Galileo Galilei

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Galieo Galilei nel 1636

Galileo Galilei (1564 – 1642), fisico, filosofo, astronomo e matematico italiano.

Citazioni di Galileo Galilei[modifica]

  • [...] altro non è l'esser ignorante, che il non si quietar nel vero.[1]
  • Come sarà possibile attutare i balordi, se mentre voi impugnate una loro sciocchezza, vi si fanno incontro con un'altra maggiore?[2]
  • [A Padova] Consumai li diciotto anni migliori di tutta la mia età.[3]
  • Conta ciò che si può contare, misura ciò che è misurabile e rendi misurabile ciò che non lo è.[4]
  • [...] essendo la natura inesorabile ed immutabile, e mai non trascendente i termini delle leggi impostegli.[5]
  • Il dire che le opinioni più antiche ed inveterate sieno le migliori, è improbabile; perché sì come d'un uomo particolare l'ultime determinazioni pare che sieno le più prudenti, e che con gli anni cresca il giudizio, così dell'universalità degli uomini pare ragionevole che l'ultime determinazioni sieno le più vere.[6]
  • [...] il dubitare in filosofia è padre dell'inventione, facendo strada allo scoprimento del vero.[7] (dalla lettera a Benedetto Castelli, 3 dicembre 1639)
  • Io qui direi quello che intesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo grado, ciò è l'intenzione dello Spirito Santo essere d'insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo.[5]
  • Io stimo più il trovar un vero, benché di cosa leggiera, che 'l disputar lungamente delle massime questioni senza conseguir verità nissuna.[8]
  • [...] l'autorità dell'opinione di mille nelle scienze non val per una scintilla di ragione di un solo.[9]
  • La Galassia infatti non è altro che un ammasso di innumerabili stelle disseminate a mucchi.[10]
  • [...] le conclusioni vere, benché nel primo aspetto sembrino improbabili, additate solamente qualche poco, depongono le vesti che le occultavano, e nude e semplici fanno de' lor segreti gioconda mostra.[11]
  • Ma perché da questo S. Off.o, per haver io, dopo d'essermi stato con precetto dall'istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione che il sole sia centro del mondo e che non si muova e che la terra non sia centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere nè insegnare in qualsivoglia modo, nè in voce nè in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d'essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l'istessa dottrina già dannata et apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna solutione, sono stato giudicato vehementemente sospetto d'heresia, cioè d'haver tenuto e creduto che il sole sia centro del mondo et imobile e che la terra non sia centro e che si muova;
    Pertanto, volendo io levar dalla mente delle Eminenze V.re e d'ogni fedel Christiano questa vehemente sospitione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori et heresie, e generalmente ogni et qualunque altro errore, heresia e setta contraria alla S.ta Chiesa; e giuro che per l'avvenire non dirò mai più nè asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simile sospitione; ma se conoscerò alcun heretico o che sia sospetto d'heresia, lo denontiarò a questo S. Offitio, o vero all'Inquisitore o Ordinario del luogo dove mi trovarò.[12]
  • Mio caro Keplero, cosa si può dire dei principali filosofi [...] che rifiutano di osservare i pianeti, la luna e perfino il mio telescopio?[13]
  • Non mi pare che in questo luogo sia da passar con silenzio l'invenzione di Archimede d'alzar l'acqua con la vite: la quale non solo è maravigliosa, ma è miracolosa; poiché troveremo, che l'acqua ascende nella vite discendendo continuamente.[14]
  • [...] non solamente non ascrivo a difetto in un trattato, ancorché indirizzato ad un solo scopo, interserire altre varie notizie, purché non siano totalmente separate e senza veruna coerenza annesse al principale instituto; che anzi stimo, la nobiltà, la grandezza e la magnificenza, che fa le azzioni ed imprese nostre meravigliose ed eccellenti, non consistere nelle cose necessarie (ancorché il mancarvi queste sia il maggior difetto che commetter si possa), ma nelle non necessarie, purché non sieno poste fuori di proposito, ma abbino qualche relazione, ancorché piccola, al principale intento. E così, per esempio, vile e plebeo meritamente si chiamerebbe quel convito nel quale mancassero i cibi e le bevande, principal requisito e necessario; ma non però il non mancar di queste lo fa così magnifico e nobile, che sommamente più non gli arrechino grandezza e nobiltà la vaghezza dell'egregio e sontuoso apparato, lo splendore dei vasi d'argento e d'oro, che, adornando la mensa e le credenze, dilettano la vista, i concenti di varie armonie, le sceniche rappresentazioni, e i piacevoli scherzi, all'udito così graziosi.[15]
  • Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi.[16]
  • [...] quando noi fanciullescamente avessimo avuto a formar la Luna, galantissima ci saria parso di figurarla, dandogli una rotondissima e pulitissima superficie, ma non già così ha inteso di far la Natura, anzi tra quelle diversissime scabrosità è credibile che ella mille misterj, da lei sola intesi, abbia rinchiusi. E non è dubbio alcuno, che se nella Luna fussero giudici simili ai nostri, rimirando di là la superficie della Terra, nella quale altro che la disparità dei mari e dei continenti, e la inegualità della parte terrea non distinguerebbero, altrettanta ragione averiano di nominarla meno perfetta che se fusse di superficie pulitissima, quanta ne ha il sig. Colombo di desiderare, che la superficie Lunare sia ben tersa, per maggior perfezione di quella, poiché tutti gli ornamenti e vaghezze particolari, che sì mirabilmente abbelliscono la Terra, resteriano di là su invisibili ed inimmaginabili: così appunto fermandosi il nostro vedere ed intendere nella sola montuosità e disegualità della Luna, senza vedere o potersi immaginare quali particolari tra esse eminenze e cavità possano esser contenuti, pare che ella da una pulitissima superficie riceverebbe perfezione e bellezza.[17]
  • Ridottovi a memoria il detto del Filosofo, che ignorato motu ignoratur natura, giudicate con giusta lanze sig. Rocco, qual de' duo modi di filosofare cammini piú a segno, o il vostro, fisico puro e semplice bene, o il mio, condito con qualche spruzzo di matematica; e nell'istesso tempo considerate chi piú giustamente discorreva, o Platone, nel dire che senza la matematica non si poteva apprender la filosofia, o Aristotele, nel tassare il medesimo Platone per troppo studio della geometria.[18]
  • Sono spaventato dal destino del nostro maestro Copernico che, pur avendo conquistato fama immortale fra pochi, fu deriso e condannato da innumerevoli altri (tanto grande è il numero degli stolti).[19]
  • Tutte le verità sono facili da capire una volta che sono state rivelate. Il difficile è scoprirle.[20]
  • ... un nuovo artifizio di un occhiale cavato dalle più recondite speculazioni di prospettiva, il quale conduce gl'oggetti visibili così vicini all'occhio, et così grandi et distinti gli rappresenta, che quello che è distante, v.g., nove miglia, ci apparisce come se fusse lontano un miglio solo.[21]

