Johann Wolfgang von Goethe

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Johann Wolfgang von Goethe in un ritratto di Gerhard von Kügelgen (tra il 1808 e il 1809)

Johann Wolfgang von Goethe (1749 – 1832), poeta e scrittore tedesco.

Citazioni di Johann Wolfgang von Goethe[modifica]

  • A che sempre più innanzi ir nel cammino? | Guarda: il ben t'è vicino. | In altro loco è inutile cercarlo; | impara ad afferrarlo.[1]
  • Al corpo segue solo l'ombra, nel regno dei morti silente.[2]
  • Al di sopra delle nazioni è l'umanità.[3]
  • [Ultime parole] Aprirò spazi dove milioni di uomini | vivranno non sicuri, ma liberi e attivi. | Verdi, fertili i campi; uomini e greggi | subito a loro agio sulla terra nuovissima, | al riparo dell'argine possente | innalzato da un popolo ardito e laborioso. | Qui all'interno un paradiso in terra, | laggiù infurino pure i flutti fino all'orlo; | se fanno breccia a irrompere violenti, | corre a chiuderla un impeto comune. | Sì, mi sono votato a questa idea, | la conclusione della saggezza è questa: merita libertà e la vita solo | chi ogni giorno le deve conquistare. | Così vivranno, avvolti dal pericolo, | magnanimi il fanciullo, l'uomo e il vecchio. | Vorrei vedere un simile fervore, | stare su suolo libero con un libero popolo. | All'attimo direi: Sei così bello, fermati! | Gli evi non potranno cancellare la traccia dei miei giorni terreni. – | Presentendo una gioia così alta | io godo adesso l'attimo supremo.[4]
  • Autorità: senza essa l'uomo non può esistere, tuttava essa porta con sé tanto l'errore quanto la verità.[5][6]
  • Bisogna essere giovani per immaginarsi quale influsso esercitasse su di noi il Laocoonte di Lessing, opera che dall'angolo ristretto di una misera visione ci trascinò nei liberi campi del pensiero. L'ut pictura poesis, tanto a lungo fraintesa, era tutto a un tratto eliminata, e la differenza tra le arti figurative e quelle del linguaggio chiara.[7]
  • Chi crede nell'immortalità si goda la sua felicità in silenzio; non ha nessun motivo di darsi delle arie.[8][9]
  • Chi possiede scienza ed arte ha anche la religione; | Chi non possiede quelle due, abbia la religione![10]
  • Colui che non è in grado di darsi conto di tremila anni rimane al buio e vive alla giornata.[11]
  • Come ogni rosa, così ogni artista ha il suo insetto: io ho Tieck.[12]
  • Crea artista! Non parlare! | Solo un soffio sia il poetare.[13]
  • Dobbiamo dunque pensare all'individuo animale come a un piccolo mondo che esiste in sé, con mezzi propri. Ogni creatura ha una propria ragion d'essere. Tutte le sue parti hanno un effetto e un rapporto diretto l'una con l'altra, rinnovando così il flusso continuo della vita.[14]
  • È meglio ingannarsi sul conto dei propri amici che ingannare i propri amici.[15]
  • È per me come un fratello minore, della mia stessa natura, solamente trascurato e danneggiato dal destino laddove io ne sono stato favorito e prediletto.
Er ist wie ein jüngerer Bruder von mir, von derselben Art, nur da vom Schicksal verwahrlost und beschädigt, wo ich begünstigt und vorgezogen bin.[16]
  • [A Felix Mendelssohn] È un pezzo che non sento più musica ma so che, nel frattempo, tu e gli altri "avete spinto molto avanti l'affare". Io ho ancora molto da imparare da te.[17]
  • Fra tutte le scoperte e le opinioni, forse nessuno influenzò lo spirito umano più della dottrina di Copernico.[18]
  • I teologi sotto la loro pelliccia di pecora sono dei lupi feroci.[19]
  • Io chiamo l'architettura musica congelata.[8][20]
  • Il dubbio cresce con la conoscenza.[21]
  • In Italia! In Italia, ma non quest'anno. È troppo presto; non ho le cognizioni necessarie, mi manca ancora molto. Parigi sarà la mia scuola, Roma la mia università. Giacché essa è una vera Universitas e quando la si è veduta, si è veduto tutto. Perciò non ho fretta d'entrarvi.[22]
  • La democrazia non corre, ma arriva sicura alla meta.[5][6]
  • La freddezza inalterabile, il crudele piacere della vendetta finiscono per muovere il nostro sdegno; tanto che per avere un marito servo, l'insulso scioglimento ci soddisfa poco o punto.[23]
  • La lascivia: il gioco col piacere da godere, il gioco col piacere goduto.[24]
  • La vera fortuna è la frugalità.[25]
  • La verità è scostante, l'errore attraente, perché la verità ci fa sembrare limitati, e l'errore onnipotenti. Inoltre la verità è scostante perché è frammentaria, incomprensibile, mentre l'errore è coerente e conseguente.[26]
  • Le stelle, non le vogliamo, | godiamo del loro splendore, | e incantati guardiamo su, | nella limpida notte.[27]
  • Lei mi saltò addosso e mi tirò uno schiaffo tale che mi mi fischiava un orecchio. Io avevo sempre sentito dire che dopo lo schiaffo di una ragazza ci volesse un ruvido bacio, e così le afferrai le orecchie e la baciai a ripetizione.[28]
  • Lottar con la forza, non mai dare un crollo | né a giogo nessuno sommettere il collo | negli ardui al mortale del viver cimenti | fa i Numi clementi.[29]
  • Nel silenzio si tempera un ingegno, | ma l'indole nel vortice del mondo.[30][6]
  • Per fare ci vuole talento, per beneficiare denaro.[31]
  • Per l'uomo di mondo una raccolta di aneddoti e massime è il più gran tesoro, se saprà disseminare i primi nella conversazione inserendoli al punto giusto e ricordarsi delle seconde al momento opportuno.[32]
  • Qual è il miglior governo? Quello che ci insegna a governarci da soli.[33]
  • Questo fatto mostruoso [L'assassinio di Johann Joachim Winckelmann] fece immensa impressione, si levò un lamento e un compianto generale, e la sua morte prematura acuì l'interesse che si aveva per il valore della sua vita.[34]
  • [Sull'utopia de La Scienza della Legislazione di Gaetano Filangieri] Quando voi farete nuove leggi, noi dobbiamo prenderci la briga di escogitare il modo di trasgredirle.[35]
  • Se la gioventù è un difetto, è un difetto che si abbandona subito.[24]
  • Sgombra da te ogni cura | e su vergin pianura, | dove né un'orma sola | abbia il più ardito impresso, | fatti la via tu stesso![36]
  • Te ne vai leggero se non hai niente; ma la ricchezza è un peso più leggero.[37]
  • Sì, posso dire che solamente a Roma ho sentito che cosa voglia dire essere un uomo. Non sono mai più ritornato a uno stato d'animo così elevato, né a una tale felicità di sentire. Confrontando il mio stato d'animo di quando ero a Roma, non sono stato, da allora, mai più felice.[38]
  • «Sai tu la terra ove i cedri fioriscono? Splendon tra le brune foglie arance d'oro, pel cielo azzurro spira un dolce zeffiro, umil germoglia il mirto, alto l'alloro...»[39]
  • Uno spettacolo per gli dei la vista di due innamorati.[40]

Con testo originale[modifica]

Wo viel Licht ist, ist starker Schatten.[42]
Schreiben ist geschäftiger Müßiggang.[43]
  • Nel mondo si vive una volta sola.
Man lebt nur einmal in der Welt.[44]
  • Nessuno contro Dio se non Dio stesso.
Nemo contra Deum nisi Deus ipse.[45]
  • Quando un'età è in declino, tutte le tendenze sono soggettive; mentre quando sta maturando un'epoca nuova, tutte le tendenze sono obiettive.[46]
  • Shakespeare e nessuna fine.
    Shakespeare è un'area infinita.[47]
Shakespeare und kein End.

