Enzo Ferrari

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Enzo Ferrari

Enzo Anselmo Ferrari (1898 – 1988), imprenditore, industriale e pilota automobilistico italiano.

Citazioni di Enzo Ferrari[modifica]

  • A Maranello vengono spesso musicisti di un genere che è difficile immaginare appassionati di automobili tipo Ferrari. Arturo Benedetti Michelangeli, per esempio, è nostro cliente abituale: adesso è in attesa di una nuova macchina. La prima volta mi chiese, con un leggero imbarazzo, una berlinetta Mille Miglia usata, dichiarandosi non sufficientemente ricco per poter comperarne una nuova. Poi ci rimase fedele, e ogni tanto viene qui, silenzioso, quasi diafano, con quella sua cortesia fredda, quell'espressione sconcertante. Uno strano signore a colazione tra le nuvole.[fonte 1]
  • All'Alfa sanno fare i guanti alle mosche.[fonte 2]
  • Ci asteniamo dal precisare il numero di cavalli che hanno i nostri motori. Quando le nostre macchine vincono vuol dire che hanno più cavalli, quando perdono vuol dire che ne hanno di meno.[fonte 3]
  • Cinque anni dopo Tazio Nuvolari entrò nella Scuderia Ferrari, della quale doveva divenire in breve il portabandiera. Già allora era quell'uomo spiccio e caustico che in seguito pochi amici poterono conoscere nell'intimo.[fonte 4]
  • [Su Gilles Villeneuve] Con la sua capacità distruttiva che macinava semiassi, cambi, frizioni, freni ci insegnava anche cosa fare perché un pilota potesse difendersi in un momento di necessità. È stato un campione di combattività, ha aggiunto notorietà a quella che la Ferrari già aveva, gli volevo bene.[fonte 5]
  • Con tanti riconoscimenti, mi è venuto il dubbio di essere qualcuno.[fonte 3]
  • Fin che ho potuto ho dato. È dal 1929 che do qualcosa.[fonte 3]
  • Fra cent'anni diranno che sono uno che ha scoperto l'acqua calda.[fonte 3]
  • Giù le mani dalla Ferrari: di me dite quello che volete.[fonte 3]
  • Ho imparato che è inutile protestare. Bisogna fare come i cani quando hanno una ferita.[fonte 3]
  • Ho trovato uomini che indubbiamente amavano come me l'automobile. Ma forse non ne ho trovati altri con la mia ostinazione, animati da questa passione dominante nella vita che a me ha tolto il tempo e il gusto per quasi ogni altra cosa. Io non ho alcun diverso interesse dalla macchina da corsa.[fonte 6]
  • I motori sono come le donne: bisogna saperli toccare nelle parti più sensibili.[fonte 7]
  • I piloti io li scelgo a seguito di emozioni che provo, non di freddo ragionamento.[fonte 8]
  • Il sesso? A una certa età diventa un disturbo.[fonte 7]
  • Io mi ero illuso che le nostre cure potessero ridargli la salute perché un padre si illude sempre. M'ero convinto che egli fosse come una mia macchina, uno dei motori. E così mi ero fatto una tabella delle calorie di tutti gli alimenti che Dino doveva ingerire e che non avrebbero nuociuto ai suoi reni, tenevo un aggiornatissimo diagramma quotidiano delle albumine, del peso specifico dell'urina, del tasso azotemico del sangue, della diuresi eccetera, che mi dava l'indice dell'andamento della malattia. La realtà, tristissima, era ben altra: mio figlio deperiva costantemente perché colpito da distrofia muscolare progressiva. Si spegneva per questa terribile malattia che nessuno ha mai potuto individuare né curare, che nessuna difesa consente all'infuori della profilassi genetica. Fin quando una sera, in quella agenda dove annotavo tutti questi dati, scrissi: la partita è perduta.[fonte 6]
  • Io non ammaino niente. Deciderà il Padreterno.[fonte 3]
  • L'automobile è un'espressione di libertà, e il rischio che stiamo correndo è quello di ammazzarci perché ce n'è troppa. Del resto, ci sono due modi classici di morire: di fame e di indigestione.[fonte 3]
  • [Sulla Mille Miglia] La corsa più bella del mondo.[fonte 9]
  • La fortuna e la sfortuna non esistono.[fonte 10]
  • La macchina da corsa perfetta è quella che si rompe appena dopo il traguardo.[fonte 11]
  • La macchina migliore è quella che deve ancora essere costruita.[fonte 12]
  • Lauda è peggio di Giuda. Si è venduto alla concorrenza per trenta salami.[fonte 7]