Attribuite[modifica]

  • Eppur si muove!
[Citazione errata] La frase, che molti ritengono pronunciata da Galileo Galilei al tribunale dell'Inquisizione al termine dell'abiura dell'eliocentrismo, in realtà non si trova in alcun documento del XVII secolo. Il primo scrittore ad aver menzionato la frase è stato il giornalista Giuseppe Baretti, che aveva ricostruito la vicenda per il pubblico inglese in un'antologia pubblicata a Londra nel 1757, Italian Library. La citazione si riferisce ovviamente alla Terra. Secondo la teoria copernicana, che Galilei aveva cercato di verificare sperimentalmente e che aveva difeso nel Dialogo sopra i due massimi sistemi, infatti era proprio la Terra a muoversi intorno al Sole e non il contrario.[22]

Capitolo contro il portar la toga[modifica]

Incipit[modifica]

Mi fan patir costoro il grande stento,
Che vanno il sommo bene investigando,
E per ancor non v'hanno dato drento.
E mi vo col cervello immaginando,
Che questa cosa solamente avviene
Perché non è dove lo van cercando.
Questi dottor non l'han mai intesa bene,
Mai son entrati per la buona via,
Che gli possa condurre al sommo bene.

Citazioni[modifica]

  • Ma per trovar il bene io ho provato | Che bisogna proceder pel contrario: | Cerca del male, e l'hai bell'e trovato; | Però che 'l sommo bene e 'l sommo male | S'appaion com'i polli di mercato.
  • E se tu vuo' conoscer gli sciaurati, | Omacci tristi e senza discrizione, | Basta che tu conosca i preti e' frati, | Che son tutti bontà e divozione: | E questa via ci fa toccar il fondo, | E sciogl'il nodo alla nostra questione.
  • Non si temeva allor del mal franzese: | Però che, stand'ignudo alla campagna, | S'un avea qualche male, era palese.
  • Se tu vai fuor per far qualche faccenda, | Se tu l'hai a far innanzi desinare, | Tu non la fai che gli è or di merenda, | Perché la toga non ti lascia andare, | Ti s'attraversa, t'impaccia e t'intrica, | Ch'è uno stento a poter camminare.

Dialogo sopra i due massimi sistemi[modifica]

Edizione del 1874

Incipit[modifica]

INTERLOCUTORI:
Salviati, Sagredo e Simplicio

Salv. Fu la conclusione e l'appuntamento di ieri, che noi dovessimo in questo giorno discorrere, quanto piú distintamente e particolarmente per noi si potesse, intorno alle ragioni naturali e loro efficacia, che per l'una parte e per l'altra sin qui sono state prodotte da i fautori della posizione Aristotelica e Tolemaica e da i seguaci del sistema Copernicano. E perché, collocando il Copernico la Terra tra i corpi mobili del cielo, viene a farla essa ancora un globo simile a un pianeta, sarà bene che il principio delle nostre considerazioni sia l'andare esaminando quale e quanta sia la forza e l'energia de i progressi peripatetici nel dimostrare come tale assunto sia del tutto impossibile; attesoché sia necessario introdurre in natura sustanze diverse tra di loro, cioè la celeste e la elementare, quella impassibile ed immortale, questa alterabile e caduca.

Citazioni[modifica]

