Ferdinando Petruccelli della Gattina

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Ferdinando Petruccelli della Gattina

Ferdinando Petruccelli della Gattina (1815 – 1890), giornalista, patriota e politico italiano.

Citazioni di Ferdinando Petruccelli della Gattina[modifica]

  • Brofferio è stato per lungo tempo il giornalista più ameno e più giocondo, più sarcastico e più vigoroso della stampa italiana. Ma sventuratamente egli è rimasto polemista e poeta anche in politica. Ei sente troppo. Egli subisce l'influenza delle impressioni vivaci e subitanee, lochè toglie a' suoi apprezzamenti, a' suoi giudizi l'autorità cui dà loro l'incontestabile suo ingegno. Brofferio è tribuno anzi tutto, ciò che hanno obliato coloro i quali volendolo giudicare come uomo di Stato, gli rimproverano la mancanza di continuità e di uniformità nella sua carriera politica e lo annegano anche oggidì sotto vili ed ignobili calunnie. (citato in Enrico Montazio, Angelo Brofferio, 1862, p. 19-20)
  • Dei signorotti brutali altrettanto che ignoranti, ambiziosi, vani, avidi, maltrattano le misere genie de' proletari, strappano loro l'onore delle persone e le sostanze, la facoltà santissima della prole e del pensiero. Iloti, men che Iloti, paria men che paria, bruti, men che bruti, la plebe degradata in tutta l'umana natura ha perduto perfino l'istinto di lamentarsi; e pochi pomi di terra, qualche frusto di pane di segala e di saggina che si accordano come lusso sibaritico, solamente nelle grandi solennità e nei casi solenni di morbo, l'acqua pura delle fontane e scarso fuoco; ecco il sovrano agognare di quella gente. Il pensiero è in essi un ospite importuno e non trapassa il domani, non trapassa la stentata mercede del durissimo travaglio giornaliero. (articolo de Mondo Vecchio e Mondo Nuovo, n. 66, datato 12 maggio 1848, citato in Aurelio Lepre, Storia del Mezzogiorno nel Risorgimento, Riuniti, 1974, p. 226)
  • [Agostino Depretis] È nato malfattore politico come si nasce poeta o ladro. (citato in Indro Montanelli, L'Italia dei notabili (1861-1900), Rizzoli, 1999, p. 133)
  • L'Inghilterra è la sola amica d'Italia. (da Discussioni della Camera dei Deputati, 20 marzo 1862, pag. 1773)
  • La chiesa è l'istituzione più materialista. Fa di Dio, l'essenza stessa dello spiritualismo, una roba di carne e di sangue: lo mangia e lo beve. (citato in Civiltà Cattolica, 1875, p. 616)
  • Margherita è bella, ma soprattutto graziosa. Ha uno spirito virile attinto dal bravo suo padre, il duca di Genova; e sa volere, quando s'incapriccia a volere, sino ad imporne — si buccina — al suo placido marito. (citato in Ugoberto Alfassio Grimaldi, Il re "buono", Feltrinelli, 1980, p. 108)
  • Per dieci anni Napoleone III è tratto a' capelli ora da una parte, ora da un'altra, e da dieci anni egli fa ora un passo verso di noi, ora due verso il Papa; tentenna, bilancia, esita. (citato in Niccolò Rodolico, Storia del Parlamento italiano, Volume 5, S.F. Flaccovio, 1968, p. 196)
  • Mastai-Ferretti, cittadino italiano, di professione Vice-Dio. (citato in Civiltà Cattolica, 1875, p. 616)
  • Pio IX ha espiato pel pontificato, come Carlo I e Luigi XVI hanno espiato per la monarchia. (citato in Civiltà Cattolica, 1875, p. 616)
  • Vi sono rivoluzionari dal basso in alto, quelli che scendono a sommuovere le passioni luride delle piazze, e di costoro io non sono. Vi sono poi i rivoluzionari dall'alto in basso, quelli che vogliono far servire l'autorità alla creazione della nazione per imporre la libertà, e di questo tipo io mi sono rivoluzionario. Io non sono con Mazzini, sono con Saint-Just. (citato in Atti parlamentari dello Senato, Volume 4, Tip. E. Botta, 1887, p. 2618)