Lettere

Citato in Giuliano Baioni, Classicismo e rivoluzione, Guida, 1991. ISBN 8870429334

  • Carissima Lotte, perché mai l'uomo può fare tanto per sé e così poco per gli altri! [...] Per gli altri io mi consumo nel lavoro e non ottengo nulla, per me basta ch'io muova un dito e tutto mi viene offerto sopra un cuscino. (dalla lettera del 2 aprile 1782; p. 69)
  • Il dramma [Ifigenia] non vuole procedere, maledizione! Il re di Tauride deve parlare come se i calzettai di Apolda non facessero la fame. (dalla lettera a von Stein del 6 marzo 1779; p. 69)
  • Le affinità elettive io le mando proprio come una circolare ai miei amici, affinché essi [...] si ricordino ancora di me. [...] Io so a chi ho parlato e dove non sarò frainteso. Il pubblico, e in particolare quello tedesco, è una curiosa caricatura del demos; presume sul serio di essere una sorta di senato o di ultima istanza e di potere, nella vita e nella letterature, eliminare con un voto ciò che non gli va a genio. (dalla lettera a Reinhard del 31 dicembre 1809; p. 253)
  • Io non provo orgoglio per tutto ciò che come poeta ho prodotto. Insieme a me hanno vissuto buoni poeti, altri ancora migliori hanno vissuto prima di me, e ce ne saranno altri dopo. Sono invece orgoglioso del fatto che, nel mio secolo, sono stato l'unico che ha visto chiaro in questa difficile scienza del colore, e sono cosciente di essere superiore a molti saggi. (da una conversazione con Johann Eckermann del 19 febbraio 1829[48])

Attribuite[modifica]

  • Qualunque cosa tu possa fare, o sognare di fare, incominciala. L'audacia ha in sé genio, potere e magia. (Incomincia adesso.)
Whatever you can do or dream you can, begin it. Boldness has genius, power and magic in it. (Begin it!)[49]
[Citazione errata] La frase viene spesso attribuita a Goethe in inglese e anche in italiano, ma non esiste una corrispondente versione in lingua originale (tedesco) per questa citazione, in nessuna opera di Goethe. La frase sembrerebbe provenire da una traduzione molto libera del Faust dal tedesco all'inglese di John Anster. È stato poi William Hutchinson Murray in The Scottish Himalayan Expedition (1951) a citare questa frase affermando di ammirare tale distico di Goethe e contribuendo probabilmente alla diffusione della falsa citazione.

Ultime parole[modifica]

  • Apri anche l'altra imposta per fare entrare un poco più di luce.[50] (22 marzo 1832[51])
Macht doch den zweiten Fensterladen auch auf, damit mehr Licht hereinkomme.
Mehr licht![52]

Arminio e Dorotea[modifica]

  • Colui che lungamente medita, non sempre sceglie la cosa migliore. (4, 105)
Wer lange bedenkt, der wählt nicht immer das Beste.
  • Gli uomini sono fatti in un modo tale che ognuno fa ciò in cui ha visto un altro aver successo, a prescindere dal fatto ch'egli abbia attitudine oppure no. (I, 70-1)
So sind die Menschen führwar! und einer ist doch wie der andre | Daß er zu gaffen sich freut: wenn den Nächsten ein Unglück befället.
  • La povertà stessa, quando è immeritata, rende orgogliosi. (VI, 241)
Armut selbst macht stolz, die unverdiente
  • Molto desidera l'uomo, eppur sol di poco ha bisogno. (V, 13)[6]
  • Non possiamo formare le menti dei nostri figli secondo i nostri concetti; ma li dobbiamo tenere e amare come Dio ce li ha donati. (III, 47-8)
Denn wir können die Kinder nach unserm Sinne nicht formen; | So wie Gott sie uns gab, so muß man sie haben und lieben.

Epigrammi veneziani[modifica]

  • Sì, l 'Italia questa è, ch'io lasciai. Le vie polverose | sempre ; gabbato sempre, comunque, il forestiere. | La probità tedesca tu cerchi in ogni angolo invano; | vita e moto qui c'è: ordine, disciplina | non già; pensa ciascuno soltanto a sé stesso, diffida | degli altri, è vano, e i capi pensano anch'essi a sé. (4)[53]
  • Questa gondola sembra una culla che dondola lieve, | e la sua piccola cabina a me pare una bara capace. | È giusto: tra la culla e la bara senz'affanno ondeggiamo | sul Canal Grande attraverso la vita. (8, p. 57)
  • [Carlo Augusto di Sassonia-Weimar-Eisenach] Piccolo è certo il mio, tra i principi della Germania, | breve e stretto il suo stato, modesto il suo potere. | Ma se ognuno le forze all'interno e all'esterno così prodigasse, | allora esser tedesco tra tedeschi sarebbe una festa. |[...] | Mi ha lodato, l'Europa, ma che cosa mi ha dato? | Nulla! E le mie poesie le ho pagate, e salate. | La Germania mi imitò, la Francia si compiacque di leggermi! | E tu, Inghilterra, da amica accogliesti lo sconvolto straniero. | Ma pure, a che cosa mi serve se persino il cinese | Werther e Lotte su vetro dipinge con trepida mano? | Non vi fu imperatore che chiedesse di me, non un re | che di me si curasse. Egli per me fu Mecenate e Augusto. (34 b, p. 69)
  • «Via, epigrammi, non siate così insolenti!» Perché no? Noi siamo | soltanto i titoli; i capitoli del libro li ha il mondo. (59, p. 81)
  • Se un epigramma sia riuscito, è cosa che si può decidere? | No, non si sa mica sempre che cosa il briccone ha escogitato. (61, p. 81)
  • Si dice che i santi volessero soprattutto il bene del peccatore | e della peccatrice. Accade esattamente lo stesso anche a me. (71, p. 85)
  • Davvero non mi meraviglia che gli uomini amino i cani: | un briccone miserabile è infatti, come l'uomo, anche il cane. (73, p. 85)

Faust[modifica]

Incipit[modifica]

Vincenzo Errante[modifica]

DEDICA
Eccovi a me tornar, larve sfuggenti
al torbido mio sguardo appare allora.
Che di fermarvi, questa volta, io tenti?
Incline a quel delirio è il cuore ancòra?
Vita, da me chiedere? E sia. Possenti,
vi trarrò dalla nebbia che svapora.
Un fuoco giovanil tutto m'inonda
al magico chiaror che vi circonda.
PROLOGO, SUL TEATRO
IL DIRETTORE, IL POETA DEL TEATRO, IL FACETO.
Il Direttore. Voi due, che così spesso
mi foste al fianco in mezzo a tanti guai,
ditemi dunque: che sperate mai,
sovra il tedesco suolo,
di questa nostra impresa?
Compiacere la folla, io pur vorrei:
questo perché, se vive, lascia vivere.
Son fissi i pali, s'erge il palcoscenico,
e una festa ciascun si ripromette.
Gli spettatori seggono tranquilli,
con inarcate ciglia, ai posti loro:
e non chiedon se non quello spettacolo
che sbalordir li faccia.
PROLOGO IN CIELO
Il SIGNORE, le SCHIERE. Poi, MEFISTOFELE.
Avanzano i tre ARCANGELI.
Raffaele. Gareggia il sole, con l'antico suono,
tra le sfere sorelle, in armonia
;
[...]
Gabriele. In un arcano di velocità,
ruota la terra con i suoi fulgori
,
[...]
Michele. Ruggono le procelle, a gara e in lena,
dal mare a terra e dalla terra al mare
.
[...]
Tutti e tre. Poi che nessuno ne perscruta il fondo
dà la Tua vista agli Angeli vigore

[...]
Mefistofele. Dacché, Signore, anche una volta torni
ad accostarti, e di conoscer chiedi
qual vento mai per queste plaghe spiri;
poi che buon viso, di solito, hai fatto
a questo mio ricomparirti innanzi,
eccomi dunque anch'io fra la masnada.
[...]
LA PARTE PRIMA DELLA TRAGEDIA
I
IL DRAMMA DI FAUST
NOTTE
Angusta stanza gotica con la vôlta a sesto acuto.
FAUST, inquieto, siede davanti al leggìo.
Faust. Ed ho studiato, ahimè, filosofia,
giurisprudenza, nonché medicina:
ed anche, purtroppo, teologia.
Da cima a fondo, con tenace ardore.
Eccomi adesso qui, povero stolto;
e tanto so quanto sapevo prima.
Mi chiamano Maestro: anzi Dottore.
Sono dieci anni che menando vo
pel naso i miei scolari,
di sù di giù, per dritto e per traverso
Ma solo per accorgermi
che non ci è dato di sapere, al mondo,
nulla di nulla.
E quasi mi si strugge, ardendo il cuore.

Giovita Scalvini[modifica]

Prologo sul teatro
Il DIRETTORE, il POETA del teatro, il FACETO.