  • La differenza che è tra gli uomini e gli altri animali, per grandissima che ella sia, chi dicesse poter darsi poco dissimile tra gli stessi uomini, forse non parlerebbe fuor di ragione. (dalla lettera introduttiva al Serenissimo Gran Duca)
  • Ma sopra tutte le invenzioni stupende, qual eminenza fu quella di colui che s'immaginò di trovar modo di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona, benché distante per lunghissimo intervallo di luogo e di tempo? parlare con quelli che son nell'Indie, parlare a quelli che non sono ancora nati né saranno se non di qua a mille e dieci mila anni? e con qual facilità? con i vari accozzamenti di venti caratteruzzi sopra una carta. (Giornata prima)
  • Io senza esperienza son sicuro che l'effetto seguirà come vi dico, perché cosí è necessario che segua; e piú v'aggiungo che voi stesso ancora sapete che non può seguire altrimenti, se ben fingete, o simulate di fingere, di non lo sapere. Ma io son tanto buon cozzon di cervelli che ve lo farà confessare a viva forza. (da Dialogo, giornata seconda, pp. 170 sg.; citato in Koyré 1979, p. 229[23])
  • Voi errate, signor Simplicio; voi dovevi dire che ciaschedun sa ch'ella si chiama gravità. Ma io, non vi domando del nome, ma dell'essenza della cosa: della quale essenza voi non sapete punto piú di quello che voi sappiate dell'essenza del movente le stelle in giro, eccetuatone il nome, che a questa è stato posto e fatto familiare e domestico per la frequente esperienza che mille volte il giorno ne veggiamo; ma non è che realmente noi intendiamo piú, che principio o che virtú sia quella che muove la pietra in giú, di quel che noi sappiamo chi la muova in su, separata dal proiciente, o chi muova la Luna in giro, eccettoché (come ho detto) il nome, che piú singulare e proprio gli abbiamo assegnato di gravità, doveché a quello con termine piú generico assegnano virtú impressa, a quello diamo intelligenza, o assistente, o informante, ed a infiniti altri moti diamo loro per cagione la natura. (giornata prima, p. 58; citato in Koyré 1979, p. 248-9)
  • Nelle prove naturali non si deve ricercare l'esattezza geometrica. (giornata prima, p. 38; citato in Koyré 1979, p. 287)
  • Che i Pittagorici avessero in somma stima la scienza de i numeri, e che Platone stesso ammirasse l'intelletto umano e lo stimasse partecipe di divinità solo per l'intender egli la natura de' numeri, io benissimo lo so, né sarei lontano dal farne l'istesso giudizio.[24] (giornata prima, p. 35; citato in Koyré 1979, p. 292)
  • Extensive, cioè quanto alla moltitudine degli intelligibili, che sono infiniti l'intender umano è come nullo, quando bene egli intendesse mille proposizioni, perché mille rispetto alla infinità è come un zero; ma pigliando l'intendere intensive, in quanto cotal termine importa intensivamente, cioè perfettamente, alcuna proposizione, dico che l'intelletto umano ne intende alcune cosí perfettamente, e ne ha cosí assoluta certezza, quanto se n'abbia l'istessa natura; e tali sono le scienze matematiche pure, cioè la geometria e l'aritmetica, delle quali l'intelletto divino ne sa bene infinite proposizioni di piú, perché le sa tutte, ma di quelle poche intese dall'intelletto umano credo che la cognizione agguagli la divina nella certezza obiettiva, poiché arriva a comprenderne la necessità, sopra la quale non par che possa esser sicurezza maggiore. (giornata seconda, p. 129; citato in Koyré 1979, p. 292)
  • Io vi dico che quando uno non sa la verità da per sé, è impossibile che altri gliene faccia sapere; posso bene insegnarvi delle cose che non son né vere né false, ma le vere, cioè le necessarie, cioè quelle che è impossibile ad esser altrimenti, ogni mediocre discorso o le sa da sé o è impossibile che ei le sappia mai: e cosí so che crede anco il signor Salviati. (giornata seconda, p. 183; citato in Koyré 1979, p. 294)
  • Quello, che noi ci immaginiamo, bisogna che sia o una delle cose già vedute, o un composto di cose o di parti delle cose altra volta vedute.
  • Questi che esaltano tanto l'incorruttibilità, l'inalterabilità, etc., credo che si riduchino a dir queste cose per il desiderio grande di campare assai e per il terrore che hanno della morte; e non considerano che quando gli uomini fussero immortali, a loro non toccava a venire al mondo. Questi meriterebbero d'incontrarsi in un capo di Medusa, che gli trasmutasse in istatue di diaspro o di diamante, per diventar piú perfetti che non sono.
  • Io per me reputo la Terra nobilissima ed ammirabile per le tante e sì diverse alterazioni, mutazioni, generazioni, etc., che in lei incessabilmente si fanno; e quando, senza esser suggetta ad alcuna mutazione, ella fusse tutta una vasta solitudine d'arena o una massa di diaspro [...], io la stimerei un corpaccio inutile al mondo, pieno di ozio e, per dirla in breve, superfluo e come se non fusse in natura. (Giornata prima)
  • Ho grande opinione che voi ancora non l'intendiate, ma abbiate imparate a mente quelle parole scritte da qualcuno per desiderio di contraddire e mostrarsi più intelligente dell'avversario, mostrarsi, però, a quelli che, per apparir eglino ancora intelligenti, applaudono a quello che e' non intendono, e maggior concetto si formano delle persone secondo che da loro son manco intese.
  • Estrema temerità mi è parsa sempre quella di coloro che voglion far la capacità umana misura di quanto possa e sappia operar la natura, dove che, all'incontro, e' non è effetto alcuno in natura, per minimo che e' sia, all'intera cognizion del quale possano arrivare i piú specolativi ingegni. Questa cosí vana prosunzione d'intendere il tutto non può aver principio da altro che dal non avere inteso mai nulla, perché, quando altri avesse esperimentato una volta sola a intender perfettamente una sola cosa ed avesse gustato veramente come è fatto il sapere, conoscerebbe come dell'infinità dell'altre conclusioni niuna ne intende. (Giornata prima)
  • È forza confessare che il voler trattare le quistioni naturali senza geometria è un tentar di fare quello che è impossibile ad esser fatto. (Giornata seconda)
  • Sì come nell'apprension de' numeri, come si comincia a passar quelle migliaia di milioni, l'immaginazion si confonde né può più formar concetto, così avvenga ancora nell'apprender grandezze e distanze immense. (Giornata terza)
  • E finalmente io ti domando, oh uomo sciocco: Comprendi tu con l'immaginazione quella grandezza dell'universo, la quale tu giudichi poi essere troppo vasta? Se la comprendi, vorrai tu stimar che la tua apprensione si estenda più che la potenza divina, vorrai tu dir d'immaginarti cose maggiori di quelle che Dio possa operare? Ma se non la comprendi, perché vuoi apportar giudizio delle cose da te non capite?
  • Vedete adunque qual sia la forza del vero, che mentre voi cercate d'atterrarlo, i vostri medesimi assalti lo sollevano e l'avvalorano. (Salviati: giornata seconda; 1897, p. 230)
  • [...] le conclusioni vere hanno mille favorevoli rincontri che le confermano [...]. (Salviati: giornata seconda; 1897, p. 273)
  • Ora, che altro è la Terra che un globo pensile e librato in aria tenue e cedente, il quale, portato in giro in un anno per la circonferenza di un gran cerchio, ben deve acquistar senz'altro motore una vertigine circa 'l proprio centro, annua e contraria all'altro movimento pur annuo? (Salviati: giornata terza; 1897, p. 425)
  • [...] la cognizione de gli effetti è quella che ci conduce all'investigazione e ritrovamento delle cause, e senza quella il nostro sarebbe un camminare alla cieca, anzi più incerto, poiché non sapremmo dove riuscir ci volessimo, che i ciechi almeno sanno dove e' vorrebber pervenire; però innanzi a tutte l'altre cose è necessaria la cognizione de gli effetti de' quali ricerchiamo le cagioni [...]. (Salviati: giornata quarta; 1897, p. 443)
  • [...] quanto al miracolo, ricorriamovi parimente doppo che avremo sentito i discorsi contenuti dentro a i termini naturali; se ben, per dire il mio senso, a me si rappresentano miracolose tutte l'opere della natura e di Dio. (Sagredo: giornata quarta; 1897, p. 448)

Citazioni su Dialogo sopra i due massimi sistemi[modifica]

I Dialoghi scintillano di tratti fini, di allusioni satiriche e di profonde idee scientifiche. Questo bel libro non è soltanto un ammirabile trattato di Astronomia, ed un esempio di logica serrata e di bello scrivere, è un'arringa energica in difesa del libero esame dei fatti, un'opera degna di Socrate, che sarà sempre ammirata da chi apprezza l'indipendenza del giudizio e lo svolgimento delle idee. È una vittoria riportata dalla ragione sui nemici dell'umana coscienza. (Dionisio Gambioli)

Il Saggiatore[modifica]

Saggiatore, 1623

Incipit[modifica]

Io non ho mai potuto intendere, Illustrissimo Signore, onde sia nato che tutto quello che de' miei studi, per aggradire o servire altrui, m'è convenuto metter in publico, abbia incontrato in molti una certa animosità in detrarre, defraudare e vilipendere quel poco di pregio che, se non per l'opera, almeno per l'intenzion mia m'era creduto di meritare.