  • Le mie auto non fumano.[1][fonte 13]
  • [Su Jim Clark] Meglio solo, attardato, a rimontare. Come a Monza nel '67, quando fece impazzire d'entusiasmo gli appassionati. Mi sarebbe piaciuto affidargli una Ferrari. Qualcuno mi disse che potevo portarlo nella mia squadra. Io non ci ho mai creduto. Clark non avrebbe mai corso su una macchina non inglese.[2]
  • Metto le lenti scure perché non voglio dare agli altri la sensazione di come sono fatto dentro.[fonte 7]
  • Mi ritengo peggiore degli altri, ma non so quanti siano migliori di me.[fonte 7]
  • Mio padre mi diceva sempre: i coglioni sono cari ad ogni prezzo. Così io cerco di stare con chi coglione non è.[fonte 7]
  • [Parlando di Tazio Nuvolari] Nessuno accoppiava, come lui, una così elevata sensibilità della macchina a un coraggio quasi disumano.[fonte 4]
  • Noi non perdoniamo niente a nessuno, quindi fate bene a non perdonare niente anche alla Ferrari.[fonte 7]
  • Non accetto e non dimentico che mi hanno chiamato Saturno ammodernato che mette al mondo i figli e poi li divora.[fonte 3]
  • [Parlando di Tazio Nuvolari] Non appena mi giunse la notizia della sua fine partii per Mantova. Era un caldo pomeriggio: l'11 agosto 1953. Nella fretta mi persi in un dedalo di stradine della vecchia Mantova. Scesi di macchina, domandai a un negozio di stagnino la via per villa Nuvolari. Ne uscì un anziano operaio, che prima di rispondermi fece un giro intorno alla mia macchina per leggere la targa. Capì, mi prese una mano e la strinse con calore, si commosse. "Grazie d'essere venuto – mi bisbigliò – come quello là non ne nasceranno più"[fonte 4]
  • Ogni singolo pezzo della pista, deve poter mettere a dura prova il comportamento dinamico dell'auto in modo tale da rendere facile l'individuazione dei problemi di ogni macchina. Da questo momento in poi, voglio che nessuna Ferrari affronti la pista o la produzione di serie senza che abbia superato a pieni voti l'esame Fiorano.[fonte 14]
  • Preferisco essere chiamato semplicemente Ferrari ed è quello che ho ottenuto entrando ogni mattina dal mio barbiere, Antonio.[fonte 3]
  • Quando un pilota muore, almeno due donne svengono.[fonte 7]
  • Quello che conta è non dare fastidio agli altri: ma chi ci riesce?[fonte 7]
  • Signore dei cieli, fatemi diventare buono.[fonte 3]
  • Sono l'espressione vivente della fantasia dei giornalisti.[fonte 3]
  • Su un letto dell'ospitale canonica gli dissi: "Coraggio Tazio, sarà per il prossimo anno". Mi rispose: "Ferrari, giornate come questa, alla nostra età, non ne tornano molte; ricordalo e cerca di gustarle fino in fondo, se ci riesci". In queste parole, che forse erano una umile confessione, era nascosto il dramma di quell' uomo fatto d'un sol fascio di nervi, il dramma di un padre che aveva visto morire entrambi i suoi figli adorati e che invano sperava con tutto il cuore di non dover attendere la morte in un letto. Era un solitario, un uomo amareggiato per la crudeltà con cui il destino lo aveva colpito negli affetti più profondi, tuttavia, e non suoni irriverente questa mia osservazione, non cessò mai di essere un sagace regista di se stesso. Pochi come lui conobbero la folla, capirono quello che la folla voleva, seppero alimentare il proprio mito. Ogni suo atto, ogni suo gesto era previsto e calcolato, pur negli spasimi di una vita di atleta lanciato agli estremi rischi.[fonte 4]
  • Sul famoso stile di guida di Tazio Nuvolari se ne sono dette di tutti i colori. Succede del resto sempre così, quando un uomo arriva ai limiti dell'impossibile: si impadronisce di lui il mito e, allora, se faceva il pugile, si racconta che sapeva uccidere un toro con un pugno, e se faceva il pilota, che percorreva le curve su due ruote.[fonte 15]
  • [Sulla Mille Miglia] Un museo viaggiante unico e affascinante, allestito in una straordinaria cornice di pubblico festante.[fonte 9]
  • [Su Tazio Nuvolari] Un prodigio insuperato dell'istinto ai limiti delle possibilità umane e delle leggi fisiche.[fonte 15]
  • [Sul ciclismo] Uno sport che produce sudore.[fonte 16]

