Federico Buffa racconta Storie Mondiali

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Cruijff inseguito da Vogts nella finale del Mondiale 1974

Federico Buffa racconta Storie Mondiali, programma televisivo condotto da Federico Buffa e scritto con Carlo Pizzigoni, in onda dal 3 aprile 2014 al 7 giugno 2014 sulle reti televisive Sky Sport e Sky Arte.

Citazioni tratte da Federico Buffa racconta Storie Mondiali[modifica]

  • I Mondiali hanno scandito i tempi della nostra vita e scandiranno quelli di chi verrà.[1] [frase di apertura di ogni puntata]
  • Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio.[2] (José Mourinho) [frase che compare sullo schermo in chiusura di ogni puntata]

Puntata 2, Arancia meccanica (Germania 1974)[modifica]

  • È il primo Mondiale miliardario, è il primo Mondiale superblindato e ha un finale folgorante. Ecco perché la storia del calcio si divide tra quello che è successo prima del Mondiale '74 e quello che succederà dopo. (01:55-02:05; cfr. p. 31)
  • Ed è in questo clima di straripante ricchezza, di terrore ma anche di grande ribellione che inizia il Mondiale 1974. (10:15-10:25; cfr. p. 33)
  • [Su Johan Cruijff] Ha una velocità di base spaventosa, ma una visione, tipo De Stijl, geometrica del mondo in cui è capace di entrare e uscire con dei cambi di direzione e delle velocità che non sono sostenibili calcisticamente. Ha letteralmente due piedi e vede, vede, vede quello che succede dappertutto. (32:40-33:00; cfr. p. 41)
  • [Su Franz Beckenbauer] Ogni volta che viene nominato, viene nominato col nomignolo di Kaiser. Dici per le sue note di personalità straripante? No, perché con la sua faccia da ragazzo del coro sembra esattamente quel dolcissimo sovrano che la Baviera ha avuto di nome Ludwig II [...]. È un borghese per default. Sposa la classica bionda ma gioca divinamente a calcio. No, togliete il ma, il ma non serve: gioca divinamente a calcio. È razionale, ha fatto il mediano nelle prime Germanie, adesso fa il libero. È il padrone, è veramente un giocatore che passa una volta ogni cent'anni. (35:45-36:25; cfr. p. 43)
  • [Su Günter Netzer] È il più grande calciatore di tutti i tempi per qualità del calcio in relazione alla dimensione dei suoi piedi, che vanno oltre il cinquanta. Ma mette la palla su un trifoglio a sessanta metri. (36:40-36:50; cfr. p. 43)
  • [Su Johan Cruijff] E poi c'è lui: Pitagora in scarpe da calcio. (40:00-40:05; cfr. p. 44)
  • [Su Johan Cruijff] Ma non è possibile giocare così, perché è sempre lucido. Ha questo esterno destro con cui pennella da qualsiasi distanza. Ti salta e non è mai banale. E non gioca per lo spettacolo, gioca per un'utilità: è veramente un olandese. (40:15-40:30; cfr. p. 44)

Puntata 4, Football back home (Inghilterra 1966)[modifica]

La regina consegna la Coppa Rimet al capitano Bobby Moore.
  • Non considerare i coreani è un passatempo molto usato della storia dell'umanità, con risultati piuttosto modesti. (05:35-05:45)
  • Anfield ha una curva che si chiama il Kop che è intatta dal 1928 quando è stata costruita. Se ci foste andati negli anni Sessanta-Settanta, anche nei giorni non di partita là c'era un distinto odore di birra e cipolle. È una delle curve più avanti della storia del calcio, soprattutto dal punto di vista musicale. Utilizzano i grandi pezzi in classifica in Inghilterra per associarli ai loro giocatori. (07:05-07:45)
  • Luisito Suarez, Diego de Velázquez con il campo da calcio a disposizione per i suoi dipinti. (12:35-12:45)
  • [Su Eusébio] È un giocatore moderno, ma oggi è moderno, figuratevi allora. È un dieci e un nove contemporaneamente. Parte da dietro e tira di destro e sinistro in maniera impressionante. Fa undici netti sui cento. Ma ti dà anche la profondità: segna praticamente ad ogni partita. (17:55-18:10)
  • Nobby Stiles materializza il concetto di perché gli inglesi han vinto la guerra e di perché gli inglesi sono stati al comando del mondo per così tanto tempo. Ha una tenacia ingestibile. (33:35-33:50)
  • Ma l'uomo che fa cambiare tutta la conformazione offensiva della Germania è Helmut Haller, che gioca in Italia anche lui. Non saprei che ruolo abbia, so che fa veramente male a tutti. (38:10-38:20)
  • Secondo me il successo degli inglesi è stato vilipeso troppo. È vero, sono stati aiutati, ma trovatemi una vergine tra chi ha vinto il titolo avendo organizzato il Mondiale. Ed è vero che non hanno vinto prima né dopo, però quella era una gran squadra. Guardatevi la semifinale e la finale: giocano veramente bene. (45:00-45:20)