Citazioni[modifica]

  • [...] molte volte coloro che vanno in maschera, o son persone vili che sotto quell'abito voglion farsi stimar signori e gentiluomini, e in tal maniera per qualche lor fine valersi di quella onorevolezza che porta seco la nobiltà; o talora son gentiluomini che deponendo, così sconosciuti, il rispettoso decoro richiesto a lor grado, si fanno lecito, come si costuma in molte città d'Italia, di poter d'ogni cosa parlare liberamente con ognuno, prendendosi insieme altrettanto diletto che ognuno, sia chi si voglia, possa con essi motteggiare e contender senza rispetto. (Prefazione)
  • La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. (cap. 6, p. 232)
  • [...] trattando della scienza che per via di dimostrazione e di discorso umano si può da gli uomini conseguire, io tengo per fermo che quanto più essa participerà di perfezzione, tanto minor numero di conclusioni prometterà d'insegnare, tanto minor numero ne dimostrerà, ed in conseguenza tanto meno alletterà, e tanto minore sarà il numero de' suoi seguaci: ma, per l'opposito, la magnificenza de' titoli, la grandezza e numerosità delle promesse, attraendo la natural curiosità de gli uomini e tenendogli perpetuamente ravvolti in fallacie e chimere, senza mai far loro gustar l'acutezza d'una sola dimostrazione, onde il gusto risvegliato abbia a conoscer l'insipidezza de' suoi cibi consueti, ne terrà numero infinito occupato; e gran ventura sarà d'alcuno che, scorto da straordinario lume naturale, si saprà torre da i tenebrosi e confusi laberinti ne i quali si sarebbe coll'universale andato sempre aggirando e tuttavia più avviluppando. Il giudicar dunque dell'opinioni d'alcuno in materia di filosofia dal numero de i seguaci, lo tengo poco sicuro. (cap. 9, p. 239)
  • [...] quando da un effetto il quale può depender da più cause separatamente, altri ne inferisce una particolare, commette errore; ma quando le cause sieno tra di loro inseparabili, sì che necessariamente concorrano sempre tutte, se ne può ad arbitrio inferir qual più ne piace, perché qualunque volta sia presente l'effetto, necessariamente vi è anco quella causa. (cap. 12, p. 251)
  • Parmi d'aver per lunghe esperienze osservato, tale esser la condizione umana intorno alle cose intellettuali, che quanto altri meno ne intende e ne sa, tanto più risolutamente voglia discorrerne; e che, all'incontro, la moltitudine delle cose conosciute ed intese renda più lento ed irresoluto al sentenziare circa qualche novità. (cap. 21, pp. 279-280)
  • [...] dico bene, parermi cosa assai nuova che, di quel che sta in fatto, altri voglia anteporre l'attestazioni d'uomini a ciò che ne mostra l'esperienza. L'addur tanti testimoni, signor Sarsi, non serve a niente, perché noi non abbiamo mai negato che molti abbiano scritto e creduto tal cosa, ma sì bene abbiamo detto tal cosa esser falsa; e quanto all'autorità, tanto opera la vostra sola quanto di cento insieme, nel far che l'effetto sia vero o non vero. (cap. 45, p. 337)
  • Se il discorrere circa un problema difficile fusse come il portar pesi, dove molti cavalli porteranno più sacca di grano che un caval solo, io acconsentirei che i molti discorsi facesser più che un solo; ma il discorrere è come il correre, e non come il portare, ed un caval barbero solo correrà più che cento frisoni. (cap. 45, p. 340)
  • Se il Sarsi vuole ch'io creda a Suida che i Babilonii cocesser l'uova col girarle velocemente nella fionda, io lo crederò [...] ora, a noi non mancano uova, né fionde, né uomini robusti che le girino, e pur non si cuocono [...] e perché non ci manca altro che l'esser di Babilonia, adunque l'esser Babiloni è causa dell'indurirsi l'uova, e non l'attrizion dell'aria. (cap. 45, p. 340)

Citazioni su Il Saggiatore[modifica]

  • Un'altra opera da ricordare agli Italiani è il Saggiatore, che in forma di lettera il Galilei diresse a monsignore Virginio Cesarini, dotto prelato ed amico grandissimo di Galilei, e contiene la confutazione di ciò che Lotario Sarsi (il gesuita Grassi) espose nella sua Libera astronomica intorno alla natura delle comete ed al loro andamento, apparse in quell'epoca (1618); esso è un modello di scrittura polemica, sia per l'ordine e la chiarezza, sia per l'eleganza e la venustà dello stile, modello pur troppo rarissimo ai giorni che corrono. (Dionisio Gambioli)

Incipit di alcune opere[modifica]

Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze[modifica]

Interlocutori: Salviati, Sagredo e Simplicio

Salv. Largo campo di filosofare a gl'intelletti specolativi parmi che porga la frequente pratica del famoso arsenale di voi, Signori Veneziani, ed in particolare in quella parte che mecanica si domanda; atteso che quivi ogni sorte di strumento e di machina vien continuamente posta in opera da numero grande d'artefici, tra i quali, e per l'osservazioni fatte dai loro antecessori, e per quelle che di propria avvertenza vanno continuamente per sé stessi facendo, è forza che ve ne siano de i peritissimi e di finissimo discorso.
Sagr. V. S. non s'inganna punto: ed io, come per natura curioso, frequento per mio diporto la visita di questo luogo e la pratica di questi che noi, per certa preminenza che tengono sopra 'l resto della maestranza, domandiamo proti; la conferenza de i quali mi ha più volte aiutato nell'investigazione della ragione di effetti non solo maravigliosi, ma reconditi ancora e quasi inopinabili.

Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua o che in quella si muovono[modifica]

Perch'io so, Principe Serenissimo, che il lasciar vedere in pubblico il presente trattato, d'argomento tanto diverso da quello che molti aspettano e che, secondo l'intenzione che ne diedi nel mio Avviso Astronomico, già dovrei aver mandato fuori, potrebbe per avventura destar concetto, o che io avessi del tutto messo da banda l'occuparmi intorno alle nuove osservazioni celesti, o che almeno con troppo lento studio le trattassi; ho giudicato esser bene render ragione sì del differir quello, come dello scrivere e del pubblicare questo trattato.