Piloti, che gente...[modifica]

  • [Su Carlos Reutemann] Atletico, pilota di ottime capacità, condizionato da un temperamento tormentato e tormentoso. Capace di risolvere situazioni difficili, supplendo anche a occasionali deficienze meccaniche, ma labile a sciupare, per emotività congenita, risultati acquisibili in partenza.[fonte 17]
  • Nino Farina era l'uomo dal coraggio che rasentava l'inverosimile. Un grandissimo pilota, ma per il quale bisognava stare sempre in apprensione, soprattutto alla partenza e quando mancavano uno o due giri all'arrivo. Alla partenza era un poco come un purosangue ai nastri, che nella foga della prima folata può rompere; in prossimità del traguardo era capace di fare pazzie, ma, bisognava pur dire, rischiando solo del proprio, senza scorrettezze a danno di altri. Così, aveva un abbonamento alle corsie dell'ospedale. (p. 47-48)
  • [Su Nino Farina] Sarà storicamente ricordato come il pilota che per primo si è fregiato del titolo mondiale quando, nel 1950, fu istituito il Campionato del mondo di Formula 1. (p. 48)
  • Ickx: un connubio di ardimento e di calcolo. Nel primo anno in cui corse con le mie macchine maturò un'esperienza che prometteva grandi frutti. Poi, dopo una stagione di intervallo con la Brabham, per quattro anni abbiamo inseguito un titolo, mentre ci venivano attribuite polemiche spesso inconsistenti al di là del funambolismo giornalistico. Se facciamo una graduatoria dei piloti Ferrari vincitori di Gran Premi valevoli per il campionato mondiale, Ickx è terzo, insieme a Villeneuve, con sei affermazioni, dietro ad Alberto Ascari con tredici e a Lauda con quindici. Qualche suo atteggiamento, che gli valse fra i miei collaboratori l'appellativo di Pierino il terribile, non mi ha cancellato il ricordo di un ragazzo cresciuto in fretta e l'impressione di quella sua guida fine e temeraria sotto la pioggia. (pp. 99-100)
  • Viveur, danseur, calciatore, tennista e, a tempo perso, pilota: così ho definito Clay Regazzoni, il brillante, intramontabile Clay, ospite d'onore ideale per le più disparate manifestazioni alla moda, grande risorsa dei rotocalchi femminili. Lo contattai fin dal 1969 [...]. L'anno dopo vinse un memorabile Gran Premio d'Italia a Monza. Poi si affinò, come stile e temperamento, che era fra i più audaci, fino a diventare un ottimo professionista. Gli avversari lo hanno sempre rispettato. (p. 118)
  • Patrese alterna corse molto belle a prestazioni criticate dai suoi colleghi. È un pilota molto capace e nessuno, sia in prova che in gara, gli mette soggezione. Ha accumulato una lunga esperienza, ma fino ad ora, anche in squadre di prima grandezza, ha ottenuto meno successo di quanto meriterebbe. (p. 120)
  • [Su Ludovico Scarfiotti] Salito sulla Formula 1 non voleva scenderne, anche se il suo stile non si conciliava con il necessario affinamento. Qualcuno parlò di divorzio quando Ludovico chiese, per il Gran Premio d’Italia dell’anno dopo, di cercarsi un’altra vettura. Ebbi una lettera di Gianni Agnelli, che si era interessato all’attività sportiva di Ludovico, suo cugino. Mi diceva: "Sta bene, anche Ludovico è d’accordo di smettere con la Formula 1". La sua ansia di sentirsi completo al volante di una macchina da corsa ebbe invece il sopravvento. Lasciò la Ferrari e cercò altrove, in Inghilterra, in Germania, ma non era soddisfatto. Lo seppi: avevamo già gettato le basi di un ritorno, di una nuova stagione con le rosse vetture Sport che non dimenticava. Lo sapevano in pochi. Ma l’agguato di Rossfeld, lo spuntone di roccia che gli fu fatale nella caduta fuori dalla bianca Porsche impazzita, doveva impedire la soluzione dell’equivoco. Il pilota generoso, corretto, soprattutto ubbidiente anche se ebbe la sua fiammata d’orgoglio, non poté ritrovare la spensieratezza di tante famose gare di durata, quella felicità che la sua vita sentimentale gli aveva avaramente dosato in un’altalena di affetti.[fonte 18]
  • [Su Tony Brooks] Abbandonò le corse per fare non so se il commerciante di automobili o il dentista. Si era presentato in Italia come intelligente stilista. Si dimostrò in seguito uomo capace, ma tanto prudente, anche quando la prudenza poteva essere intesa come intenzione di non nuocere, non soltanto a se stesso, ma anche agli altri.[fonte 19]

