Filone di Alessandria

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Filone di Alessandria

Filone di Alessandria, noto anche come Filone l'Ebreo (20 a.C. ca – 50 d.C. ca), filosofo ellenistico di cultura ebraica.

Citazioni di Filone di Alessandria[modifica]

  • Di fatto, ciò che è fatto è simile a chi lo fa.[1]
  • È illegittimo dire o supporre che il mondo costituito delle idee esista in qualche luogo. In quale maniera esso sia organizzato, lo ricaveremo dall'attenta osservazione di certe analogie con esso presenti nelle cose del nostro mondo. Quando si fonda una città, per soddisfare la smisurata ambizione di un re o di un qualche governante... capita a volte che si presenti un architetto provvisto di una specifica formazione il quale... in un primo momento abbozza nella propria mente un piano di quasi tutte le parti che dovranno costituire la futura città... poi, dopo aver fissato nella propria anima, come su un modello di cera, la delineazione di ogni singola parte, porta impressa in sé l'immagine della città creata dal suo pensiero. In seguito, grazie alla memoria innata in lui, rievoca le immagini e, mentre ne accentua ancora più i caratteri, alla maniera di un valente artigiano comincia a costruire la città fatta di pietre e di legname, con l'occhio della mente fisso al modello, adeguando le realtà materiali a ciascuna delle idee incorporee. Qualche cosa di analogo si deve appunto pensare riguardo a Dio e supporre che, quando concepí il disegno di fondare "la grande città", in una prima fase ne strutturò nella propria mente i modelli secondo cui sarebbe stata creata, componendo i quali portò a compimento prima il mondo intelleggibile e poi, servendosi di esso come prototipo, quello sensibile.[2]
  • Fra gli uccelli, la cicogna dà mostra di un elevatissimo senso della giustizia. Essa nutre i propri genitori sin da quando le sono spuntate le ali, e non si propone altro scopo se non quello di contraccambiare a sua volta i benefici di coloro che l'hanno beneficata.[3]
  • Il sigillo archetipo, che noi diciamo essere il mondo intellegibile non può che identificarsi con il logos divino.[2]
  • Il logos Creatore è di per sé il sigillo, secondo la cui impronta ha assunto la propria forma ogni cosa creata.[4]
  • Il loro cibo [dei Terapeuti]... è del pane comune... La tavola è pura da ogni carne... La retta ragione insegna loro a essere sobri nella vita: perché il vino è la bevanda della follia e le carni esasperano ciò che la creatura ha di più insaziabile, il desiderio.[5]
  • Il verbo di Colui che è, è, come si è già detto, ciò che lega tutti gli esseri e tiene unite e abbraccia tutte le parti, impedendo loro di dissolversi e separarsi.[6]
  • Quando Dio volle creare questo nostro mondo visibile, impresse preventivamente (proexetupou) il mondo intellegibile, per poter disporre di un modello incorporeo, e in tutto simile al divino, ai fini di creare il mondo materiale, una replica più recente di un mondo più antico, destinata a contenere in sé altrettante specie sensibili quante nel primo erano le intellegibili.[2]
  • [Mosè] chiama "libro" il logos di Dio, sul quale sono iscritte (engrafestahi) e incise (encharattesthai) le strutture costitutive degli altri esseri.[7]
  • Proprio da tali potenze è costituito il mondo intelligibile e corporeo, che è il modello del mondo fenomenico, e come quest'ultimo è composto da corpi visibili, cosi quello intelligibile è composto da idee invisibili.[8]

Citazioni su Filone di Alessandria[modifica]

Note[modifica]

  1. Da De specialibus legibus, §§ 205-209.
  2. a b c Da De opificio mundi; citato in Giulio Busi, Qabbalah visiva.
  3. Da Alexander sive de animalibus, 60; citato in L'anima degli animali, p. 122.
  4. Da De fuga et inventione; citato in Giulio Busi, Qabbalah visiva.
  5. Da De vita contemplativa; citato in Aa. Vv., La dieta vegetariana nel Cristianesimo, Edizioni Il Sentiero, Milano, 2011, p. 38. ISBN 978-88-86604-12-3
  6. Da De fuga et inventione, 112; citato in L'anima degli animali, p. 118.
  7. Da Legum allegoriae; citato, con modifiche poste alla traduzione dall'autore, in Giulio Busi, Qabbalah visiva.
  8. Da De confusione linguarum; citato in Giulio Busi, Qabbalah visiva.

Bibliografia[modifica]

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