Due lezioni all'Accademia fiorentina circa la figura, sito e grandezza dell'Inferno di Dante[modifica]

Se è stata cosa difficile e mirabile ... l'aver potuto gli uomini per lunghe osservazioni, con vigilie continue, per perigliose navigazioni, misurare e determinare gl'intervalli de i cieli, i moti veloci ed i tardi e le loro proporzioni, le grandezze delle stelle, non meno delle vicine che delle lontane ancora, i siti della terra e de i mari, cose che, o in tutto o nella maggior parte, sotto il senso ci caggiono; quanto più maravigliosa deviamo noi stimare l'investigazione e descrizione del sito e figura dell'Inferno, il quale, sepolto nelle viscere della terra, nascoso a tutti i sensi, è da nessuno per niuna esperienza conosciuto; dove, se bene è facile il discendere, è però tanto difficile l'uscirne, come bene c'insegna il nostro Poeta in quel detto:

Uscite di speranza, voi ch'entrate,

La bilancetta[modifica]

Sì come è assai noto a chi di leggere gli antichi scrittori cura si prende, avere Archimede trovato il furto dell'orefice nella corona d'oro di Ierone, così parmi esser stato sin ora ignoto il modo che sì grand'uomo usar dovesse in tale ritrovamento: atteso che il credere che procedesse, come da alcuni è scritto, co 'l mettere tal corona dentro a l'aqqua, avendovi prima posto altrettanto di oro purissimo e di argento separati, e che dalle differenze del far più o meno ricrescere o traboccare l'aqqua venisse in cognizione della mistione dell'oro con l'argento, di che tal corona era composta, par cosa, per così dirla, molto grossa e lontana dall'esquisitezza; e vie più parrà a quelli che le sottilissime invenzioni di sì divino uomo tra le memorie di lui aranno lette ed intese, dalle quali pur troppo chiaramente si comprende, quando tutti gli altri ingegni a quello di Archimede siano inferiori, e quanta poca speranza possa restare a qualsisia di mai poter ritrovare cose a quelle di esso simiglianti.

Le mecaniche[modifica]

Degno di grandissima considerazione mi è parso, avanti che discendiamo alla speculazione delli strumenti mecanici, il considerare in universale, e di mettere quasi inanzi agli occhi, quali siano i commodi, che dai medesimi strumenti si ritraggono: e ciò ho giudicato tanto più doversi fare, quanto (se non m'inganno) più ho visto ingannarsi l'universale dei mecanici, nel volere a molte operazioni, di sua natura impossibili, applicare machine, dalla riuscita delle quali, ed essi sono restati ingannati, ed altri parimente sono rimasti defraudati della speranza, che sopra le promesse di quelli avevano conceputa.

Le operazioni del compasso geometrico e militare[modifica]

Venendo alla dichiarazione particolare delle operazioni di questo nuovo Compasso Geometrico e Militare, primamente faremo principio da quella faccia di esso nella quale sono notate quattro coppie di linee con loro divisioni e numeri; e tra esse parleremo prima delle più interiori, denominate Linee Aritmetiche per esser le loro divisioni fatte in proporzione aritmetica, cioè con eguali eccessi, che procedono sino al numero 250, dalle quali trarremo diversi usi. E primamente:

Col mezo di queste linee potremo dividere una linea retta propostaci in quante parti eguali ne piacerà, operando in alcuno delli infrascritti modi.

Lettere[modifica]

(Padova, 7 maggio 1610)

Ill.mo Sig.re et Padre Col.mo

Come per la mia passata accennai a V. S. Ill.ma, ho fatte 3 lezioni publiche in materia de i 4 Pianeti Medicei e delle altre mie osservazioni; e avendo auta l'udienza di tutto lo Studio, ho fatto restare in modo ciascheduno capace e satisfatto, che finalmente quei primarii medesimi che erano stati acerbissimi impugnatori e contrarii assertori alle cose da me scritte, vedendosela finalmente disperata e persa a fatto, costretti o da virtù o da necessità, hanno coram populo detto, sé non solamente esser persuasi, ma apparecchiati a difendere e sostener la mia dottrina contro a qualunque filosofo che ardisse impugnarla: sì che le scritture minacciate saranno assolutamente svanite, come è svanito tutto il concetto che questi tali avevano sin qui procurato di suscitarmi contro, con speranza forse di esser per sostenerlo, credendo che io, atterrito dalla loro autorità o sbigottito dal profluvio de i lor creduli seguaci, fussi per ritirarmi in un cantone e ammutirmi. Ma il negozio è passato tutto al rovescio; e ben conveniva che la verità restasse di sopra.

Sidereus Nuncius[modifica]

Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all'osservazione e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per l'eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse si sono palesate al nostro senso.
Grande cosa è certamente alla immensa moltitudine delle stelle fisse che fino a oggi si potevano scorgere con la facoltà naturale, aggiungerne e far manifeste all'occhio umano altre innumeri, prima non mai vedute e che il numero delle antiche e note superano più di dieci volte.

Magna equidem in hac exigua tractatione singulis de natura speculantibus inspicienda contemplandaque propono. Magna, inquam, tum ob rei ipsius præstantiam, tum ob inauditam per ævum novitatem, tum etiam propter Organum, cuius beneficio eadem sensui nostro obviam sese fecerunt.
Magnum sane est, supra numerosam inerrantium Stellarum multitudinem, quæ naturali facultate in hunc usque diem conspici potuerunt, alias innumeras superaddere oculisque palam exponere, antehac conspectas nunquam, et quæ veteres ac notas plusquam supra decuplam multiplicitatem superent.

Trattato di fortificazione[modifica]

In tre diverse maniere ci può venire di bisogno di tirare una linea perpendicolare, ad angoli retti, a squadra, o vogliamo dire a piombo, sopra un'altra linea. Il primo caso sarà, come nella prima figura, quando si averà da tirar sopra la linea AB la perpendicolare da un punto dato in essa, come dal punto C: il che si farà in questo modo. Aprasi il compasso a caso; e posta una delle sue aste al punto C, notisi con l'altra li due punti D, E; ed aperto un poco più il compasso, fermando una delle due aste ora nel punto D ed ora nell'E, faccisi con l'altra l'intersecazione al punto F, dal quale sia tirata la linea al punto C: e sarà perpendicolare.