Citazioni su Enzo Ferrari[modifica]

  • Aveva della sua attività quasi un'idea poetica, chiedeva macchine che venissero utilizzate tutti i giorni e che potessero diventare vetture da gara. (Nicola Materazzi)
  • [«Che cosa le chiedeva il Commendatore quando si accingeva a progettare la macchina per l'anno successivo?»] Da persona estremamente intelligente e furba, se ne guardava bene dall'esprimersi. Per farci sorridere delle volte mi diceva "fa na machina c'venz", fai una macchina vincente. (Mauro Forghieri)
  • Dobbiamo metterci in mente tutti, senza dimenticarlo, che se non ci fosse stato Enzo Ferrari, l'Italia, sotto il punto di vista dell'automobilismo da competizione, sarebbe allo stesso livello del Belgio o della Spagna. L'autombilismo da competizione in Italia lo ha inventato Enzo Ferrari anche se in realtà si correva da ben prima. Ma per la posizione di sfida lanciata al resto del mondo, per la sfida alla Mercedes, per quella alla Ford, come appassionati gli dobbiamo tutta la nostra riconoscenza. [...] Sebbene, secondo me, nel nostro Paese, mai si è dato il rilievo che la figura di Enzo Ferrari meritava. (Gian Paolo Dallara)
  • Enzo Ferrari è uno che non conosce la parola grazie. (Gigi Villoresi)
  • Enzo Ferrari era intelligente, molto duro e avevano tutti paura di lui. Ricordo che ero in ufficio, un ambiente buio, con i mobili chiari, e mi fu chiesto: "Quanti soldi vuoi?". Risposi che ero troppo giovane per pensare ai soldi; credo che Enzo mi stesse mettendo alla prova, per vedere quale fosse la mia motivazione. (Jody Scheckter)
  • Era un personaggio molto duro, che ha fatto del motorsport la sua vita, indole che condivido. (Gian Carlo Minardi)
  • Ferrari? Mussolini sarebbe un bambino di fronte a lui. (Olivier Gendebien)
  • Ferrari era un uomo di intuito. Mi ha creato e, a differenza di quanto accaduto con altri, non mi ha distrutto. Un uomo eccezionale, aggrappato alla concretezza della nostra terra. Abbiamo avuto discussioni accese. Lui urlava e io più di lui, ma alla fine ci si intendeva. Lui dava ai suoi collaboratori la massima libertà, spronando sull'innovazione. Noi due simili? No. Io sono un tecnico che ragiona sulla base di dati, lui lo faceva sulle sensazioni, peraltro spesso azzeccate. (Mauro Forghieri)
  • Grazie a Ferrari ho anche iniziato a costruire la forcella diritta. Fino ad allora eravamo convinti che quella curva ammortizzasse meglio. Lui mi portò nei laboratori dove si progettava con l’aiuto del computer, per me era una cosa straordinaria. E mi dimostrò che aveva ragione. (Ernesto Colnago)
  • Il commendatore, è difficile dirlo se è un mago, certamente è uno che sa cosa vuole e dove vuole arrivare. (Carlos Reutemann)
  • Per me, Enzo Ferrari aveva la stessa simbologia del Papa: quando la Rossa vince una corsa suonano le campane in chiesa. Non esiste nulla di nemmeno paragonabile al mondo. (Nigel Mansell)
  • Pranzando una volta a Fiorano mi disse: "Io so che lei sta facendo carriera e sarà un uomo di grande successo. Ma si ricordi che accanto a un uomo di successo ci deve essere sempre una donna". Io lo guardai, lui si fermò un attimo e poi aggiunse: "Naturalmente cambiandola ogni tanto". (Cesare Romiti)
  • Quando Ferrari discorreva sembrava stesse leggendo un libro dato che in ogni sua parola non c'era la benché minima ombra d'esitazione. (Ivan Capelli)