Il Direttore. Voi due che solete essere il mio consiglio e il mio ajuto, su ditemi: che sperate voi in paese tedesco dalla nostra impresa? Io ho gran desiderio di dare nel talento della moltitudine, da che in ultimo ella vive e lascia vivere. Le travi sono confitte, inchiodate le tavole, ogni cosa in pronto, e ciascuno si promette una lieta e magnifica festa. Già seggono cheti, con sopracciglia inarcate e vogliosi di fare le maraviglie.
[...]

Prologo in cielo
Il SIGNORE, le LEGIONI CELESTI, indi MEFISTOFELE. I tre ARCANGELI precedono.

Rafaele. Il Sole risuona, come da antico, fra l'emula armonia delle sfere fraterne [...]
Gabriele. E veloce, incomprensibilmente veloce si rivolve nella sua magnificenza la terra [...]
Michele. E a gara le procelle fremono dal mare alla terra e dalla terra al mare [...]
A tre. Il tuo aspetto dà vigore agli angeli, ma niuno può scrutare il tuo profondo [...]
Mefistofele. Poiché, o Signore, ti ci fai un po' da presso, e domandi come vanno le cose di laggiù, e solevi già un tempo star meco volentieri, — ecco, ti appajo innanzi io pure fra la torma de' tuoi servidori [...]
[...]

Notte. Stanza gotica a volta alta ed angusta

FAUST inquieto sulla seggiola allo scrittoio.

Faust. Oimé, io ho oramai studiato filosofia, giurisprudenza, medicina, e, lasso! anche la grama teologia! e d'ogni cosa sono andato al fondo con cocente fatica. Ed ecco, povero pazzo! ch'io ne so ora quanto innanzi. Mi chiamano maestro, chiamanmi anche dottore, e già da dieci anni io meno, di su e di giù, e per lungo e per traverso, i miei scolari pel naso; oh! veggo manifesto che noi sapremo mai nulla! Ahi, io ne avrò rapidamente consumato il cuore!

Citazioni[modifica]

  • Un brivido mi afferra; le lacrime si sciolgono ed il duro cuore si sente dolcemente intenerire; vedo come lontano quanto posseggo e ciò che era scomparso riprende, per me, concreta realtà. (parte I, Dedica[54])
  • Che l'uomo svia finché va pellegrino. (Il Signore: parte I, capitolo Prologo in cielo; 1960)
Es irrt der Mensch, so lang er strebt.
  • Quel deicino[55] del mondo si rimane perpetuamente del medesimo conio, ed è oggidì quello stravagante ch'egli era nel suo primo giorno. Forse ehi vivrebbe un po’ meglio se tu non gli avessi dato non so che barlume della luce del cielo ch'egli nomina ragione, e non ne usa che per imbestiarsi più di qualunque bestia, in vero egli mi somiglia, con tua buona pace, una di quelle cavallette dalle gambe lunghe, che volano sempre innanzi non solo per querelarti?[56] (Mefistofele: prologo in cielo, p. 14; 2022)
  • Birra che frizzi, tabacco che morda e una servetta in gala son quanto va meglio al mio umore. (Uno studente: Parte I, capitolo Dinanzi la porta della città; 1960)
  • Misero, due anime albergano nel mio petto, e vi si guerreggiano continuamente, e l'una vorrebbe pure svilupparsi dall'altra.. (Faust: parte I, capitolo Dinanzi la porta della città; 1960)
Due anime albergano, ohimé, nel petto mio.[57]
Zwei Seelen wohnen, ach! in meiner Brust.
  • Ben sogliono gli uomini schernire quello che non intendono. (Faust: parte I, capitolo Studio (I); 1960)
  • Nel principio era l'atto. (Faust: parte I, capitolo Studio (I); 1960)
In principio era il Fatto![58]
  • Io mi son parte di quella possanza che vuole continuamente il male, e continuamente produce il bene. (Mefistofele: parte I, capitolo Studio (I); 1960)
Ein Teil von jener Kraft, die stets das Böse will und stets das Gute schafft.
  • Sono lo spirito che nega continuamente. (Mefistofele: parte I, capitolo Studio (I); 1960)
Ich bin der Geist, der stets verneint!
  • E s'io dirò mai al fuggevole istante: "Oh, tu se' bello! dura, tu sei sì bello!" (Faust: parte I, capitolo Studio (II); 1960)
  • Noi veniamo di Spagna, che è il bel paese del vino e delle canzoni. (Mefistofele: parte I, capitolo La cantina di Auerbach in Lipsia; 1960)
Spanien, das schöne Land des Weins und der Gesänge.
  • Tu capir dei! | Dieci di un fanne, | poi tre via danne, | indi due tranne, | e ricco sei. | Quattro ne sega: | di cinque e sei. | Dice la strega, | fa sette ed otto, | e tu sei dotto. | Nove son uno, | dieci nessuno. | E questo delle Fate è l'un vie uno. (La Strega: parte I, capitolo La cucina di una strega; 1960)
  • La legge è potente, ma più ancora la necessità. (Plutone: parte II, atto I; 1960)
  • La natura, con le sue correnti vitali, non opera mai nulla a giorno, a notte, ad ore determinate: essa crea con ordine ogni forma, e dirò pure che nei suoi più grandi fenomeni la violenza non vi ha nessuna parte. (Talete: parte II, atto II)
  • Non cercare di analizzare questo destino unico al mondo: l'esistenza consiste nel vedere, non fosse che per un istante. (Faust: parte II, atto III; 1960)
Non fissarti nel destino individuale. Esistere è un dovere, durasse un secondo.[59]
  • Odo già il brusio del borgo | Qui è il paradiso vero del popolo, | felici e contenti tutti quanti. | Qui sono uomo. Qui posso esserlo. (937-40)[6]
  • Ricerchiamo in quei soavi e cari sguardi dai quali viene solo la grazia e la salute, la virtù che meglio ci prepari il cuore a ricevere con gratitudine le eterne fiamme della beatitudine; onde gli umani affetti si rivolgano con viva fede a te, Vergine, Madre, Imperatrice e Dea. Dal sublime e stellato tuo seggio mostrati a noi propizia. (Doctor Marianus: parte II, atto V)
  • L'ETERNO-FEMMINA | ci trae lassù! (Chorus Mysticus: parte II, atto V; 1960)
Das Ewig-Weibliche zieht uns hinan.
  • Solo è allegro chi può dare. (I, 2)

Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister[modifica]

Incipit[modifica]

La rappresentazione andava per le lunghe. La vecchia Barbara andava ogni tanto alla finestra per sentire se dalla piazza del teatro non fosse cominciato il rumorio delle carrozze che partivano. Aspettava infatti con più impazienza del solito la sua bella padrona Mariane, che stasera, nel numero di chiusura dello spettacolo, incantava il pubblico vestita da giovane ufficiale.[60]

Citazioni[modifica]

  • All'attore perdono tutti i difetti dell'uomo, ma all'uomo non perdono nessuno dei difetti dell'attore. (libro VII, 3)
  • Bisognerebbe [...] ogni giorno almeno ascoltare una canzoncina, leggere una bella poesia, ammirare un quadro e, se possibile, dire qualche parola sensata. (libro V, 1)
  • [Mignon, sull'Italia] Conosci la terra dei limoni in fiore, | dove le arance d'oro splendono tra le foglie scure, | dal cielo azzurro spira un mite vento, | quieto sta il mirto e l'alloro è eccelso, | la conosci forse? | Laggiù, laggiù io | andare vorrei con te, o amato mio! (libro III, 1)
  • Sulla terra s'espia ogni colpa. (libro II, 13)

I dolori del giovane Werther[modifica]

Incipit[modifica]

I traduzione[modifica]

Ho raccolto con cura e qui espongo quanto ho potuto trovare intorno alla storia del povero Werther, e so che me ne sarete riconoscenti. Voi non potrete negare la vostra ammirazione e il vostro amore al suo spirito e al suo cuore, le vostre lacrime al suo destino.
E tu, anima buona, che come lui senti l'interno tormento, attingi conforto dal suo dolore, e fai che questo scritto sia il tuo amico, se per colpa tua o della sorte non puoi trovarne di più intimi.

LIBRO PRIMO

4 maggio 1771.