Il re prega[modifica]

Incipit[modifica]

Sulla strada di Napoli alle Calabrie, in mezzo alla catena degli Apennini, a qualche miglio dal passo di Campotenese, trovasi un grosso borgo chiamato Lauria.
Il borgo, addossato alla montagna, ha due piani: Lauria inferiore, nera, immonda, dalle strette viuzze, dai casolari screpolati, si accoccola nella valle. Lauria superiore, più moderna, si attacca quasi alle vette della montagna, là dove passa la strada consolare. Questa parte del borgo è più aristocratica. Le piccole case del popolo grasso, la chiesa, il palazzo del vescovo, le locande, il convento dei cappuccini, la casa municipale giacciono quivi, e tutto ciò è nuovo, gaio, netto, con delle pretese architettoniche. Un sentiero angusto, pericoloso, ai lembi di un precipizio, riunisce le due braccia del villaggio sul dorso della montagna, mediante un piccolo ponte traballante, gettato sul torrente. Giù poi, nella valle, le due Laurie sono congiunte da una strada pietrosa che fa un lungo circuito.

Citazioni[modifica]

  • Ferdinando II di Napoli non poteva far manco di due cose, e perciò le voleva sempre alla portata della sua voce: il boia ed il confessore. È non usava molto del primo, checché se ne sia detto. Ma e' faceva un consumo spaventevole del secondo.
  • Ferdinando II, questo pulcinella sanguinario, regna con le bombe, con i gesuiti e con le proscrizioni. La missione comune di questa famiglia è stata dunque corrompere o uccidere: scopo supremo, contaminare lo spirito umano o sopprimerlo: mezzi per riuscire, il carnefice ed il prete, e qualche volta l'oro.
  • Gli uomini sono come i cani: abbaiano ai mendichi e si gettano addosso ai più deboli. Si divora il ferito, come tra le bestie feroci.
  • Le grandi città sono piene d'imprevisti: vi sono delle opportunità incredibili di fortuna e di favore.

Le notti degli emigrati a Londra[modifica]

Incipit[modifica]

Il nome che porto non è il mio, continuò il colonnello Zapolyi. Non oso più nominare il villaggio ove nacqui. Ciò che è una gloria ed una gioja per altrui, è un ricordo di vergogna e di orrore per me.
Mio padre era nobile. Da dodici secoli, i miei antenati accampavano nelle montagne della parte orientale della Transilvania, che serve di confine alla Moldavia. Noi siamo Szekely, Siculi, cioè a dire, quel ramo di Magiari che discende da una banda primitiva dell'esercito di Arpad, gli ultimi avanzi degli Unni che sopravvissero, riparati nei monti, alla distruzione dell'impero di Attila. Questo paese, come pure quella lista di terra che si stende lungo tutto l'impero del sultano fino all'Adriatico, formano i Confini militari, dove, sotto la dominazione dell'Austria, tutti gli uomini sono soldati.

Citazioni[modifica]