  • Se penso a Enzo Ferrari penso ai suoi occhiali scuri, a quello sguardo bruno con cui decise di guardare e farsi guardare dal mondo. Un vetro scuro che modifica tutto ciò che lo circonda: il rosso delle sue macchine, i piloti, le donne, i suoi figli. Ma anche l'abbigliamento della gloria e la polvere dell'insuccesso. Ecco, se penso ad Enzo, penso a quel vetro che lo protesse, ma che gli impose una solitudine che solo gli uomini di grande carattere sono in grado di sopportare. Quando si muore ci si toglie gli occhiali e in quel margine di luce che resta si dice finalmente la verità. Credo che Enzo, la verità se la sia sempre detta, con o senza gli occhiali, con o senza le sue macchine, con o senza i suoi figli.[3] (Sergio Castellitto)
  • Stavamo allestendo le Barchette per la Mille Miglia [...] e Ferrari ogni momento ne aumentava il numero... Una mattina, Ferrari si presenta alla Carrozzeria Touring, vuole vedere la linea di queste vetture in lavorazione, non è soddisfatto [...], ha dato in escandescenze, mi ha dichiarato che avrebbe mandato subito il camion a ritirare tutto quanto e che il rapporto con noi della Touring era finito. Potete immaginare com'ero rimasto, com'era rimasto con me il mio socio Ponzoni [...]. Abbiamo pensato un po' [...] come affrontare il problema; un bel momento dico: "Senti Gaetano, qui l'unica cosa è che io mi presenti a lui al più presto e cerchi di aggiustare la questione. Al più presto, significa domani mattina [...] davanti al suo studio [...]". Non dimentichiamo che a quell'epoca c'erano degli americani che facevano una settimana di anticamera prima di essere ricevuti da Ferrari [...]. Per farla breve, arrivo alla mattina alle otto, ancora quando le fabbriche erano a Modena, l'ingresso era miserino [...]. Entro e il Commendatore mi dice: "Cosa fa ingegnere a quest'ora qui da me?". "Cosa faccio, sono qui per parlare con lei di quello che è successo ieri". "Ingegnere, ma lei ha creduto a quello che ho detto ieri?". Sono veramente rimasto di sasso, ma la cosa non è finita. Alle cinque del pomeriggio ero ancora lì, dopo aver chiacchierato, fatto colazione con lui [...]. Abbiamo parlato di operai, sindacati di produzione, di automobili, di arte, di tutti gli argomenti possibili per tirare tardi. Però il fatto che più mi ha colpito è stata la frase: "Ma lei ha creduto a quello che ho detto?". Enzo Ferrari più imprevedibile di così, non si può immaginare... (Carlo Felice Bianchi Anderloni)
  • Tutte le mie Ferrari hanno avuto problemi alla frizione. Quando tu guidavi normalmente, tutto andava bene. Ma quando si andava forte, la frizione scivolava in accelerazione; semplicemente non era all'altezza del compito. [...] Sono andato a Maranello regolarmente per avere una frizione ricostruita o rinnovata, e ogni volta la vettura è stata portata via per diverse ore e non mi hanno permesso di guardarli ripararla. Il problema con la frizione non è mai guarito, così ho deciso di parlare con Enzo Ferrari. Ho dovuto aspettare per lui un tempo molto lungo. "Ferrari, la vostra auto è spazzatura!", mi sono lamentato. Il Commendatore era furioso: "Lamborghini, si può essere in grado di guidare un trattore, ma non si sarà mai in grado di gestire una Ferrari correttamente". (Ferruccio Lamborghini)
  • Un giorno a Modena stavo entrando in un ristorante quando ho riconosciuto Ferrari seduto a uno dei tavoli. Mentre passavo ho cercato di salutarlo, ma lui girò la testa dall'altra parte fingendo di parlare con la persona accanto a lui. Mi stava ignorando! (Ferruccio Lamborghini)
  • Un uomo straordinario, coraggioso, visionario. Molto difficile, ma sempre leale. Gli devo molto. E non è un caso che il suo marchio e il mio siano due realtà indissolubili. (Bernie Ecclestone)
  • [Vive in un ufficio che mette soggezione], una volta entrati si ha una sensazione poco rassicurante. Quando si entra depressi si esce ancora più depressi. (Niki Lauda)