Come sono lieto di esser partito! Amico carissimo, che è mai il cuore dell'uomo! Ho lasciato te che amo tanto, dal quale ero inseparabile, e sono lieto! Pure so che tu mi perdonerai. Tutte le altre persone che conoscevamo non sembravano forse scelte apposta dal destino per angosciare un cuore come il mio?
[Johann Wolfgang von Goethe, I dolori del giovane Werther, Freebook - Edizioni LibroLibero]

Piero Bianconi[modifica]

Ho raccolto con cura quanto ho potuto rintracciare della storia del povero Werther, e qui ve lo presento, sicuro che me ne sarete riconoscenti. Non potrete negare ammirazione e amore al suo spirito e al suo carattere, né lagrime al suo destino.
E tu, anima buona che provi quel suo stesso affanno, attingi consolazione dai suoi dolori; fa' che questo libriccino ti diventi amico, se per tua sorte o colpa non ne puoi trovare uno più fido.

LIBRO PRIMO

4 maggio 1771

Come sono contento d'esser partito! Amico caro, cos'è mai il cuore dell'uomo! Aver abbandonato te che amo tanto, che mi eri inseparabile, ed essere contento! Ma so che mi perdoni. Le altre relazioni non eran forse scelte dal destino apposta per tormentare un cuore come il mio?
Povera Eleonora! Eppure ero innocente. Che colpa avevo io se, intanto che mi divertivo piacevolmente alle piccanti grazie di sua sorella, una passione s'andava formando in quel povero cuore? E tuttavia... son proprio innocente? Non ho alimentato quei sentimenti? Non mi son preso giuoco di quelle espressioni così ingenue e spontanee, che spesso mi facevan ridere e che ridicole non erano? Non ho forse...
Che cosa è mai l'uomo, che riesce a lagnarsi di se stesso!

Amina Pandolfi[modifica]

Tutto ciò che ho potuto rintracciare della storia del povero Werther, l'ho raccolto con cura e qui ve lo presento, e so che me ne sarete grati. Non potrete negare la vostra ammirazione e il vostro affetto al suo spirito e al suo carattere, né le vostre lacrime al suo destino.
E tu, anima buona, che soffri il suo stesso dolore, attingi conforto dalla sua sofferenza e fa' che questo libretto ti diventi amico, se per destino o per tua colpa non puoi trovarne uno più vicino.

LIBRO PRIMO

4 maggio 1771

Quanto sono lieto di essere partito! Amico mio carissimo, che cosa è mai il cuore dell'uomo! Aver abbandonato te che amo, tanto, di cui ero inseparabile, ed essere contento! Ma so che mi perdonerai. Ma non parevano tutti i miei altri legami davvero scelti dal destino per impaurire un cuore come il mio?
Povera Leonore! Eppure io ero innocente. Era forse colpa mia se, mentre le singolari grazie di sua sorella mi procuravano una gradevole distrazione, una passione si andava creando in quel suo povero cuore? E tuttavia... sono proprio del tutto innocente? Non ho in qualche modo alimentato i suoi sentimenti? Non mi sono io stesso deliziato di quelle tanto genuine espressioni della natura, che così spesso ci facevano ridere, sebbene tanto poco ci fosse in esse di ridicolo? Non ho io forse... Oh, ma che cosa è mai l'uomo, per potersi lagnare di se stesso!

Citazioni[modifica]

