George Rudé

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George Rudé (1910 – 1993), storico britannico.

Robespierre[modifica]

Incipit[modifica]

Maximilien François-Marie-Isidore de Robespierre nacque ad Arras, piccolo capoluogo di provincia del'Artois, nel nord della Francia, il 6 maggio 1758. S'era a un anno o due dalla caduta di Quebec, dalla pubblicazione delle Lettre à d'Alembert di Rousseau e dell' Essai sur les moeurs di Voltaire; era l'anno in cui Damiens veniva squartato in place de Grève per aver colpito Luigi XV con un coltello a serramanico.

Citazioni[modifica]

  • [Maximilien de Robespierre] Nei suoi primi scritti e nelle sue prime arringhe c'erano segni evidenti di un'ansia profonda di maggior giustizia ed equità, di un uomo estremamente sensibile alla povertà e indignato degli abusi del potere, ma nulla rivelava una qualche inclinazione a colpire l'ordine sociale stesso. (p. 15)
  • [Maximilien de Robespierre] Egli contestò il diritto del re di dichiarare guerra senza l'espressa approvazione dell'Assemblea,; sostenne il diritto del clero a sposarsi; reclamò la creazione del tribunale penale; si oppose alla pena di morte e chiese che tutti i cittadini maschi, fossero o no proprietari, venissero ammessi alla Guardia nazionale. (p. 22)
  • Tra le ventidue vittime Robespierre fu la penultima a salire sul patibolo. A riprova dell'austera rettitudine che distinse l'uomo, ricordiamo che, dopo aver occupato per un anno un'alta carica, tutto quello che lasciò fu poco più di 461 franchi assegnati. (p. 52)
  • Nell'Assia, in Germania, anche Georg Büchner, un giovane romantico di stampo più radicale di Walter Scott, che era stato esiliato per aver preso parte all'attività politica clandestina agli inizi degli anni 1830, concentrò la sua attenzione sulla rivoluzione francese e, dopo aver letto Mignet e Thiers, scelse Danton come eroe e Robespierre come anima nera. (p. 66)
  • Marx riconobbe che Robespierre e i giacobini avevano avuto un ruolo particolare e necessario da svolgere, in quanto usarono il Terrore per vincolare la nazione alle esigenze di una guerra rivoluzionaria; ma una volta superato il pericolo di un'invasione, essi furono inevitabilmente messi da parte, poiché sostenevano l'idea illusoria e anacronistica che si potesse costruire il nuovo Stato su un modello tratto dall'antichità classica invece di venire a un compromesso con il modello «borghese», meglio adeguato ai tempi. In questo quadro, Robespierre venne presentato non come un eroe né come un malvagio, ma come un utopista che aveva giocato un ruolo storico necessario, anche se limitato. Vedremo che i marxisti nel secolo successivo non rimasero affatto legati a questa interpretazione. (p. 66)
  • [Georg Büchner] Nel suo dramma, La morte di Danton, Danton è rappresentato come uomo vigoroso, di solido buon senso, che sceglie di godere i frutti di una rivoluzione che reputa ormai conclusa; mentre Robespierre, un fanatico di idee ristrette, che si crede più giusto e virtuoso degli altri, è pericolosamente convinto – ma non riesce a convincere Danton – che la rivoluzione debba continuare. (p. 66-67)
  • George Henry Lewes, ingegno multiforme ed ultimo degli storici whig a scivere negli anni 1840 sulla rivoluzione francese, ebbe il merito di essere l'autore della prima esauriente biografia di Robespierre in lingua inglese. (p. 72-73)
  • Quinet aveva condannato il Terrore non solo per il danno che, secondo lui, aveva provocato in Francia ma perché la sua «selvaggia grandezza deve ancora terrorizzare i posteri». Per lui, come per molti altri storici, l'ansioso interesse per il presente serviva da stimolo a riscrivere la storia del passato. (p. 75)
  • In Francia, negli anni 1920, anche Pierre Gaxotte, seguendo Burke e Barruel, – e un successivo scrittore Augustin Cochin, – fece risalire le origini della rivoluzione a una cospirazione. E inoltre, con un occhio sulla rivoluzione russa che lo inorridiva non meno di quanto la Comune avesse inorridito Taine, arrivò a convincersi che la Montagna fosse per il comunismo e che il rovesciamento di Robespierre avesse segnato la fine del terrore comunista; convinto di questo, si impegnò in una polemica contro la rivoluzione, contro i capi giacobini e i sanculotti, la cui virulenza e i pittoreschi epiteti usati avrebbero fatto invidia allo stesso Taine. (p. 87-88)
  • Saint-Just, il compagno più vicino a Robespierre nel Comitato di salute pubblica, di cui era l'elemento più giovane, univa in sé, e in misura notevole, la capacità d'azione e una mente logica e fredda: sostenitore convinto del Terrore, era di una rettittudine morale pari a quella dell'Incorruttibile; ma il suo impatto sugli eventi fu di breve durata e come leader mancava di quelle qualità tattiche che Robespierre aveva e in maniera cospicua. (p. 212)

Bibliografia[modifica]

  • George Rudé, Robespierre (Robespierre, Portrait of a Revolutionary Democrat), traduzione di Maria Lucioni, Editori Riuniti, 1981.

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