Enzo Biagi[modifica]

  • Non gli andava bene che, in caso di vittoria, la maggior parte del merito andasse al pilota. Ciò che contava, prima di tutto, erano i suoi motori. Villoresi un giorno disse: Ferrari non conosce la parola gratitudine. E ogni incontro con Lauda era uno scontro fra due uomini che curavano ciascuno il proprio interesse.
  • Non ho mai avuto una particolare predisposizione per i motori, però Ferrari mi ha costantemente affascinato. L'ho sempre visto come un eroe del West: solitario, scontroso, difficile, ma ricco di umanità.
  • Per lui esistevano solo il rumore delle sue macchine e il silenzio delle sue riflessioni. Non era un emiliano buontempone, era un uomo che viveva con se stesso e che si faceva ragionevole compagnia.
  • Un giovane che aveva sognato di diventare Ferrari e lo è diventato.

Piero Ferrari[modifica]

  • Aveva abitudini e manie alle quali non è mai venuto meno. Come l'odio per gli ascensori. E per gli aerei. Diceva: «Non ho paura di volare, ho paura di non tornare a volare». Da qualunque parte andasse, doveva sempre rientrare a dormire nel suo letto. Non lasciava mai Maranello, lì si sentiva il re. Erano gli altri che venivano a trovarlo e a riverirlo.
  • Ho avuto un grande papà, terribilmente esigente, duro ma anche tenero. Nel carattere conservo tanti punti in comune, soprattutto quando mi arrabbio. Ma ciò che lo differenziava da tutti era il carisma, quel fascino misterioso che lo elevava sempre rispetto agli altri. Una sensazione che ho sentito solo al cospetto di Papa Giovanni Paolo II. Gente che ti fa sentire piccolo.
  • Mio padre ha lasciato in noi che gli eravamo vicini e nel DNA dell'azienda la volontà di guardare avanti, di cambiare giorno dopo giorno. Era una persona che non s'interessava mai al passato, se non per evitare errori fatti e cancellare esperienze negative.
  • Mio padre non diceva niente, approvava: "Tu fai, se va bene ti dico bravo". Lui però era così, voleva che la gente fosse libera di dimostrare di avere ragione e che le loro idee fossero giuste. Se però erano sbagliate, non la faceva passare liscia. Non è che non approvasse in partenza, nessuno avrebbe potuto recriminare che Ferrari non lasciasse libertà di esprimere le loro idee, perché mio padre lasciava fare.

Romolo Tavoni[modifica]