  • Ah! non le grandi e singolari catastrofi del mondo, le alluvioni che portan via i vostri villaggi, i terremoti che inghiottono le vostre città, mi commuovono; ciò che mi stringe il cuore è la forza distruttrice riposta nell'essenza stessa della natura; la quale non ha mai creato cosa alcuna che non sia destinata a distruggere il prossimo, a distruggere se stessa. (18 agosto; 1991, p. 98)
  • Ah, quello che io sono, tutti lo possono sapere... ma il mio cuore lo possiedo io solo. (9 maggio; 1993)
  • C'eran due volumetti in dodicesimo, il piccolo Omero di Wetstein: un'edizione che spesso avevo desiderato per non portarmi attorno quella di Ernesti Ecco come prevengono i miei desideri, come ricercano tutte le minute gentilezze dell'amicizia, mille volte più preziose dei ricchi regali con i quali il vanesio donatore ci umilia. (28 agosto; 1991, p. 100)
  • Caro Guglielmo, ho molto riflettuto sul desiderio dell'uomo di estendersi, scoprir nuove cose, vagare per il mondo; e poi, per converso, sulla segreta tendenza a volontariamente limitarsi, a camminare sui binari dell'abitudine senza affannarsi di quanto avviene a destra o a sinistra. (21 giugno; 1991, p. 68)
  • Ciò che più mi irrita sono le meschine distinzioni sociali. So bene anch'io quanto siano necessarie le distinzioni di classe, io stesso ne cavo non pochi vantaggi: ma non vengano a mettermi il bastone nelle ruote, quando potrei godere un po' di gioia, un barlume di felicità su questo mondo. (24 dicembre; 1991, p. 111)
  • Dio del cielo! Tale è il destino che hai assegnato agli uomini, di non esser felici che prima di raggiunger l'uso della ragione, o dopo di averlo perduto!... (30 novembre; 1991, p. 144)
  • Cos'è mai l'uomo, il tanto esaltato semidio! Non gli mancan forse le forze proprio quando ne avrebbe maggior bisogno? Sia che s'esalti nella gioia, sia che sprofondi nel dolore, non è forse trattenuto e riportato alla cupa e fredda coscienza di sé mentre aspirava a smarrirsi nella pienezza dell'infinito? (6 dicembre; 1991, p. 147)
  • E cos'è, se non destino dell'uomo, questo portare il proprio fardello, bere il proprio calice?... (15 novembre; 1991, p. 139)
  • E da allora sole, luna e stelle possono continuare tranquillamente il loro corso: io non so più se sia giorno o notte e tutto il mondo mi scompare intorno. (lettera del 19 giugno)
  • Guglielmo, la nostra anima che cosa diverrebbe senza l'amore? Simile ad una lanterna magica senza luce. Appena si mette la piccola lampada, ecco le immagini più varie appaiono sulla parete bianca. E nonostante siano fantasmi fuggenti, essi ci rendono ugualmente felici, quando sostiamo davanti ad esse, simili ad innocenti fanciulli, estasiati dalle meravigliose apparizioni. (18 luglio; 1993)
  • Ho visto oggi una scena che, trascritta tale e quale, sarebbe il più bell'idillio del mondo; ma cosa c'entrano poesia, scena e idillio? che proprio si debba sempre stare a cesellare, quando ci capita di partecipare a una manifestazione della natura?
    Se da questo preludio t'aspetti qualcosa di sublime e di nobile t'inganni a partito: un semplice contadinotto è stato causa di così viva emozione... Al solito racconterò male, e tu al solito mi riterrai esagerato; è una volta ancora Wahlheim, e sempre Wahlheim, che produce di queste rarità. (30 maggio; 1991, p. 55)
  • Il che mi confermò nel proposito di attenermi per l'avvenire alla sola natura. Essa sola è infinitamente ricca, essa sola forma il grande artista. Molto si può dire in favore delle regole, quello che suppergiù si può dire in lode della società borghese. Un uomo formatosi sulle regole non produrrà mai nulla di assurdo o cattivo, così come unò che si governa secondo le leggi e il galateo non diventerà mai un insopportabile vicino o un insigne scellerato; per converso, tutte le regole, si dica ciò che si vuole, distruggono il vero sentimento della natura e la vera sua espressione! (26 maggio; 1991, p. 52)
  • Io sono solamente un pellegrino sulla terra; voi siete di meglio? (16 giugno; 2005)
  • La sorte dell' uomo è soffrire fino in fondo, e sorbire fino in fondo il calice della vita? Perché io dovrei mostrarmi forte e dire che è dolce, se anche il Dio del cielo lo sentì troppo amaro per il suo labbro umano? Dovrei forse vergognarmi quando, in un attimo terribile, tutta la mia esistenza trema fra l'essere e il non essere, e il passato è simile ad un baleno sull'abisso tenebroso del futuro, mentre tutto sprofonda intorno a me, e con me naufraga l'universo? (15 novembre; 1993)
  • L'uomo è cosi superficiale, che anche dove ha la vera sicurezza della sua esistenza, dove lascia l' orma della sua presenza, cioè nel ricordo, nel cuore dei suoi amici, anche lì deve venir meno, deve sparire, prontamente sparire. (26 ottobre; 1993)
  • Mi sovvenne allora che egli era padre da pochissimi giorni, ed evitai il discorso, convinto in me che bisogna fare con i fanciulli come Dio fa con noi: Egli non ci procura mai tanto grande felicità come quando ci lascia nel vaneggiamento di una cara illusione. (6 luglio; 1993)
  • Monotona cosa è l'uman genere. Quasi tutti passan la maggior parte dei tempo lavorando per vivere, e quel po' di libertà che gli sopravvanza li opprime talmente che cercano con ogni mezzo di liberarsene. O destino dell'uomo! (17 maggio; 1991, p. 48)
  • Non trascorre un solo istante che tu non distrugga te e i tuoi cari, non uno in cui tu non sia, non debba essere un distruttore; la più innocente passeggiata costa la vita a mille sfortunati insettucci, un passo demolisce le faticose costruzioni delle formiche e riduce quel piccolo mondo in una tomba scura, senza significato. Ah! non le grandi e singolari catastrofi del mondo, le alluvioni che portan via i vostri villaggi, i terremoti che inghiottono le vostre città, mi commuovono; ciò che mi stringe il cuore è la forza distruttrice riposta nell'essenza stessa della natura; la quale non ha mai creato cosa alcuna che non sia destinata a distruggere il prossimo, a distruggere se stessa. Così avanzo brancolando nell' angoscia, circondato dal cielo, dalla terra e da mille forze creatrici, e vedo solo un Mostro che eternamente ingoia, eternamente rumina. (18 agosto; 1993)
  • «O persone ragionevoli!», esclamai sorridendo. «Passione! Ebbrezza! Delirio! Voi siete così impassibili, così estranei a tutto questo, voi uomini per bene! Rimproverate il bevitore, condannate l'insensato, passate dinanzi a loro come il sacrificatore e ringraziate Dio, come il fariseo, perché non vi ha fatto simili a loro! Più di una volta io sono stato ebbro, le mie passioni non sono lontane dal delirio, e di queste due cose io non mi pento perché ho imparato a capire che tutti gli uomini straordinari che hanno compiuto qualcosa di grande, qualcosa che prima pareva impossibile, sono stati in ogni tempo ritenuti ebbri o pazzi... Ma anche nella vita d'ogni giorno è intollerabile sentir gridare ogni qualvolta stia per compiersi un'azione libera, nobile e inattesa: "Quest'uomo è ubriaco, è pazzo!". Vergognatevi, uomini sobri! Vergognatevi, uomini saggi!». (12 agosto; 1993)
  • «O uomini,» esclamai «si discorre d'una cosa e subito sentenziate: "È da pazzi, è da savi, è bene, è male!" Ma cosa significa? Avete prima esplorato i segreti moventi di un'azione? Siete capaci di descrivere esattamente le cause per cui la tal cosa è avvenuta, doveva avvenire? Se foste capaci di farlo, non sareste così sbrigativi nei vostri giudizi.» (12 agosto; 1991, p. 90)
  • Oh, la lontananza, è come il futuro! Un vasto nebuloso panorama giace davanti alla nostra anima, i nostri sensimenti vi si scorrono sopra come i nostri occhi e noi aneliamo, ah!, di perderci in esso con tutto il nostro essere, di accogliere in noi volluttuosamente un unico, grande, splendido sentimento. -E quando corriamo laggiù e il laggiù è diventato il qui, nulla è cambiato, noi siamo sempre poveri, ugualmente chiusi nel nostro limite, e la nostra anima sospira per il balsamo perduto. (21 giugno; 1993)
  • Quest'amore e fedeltà e passione non è poetica invenzione. Esiste, la si trova in tutta la sua purezza in quella gente diciamo incolta, rozza. Noi uomini educati... annientati dall'educazione! (4 settembre; 1991, p. 130)
  • Si dice di una nobile razza di cavalli, che quando si sentono accaldati e affaticati, si aprono istintivamente una vena, per respirare più liberamente. Spesso anch'io vorrei aprirmi una vena che mi desse libertà eterna. (16 marzo; 1993)
  • Vedi, amico, gli antichi erano così limitati e felici! i loro sensi e la loro poesia così ingenui! Quando Ulisse dice del mare incommensurabile e della terra infinita, dice cosa vera, umana, profonda e misteriosa. Che giova ripetere con gli scolaretti che la terra è rotonda? Poche zolle bastano all'uomo per viverci sopra, meno ancora per dormirci sotto. (9 maggio; 1991, p. 123)
  • Tu mi domandi com'è la gente di qui? E io ti devo rispondere: come dappertutto! Il genere umano è cosa davvero monotona. La maggior parte degli uomini consuma quasi tutto il suo tempo per vivere, e quel poco che gli resta di libertà, li spaventa tanto, che cercano con ogni mezzo di liberarsene.
  • Oh, amici miei! Perché il fiume del genio rompe così raramente gli argini, così di rado straripa con alti flutti scuotendo le vostre anime stupefatte? – Cari amici, su entrambe le sponde del fiume abitano i placidi signori le cui casette e i giardini, le aiuole di tulipani e le erbe dell'orto andrebbero distrutte dalla piena delle acque e perciò si danno cura di allontanare l'incombente pericolo con dighe e canali.
  • È comunque certo che nulla al mondo rende l'uomo tanto necessario quanto l'amore.
  • «Caro mio, a che serve la precauzione? Il pericolo non è dove te l'aspetti.»
  • Qualche volta non riesco a capire come un altro possa amarla, come a un altro possa essere lecito amarla, quando io l'amo così esclusivamente, così teneramente, così intensamente, e non conosco, non so, non posseggo altro che lei!
  • Ci sarebbero meno dolori tra gli uomini se essi non s'industriassero con tanto zelo a rievocare i ricordi del male trascorso invece di sopportare un tollerabile presente.
  • È una cosa ben monotona il genere umano. I più sgobbano la massima parte del tempo per campare; e quel pochetto di libertà che avanza li tormenta così che si stillano il cervello in cerca di espedienti d'ogni sorta per disfarsene.
  • Ora niente mi dà tanta noia come quando gli uomini si tormentano fra loro, specie poi quando sono giovani nel fiore della vita, che dovrebbero essere apertissimi a tutte le gioie, e invece si sciupano quei brevi giorni per sciocchezze e poi troppo tardi s'avvedono dell'irreparabile sperpero.
  • No, il mio cuore non è così corrotto. È debole, assai debole. Ma anche questa è corruzione?
  • Essa mi è sacra.
  • Tutto al mondo finisce in nulla, e chi si tormenta per le ricchezze, o per gli onori, o per qualunque altro scopo non è che un pazzo, se lo fa per causa d'altri e senza sua passione o necessità.
  • Potrei condurre la più bella vita, la vita più beata, se non fossi un pazzo.
  • Ah, è proprio vero che il nostro cuore è il solo autore della sua felicità.
  • Quando non abbiamo più noi stessi, tutto ci manca.
  • La nostra immaginazione spinta dalla sua propria natura a elevarsi, e nutrita di fantasmi poetici, si costruisce una scala di esseri superiori, fra i quali noi occupiamo l'infimo grado; e ogni cosa fuori di noi ci appare più perfetta... E questo in modo assai naturale.
  • Certe volte non capisco come un altro possa averla cara, mentre io amo lei, unicamente, così dal profondo, così pienamente, e non conosco, e non so, e non ho altro che lei.
  • Mi basta vedere i suoi occhi neri per sentirmi bene.
  • Vedi, e quello che mi fa male è che Alberto non è così beato com'egli... sperava... come io... crederei d'essere... se... Non mi piacciono i puntini sospensivi, ma qui non mi posso esprimere altrimenti... e mi par chiaro abbastanza.
  • Ah, questo vuoto! quest'orribile vuoto che sento qui nel petto!
  • Spesso penso: se tu potessi stringerla una volta, una sola volta al tuo cuore, tutto questo vuoto sarebbe colmato.
  • Mi strazierei il petto, sbatterei la testa, a pensare che uno può essere così poco per un altro. Ah che l'amore, la gioia, l'ardore, e ogni delizia, s'io non li porto in me, un altro non me li potrà dare, e anche se ho il cuore pieno di beatitudine non potrò far felice un altro che sia freddo e inerte innanzi a me.
  • Ho tante cose, e il sentimento per lei le assorbe tutte; ho tante cose, e senza lei tutto mi è nulla.
  • Caro, io sono finito! Essa può fare di me quello che vuole.
  • [Ultime parole] Voglio esser sepolto con questi abiti, Carlotta, tu li hai toccati e consacrati: anche di questo ho pregato tuo padre. La mia anima si librerà sulla mia tomba. Non mi si devono frugare le tasche. Il nastro rosa pallido che avevi in petto quando ti vidi per la prima volta fra i tuoi bambini... oh, baciameli tanto, e racconta loro la storia dell'infelice amico. Cari! essi si affollano intorno a me. Ah, come mi legai a te, fin da quel primo istante non potevo più lasciarti! Quel nastro deve essere sepolto con me: tu me lo regalasti il giorno del mio compleanno, e come mi fu caro! Ah non immaginavo dove mi avrebbe condotto la via che seguivo! Sii calma, ti prego, sii calma!
    Sono cariche. Battono le dodici! Il mio destino si compia! Carlotta, Carlotta, addio! addio! (LibroLibero, Milano 2008, pp. 170-171)