Citazioni su Galileo Galilei[modifica]

  • Assolto Galileo, con tanto di richiesta di "perdono" all'umanità, Giovanni Paolo II personalmente osserva che l'unico torto dello scienziato pisano (perché un torto gli si doveva pure riconoscere) è stato di aver rifiutato il suggerimento del cardinale Bellarmino di presentare come un'ipotesi il sistema copernicano; che è un modo indiretto di salvare la figura stessa del santo porporato. (Claudio Rendina)
  • Chi è costui che d'alti pensier pieno | tanta filosofia porta nel volto? | È il divin Galileo, che primo infranse | l'idolo antico, e con periglio trasse | a la nativa libertà le menti; | novi occhi pose in fronte a l'uomo, Giove | cinse di stelle; e fatta accusa al Sole | di corruttibil tempra, il locò poi, | alto compenso, sopra immobil trono. (Lorenzo Mascheroni)
  • Come Archimede tra i grandi uomini dell'antichità è forse il più degno di esser posto vicino ad Omero, cosi il Galileo lo è di sedere appresso l'Ariosto. (Angelo Fabroni)
  • E nella eccelsa carriera, dappertutto, ed alla testa di tutti si mostra il Galileo; spirito che più che a decoro della sua patria e del suo secolo parve nato a lume ed a stupore dell'universo. Ch'egli pensò e previdde come Bacone, ma con alacrità inoltrossi pel sentiero che quegli aveva soltanto additato; dubitò come Cartesio, ma alle opinioni rivocate in dubbio non sostituì come quello vane chimere e sognate ipotesi; osservò e scoprì come Newton ; ma la progressione dei tempi riservò al filosofo inglese il vanto di dare il suo nome al grande sistema per cui l'italiano aveva in gran parte approntato i materiali. Imperciocché dopo avere in terra stabilite le leggi della caduta dei gravi, delle velocità, delle resistenze, delle percosse, e dopo aver per così dire valutati i corpi in numero, peso e misura, colla pupilla armata del telescopio da lui forse inventato e certamente perfezionato speculò arditamente nel cielo, ed ivi con invitta forza stabilì l'impero del sole ed il nostro mondo gli rese soggetto, vide valli e monti nella luna, vide di nuove stelle risplendere il firmamento, e Giove che prima per solitaria via moveva deserto fornì d'astri seguaci, ed il vaghissimo volto di Venere a seconda dei tempi e delle vicende fece che in vari aspetti ai cupid'occhi si mostrasse: felice! chè le opere ed i trovati mostrarono quanto in lui vi fosse di divino, le sole sventure quanto di mortale! (Girolamo Venanzio)
  • E però ci sembra che il dramma di Galileo guadagni più alta e nobile luce se viene interpretato non come il dramma dell'individuo di genio che cozza contro difficoltà d'ambiente, ma piuttosto come dramma della coscienza cattolica, che di fronte a sì importante svolta tarda fatalmente a prender coscienza dei nuovi valori e del loro significato. Galileo tenta l'instaurazione del nuovo metodo e della nuova visione dell'universo nell'interno della dottrina cattolica e non contro di essa. In certo senso il grande scienziato è della schiera dei riformatori, e se fallì nello scopo si spiega con la dimensione della riforma, alla cui vastità la durata della vita d'un solo uomo fu breve. Ma non fallì la scienza, che nel 1728 (vale a dire un secolo dopo la pubblicazione del Dialogo sopra i due massimi sistemi, allorché l'astronomo reale di Greenwich, James Bradley, con la scoperta del fenomeno celeste della irradiazione della luce, poté offrire la prova indiscutibile, non trovata dal Galilei, dell'eliocentrismo), finalmente riuscì a persuadere la Chiesa cattolica a ritirare il Dialogo dalla lista dei libri messi all'Indice. Era la chiarificazione d'un equivoco, non la rivincita d'un avversario inesistente. (Ugo Maria Palanza)
  • Galilei e Kant entrambi trasformano vecchi mondi colla creazione di elementi nuovi: per Galilei il nuovo è il metodo di ricerca nella Natura, con cui s'inaugura lo sperimentalismo moderno: per Kant è il metodo critico, che formola il nuovo concetto dello spirito. (Saverio Fausto De Dominicis)
  • Galilei fu il primo a combinare conoscenza empirica e matematica e perciò viene considerato il padre della scienza moderna. (Fritjof Capra)
  • Galilei non è un fisico soltanto; Galilei è soprattutto un filosofo. Dopo i deliramenti delle filosofie aprioristiche della Natura, dopo il progresso delle scienze sperimentali e la trasformazione loro da descrittive in genetiche, chi potrà accontentarsi a vedere in Galilei un fisico, e nelle dottrine sperimentali fatti senza relazione alla spiegazione generale della vita? (Saverio Fausto De Dominicis)
  • Galileo, chi si oppose al tuo genio | fu più vil del coyote nel canyon, | se la chiesa ti ha messo all'indice, | be' che male c'è tu la metti al medio. (Caparezza)
  • Galileo era un Illuminato. Ed era allo stesso tempo un devoto cattolico. Tentò di ammorbidire la posizione della Chiesa sulla scienza affermando che quest'ultima non metteva in discussione l'esistenza di Dio, ma caso mai la rafforzava. Scrisse che, quando seguiva al telescopio il movimento dei pianeti, riusciva a sentire la voce di Dio nella musica delle sfere celesti. Sosteneva che scienza e religione non erano nemiche, ma alleate, che usavano due linguaggi diversi per raccontare la medesima storia, una storia di simmetria e di equilibrio: paradiso e inferno, giorno e notte, caldo e freddo, Dio e Satana... Tanto la scienza quanto la religione cantavano le lodi della simmetria divina, proclamavano l'eterna lotta tra la luce e le tenebre. (Dan Brown)
  • Galileo fu forse il primo ad avere l'esperienza di osservare i cieli così come realmente sono. (I. Bernard Cohen)
  • Galileo Galilei è stato il più grande scrittore della letteratura italiana: non lo dico io, ma Italo Calvino. (Piergiorgio Odifreddi)
  • Galileo Galilei quell'uomo sommo, ed immortale fu il primo, che innalzatosi sopra le idee de' secoli, che lo precedettero, osò con incredibile ardire aprirsi una strada tutta nuova, e non mai calcata dai Matematici, e fondare la vasta ed immensa scienza della natura. (Antonio Ludeña)
  • Ho scritto questo dramma[25] per purgare il gran Galileo dell'accusa di viltà mossagli con tanta apparenza di verità dai suoi nemici. Cerco in esso di mostrare come alte e generose e veramente degne di lui furono le ragioni che lo indussero alla famosa ritrattazione. I.N. (Ippolito Nievo)
  • Il gran Galileo, l'onore della patria nostra, il gran precursore di Newton, quello di cui sarà glorioso il nome insino che gli uomini conserveranno l'usanza del pensare, quello perfine, le di cui sventure saranno una macchia, ed un obbrobrio eterno per il secolo in cui visse. (Pietro Verri)
  • Il metodo scientifico moderno, e il conseguente enorme potere che ha oggi la Scienza, è nato in Italia con Galileo Galilei. (Carlo Rubbia)
  • Il pensiero logico, da solo, non ci può fornire conoscenze sul mondo dell'esperienza e termina in essa. Le proposizioni puramente logiche sono vuote davanti alla realtà. È grazie a questa conoscenza e soprattutto per averla fatta penetrare a colpi di martello nel mondo della scienza, che Galileo è diventato il padre della fisica moderna e soprattutto delle scienze naturali moderne. (Albert Einstein)
  • Io sono convinto che il conflitto fra la Chiesa e Galileo (o Copernico) non fosse inevitabile; che esso non rientrasse nella natura di un conflitto fatale fra opposte filosofie dell'esistenza che prima o poi si sarebbe verificato, ma piuttosto [si sia trattato di] uno scontro di temperamenti individuali aggravato da coincidenze sfortunate. In altre parole, io credo che l'idea che il processo a Galileo sia stato una specie di tragedia greca, una resa dei conti fra cieca fede e illuminata ragione sia un errore di ingenuità. (Arthur Koestler)