  • Direi che, forse, Ferrari non aveva studiato letteratura ma era uno che diceva: "Volli, sempre volli fortissimamente volli". Voleva costruire un'azienda che durasse nel tempo e, forse, a questa intenzione che anteponeva a tutti gli avvenimenti, ha contribuito, almeno dal 1953 in poi, anche il sapere che il figlio che gli assomigliava in tutto e per tutto, come carattere, come volontà, gli sarebbe venuto a mancare di lì a poco: quando l'ematologo, il più grande ematologo di Modena, il professor Coppo, gli disse: "In queste condizioni, Ferrari lei non ha molte speranze". Il suo imperativo era quello di vincere perché vincendo toglieva la promozione alla concorrenza, ma doveva trovare in ogni modo uno spunto positivo, anche quando perdeva, perché lui doveva continuare.
  • In America mi ricordo che alle 12 Ore di Sebring, Henry Ford II chiese di venire ai box a conoscere la squadra. Noi siamo stati molto onorati e Ford disse: "Salutatemi il signor Ferrari, io non posso chiedere la rappresentanza della Ferrari, però vorrei che mi mandasse una macchina tramite Chinetti [...], io vorrei veramente sentirmi ambasciatore delle Ferrari", e poi gli scrisse una lettera con queste parole che io avevo riferito. Questo per dire la dimensione del personaggio. Gli scrive: "Io per propagandare un mio modello devo investire capitali enormi, lei viene a fare una gara qui due volte all'anno e sui giornali è in prima pagina, qual è il segreto per il quale lei ha i giornali a sua disposizione?" Ferrari risponde: "Io vorrei che lei comprasse una mia macchina e che poi la giudicasse, perché io sono un piccolo costruttore artigiano, faccio il sarto su misura". Henry Ford comprò una macchina da Chinetti pagandola.
  • Io credo che dal punto di vista umano e personale, Ferrari abbia pagato i suoi successi a caro prezzo. Io non lo invidio. Ha avuto degli onori che nessuno forse ha avuto, ma dal punto personale ha pagato con sacrifici non indifferenti.
  • Le auto Ferrari avevano un prezzo stabilito, ognuno pagava questo prezzo in Italia, ma non valeva altro che in Italia, perché i clienti parlano la stessa lingua che parlava lui, ma all'estero le macchine avevano il valore della gente che comprava. Il re Leopoldo del Belgio viene con Liliana de Rethy e gli ordina un bellissimo coupé per un regalo da fare alla principessa [...]. Ferrari dice senz'altro e la manda a Pininfarina, al quale aveva chiesto di carrozzarla. Quando ritorna l'addetto della casa reale gli dice che gli sarebbe piaciuto [...] un bellissimo foulard di quelli che aveva Ferrari con lo stemma Ferrari, con una spilla. Allora chiama Gardini: "Vai da Blundi ordina una spilla con brillanti. Che ci sia il Cavallino, mi raccomando d'oro ecc". "E quanto posso spendere?" "Cento mila, dovresti cavartela". Gardini torna indietro e dice: "Centocinquantamila". "Va bene, comprala lo stesso". La macchina costava 10 milioni di lire. Gardini dice: "Viene l'addetto della casa reale e devo dare la fattura". "Si dagliela, quanto 10 milioni? No, non c'è la spilla". "Allora 10 milioni 150 mila". "No mettici 10 milioni 500 mila, che siamo più sicuri". Ferrari era capace di tradurre qualsiasi cosa in vantaggio per la Ferrari Automobili.
  • L'uomo Ferrari era il primo dipendente di se stesso, era molto esigente con gli altri, era padrone degli altri, almeno con me credo che mi avesse considerato come il tavolo, la scrivania o la macchina da scrivere. I suoi collaboratori dovevano essere suoi, non si poteva stare a mezza strada. Vi racconto un episodio che chiarisce meglio le cose. Io ho avuto il piacere di lavorare dalla fine del 1945 al luglio del 1949 alle Officine Alfieri Maserati [...]. La prima a partire con l'attività sportiva nel dopoguerra fu la Maserati, la Ferrari stava elaborando ancora il suo 125 [...]. Quando mi sono trovato in Ferrari e ho detto che ero stato alla Maserati, dopo una settimana non mi voleva più, perché ero di quelli che erano al di là della via Emilia; Modena è divisa in due dalla via Emilia, quindi di qui o di là, ma un altro al mio posto, in quel momento, non c'era, quindi si è adattato. Mi ha detto: "D'ora in poi, lei deve avere in testa una cosa sola: la Ferrari. È la sua famiglia, il suo lavoro e la sua attività".
  • Per sapere se gli uomini potevano essergli vicino fino in fondo, per sapere tutto dei suoi uomini, un lunedì mattina mi disse: "Ma ieri come è andata?" "Sono andato a Bologna a vedere il Modena giocare con il Bologna, abbiamo anche perso". "Con chi è andato?" "Sono andato con Maletti, Montagnani, Zanasi, gli atri amici, con due macchine, mi hanno portato". "E dopo?" "E dopo ci siamo fermati a Modena al Nazionale, loro hanno fatto una partita a boccette e io ho preso un caffè guardando". E ha tirato fuori una busta gialla e dice: "Ah si è vero". Non era una bugia. Il Sifar credo l'abbia inventato lui per conoscere la gente. [...] Ferrari con l'Arma dei Carabinieri, la Benemerita, aveva un rapporto tale che sapeva se i suoi uomini mangiavano, se non mangiavano, se dormivano, chi vedevano, chi frequentavano. Ecco il possesso dell'azienda era totale.
  • Quando non aveva la macchina vincente, voleva essere pagato di più come premio di partenza perché diceva: "Vengo per farmi battere, altrimenti voi non avete nessuno che possa avere un certo prestigio per essere battuto, quindi la vostra gara non ha importanza".
  • Se ero in America al GP degli Stati Uniti e i nostri piloti erano l'inglese Hawthorn o Tony Brooks che facevano tempi migliori dei nostri, lui mi faceva, al telefono, un discorso di questo tipo: "Guarda che sono convinto che Phil Hill domani farà meglio, forse li batte tutti e due". Un discorso così per un ingenuo come me inizialmente era difficile da capire, però il significato era: "In America, se è possibile io vendo 10 macchine di più se vince un americano". Andavamo in Inghilterra a fare il Tourist Trophy con le vetture sport e avevamo Phil Hill che andava benissimo su quel circuito ed aveva il miglior tempo e gli altri venivano dopo. Lui diceva: "Fate attenzione durante i rifornimenti vedrete che quel pilota inglese vincerà lui". Aveva questa abilità di gestire le corse anche stando a casa. Lui è sempre stato il vero Direttore Sportivo della scuderia, credo almeno fino al 1980, perché era la sua vita, le corse erano la sua vita.

