Giovanni Moioli

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Giovanni Moioli (1931 – 1984), presbitero e teologo italiano.

Citazioni di Giovanni Moioli[modifica]

  • Nessuno è propriamente un credente cristiano, finché non trova in Gesù di Nazareth, crocifisso e risorto, la ragione e il contenuto del suo credere; finché non accetta di misurare la propria mentalità su quella di Gesù, detto il Cristo; non ha imparato da Lui a conoscere chi è Dio e chi è l'uomo; non ha trovato «logico» costruire la propria vita come «memoria» della sua. Quando Gesù Cristo è talmente il punto di riferimento della vita di un uomo, allora quel credente si qualifica come cristiano. «Un cristiano non è un libero pensatore». Per lui, al principio, non sta l'uomo, il suo pensiero, la sua forza, le sue possibilità. Al principio non sta neppure un'idea. Sta la carità di Dio: cioè quel dimostrarsi di Dio nell'uomo Gesù, che dice a noi concretamente tutta la verità. Di fronte a ogni proposta, o ricerca, o cammino, la preoccupazione dominante di un credente cristiano sarà sempre quella di non perdere il riferimento a Cristo; di non giudicarlo o «svuotarlo» secondo le sollecitazioni del momento, per lasciarci invece sempre giudicare da Lui, assumendo la comunione con Lui come criterio irrinunciabile di verità e di azione. (da Temi cristiani maggiori, pp. 53-54)

Il discepolo[modifica]

  • L'universale è Gesù Cristo: "Tu sei la vita, Tu sei uno che mi porta la vita come un oltre, come qualcosa che sta oltre. Tu non sei qualcuno che mi dice una verità che è più grande di me: Tu sei la Verità". E ciò significa: "Tu sei l'ultima parola, Tu sei l'ultima cosa, Tu sei l'assoluto. Oltre di Te non si può andare. Tu sei la terra ferma". Tutto quello che di assoluto sta in queste parole, noi lo vediamo in Gesù Cristo e ci aggrappiamo a Gesù Cristo: "Tu sei tutto questo. Tu sei l'ultima cosa, l'ultimo, perché sei l'ultima spiegazione, l'ultima risposta. Tu sei tutto questo". Che è come dire: il centro non sono io. Io mi realizzo, io sono, ma mettendomi in Te. Questa è l'ubbidienza radicale, l'ubbidienza della fede. [..] Io non mi do i contorni che voglio, perché questi non sono i contorni della verità, non sono i contorni della giustizia, del bene. Io devo prendere i contorni, devo prendere forma da Gesù Cristo. Questo, in alcuni momenti, ci appare come una grande stoltezza. Ma la sapienza è prendere i contorni di Gesù Cristo, anche se può essere per noi una grande crocifissione, perché i contorni che abbiamo da noi stessi non sono quelli di Gesù Cristo, ma di Adamo. La croce più vera del cristiano consiste nell'essere discepoli. Consiste in questa ubbidienza, per cui impariamo a dire: "La verità non sono io e non è neanche l'umano". Noi accetteremmo che l'umano è la verità, è il bene; ma la sapienza della fede ci dice che non è l'umano la verità, il bene. La verità, il bene è un umano concreto: è l'umano concreto di Gesù Cristo. (p. 13)
  • Gesù è il Figlio di Dio nella carne: per questo è l'unico e l'ultimo [...]; per questo è la salvezza e non soltanto un salvatore, non soltanto un intermediario di salvezza; per questo è il Maestro e non soltanto uno dei maestri; per questo è la Via e non soltanto una via particolare, perché Egli si è manifestato, si fa manifesto, si fa presente, si offre. In Lui si manifesta la vita, tutta la ricchezza del mistero di Dio. In Lui si manifesta la verità, come dice Giovanni: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto» (14,6-7). (p. 32)
  • Tu sarai il riferimento incontrovertibile della mia vita, Tu sarai la ragione definitiva di quello che sono, di quello che penso, di quello che faccio o non faccio, di quello che penso o non penso. Tu sarai ciò di cui non vorrò né potrò dimenticarmi e di cui dovrò anzi costruire continuamente la memoria, la memoria più profonda, più globale, più comprensiva. Tu sarai questo. Tu sarai ciò da cui prenderà luce, avvio, interpretazione, ciò che vivo, ciò che faccio: la mia vita, la mia gioia, il mio dolore, il mio lavoro, la mia fatica, la mia morte... (p. 67)

Bibliografia[modifica]

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