  • L'aspetto, sotto cui si è presentato Galileo agli occhi affascinati di tutti, è proprio quello ch'ei divisava nelle sue intenzioni: a nessun altro meglio che a lui è riuscito mai di farsi credere al mondo qual'ei voleva apparire, l'unico sole che sorge, senz'esser preceduto da aurora, a illuminare le tenebre del mondo; il creatore insomma dal nulla di ogni scienza sperimentale. Ma chiunque, dai pregiudizi, non s'è lasciato in tutto privare del senno, comprende assai facilmente che una tal pretensione è contraria ai fatti, ed è contraria ai consueti ordini della natura, com'è giusto contrario a questi stessi ordini che il sole nasca sull'orizzonte, senz'esser preceduto da aurora. (Raffaello Caverni)
  • La Bibbia dice che non gira, e i vecchi sapientoni ne danno mille prove. Domineddio l'agguanta per gli orecchi e le dice: sta' ferma! Eppur si muove. (Bertolt Brecht)
  • La Chiesa cattolica ha commesso un grave errore limitandosi a minacciare di morte e a costringere all'abiura un uomo simile, invece di ammazzarlo senza tanti complimenti: perché dal modo suo e degli spiriti a lui affini di vedere le cose avrebbero poi tratto origine [...] gli orari ferroviari, le macchine utensili, la psicologia fisiologica e l'attuale corruzione morale cui la Chiesa stessa non riesce più a far fronte. Probabilmente ha commesso questo errore per troppa accortezza, perché Galilei non era soltanto lo scopritore della legge della caduta dei gravi e del moto della terra, ma anche un inventore al quale si interessava, come si direbbe oggi, il grande capitale. (Robert Musil)
  • La poesia di Galileo non ha bisogno di uscire dal vero scoperto dalla scienza per alimentare l'eterna virtù di miti e di favole che consola la vita.
    L'immaginazione è come sopraffatta dalla materia osservata, che già per se stessa è una materia poetica, anzi la poesia per eccellenza, il poema di Dio. Lo stupore della fantasia, in un religioso ricercatore del vero, accompagna ogni scoperta. Perché la materia scientifica di Galileo è l'epica, la drammatica e la lirica dell'universo, nei suoi arcani, nel cuore stesso della perenne creazione: ove si formano le cose e le parole: spazio, tempo, vuoto, abisso, sfere, etere, vento, fuoco, flusso e riflusso; il moto e la forza; le oscillazioni e le vibrazioni; il peso dell'aria; la luce e le ombre e le prospettive; luce d'astri, di specchi, di metalli; monti lunari, trasparenze di astrali meduse; eclissi: «la luna immersa nell'ombra della terra»; colori, suoni, odori, sapori, tatti; fluidi; calamite; moti di cieli, di acque, di gravi; moti dell'aria sulla terra scabrosa ed aspra o sui mari lisci; le macchine che armano i sensi e l'intelletto; la geometria con circoli triangoli e linee iscritta nelle cose, i numeri diventati oggetti drammatici. Questa materia scientifica è amata come la divina poesia: e la scienza astronomica è una operosa scoperta di immagini e ritmi che sono le espressioni corporee dell'universo. I riti del sole, della luna e degli altri pianeti nel coro dei mondi, la liturgia delle maree e dei venti, dei suoni e dei colori e delle tempere, sono le strofe del divino poema che egli apprende; perciò il suo racconto ha il tono stupito e talvolta sfavillante dell'interna gioia di chi assiste alla creazione del mondo.
    E qui è il segreto dello stile olimpico, tanto concreto e tanto favoloso, di Galileo. (Francesco Flora)
  • Le accuse contro Galileo erano molteplici. Primo: leggeva, teneva in casa e leggeva libri proibiti, i libri dell'Aretino che indulgono ai piaceri della carne. Peccato. Non eresia ma peccato. Seconda accusa: Galileo negli ultimi diciotto mesi non è mai andato a messa e non si è mai confessato e qui la cosa comincia da essere leggermente più grave. Punto terzo: Galileo convive con una donna, Marina Gamba, veneziana e fuori dal sacramento del matrimonio ha già avuto due figli, e questo è già un problema ancora più pesante. Ma soprattutto Galileo fa gli oroscopi a pagamento. E quando fa gli oroscopi, il denunciante dice che Galileo dice alla persona a cui fa l'oroscopo che ciò che capita nella sua vita è determinato in modo rigido dalla posizione dei pianeti, delle stelle, delle costellazioni al momento della nascita, quindi non c'è libero arbitrio ma se non c'è libero arbitrio, questa è eresia.[26] (Enrico Bellone)
  • – Lo sai che fu processato dall'Inquisizione perché sosteneva che la Terra girava attorno al sole?
    – Processato e condannato, i suoi libri bruciati.
    – Ma come facevano a essere così ottusi?
    – È facile guardare sette secoli indietro e giudicare cos'è giusto e sbagliato.
    – Sarà. Ma le cose si ripetono. (Star Trek: Deep Space Nine, Nelle mani dei profeti)
  • Lo studio del testo dell'abiura di Galileo dovrebbe farsi con l'adeguata attenzione in tutte le sedi d'insegnamento del pianeta, qualunque sia la religione dominante, non tanto per confermare quella che oggi è ormai un'ovvietà per tutti, che il Sole sta fermo e la Terra gli si muove intorno, ma come metodo per prevenire l'insorgere di superstizioni, lavaggi del cervello, idee preconcette e attentati vari contro l'intelligenza e il senso comune. (José Saramago)
  • Lui è Tino Tini. Tino è come Galileo Galilei, cioè un uomo dal nome singolare e dal cognome plurale. (Stanis La Rochelle, Boris)
  • Ma esisteva una potente corporazione di uomini la cui ostilità a Galileo non venne mai meno: gli aristotelici delle università. L'inerzia della mente umana e la sua resistenza all'innovazione sono ampiamente dimostrate non solo, come ci si potrebbe aspettare, dalla parte della massa ignorante – che viene facilmente influenzata una volta che se ne è colpita l'immaginazione – ma presso i professionisti dotati di interessi costituiti nella tradizione e nel monopolio del sapere. L'innovazione costituisce una duplice minaccia per le mediocrità accademiche: essa mette in pericolo la loro oracolare autorità ed evoca la profonda paura che il loro completo edificio intellettuale, laboriosamente costruito, possa crollare. (Arthur Koestler)
  • Pervenne al Doge un anonimo, in cui si accusava Galileo di tenere presso di sé una governante, cosa cotesta immorale per l'anonimo. Si sa che da tempo a Galileo era morta la moglie. Il Doge adunò il Consiglio dei Dieci, cui parlò in pretto veneziano così: «Povereto, mi non saveva che aveva da mantegné la governante; propongo di aumentargli di cinque zecchini lo stipendio mensile». (Dionisio Gambioli)
  • Seguace di Platone in quanto sentenziava come il sommo greco non potersi studiare la natura senza la Geometria, ripudiò anche egli la vana dialettica aristotelica, che alcuni ristretti spiriti ancora tenevano per sublime fonte di verità, altamente affermando e collo esempio provando che la vera filosofia è scritta solo nel gran libro della natura. Fu appunto l'esperienza interpretata colla Geometria, controllata collo esperimento, il succo vitale del fecondo metodo detto metodo sperimentale galileliano; non da lui scoperto, che è anzi antichissimo, ma efficacemente applicato e promosso; pel quale poi andò anche troppo famoso Bacone da Verulamio, che lo promosse sì e con qualche efficacia, specie presso i connazionali; ma più col Magistero della parola, quasi in severo abito di predicatore, che coll'esempio di varie ed importanti scoperte; di queste invece fu tutta piena la vita di Galilei, il quale può ritenersi il vero fondatore del Metodo Sperimentale o meglio della Filosofia naturale. (Dionisio Gambioli)
  • Tu vivrai Galileo come quel Galileo messo in croce prima di te... (Caparezza)