Note[modifica]

  1. In seguito all'offerta della Marlboro di sponsorizzare le vetture Ferrari in F1.
  2. Citato in Giorgio Terruzzi, Terruzzi racconta: Le strane coppie della F1 | Episodio 4, redbull.com, 19 maggio 2020.
  3. In occasione della fiction in cui ha interpretato Enzo Ferrari.

Fonti[modifica]

  1. Da Le mie gioie terribili, citato in Vincenzo Borgomeo, Il suono dei motori, repubblica.it.
  2. Citato in Rita Querzé, Il museo dell’Alfa Romeo «patrimonio culturale», milano.corriere.it, 26 luglio 2010.
  3. a b c d e f g h i j k l Citato in Palla lunga e pedalare, p. 54.
  4. a b c d Da Il segreto di Tazio, la Repubblica, 27 dicembre 1985.
  5. Citato in Carlo Marincovich, Zolder '82, l'ultimo volo di Gilles vent'anni con il mito Villeneuve, la Repubblica, 8 maggio 2002.
  6. a b Citato in Il Drake comincia la sua avventura, I sessant'anni Ferrari, 1a puntata, repubblica.it.
  7. a b c d e f g h i Citato in Palla lunga e pedalare, p. 53.
  8. Da una dichiarazione pubblica contenuta nel documentario I Ferrarissimi, Avofilm, 1996.
  9. a b Citato in Cos'è la Mille Miglia, adnkronos.com.
  10. Citato nel TG1, edizione delle 20:00, 9 maggio 2010.
  11. Citato da Valentino Rossi in Alessandro Pasini, Vale conquista il deserto del Qatar, Corriere della Sera, 12 aprile 2010.
  12. Citato in Debutta la Galleria Ferrari, "l’anti-museo", I sessant'anni Ferrari, 14a puntata, repubblica.it.
  13. Citato in Enzo Ferrari – Una leggenda a fumetti, supplemento allo speciale Formula 1 di Quattroruote, marzo 2005.
  14. Citato in Nel 1972 una svolta: nasce la pista di Fiorano, I sessant'anni Ferrari, 11a puntata, repubblica.it.
  15. a b Citato in Tazio Nuvolari - La leggenda Nivola, I sessant'anni Ferrari, repubblica.it.
  16. Citato in Mario Fossati, Amava il coraggio ma ai campioni preferiva i gregari, la Repubblica, 14 febbraio 2003.
  17. Da Piloti, che gente...; citato in Rüdiger Franz Gaetano Herberhold, Ricordando Carlos Reutemann, guerinsportivo.it, 11 luglio 2021.
  18. Da Piloti, che gente..., Conti Editore, Roma, 1985; citato in Silvano Lonardo, Ludovico Scarfiotti: l'ultimo pilota italiano a trionfare a Monza, f1world.it.
  19. Citato in Stefano Ollanu, Addio a Tony Brooks, 2° nel 1959 con la Ferrari, formulapassion.it, 3 maggio 2022.

Bibliografia[modifica]

Voci correlate[modifica]

Altri progetti[modifica]