  • Ogni Ungherese è l'embrione di un poeta, di un gentiluomo, d'un soldato, d'un patriotta e di un pazzo – Don Chisciotte grave, capace di tutti gli eroismi e di tutte le frivolità. (Maurizio Zapolyi, II)
  • L'Ungheria, questo Oriente dell'Occidente, ha la confidenza indolente degli Orientali, e lo spirito d'esame dei popoli dell'Occidente svegliato e pronto. (Maurizio Zapolyi, VII)
  • L'Europa reale termina all'Oder. L'Europa al di là è piuttosto l'Oriente. L'Ungheria e la Polonia sono le primogenite di codesta Europa slava orientale, che è un pericolo, e che dev'essere una forza, e cui si tratta di costituire. L'Europa deve dunque incoraggiare la formazione dell'Ungheria quale deve essere, ed affrettare la decomposizione dell'Austria quale essa è ancora, ma senza forzare con la guerra la mano al destino. (Maurizio Zapolyi, XI)
  • Io sono poco democratico. Non disprezzo il popolo, ma amo meglio innalzarlo fino a me coll'istruzione e col lavoro che discendere fino a lui, abdicando una parte di me stesso. (Il conte Giovanni Lowanowicz, V)
  • Dietro a noi, la valle della Volga e della Kama, il mondo reale; dinanzi a noi, i picchi coperti di nevi, le roccie scarne, le foreste secolari, i valloni profondi, le vette vergini, i precipizii irti, i torrenti sonori e... la Siberia: l'indefinito e l'infinito. (Il conte Giovanni Lowanowicz, V)
  • Il mio solo nemico serio oggimai era il russo officiale, od il suo cane, il Cosacco. (Il conte Giovanni Lowanowicz, VII)
  • Voi avete visto certamente una renna, in qualche giardino zoologico, o in qualche museo di storia naturale. Essa rassomiglia un poco al daino, avendo il muso, il piede e la taglia di un vitello. Essa ha le corna come quelle del cervo, palmate in cima; il pelo baio chiaro, talvolta bianco e brizzolato. Nulla di più elegante che il suo andare. La rapidità della sua corsa è favolosa; al contrario dell'alce, essa vola sugli strati più sottili di neve senza affondare. Discesa o salita, nulla arresta o rallenta la sua corsa. Messa sopra una direzione, essa trova la sua via, senza aver mestieri di esser guidata o condotta. Essa si affeziona all'uomo, di cui è la vera provvidenza, un benefattore in quelle contrade ed in quei climi. Quando la renna è stanca, o quando ha fame, si ferma. La si scapola. Essa va a disotterrare sotto la neve e pascere un po' di lichene come può; e quando si è riposata e nudrita, viene a prendere spontaneamente la coreggia della slitta. Coraggiosa al lavoro, la renna percorre da trenta a quaranta chilometri di un sol fiato; poi si corica un istante sulla neve, ed un quarto di ora dopo riprende il suo volo di rondine. La sua carne è squisita, sopra tutto la lingua; la sua pelle è preziosa a mille usi. (Il conte Giovanni Lowanowicz, VIII)

I moribondi del Palazzo Carignano[modifica]

Incipit[modifica]

Io mi risveglio, ed il grosso uomo parlava ancora.
- Io ho un vicino, raccontava egli al signore seduto al suo fianco, un vicino che chiamerei il mio onorevole amico, se io avessi l'onore di essere il signor Massari e se il mio vicino fosse ministro. Ma per i tempi che corrono, che la si figuri! il mio vicino non è neppure un martire. Egli è bene restato una dozzina d'anni in esilio, i suoi beni furono sequestrati, i suoi parenti cacciati in prigione, la sua casa ridotta ad albergo di sbirri e gendarmi, la sua fortuna minata; egli lottò bene e senza posa della penna e della parola contro il sovrano del suo paese.... ma e' non si credette giammai abbastanza martire per domandare un posto nel paradiso del Bilancio, quando i martiri invadevano la patria come gl'insetti invadono i cenci del mendicante. Appena se lo nominarono deputato.

Citazioni[modifica]