Note[modifica]

  1. Da Errori di Giorgio Coresio, in Le opere di Galileo Galilei, a cura di Antonio Favaro, 20 voll., Firenze, 1890–1909, vol. IV, 1894, p. 248, nota 2.
  2. Da Frammenti attinenti alla scrittura in risposta a L. delle Colombe e V. di Grazia, in Le opere di Galileo Galilei, a cura di Antonio Favaro, 20 voll., Firenze, 1890–1909, vol. IV, 1894, p. 444.
  3. Dalla lettera A Fortunio Liceti a Padova, Arcetri, 23 giugno 1640.
  4. Citato in AA.VV., Il libro della scienza, traduzione di Martina Dominici e Olga Amagliani, Gribaudo, 2018, p. 43. ISBN 9788858015001
  5. a b Da Lettera a madama Cristina di Lorena.
  6. Da Pensieri varj, § 1, in Le opere, vol. XIV, Società editrice fiorentina, Firenze, 1855, p. 329.
  7. Da Carteggio: 1639-1642, in Le opere di Galileo Galilei, a cura di Antonio Favaro, 20 voll., Firenze, 1890–1909, vol. XVIII, 1906, pp. 125-126.
  8. Da Scritti letterari, a cura di Alberto Chiari, Le Monnier.
  9. Da Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari, in "Le opere di Galileo Galilei", Vol. V, a cura di Antonio Favaro, Firenze, Tipografia di G. Barbera, 1895.
  10. Citato in AA.VV., Il libro dell'astronomia, traduzione di Roberto Sorgo, Gribaudo, 2017, p. 58. ISBN 9788858018347
  11. Da Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, giornata prima, Scienzia nuova prima, intorno alla resistenza de i corpi solidi all'essere spezzati, in Le opere di Galileo Galilei, a cura di Antonio Favaro, 20 voll., Firenze, 1890–1909, vol. VIII, 1898, p. 52.
  12. Da Abiura di Galileo Galilei, 1633.
  13. Citato in AA.VV., Il libro dell'astronomia, traduzione di Roberto Sorgo, Gribaudo, 2017, p. 60. ISBN 9788858018347
  14. Da Meccaniche.
  15. Dalla lettera al Principe Leopoldo di Toscana, 31 marzo 1640.
  16. Da Considerazioni al Tasso.
  17. Dalla lettera a Gallanzone Gallanzoni, 16 luglio 1611, in Le opere, vol. III, Società editrice fiorentina, Firenze, 1843, pp. 132-133.
  18. Da Esercitationi filosofiche di Antonio Rocco; citato in Koiré 1979, p. 291.
  19. Citato in AA.VV., Il libro dell'astronomia, traduzione di Roberto Sorgo, Gribaudo, 2017, p. 39. ISBN 9788858018347
  20. Citato in AA.VV., Il libro della scienza, traduzione di Martina Dominici e Olga Amagliani, Gribaudo, 2018, p. 12. ISBN 9788858015001
  21. Dalla lettera a Leonardo Donato, Doge di Venezia, 24 agosto 1609. In Le opere di Galileo Galilei : edizione nazionale sotto gli auspicii di sua maestà il re d'Italia, a cura di Antonio Favaro, Isidoro del Lungo, V. Cerruti, G. Govi, G. V. Schiaparelli, Umberto Marchesini, 1890-1909, vol. 10.
  22. Cfr. Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 97-98.
  23. La citazione non è letterale, ma piuttosto una parafrasi del Koyré che unisce due successivi interventi di Simplicio. Questo «modo» di citare non è infrequente in Koyré, lo segnaliamo una volta per tutte (ndt).
  24. In margine: Misteri de numeri Pitagorici, favolosi.
  25. Gli ultimi anni di Galileo Galilei.
  26. Stralci di questa citazione sono stati campionati nel brano di Caparezza, Il dito medio di Galileo, traccia n. 4 dell'album Sono il tuo sogno eretico (2011).

Bibliografia[modifica]

Voci correlate[modifica]

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