di inflessioni del loro corpo sodo, una varietà d'accostamenti a pinne tese, come se venissero liberi per un grande spazio. Erano prigionieri. Ma s'erano portati dietro in prigione l'infinito. Il più straordinario però era questo: soltanto visti di profilo eran pesci veri e propri. A parte la gradevole pazzia del loro colore, visti di profilo erano assolutamente pesci soliti, di forma familiare, come i pesci del miracolo dei sette pani, o come quelli che ognuno la domenica può tirar su da un argine con l'amo o con la rete.
Quando davano un colpo di coda, un guizzo e si mettevano di fronte, la cosa cambiava. La loro faccia dalla grande bocca arcuata diventava sotto la fronte montuosa una maschera rossa di malinconia impersonale e disumana. Posata ai lati sulle branchie, come su un motivo di decorazione, pareva resa anche più astratta dalla fissità dei grandi occhi neri cerchiati d'oro.
Di profilo eran piccole triglie e sardelle purpuree. Di faccia erano vecchi mostri arcigni dell'epoca dei Han; draghi millenari e imbronciati. Di profilo evocavano canneti e graziose scogliere. Ma di faccia pareva venissero fuori da un panorama amorfo, da un oceano pacifico e velato, e la loro palla diventava semplicemente l'acqua.

Citazioni[modifica]

  • Ascoltando una musica calma e malinconica, quando, nell'isolamento di una malattia, il nostro passato si riduce a pura materia di contemplazione, siamo come trasportati in un senso dell'esistenza alto e rarefatto. E in esso è qualcosa di una giustizia austera e tuttavia compassionevole, che toglie ogni cruccio al ricordo delle nostre sconfitte, e amorosamente ci distacca dai nostri stessi desideri. (da Sul ritratto di una bambina dormiente)
  • [Sul secondo comandamento] Il Signore voleva metter bene in chiaro che, a parte la sua interna mansione di scheletro e sangue della realtà (che, del resto, era strettamente affar suo), la sua qualità manifesta e professionale di Dio era non solo da usare ma da invocare con timore di peccato, anche più che con naturale parsimonia e discrezione. Tanto poca fiducia aveva della delicatezza degli uomini. Per conto suo era sicuro di esserci, e desiderava non esser riconosciuto né chiamato. Determinava il fatto e non voleva essere invitato alla testimonianza. Creava la forma, e non voleva essere adoperato nella formula.
    Come il sangue ch'è l'essenza stessa della vita, e si potrebbe quasi identificare con la vita. Ma la vita è piena di invincibili riserve e pudori e orrori del sangue. E sangue non si sparge e non si tocca senza riti, senza misteri, senza scongiuri, senza terribili infrazioni. E sangue è per tutto il corpo; ma è vitale soltanto se non ne esce. Come dio è in tutta la realtà. Ma guai se in questa realtà c'è qualche buco: allora cominciano gli zampilli, anche poco puliti, della rettorica e i versamenti della teologia. (da Iddio ironico, p. 30)
  • In un cassetto della mia specchiera, Dio che cosa ho trovato! Ho trovato una microscopica forcina, tenue come un capello e d'un color rosso rame; e i vani ombrosi delle porte ora si riempiono magicamente della figura d'un'angelica sconosciuta che torna dal mistero a cercare la sua forcina, con un accappatojo sulle spalle e la criniera di fuoco. (da La casa in campagna, p. 41)
  • [...] l'arte, in fondo, come tante fra le cose più belle, vien meglio un po' di nascosto. (da È nata una bambina con una rosa in mano, p. 62)
  • [...] la vita dell'uomo è un filo di seta sospeso in un gioco di rasoi. [...] (da La casa in campagna, p. 39)
  • [L'abolizione del centesimo di lira italiana] mi pareva che il mondo fosse diventato ancora più brutto ed inabitabile. O più esattamente mi pareva fosse diventato più piatto, come se avessero chimicamente e misteriosamente abolito tutta l'erba e le pianticelle, e gli alberi fossero diventati di colpo mediocri e piccini. Mi pareva che qualcuno diabolicamente avesse dato fuoco alla santa casuccia di Puccettino, quella casuccia così misera, ma in virtù della quale le nostre casucce riuscivano a volte a sembrarci delle case. Dal sistema monetario era stata cacciata fuori la moneta più importante di tutte, che è appunto la moneta che non val nulla, e con la quale un tempo si compravano soltanto le cose simboliche e inapprezzabili che sono un bastoncino di menta, una pasticca di liquorizia, una bambolina di carta. (da Centesimi e soldi, pp. 45-46)
  • S'apriva un boccaporto, spuntava un cappellino, una faccetta grassa e un po' spaurita, una gran cravatta a farfalla, un vestitone a grossi dadi bianchi e neri; e George Robey sbarcava, frettoloso, un po' in ritardo, con in mano una valigetta di cuoio. E a chi mi chiedesse che cosa faceva ora questo gran Robey, direi che faceva la cosa più meravigliosa, la cosa più incredibile di tutte: non faceva nulla. Quanti sanno farvi piangere facendo Otello, e quanti altri sanno farvi ridere facendo Figaro; se non succede che vi fanno piangere facendo Figaro e vi fanno ridere facendo Otello. Ma Robey, per esser Robey e far ridere fino al pianto, non aveva bisogno né di Figaro né di Otello: fermo alla ribalta, in costume da viaggio, gli bastava di girare in qua e in là sull'uditorio i suoi occhietti di granchio. (da George Robey, pp. 111-112)
  • Sarà stato perché arrivai a Cambridge nella mezza festa del giovedì, ché le botteghe della città chiudono al tocco, e gli studenti mettono le maglie con lo stemma del proprio collegio e vanno ai campi di hockey. Ma mi parve di arrivare in una di quelle città dove si va soltanto nei sogni. A un certo momento, e più volte ancora nella giornata, mi accorsi che camminavo cautamente, in punta di piedi per non far rumore e non svegliare le piccole strade nerastre e deserte e i cortili deserti e le cappelle deserte, e non svegliare me stesso. (da Cambridge, p. 94)