  • Voi andate ai balli di corte; voi andate alle ricezioni del barone Ricasoli; voi partecipate a taluni pranzi diplomatici, a certi banchetti nelle grandi occasioni. Voi siete invitati a tutte le feste. Voi viaggiate gratuitamente. Voi non pagate spese di posta. La vostra medaglia in oro è un passa-pertutto, generalmente rispettato. Voi non potete essere giudicati per tutto il tempo che dura la sessione. – Voi potete fare dei debiti, si fa credito ad un deputato! [...] Voi avete un palazzo principesco per andarvi a leggere i giornali, parlare, fumare. [...] Voi siete ben riscaldati. [...] In una parola, voi siete una potenza, una forza, un favorito, una gloria.
  • Noi [...] abbiamo sei balbuzienti, cinque sordi, tre zoppi, un gobbo, degli uomini ad occhiali, un gran numero di calvi – quasi tutti. Non un sol muto!
  • Non si dirà per certo giammai che il nostro è un Parlamento democratico! Vi è di tutto – il popolo eccetto.
  • Noi abbiamo, come in tutti i Parlamenti, la distinzione di destra, di centro, di sinistra. Ma questa distinzione non è assoluta. Vi sono parecchi deputati che seggono alla sinistra e votano costantemente con la destra: altri che, anche sedendo alla destra, votano talvolta con la sinistra.
  • Poi vi sono le farfalline. Sfido chi possa assicurare a qual nuance della destra appartengono Broglio, Alfieri, Scialoia ed oggi Minghetti – ed altri parecchi. Nelle prime settimane videsi anche qualche cosa di più curioso. Un deputato siciliano, il signor Paternostro, andarsene alla destra per attaccare qualche deputato dell'estrema sinistra, onde esser sostenuto e sedere nondimeno alla sinistra, a lato di Lafarina, suo capo di fila. Queste due altre farfalle si sono ora fissate – non è duopo dir dove. Un bey dell'Impero Ottomano ed un consigliere di Stato del Regno d'Italia non poterono incanalarsi tra gli onorevoli della sinistra.
  • I miei colleghi, di sotto, vanno, vengono, rimuovonsi, leggono i giornali e mi confondono, mi forviano. Il presidente strimpella col suo campanello. Gl'intolleranti interrompono. Si rumoreggia, si strepita, si sbadiglia – ohimè! si sbadiglia.
  • Vi è una categoria di deputati che ha la malattia di proporre delle leggi per avere l'occasione di recitare un piccolo discorso meditato, mandato a memoria per sei settimane.
  • Il conte di Cavour, senza contestazione, è il terzo uomo di Stato d'Europa – con Lord Palmerston e l'Imperator Napoleone. La perdita di questo uomo, nelle circostanze attuali, sarebbe, per l'Italia, una sventura irreparabile. La forza del conte di Cavour non è nei suoi principii; egli non ne ha alcuno d'inesorabilmente determinato. Ma egli ha uno scopo, uno scopo fisso, netto, la di cui grandezza avrebbe data la vertigine a tutt'altro uomo – dieci anni fa – quello cioè di formare un'Italia una ed indipendente. […] Il signor di Cavour possiede la conoscenza generale degli affari; egli ha delle idee larghe, molto liberali, niente complicate; ma egli manca dell'abilità pratica della messa in scena. […] Il diplomatico è un gigante; l'amministratore, mediocre; l'uomo, un'antitesi. Con lui non si resta giammai in un'attitudine indeterminata: gli si ubbidisce o gli si addiviene ribelle. È non lascia menarsi dai suoi amici, non conta i suoi amici. È il pensiero d'Italia, all'estero; all'interno, ne è il cuore. Egli è l'anima sempre del Gabinetto, che in lui s'identifica, s'illusa, direbbe Dante.
  • Il conte di Cavour lasciò la sua opera interminata. La sua morte ha forse anche ritardato il compimento di quest'opera. [...] Lui morto, una specie di paralisi ha invaso il corpo sociale della Penisola.
  • De Sanctis sa di politica quanto gli uscieri della Camera.
  • Crispi sarà ministro un dì – certo – e forse in epoca non lontana – né sarà dei peggiori che afflissero Italia.
  • [Benedetto Cairoli] A causa delle sue ferite non ancora cicatrizzate, si trascina sulle grucce e fa di tempo in tempo un'apparizione alla Camera. [...] Cairoli ha preso posto nell'estrema sinistra e vota alzando la sua gruccia. [...] Ha parlato una volta – ed è stato lo più splendido discorso che abbia udito la Camera nella sessione attuale.
  • Poerio è una reliquia. Lo si imbandisce nelle tavole ministeriali, come un oggetto di curiosità egiziana e di appetito ben conservato – perché la poca forza che resta a questo gran martire si è concentrata nelle mascelle, mascelle potenti, le quali quando non masticano, lavorano un concettino all'Achillini, onde presentarlo ad una signora.

I suicidi di Parigi[modifica]

Incipit[modifica]

Il dottore conte di Nubo dava a desinare nella sua casa di campagna a Saint-James.
È non aveva, a vero dire, l'abitudine di offrir pranzi; perocché, quantunque si avesse in casa, da due anni, una nipote, e' continuava a vivere da scapolo, mangiando in città, al restaurant o al club.