Libro primo[modifica]

  • Una meravigliosa serenità, simile a questo dolce mattino di primavera, mi è scesa nell'anima e io ne godo con tutto il mio cuore. Sono solo e sono lieto di essere vivo in questo luogo creato per anime come la mia. Sono così felice, mio caro, così perduto nel senso di questa serena esistenza che la mia arte ne soffre. Ora non saprei disegnare nemmeno una linea, eppure non sono mai stato un pittore così grande come in questi momenti. Quando la bella valle effonde intorno a me i suoi vapori e il sole alto investe l'impenetrabile tenebra di questo bosco e solo qua e là qualche raggio riesce a penetrare in questo sacrario, e io mi stendo nell'erba alta accanto al torrente e, così vicino alla terra, scopro le piante più diverse e più singolari; quando sento vicino al mio cuore il brulichio del piccolo mondo in mezzo agli steli, le innumerevoli, incomprensibili figure dei bruchi e degli insetti e sento la presenza dell'Onnipotente che ci ha creati secondo la Sua immagine, l'alito del Supremo Amore che ci porta e ci sostiene in un'eterna beatitudine; quando, oh, amico mio!, i miei occhi si smarriscono in questa vertigine e l'universo e il cielo riposano nella mia anima come la figura di una donna amata, io provo allora l'angoscia di un desiderio e penso: oh, se tu potessi esprimere tutto questo, se potessi effondere sulla carta lo spirito di ciò che in te vive con tanta pienezza e con tanto calore, in modo da farne lo specchio della tua anima, come la tua anima è lo specchio del Dio infinito! Amico mio, io mi sento morire e soccombo alla forza e alla magnificenza di queste immagini! (10 maggio; 1998, p. 9)
  • Ho fatto ogni sorta di conoscenze, ma compagnia non ne ho ancora trovata. Non so che cosa ho di così attraente per gli altri; sono tanti a cui sono simpatico e che si attaccano a me, e poi soffro quando, dopo un breve tratto, le nostre strade si separano. Vuoi sapere come è qui la gente. Ti devo rispondere: come da qualsiasi altra parte; lo spettacolo che offre il genere umano è davvero monotono. La maggior parte consuma quasi tutto il suo tempo per vivere, e quel poco di libertà che ancora le resta, la spaventa tanto che cerca qualunque pretesto pur di liberarsene. Oh, il destino degli uomini! (17 maggio; 1998, p. 15)
  • Eppure, essere incompresi è il nostro destino. (17 maggio; 1998, p. 15)
  • Che i bambini non sappiano quello che vogliono, su questo sono perfettamente d'accordo precettori e maestri dottissimi; ma che anche gli adulti brancolino alla cieca su questo pianeta, come i bambini, e come loro non sappiano da dove vengano né dove vadano e infine che neppure loro agiscano per motivi veri e reali, ma si lascino invece guidare solo da zuccherini, dolci e frustate: questo nessuno è disposto a crederlo e a me invece sembra una verità addirittura evidente. (22 maggio; 1998, pp. 19-21)
  • Sono lieto, sono felice e quindi sono un pessimo cronista. (16 giugno; 1998, p. 35)
  • Wilhelm, cosa è mai per il nostro cuore il mondo senza l'amore? È come una lanterna magica senza luce! Ma appena tu vi introduci la lampada, le più belle immagini compaiono sulla parete bianca! E anche se non fossero altro che fantasmi evanescenti, ci rendono tuttavia felici quando stiamo lì come tanti ragazzi e andiamo in estasi per queste meravigliose apparizioni. (18 luglio; 1998, p. 81)
  • Cosa importa, Wilhelm, che siano fantasmi, se ci fanno star bene? (18 luglio; 1998, p. 83)
  • […] a questo mondo si combina ben poco con gli aut aut; i sentimenti e i modi di agire hanno tante sfumature così varie e diverse quante ne passano fra un naso aquilino e un naso camuso. (8 agosto; 1998, p. 91)
  • Il furto è un peccato, questo è vero, ma uno che va a rubare per salvare se stesso ed i suoi da un'imminente morte di fame, merita d'essere punito o compatito? Chi osa scagliare la prima pietra contro il marito che in un momento di giusta ira sacrifica la moglie infedele e il suo indegno seduttore? O contro la fanciulla che in un momento di passione cede al piacere irresistibile dell'amore? Persino le nostre leggi, così pedanti e insensibili, si commuovono e perdonano. (12 agosto; 1998, p. 99)
  • Poiché solo provando gli stessi sentimenti abbiamo il diritto di parlare di una cosa. (12 agosto; 1998, p. 101)
  • [Ad Albert, in un dialogo riportato] Amico mio, l'uomo è uomo e quel po' di intelligenza che può avere serve poco o nulla quando la passione infuria e si è oppressi dai limiti della natura umana. (Werther: 12 agosto; 1998, p. 107)
  • Così ho capito che uno scrittore inevitabilmente danneggia il suo libro con una seconda, diversa stesura della sua storia, anche se questa riuscisse poeticamente migliore. La prima impressione ci trova pronti ad accoglierla e l'uomo è fatto in modo che gli si possono far credere le cose più strane e inverosimili: si imprimono subito tenacemente nella sua memoria e guai a chi cerca di cancellarle e distruggerle! (15 agosto; 1998, p. 109)
  • Tutto, tutto è popolato di migliaia di figure diverse e intanto gli uomini si chiudono timorosi nella loro casetta, vi fanno il loro nido e nella loro fantasia credono di dominare il mondo infinito! Povero pazzo che stimi tutto così poco, solo perché sei così piccolo. (18 agosto; 1998, p. 111)
  • Infatti è certo più facile morire che sopportare con fermezza una vita piena di tormenti.

Libro secondo[modifica]

