Gaetano Amato

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Gaetano Amato (1957 — vivente), attore italiano.

Incipit di alcune opere[modifica]

Gioco segreto[modifica]

Nell'affrontare la curva l'auto dovette per forza di cose rallentare. Colse al volo l'inaspettata occasione. Tutto avvenne in una manciata di secondi. Con un gesto improvviso aprì lo sportello e si catapultò fuori dall'abitacolo lasciandosi cadere sul manto stradale a peso morto. Una mano riuscì ad afferrarlo per il giubbotto ma per sua fortuna l'indumento gli si sfilò di dosso e restò inutile trofeo nelle mani del suo carceriere. Toccò terra e rotolò sulla schiena. Rapidamente, noncurante del bruciore procurato dall'attrito della pelle sull'asfalto, si alzò e cominciò a correre. Il cuore sembrava volergli uscire dal petto, a tutti i costi, quasi animato da una forza sprezzante qualsiasi sforzo: ne sentiva il battito nelle orecchie, ossessivo, prepotente, come se provenisse da un qualcosa di esterno al suo stesso corpo. Appena lasciata la strada asfaltata per calpestare la sabbia, sentì alle sue spalle uno stridio di freni. Si girò a guardare. Cadde. Rotolò e, ansimando, si rialzò riprendendo a correre. Cadde ancora e ancora si rialzò, ma ormai l'esiguo vantaggio dovuto all'imprevedibilità della sua azione era quasi del tutto azzerato. Intanto poco più in là, sulla battigia, un gabbiano ispezionava la risacca alla ricerca di qualcosa di commestibile da ingurgitare. L'uomo giunse a ridosso di un muro ma non fece in tempo a superarlo perché, malgrado la mole, l'altro lo aveva già raggiunto. Si voltò a destra e a sinistra cercando aiuto, e con terrore si rese conto che la zona era inesorabilmente deserta. Non provò nemmeno a gridare. Cadde in ginocchio con le lacrime agli occhi e lo sguardo supplicante.
Il colpo di pistola fece volare via il gabbiano, e con lui l'anima del fuggitivo.

Il Paradiso può attendere. A volte[modifica]

Se c'era una cosa a cui non era mai riuscito ad abituarsi questa era il doversi alzare presto la mattina. Passi per le ore trascorse in macchina in quel cacchio di traffico tra l'andata mattutina e il ritorno dall'ufficio, per il lavorare, per il dover sopportare di stare spalla a spalla una giornata intera con quella specie di albero appassito di Filippetti, il doversi inventare slogan di cui altri, poi, si attribuivano la paternità; passi per tutto questo, ma il dover lasciare il letto la mattina no, quello proprio non riusciva a metabolizzarlo.

Bibliografia[modifica]

Film[modifica]

Altri progetti[modifica]