Citazioni[modifica]

  • Ah! la libertà della stampa! che tossico!
  • Il bene è di rado attraente, è mestieri ricordarsene.
  • Il marito di bella donna non manca mai di amici, più o meno intimi, teneri, divoti, pieni di attenzione – disinteressati sopra tutto!
  • – Io sono troppo vecchio, madamigella, per entrare in questa mischia. Non si corre più quando si à la podagra. Siete voi fortunato, signor duca!
    – Adagio, signore, adagio, non cercate svignarvela. Io sono pigra, io: amo la podagra. (episodio III, 8)
  • Noi viviamo per gli altri, molto; per noi, poco.
  • Quando si vuol essere un po' sicuri del silenzio, meglio vale veder le parole palpitare sulle labbra anzi che udirle.
  • Un uomo di lettere – poche eccezioni salve – è il peggiore dei mariti, per una donna che aspettasi a trovare in lui il pontefice massimo della bellezza di lei ed il primo gentiluomo di sua camera – un essere previggente, in una parola, dalle piccole moine, espansivo, delicato, innamorato.
  • Un uomo di lettere serio, non si mischia troppo al mondo, che per eccezione. Di consueto, egli vive fuor del mondo, di una vita fittizia, in mezzo ad esseri ch'egli evoca dal suo cervello.

La rivoluzione di Napoli nel 1848[modifica]

Incipit[modifica]

L'Europa si è chiusa sul mezzodì dell'Italia come le onde del mare sur un vascello naufragato. I deboli gridi, che giungono a scappar fuori da quella muda, non producono più alcuna impressione. Impassibile, indolente l'Europa assiste alla consumazione del lento sacrifizio di quei miseri senza che un segno di simpatia, senza che un motto di protesta si slanci per confirmare a Ferdinando Borbone il crisma di carnefice di Napoli, mannaia d'Italia, e gridargli: arresta!

Citazioni[modifica]

  • La nazione napolitana è divisa in due classi: il proletario e la borghesia. L'aristocrazia è un essere incompleto ed impotente, la quale non ha che un nome infecondo financo di memorie. (p. 7)
  • A guardare nella nazione napolitana solamente l'uomo, a contemplare l'enorme sciupio delle leggi morali e religiose, ogni anima onesta sarebbe tentata a gridare: Dio non è, o l'uomo non è l'opera della sua mano! Ma quando lo sguardo ricade su quelle soavi creature, in cui non sai che più ammirare, se lo splendore della bellezza o la nobilità dello spirito, quando vagheggi quell'opàla eterna i cui fuochi non muoiono mai; allora ti riconcilii con Dio e dici: quest'uomo è caduto, e la sua tristizia è un'espiazione. Un'espiazione forse della sapienza etrusca, della signoria romana, della libertà proficua del medio evo; un'espiazione della codardia moderna e dello scoraggiamento di oggidì. (p. 9)
  • I governi si trovano mai sempre di fronte quattro influenze, quella della religione, quella della guerra, quella della intelligenza, e quella delle finanze. La storia non è che la lotta di queste influenze centrifughe contro il potere di assorbimento che esercitano gli Stati. La monarchia di Napoli non ebbe differenti avversarii e neppur essa rinculò dal combattimento. (p. 11)
  • L'espansione delle idee se era stata più sollecita a Napoli, non era men feconda nelle altre terre d'Italia. Napoli aveva risposta la prima al solenne appello del secolo; ma il Piemonte, la Toscana, Roma, e la grande voce di Lombardia e di Venezia non tardarono a farsi udire. La costituzione di Napoli era stata la lieve scintilla che aveva destato il grande incendio. Tutta la penisola da un capo all'altro subiva da lungo tempo l'azione di una disorganizzazione vitale. Il vecchio abito dell'assolutismo cadeva a brani, ed il bisogno della ricostruzione era universalmente sentito. (p. 24)
  • E che cosa resta sopra una terra dove la mano di un vulcano è passata? (p. 72)

Incipit di alcune opere[modifica]

Il concilio[modifica]

Sinodo a Costantinopoli, sinodo a Pietroburgo, sinodo a Belgrado, sinodo in Irlanda, Concilio ecumenico a Roma. La Chiesa, di temperamento linfatico, è tutta in moto.
Questo fatto straordinario produsse, di contraccolpo, alcune preoccupazioni nel mondo laico, e le potenze cattoliche le provarono alla lor volta.