  • Non c'è al mondo una gioia più vera e più grande che vedere una nobile anima aprirsi ad un'altra. (26 novembre; 1998, p. 135)
  • Ma che razza di gente sono mai costoro, che nella vita non si preoccupano d'altro che del cerimoniale, che per anni sognano e calcolano solamente come intrufolarsi a tavola un posto più su! (8 gennaio 1772; 1998, p. 141)
  • Mi par di stare davanti a una lanterna magica, guardo gli omini e i cavallucci davanti a me, che si fanno in qua e in là, e spesso mi chiedo se non si tratti di un'illusione ottica. Recito insieme con gli altri, o piuttosto sono costretto a recitare come una marionetta, e talvolta afferro la mano di legno di un vicino e provo un brivido di spavento. La sera mi propongo di godermi il levar del sole e non riesco poi a togliermi dal letto; durante il giorno spero che il chiaro di luna mi porterà qualche gioia, e rimango tutto il tempo nella mia stanza. Non saprei dire perché mi alzo, perché vado a dormire.
    Mi manca il lievito che metteva in moto la mia vita; scomparsa è l'eccitazione che mi teneva sveglio fino a tardi la notte, sparita è quella che la mattina mi destava dal sonno. (20 gennaio; 1998, p. 145)
  • Creatura fortunata, che puoi attribuire la tua infelicità a un impedimento terreno. Tu non senti! non senti che nel tuo cuore distrutto, nel tuo cervello sconvolto c'è la sventura dalla quale tutti i re della terra non potrebbero salvarti. (30 novembre; 1998, p. 207)
  • [Riferendosi ad Albert, in un pensiero riportato] Sì, sì, questi sono i rapporti fidati, amichevoli, delicati, questa la simpatia, questa la fedeltà serena e costante! Non sono altro che sazietà e indifferenza! Forse che il più miserabile affare non ha più attrattiva per lui di questa donna cara e preziosa? Forse che sa valutare la sua fortuna? Sa stimarla quanto essa merita? La possiede, va bene, la possiede – lo so, come so anche tante altre cose, credo di essermi abituato a quest'idea, mi farà impazzire, mi farà morire. – E ha resistito alla prova l'amicizia che aveva per me? Non vede già nel mio attaccamento per Lotte una offesa alle sue prerogative, nelle mie attenzioni per lei un muto rimprovero? Lo so benissimo, lo sento, non mi vede volentieri, la mia presenza gli dà fastidio. (Werther: l'editore al lettore; 1998, p. 217)
  • Tutto quello che gli era successo di sgradevole nella sua vita attiva, lo scandalo all'ambasciata, tutto quello che non gli era riuscito, che lo aveva fatto soffrire, passava e ripassava nella sua mente. Gli sembrava che tutto questo giustificasse la sua inerzia, che fosse tagliato fuori da ogni prospettiva, incapace di compiere uno qualsiasi dei gesti coi quali si risolvono le faccende della vita quotidiana. E così, completamente abbandonato alla sua singolare sensibilità, al suo modo di pensare e alla sua passione senza fine, nell'eterna monotonia di un rapporto così doloroso con quell'amabile e amata creatura, della quale distruggeva la pace, dando l'assalto alle proprie energie e consumandole senza scopo e ragione, si avvicinava sempre più alla sua triste fine. (L'editore al lettore; 1998, p. 225)
  • [In una lettera del 14 dicembre (1772) riportata] Per me oramai è finita! La mia mente è confusa, già da otto giorni non riesco più a riflettere, ho gli occhi sempre pieni di lacrime, non c'è posto dove stia bene e in ogni posto sto bene. Non desidero nulla, non bramo nulla. Starei meglio se me ne andassi. (Werther: l'editore al lettore; 1998, pp. 229, 231)
  • [In un biglietto riportato] Alzare il sipario e scomparire là dietro! Questo è tutto. E perché allora queste paure e queste esitazioni? Forse perché non si sa quello che c'è là dietro? O perché di là non c'è ritorno? O forse perché è proprietà del nostro spirito immaginare caos e tenebre là dove non sappiamo nulla di certo? (Werther: l'editore al lettore; 1998, p. 231)
Sollevare il sipario ed introdurvisi: questo è tutto! Perché indugiare, perché temere? Forse perché ci è ignoto cosa viene al di là di esso? O perché di là si ritorna? Perché la nostra mente è fatta in modo da pensare che vi siano tenebre e caos là dove non sappiamo nulla di certo. (14 dicembre; 1993)
  • [In una lettera per Lotte riportata] [...] l'uomo è così limitato che non riesce a capire fine e principio della propria esistenza. (Werther: l'editore al lettore; 1998, p. 267)

Citazioni su I dolori del giovane Werther[modifica]

  • Quel colpo di pistola ci ha risparmiato, quanto meno, i dolori del vecchio Werther. (Gesualdo Bufalino)

Roland Barthes[modifica]

  • Alberto, personaggio piatto, morale, conformista, decreta (come chissà quanti prima di lui) che il suicidio è una viltà. Per Werther, al contrario, il suicidio non è una debolezza, dal momento che esso scaturisce da una tensione: «Mio caro, se un eccesso fisico viene considerato come una forza, perché non lo sarà anche l'eccesso dei sentimenti?» L'amore-passione è dunque una forza («questa violenza, questa passione irriducibile»), è qualcosa che ricorda la vecchia nozione di ἰσχύς (ischus: energia, tensione, forza di carattere) e, più vicino a noi, quella di Dispendio.
  • L'innamorato che non dimentica qualche volta, muore per eccesso, fatica e tensione di memoria (come Werther).
  • Il dito di Werther sfiora inavvertitamente il dito di Carlotta; i loro piedi, sotto il tavolo, si incontrano.[61] Werther potrebbe astrarsi dal senso di questi episodi casuali; egli potrebbe concentrarsi corporalmente su quelle minuscole zone di contatto e, come un feticista, provare piacere per questo o quel pezzetto di dito o di piede inerte, senza preoccuparsi della risposta (come Dio - è la sua etimologia -, il Feticcio non risponde). Ma, per l'appunto, Werther non è pervertito, ma innamorato: egli dà un senso, sempre, ovunque, a proposito di niente, ed è proprio il senso che lo fa fremere: egli si trova nel braciere del senso. Per l'innamorato, ogni contatto pone il problema della risposta: egli chiede alla pelle di rispondere.
  • Il geloso del romanzo non è Werther; è il signor Schmidt, il fidanzato di Federica, l'uomo che è sempre di malumore. La gelosia di Werther nasce dalle immagini (vedere Alberto circondare col braccio la vita di Carlotta), non dal pensiero. Ciò si deve al fatto (ed è questa una delle bellezze del libro) che si tratta di una disposizione tragica, e non psicologica. Werther non odia Alberto; è solo che Alberto occupa un posto che lui desidera: Alberto è un avversario (un concorrente, nel senso proprio del termine), non un nemico: egli non è «odioso». Nelle lettere che scrive a Guglielmo, Werther non si dimostra molto geloso. È solo quando dal tono confidenziale della prima parte si passa al racconto finale che la rivalità fra i due diventa acuta, aspra, come se la gelosia prendesse corpo in seguito al semplice passaggio dall'io al lui [...].
  • Io, come lettore, posso identificarmi con Werther. Storicamente, migliaia di soggetti lo hanno fatto, soffrendo, suicidandosi, vestendosi, profumandosi, scrivendo come tanti Werther (canzoni, lamenti, bomboniere, fibbie, ventagli, acqua di toilette alla Werther). Una lunga catena di equivalenze lega tutti gli innamorati del mondo.
  • Prima un lord e poi un vescovo inglese, rimproverarono a Goethe l'epidemia di suicidi provocati dal Werther. Goethe rispose in termini propriamente economici: «Il vostro sistema commerciale ha fatto migliaia di vittime; perché non perdonarne qualcuna anche al Werther?».

Ifigenia in Tauride[modifica]

  • La gaiezza | e l'amore son ala a grandi imprese. (atto I, scena II; 1970, p. 176)
  • Infruttuosa | vita è morte precoce. (atto II, scena I; 1970, p. 183)
  • La vita insegna | a esser meno severi con noi stessi | e con gli altri (atto IV, scena IV; 1970, p. 195)

Il divano occidentale-orientale[modifica]

Incipit[modifica]

MOGANNI NAMEH
IL LIBRO DEL CANTORE

Ho lasciato trascorrere vent'anni
ho goduto di quanto mi accadeva:
una fila d'anni splendida
come l'era dei Barmecidi.

Citazioni[modifica]