Puntata 5, Diegooooooooo! (Messico 1986)[modifica]

Maradona con la coppa del mondo del 1986
  • Questo dell'86 è decisamente il Mondiale degli allenatori. (09:20-09-25)
  • Sarà l'altitudine, sarà l'aria, saran le nuvole: i Mondiali messicani sono sempre splendidi. (13:15-13:25)
  • El Buitre, l'Avvoltoio, un soprannome che rappresenta Butragueño molto male dal punto di vista visivo – è un ragazzo del coro –, ma molto bene dal punto di vista tecnico. È semplicemente sensazionale a farsi dare la palla in area, a puntare il difensore a dire "guarda che se mi fai fallo è rigore!" e a metterla in porta. (20:00-20:20)
  • Borges, uno dei più grandi intellettuali della storia dell'uomo, non ne farei un fatto né di Sud America né di Argentina. Borges amava tutte le culture, tutte, anche perché le conosceva tutte. Aveva una finezza bizantina nel leggere quello che noi non riusciamo a leggere. (29:20-29:45)
  • L'antitesi del triviale è Diego Maradona e nel Mondiale dell'86 in qualsiasi espettorazione, in qualsiasi secondo delle partite dell'Argentina lui c'è. C'è sempre. Non c'è neanche un grado di separazione. (30:35-30:50)
  • Ci sono due gol che sono un salto nel vuoto, un continuo sprezzo e disprezzo del pericolo, e poi un dribbling, una finta, una schivata a tutto quello che tatticamente è stato fatto su un campo di calcio. (31:35-31:50) [riferito alla doppietta di Maradona contro l'Inghilterra]
  • Se non hai battuto gli inglesi, in realtà campione del mondo lo sei fino a un certo punto. (32:35-32:40)
  • [Su Diego Maradona] Comincia a toccarla come fa lui, con questo sinistro, che ha un ritmo diverso. Appena l'avversario prepara muscolarmente l'intervento, lui già è arrivato prima. E continua a toccartela tenendo una falcata lunghissima. Non arriva a un metro e settanta, ma ha una forza e una centralità che ti impediscono di spostarlo, è come Mike Tyson, che era molto più piccolo degli altri massimi, ma spostalo... arriva prima lui! (34:00-34:25)
  • Gli argentini non sono prudenti. Mai stati. (35:35-35:40)
  • Diego [Maradona] non è mai arrivato il giorno che spiegavano di che cosa bisognava avere paura. Diego reagisce ad una voce sola: quella del suo istinto. (36:25-36:30)
  • Nel '78 hanno vinto il Mondiale ma sanno benissimo come l'hanno vinto quel Mondiale. E tanta gente ha perso compagni di scuola, compagni di militare, compagni di esistenza. Non è un Mondiale che ricordi sempre con gran facilità. (37:45-38:05)

Puntata 6, Italia-Germania 4-3 (Messico 1970)[modifica]

La nazionale brasiliana ai Mondiali 1970
  • Quando in Brasile si crea una situazione di questo tipo di esplosività, praticamente è un lancio di moneta: testa e c'è l'implosione, il Maracanazo; croce e una squadra con cinque numeri dieci a giocare davanti, con un ritmo di calcio bailado irresistibile non vince il mondiale, lo stravince. A Messico '70 è uscita croce. (02:30-02:50)
  • I Mondiali in Europa sono una cosa, in Sud America decisamente un'altra. (08:00-08:05)
  • [...] Sandro Ciotti, con quell'incantevole voce grattugiata che ci ha raccontato la storia del calcio italiano. (16:50-17:00)
  • Il Brasile gioca una melodia calcistica con improvvise capacità di cambiare la nota che non si è vista mai. (23:20-23:30)
  • Poi c'è quel maledetto... maledetto Gerd Müller. È tanto sgraziato quanto efficace. Tante volte addomestica un tiro sbagliato dei compagni e lo fa diventare suo e fa gol. Oppure se tu hai un'incertezza di un secondo, lui entra nella storia e fa quello che deve fare: toccarla appena e metterla in porta. (29_10-29:30)
  • [Sulla Partita del secolo] Tanti ragazzi italiani compreso il sottoscritto hanno avuto il permesso dal papà e dalla mamma di vedere la partita. È meta giugno, o ci sono gli esami o domani non vai neanche a scuola, perché no? Tutti quelli che stanno vedendo la partita – e sono diciassette milioni – se incontreranno qualcuno che quella partita non l'ha vista, gliela racconterà minuto per minuto, occasione per occasione, infarto mancato per infarto mancato. (31:25-32:00)
  • Il Dio del calcio gli ha dato tutto, ma proprio tutto tranne la velocità, ma ha esagerato su una voce: il piede sinistro, che è uno dei tre più grandi della storia. Quando calcia Rivelino si sente il rumore dell'aria che si muove e la palla è sempre tra i pali. (40:15-40:30)
  • Fino ad allora giocare con la dieci era giocare con la dieci. Due ore dopo, alla fine della prima partita di Pelé con la maglia verdeoro, giocare con la dieci sarà giocare CON la dieci! E ancora oggi il dieci è il numero del calcio. (41:05-41:20)