Citazioni su Emilio Cecchi[modifica]

  • A differenza di tutti i letterati della sua generazione, Cecchi non è mai stato un provinciale, e fu il contrario del sedentario. (Giancarlo Vigorelli)
  • Cecchi era considerato poco meno che un nemico. [...] l'immagine di Cecchi era legata ai comportamenti negli anni della censura e del conformismo di Stato, soprattutto per essersi prestato a far da pompiere nella battaglia di Vittorini sulla barricata della letteratura americana, cioè quella che era stata a quei tempi la bandiera rivoluzionaria dei giovani. Ma ogni generazione ha la sua ottica, e una volta dato per scontato che Cecchi era sempre stato un conservatore per temperamento e per convinzione, si trattava per me di vedere in positivo cosa poteva trasmettermi la sua esperienza. (Italo Calvino)
  • Ci sono scrittori nei quali la destra e la sinistra si intrecciano ambiguamente. L'intelligenza raffinata di Emilio Cecchi, per esempio, era di sinistra mentre la sua personalita' artistica, il suo gusto, i suoi impulsi erano conservatori. (Geno Pampaloni)
  • Dopo D'Annunzio – e pur essendo sempre antidannunziano negli atti, nel costume, nello stile – la sua prosa resta la più ispirata, e alta, dal primo al secondo dopoguerra: Pesci rossi del '24, L'osteria del cattivo tempo del '27. Qualche cosa del '31, ma soprattutto Corse al trotto del '37 ed aggiornate nel '53, non sono soltanto l'esempio più eccelso di prosa d'arte del nostro Novecento, ma quanto più il tempo passerà, e cadute le scorie, splenderanno alla stessa altezza della maggiore poesia degli ultimi cinquant'anni... (Giancarlo Vigorelli)
  • Era amico di Joyce, di Thomas Mann, scoprì Faulkner, tradusse Chesterton, cavalcò le tigri del romanzo americano, eppure non amava il romanzo, e ne diffidava almeno sul terreno italiano, pur adorando Nievo. (Giancarlo Vigorelli)
  • Ieri sera venne Cecchi mentre si pranzava con Slataper. Non ti posso ripetere quel che ci ha detto. Non sono soltanto argomenti. Era il modo come parlava, la sua convinzione morale, il suo atteggiamento così serio e grande da tanto tempo. Tutto ci fece sentire che malgrado la difesa tentata eravamo d'accordo con lui. (Giuseppe Prezzolini)
  • Un meraviglioso conservatore d'energia, lucido dosatore di forze. (Giovanni Macchia)

Note[modifica]

  1. a b Da R. L. Stevenson, in La Ronda, anno II, fasc. 2, febbraio 1920, pp. 130-36.
  2. Citato Enzo Catagna e Francesco Desiderio, Espressioni letterarie del Novecento, Pagine critiche e testi esemplari di scrittori e poeti contemporanei, Antologia italiana per le Scuole Medie Superiori, Signorelli, Milano, 1981, pp. 942-943.
  3. Da L'osteria del cattivo tempo, Corbaccio.
  4. Citato in Mario Picchi, Paul Valéry, il piccolo Faust, La Fiera Letteraria, novembre 1971.
  5. Citato in Armanda Guiducci, Il mito Pavese, Vallecchi, Firenze, 1967, p. 136.
  6. Da Parolacce in Di giorno in giorno, Garzanti.
  7. Da Scrittori inglesi e americani, Mondadori.
  8. Da Scrittori inglesi e americani, 2 voll., il Saggiatore, Milano, 1962, vol. I, p. 365.
  9. Da America Amara.
  10. Citato da Paolo Monti nel catalogo della mostra Quarta Mostra Biennale Internazionale della Fotografia, Edizioni Biennale Fotografica, Venezia, 1963; citato in Conversazioni, Archivio Paolo Monti, Beic.it.
  11. Dai Taccuini, a cura di N. Gallo e Pietro Citati, Mondadori.
  12. Da L'Approdo, gennaio-febbraio 1952; citato in Antologia critica a Dino Campana, Canti orfici e altri scritti, Oscar Mondadori, 1972.
  13. Citato in Guglielmo Lo Curzo, Prezzolini grande maestro, L'osservatore politico letterario, a. 29, n° 4, maggio 1983, pp. 33-46; disponibile anche su Circe.lett.unitn.it.
  14. Da Corse al trotto e altre cose, Sansoni, Firenze, 1952, p. 554.
  15. Alla fonte (La ninfa del bosco) di Giovanni (Nino) Costa, Galleria d'arte moderna di Roma Capitale.
  16. Da Nino Costa in Dedalo, Rivista d'arte diretta da Ugo Ojetti, Casa editrice d'arte Bestetti e Tumminelli, Milano-Roma, anno II 1921-23, volume III, p. 684.
  17. Da Lo scrittojo, ne L'osteria del cattivo tempo, Corbaccio.
  18. Da Persiane e paraventi, p. 19; citato in Emilio Cecchi tra arti figurative e visività, introduzione.
  19. Da Persiane e paraventi, p. 22; citato in Emilio Cecchi tra arti figurative e visività, introduzione.
  20. Da Persiane e paraventi, p. 24; citato in Emilio Cecchi tra arti figurative e visività, introduzione, nota 29.

Bibliografia[modifica]

Filmografia[modifica]

Altri progetti[modifica]