Il re dei re[modifica]

La mattina 26 giugno 1070 nella badia di Montecasino era affaccendato movimento. Frati che ivano e redivano pei chiostri colonnati recando vasi sacri e ricchi panni di chiesa, scudieri che lustravano usberghi e giacchi di maglia, palafrenieri attenti al governo di numerosi cavalli, damigelli che dalle cucine servivano succulenti asciolvere ai padroni negli assegnati appartamenti, oltre numero molto di vassalli intenti a servigi diversi dell'abadia, e grossa folla di chierici che accompagnavano i vescovi.

Il sorbetto della regina[modifica]

Mastro Zungo, che si era coricato alle sei della sera, si risvegliò alle due del mattino.
Mastro Zungo si stropicciò gli occhi, sbadigliò due volte con orribile strepito, balbettò un Pater noster che non era né italiano, né latino; s'acconciò sul capo un berretto a spicchi, che imprigionava le nere ciocche dei suoi capelli ribelli, ascoltò brontolando il fragoroso russare della sua compagna e attese gli scocchi dell'orologio della chiesa. Alcuni minuti dopo, infatti, batterono due tocchi.

Citazioni su Ferdinando Petruccelli della Gattina[modifica]

  • Brillante, audace, eccentrico. (Justin McCarthy)
  • Chi può ora sostenere la lettura dei romanzi dovuti alla penna del focoso giornalista-epigrammista che fu Ferdinando Petruccelli della Gattina [...], che vorrebbero dare quadri della Napoli borbonica e danno invece un cumulo di cose enormi, di delitti tenebrosi, di stranezze, di scempiaggini, senza disegno e senza stile, con una disinvoltura e un brio di maniera, meccanici e falsi? (Benedetto Croce)
  • Diceva tutto nelle sue corrispondenze, questo uomo diabolico, e bisognava tagliarne le frasi mordenti o feroci, attenuare, velarne il pensiero. (Jules Claretie)
  • Era un meraviglioso giornalista. I suoi articoli non annoiavano mai, interessavano sempre. (Luigi Capuana)
  • Molti gli fanno la mala ciera, perché l'ardito vecchio vibra parole acerbe o blande, secondo gli occorre; ma se lo conoscessero da vicino, subito smetterebbero ogni rancore. (Giovanni Bovio)
  • Rimane ancora oggi, insieme con Edoardo Scarfoglio, il nostro più grande giornalista, e l'unico giornalista italiano dell'Ottocento di tipo europeo. Fu un instancabile poligrafo: polemista animoso, corrispondente politico, romanziere bizzarro e fantastico. (Luigi Russo)
  • Si è detto — e non senza fondamento — che il rinnovatore del giornalismo italiano nel senso moderno della parola fu Petruccelli della Gattina. Era un curioso personaggio, che per molti aspetti anticipava il tipo del reporter americano d'oggi, che in ogni caso sentì la febbre religiosa di questa professione, e alla professione sacrificò tutto [...] Petruccelli introdusse nel giornalismo italiano il «colore». Si trattava di un colore a chiaro-scuro, tutte luci ed ombre [...] Egli non fu mai parco di aggettivi, e tuttavia certe sue scene conservano una freschezza che invano si cercherebbe altrove. (Italo de Feo)
  • Uomo scandalosissimo [...] Scrive, come un cane, in francese ed in italiano, articolesse, libelli, romanzacci, indecenti sotto ogni aspetto, e storie, anche più indecenti. (Vittorio Imbriani)
  • Un de' più efficaci, originali, vibranti e sfolgoranti scrittori del tempo, un vero ingegno in una vorticosa anima ardente. (Salvatore Di Giacomo)
  • Un uomo incapace di costruire e occupato quasi sempre nei tentativi di demolire più o meno bassamente gli avversari nel campo politico o religioso. (Giacomo Martina)
  • Uscì allora un Ferdinando Petruccelli, uomo di sconvolto ingegno e animo astioso; il quale s'era fatto nominare qualche anno prima scrivendo male di tutti gli scrittori d'una strenna letteraria [...] Egli tolsevi il carico di calunniare; inventava dispacci, dava l'allarme, e spingeva tutto a ribellione. (Giacinto de' Sivo)

Bibliografia[modifica]

Altri progetti[modifica]