Puntata 9, Blanc et Noir (Francia 1998)[modifica]

  • [sui Berberi] Sono una popolazione fiera, europeoide, che vive in quella zona dal Neolitico. [...] Sono albini per tradizione e genetica e spesso hanno gli occhi del colore dell'orizzonte quando arriva il vento che spira dal deserto. (2:00-2:25)
  • Lì un giorno è nato un bambino il cui nome era Zayyid Aldyid Al-Yazid, "la bellezza della religione". Il bambino aveva proprio le caratteristiche del berbero era lungo, con la pelle bianca e gli occhi di ghiaccio. Aveva una coordinazione locomotoria straordinaria: con quella palla faceva quello che voleva, ci girava intorno, la pettinava, gli tiravi pietre e ti rimandava rose. Ecco, quel bambino poi è diventato l'uomo che in una bellissima serata del luglio del 1998 ha condotto la Francia al suo primo titolo mondiale. [...] Ma il berbero dagli occhi di ghiaccio all'epoca ormai lo conosceva tutto il mondo col suo nome francese: Zinedine Zidane, detto "Zizou". (02:50-03:30; cfr. p. 186)
  • Quando Jules Rimet e Henry Delaunay negli anni Venti pensarono al Mondiale, immaginavano una competizione dilettantesca per poche squadre, mai avrebbero immaginato che alla fine del secolo sarebbe diventata la più grande kermesse popolare del pianeta, anzi della storia del pianeta. (05:30-05:45; cfr. p. 186)
  • Il Mondiale del '98 è nettamente il più spettacolare dei tre del decennio: succede letteralmente di tutto. (14:15-14:25)
  • A diciassette anni Ronaldo, che prende soltanto il nome della madre e quindi di Nazário da Lima e di secondo fa Luís, era la macchina più perfetta mai vista su un campo di calcio. Una struttura muscolare incredibile, la capacità di accelerare fino ai venti, ventidue all'ora senza problemi. Totalmente ambidestro, con una capacità indimenticabile di curare il particolare alla massima velocità. Non è guidare una Lamborghini Murcielago, è essere una Lamborghini Murcielago. (35:25-36:05; cfr. p. 198)
  • In più il papà l'ha portato a vedere al Virage Nord, alla curva dell'OM al Velodrome, l'unico vero principe del Río de la Plata, Enzo Francescoli. Se ne chiamano un altro "principe" per forte che sia, lo si deve al fatto o gli assomiglia fisicamente o è ispirato a lui perché di principe ce n'è uno solo e Zidane se ne accorge subito. Quella capacità di pettinare la palla, quel modo di muoversi da trequartista che è anche una mezzala, alle volte triste, con poche concessioni emozionali alla partita. (38:25-39:00; cfr. p. 199)

Citazioni su Federico Buffa racconta Storie Mondiali[modifica]

  • Buffa è un formidabile storyteller, una narratore di storie che si diramano per mille rivoli. O meglio, i racconti di Buffa hanno una struttura ad albero: il tronco è il calcio, i rami sono le connessioni che via via prendono corpo attraverso associazioni, link, collegamenti, divagazioni. A differenza di alcuni giornalisti sportivi che in passato amavano esibire il loro sapere di fronte a una platea non particolarmente attrezzata, Buffa sa che cultura è innanzitutto fare bene le cose, coltivare i dettagli (magari con alcuni vecchi Lp). (Aldo Grasso)

Note[modifica]

Bibliografia[modifica]