  • Chi desidera capire il poema | deve recarsi nella terra della poesia, | chi desidera capire il poeta | deve andare nella terra del poeta.
  • L'Occidente è di Dio! | E l'Oriente è di Dio. | Le regioni di Nord e Mezzogiorno | posano in pace dentro le sue mani.
  • È duplice, la grazia del respiro: | in sé attirare l'aria, liberarsene. | Prima si è oppressi, poi ci si rinfranca: | mescolanza mirabile, la vita. | Quando ti schiaccia, rendi grazie a Dio, | e rendi grazie a lui, quando ti allevia.
  • Prima del canto, prima del silenzio | il poeta deve vivere.
  • Cercava un posto, la pena d'amore, | davvero desolato e solitario: | vide deserto il mio cuore | e si annidò in quel vuoto.
  • Cinque cose non generano | altre cinque: da' ascolto a questa massima. | In cuore superbo non germina | amicizia; è scortese | la compagnia volgare; un farabutto | non arriva a grandezza; l'invidioso | non ha pietà del nudo; il mentitore | inutilmente spera confidenza | e fede. Tieni stretto | tutto questo, e non fartelo rubare.
  • Non sai quanto mi secchi | che si mettono in tanti | a parlare e a far versi. | La poesia, chi la scaccia | dalla terra? | I poeti.
  • Non sfuggire questo giorno; | quello che rincorri | non è certo migliore.
  • L'occasione non fa il ladro, | il grande ladro è lei, | perché ha rubato quel po' d'amore | che ancora in cuore mi restava.
  • Grande è il piacere dell'esistere, | più grande ancora il piacere nell'esistere.
  • Amore per amore, ora per ora, | parola per parola, sguardo per sguardo, | bacio per bacio, da fedelissime labbra, | fiato per fiato e gioia per gioia. | Così la sera, così il mattino.
  • Coppiere, ancora una bottiglia! | per lei alzo il bicchiere! | Se troverà un mucchietto di cenere | dirà: «Per me si è consumato».
  • Chi vuol capire la poesia | entri nel suo paese. | Chi vuol capire il poeta | vada nella sua terra.
  • Fa' il bene solamente | per amore del bene | quanto fai non ti resta. | E se pur restasse, | non resterà ai tuoi figli.
  • Fa' il bene solamente | per amore del bene: | tramandalo al tuo sangue; | se non ne resta ai figli, | sarà per i nipoti.
  • Se Dio fosse un vicino | cattivo come siamo tu e io, | perderemmo la faccia tutti e due: | Lui lascia tutti in pace.
  • Se l'invidia si fa a brani, | mangi pure la sua fame.
  • «Perché è così lontana | la verità? Si cela | nei baratri più fondi?»
  • Non lasciarti sedurre | in nessun caso a discutere. | Cade nella stoltezza, | il saggio che contente con lo stolto.
  • Dovunque si vuol essere | primi: così va il mondo. | Fa' pure l'arrogante, | ma solo nel tuo campo.
  • Che accolta eterogenea: | alla mensa di Dio nemici ed amici.
  • L'argilla calpestata | si allarga, non indura.
  • «Molti che ti hanno dato | tanto, non li hai neppure ringraziati.» | Non mi ammalo per questo: | vivono nel mio cuore, i loro doni.
  • La prepotenza, lo vedete bene, | non va bandita dal mondo; | mi piace conversare | con gli abili e i tiranni.
  • «Dicci come si chiamano, | i tuoi nemici.» Meglio | non identificarli: | ne passo già abbastanza, | per colpa loro, nella mia parrocchia.
  • Io sono stato un uomo, | e dunque, un combattente. (Lasciapassare)[62]
  • Ogni cosa a suo tempo! Un proverbio, di cui con l'avanzare degli anni s'impara sempre meglio ad apprezzare l'importanza; secondo il quale c'è un tempo per tacere e un tempo per parlare, e a parlare si risolve questa volta il poeta. Poiché se all'età giovanile convengono azione e attività, all'età più tarda s'addicono la riflessione e la comunicazione. Io ho mandato nel mondo senza prefazione gli scritti dei miei anni giovanili, senza indicare neppur minimamente quale fosse la loro intenzione: questo avveniva nella fiducia che il paese si sarebbe prima o poi giovato di quello che gli era offerto. E così parecchi miei lavori sortirono effetto immediato, altri, meno facili ed efficaci, dovettero attendere parecchi anni per essere apprezzati. Intanto anche questi anni sono trascorsi, e una seconda, una terza generazione mi risarcisce al doppio e al triplo delle scortesie che ebbi a sopportare dai miei contemporanei di una volta.
    Ora però mi augurerei che nulla potesse impedire una prima buona impressione del presente libretto. Mi decido quindi a chiarire, a spiegare, a fornire indicazioni, nell'esclusiva intenzione di permettere una comprensione immediata ai lettori che hanno poca o nessuna dimestichezza con l'Oriente.
  • La personalità è la felicità più alta.

Citazioni su Il divano occidentale-orientale[modifica]

  • Qui, nel Divano occidentale-orientale, siamo posti, come non mai, entro la cerchia del vivente. Il giovane brama vivere, il vecchio ricorda di aver vissuto, e a ciascuna di queste età è data una forza ch'è unica. Ma solo l'uomo è veramente colui che vive. Egli sta veramente al centro del cerchio della vita, e il cerchio magico gli racchiude il mondo. Nulla fugge davanti a lui, come egli non può fuggire davanti a nulla. [...] Così in questo libro ci avviene ciò che fuori di esso ci avviene nel nostro proprio dominio: crediamo di muoverci liberamente nell'infinito, eppure siamo sempre confinati al centro del cerchio della nostra vita, e l'anello dell'orizzonte è più che una semplice illusione ottica. Ma a colui a cui questo avviene, a lui crescono le forze, ed è come se il cerchio lo fortificasse a sua volta. Nel suo cuore si rinnova incessantemente il divino. (Hugo von Hofmannsthal)

Le affinità elettive[modifica]

Incipit[modifica]

Ada Vigliani[modifica]

Edoardo – daremo questo nome a un ricco barone nel fiore dell'età virile – aveva trascorso l'ora più bella di un pomeriggio d'aprile nel suo vivaio, per innestare su giovani tronchi delle marze ricevute da poco. Il lavoro era appena terminato. Egli riunì gli attrezzi e li ripose nella custodia. Mentre osservava soddisfatto la propria opera, arrivò il giardiniere, che sorrise compiaciuto per la collaborazione e lo zelo del padrone.
"Hai per caso visto mia moglie?" domandò Edoardo mentre s'accingeva ad andarsene.
"Laggiù nell'area nuova" rispose il giardiniere. "Finiranno oggi la capanna di muschio che la signora ha fatto costruire a ridosso della parete di roccia, di fronte al castello. È riuscito tutto molto bene e piacerà senz'altro a Sua Grazia. C'è una vista stupenda: sotto il paese, un po' a destra la chiesa – e si riesce quasi a vedere al di là del campanile –, di fronte il castello e i giardini."
"È proprio vero" disse Edoardo. "A pochi passi da qui riuscivo a vedere gli uomini al lavoro."

Henry Furst[modifica]

Eduard – così chiameremo un ricco barone, nel fiore dell'età virile – Eduard aveva passato l'ora più bella d'un pomeriggio d'aprile nel suo vivaio d'alberi; per innestare sui giovani fusti le fresche marze. Aveva appena terminato e riponeva gli arnesi nella custodia, compiaciuto del proprio lavoro, quando entrò il giardiniere che si rallegrò nel vedere il padrone prendere parte alle sue fatiche.
«Hai veduto mia moglie?», domandò Eduard preparandosi ad andare via.
«È lassù nel terreno nuovo», rispose il giardiniere. «La capanna di musco che ha fatto costruire sotto la parete di roccia, di fronte alla villa, sarà terminata oggi. Tutto è riuscito molto bene, e piacerà a Vostra Signoria. Di lì si gode una bellissima vista: sotto, il paese, un poco a destra, la chiesa, dal campanile lo sguardo liberamente spazia; di fronte, la villa e i giardini».
«Infatti», rispose Eduard; «a pochi passi da qui potevo vedere gli uomini al lavoro».

Citazioni[modifica]

  • Bisogna vedere in azione davanti ai propri occhi queste sostanze all'apparenza inerti, e tuttavia intimamente sempre disposte, ed osservare con partecipazione il loro cercarsi, attirarsi, assorbirsi, distruggersi, divorarsi, consumarsi, e poi il loro riemergere dalla più intima congiunzione in forma mutata, nuova, inattesa: allora si che si deve attribuire loro un vivere eterno, anzi, addirittura intelletto e ragione, dal momento che i nostri sensi appaiono appena sufficienti ad osservarli e la nostra ragione a stento capace di interpretarli. (1967)
  • È così gradevole occuparsi di qualcosa che si sa fare a metà, che nessuno dovrebbe biasimare il dilettante ostinato a esercitare un'arte che non imparerà mai, né l'artista se, voglioso di vagare in un campo vicino al suo, varca i limiti della propria arte. (1967)
  • È impazienza quella che ci coglie di tanto in tanto e allora ci compiaciamo di sentirci infelici. (1967)
  • Fra tutte le piacevoli pitture che la fantasia ci offre, forse nulla è più attraente della speranza che amanti o giovani sposi hanno di godere i loro nuovi rapporti in un mondo nuovo e fresco, e di mettere alla prova e confermare un vincolo duraturo fra tante circostanze mutevoli. (1967)
  • Il destino dell'architetto è il più strano di tutti. Molto spesso mette tutta la sua anima, tutto il suo cuore e passione nel creare edifici nei quali non entra mai di persona. (1967)
  • In qualsiasi modo si immagina noi stessi sempre ci immaginiamo veggenti. Credo che l'uomo sogni unicamente per non cessare di vedere. Verrà forse un tempo in cui la luce interiore uscirà da noi, in modo che non avremo più bisogno dell'altra. (1967)
  • [...] la donna divenne per gli uomini, fin dalle origini, e poi sempre più, quello che noi non possiamo chiamare che col suo vero nome, una consolazione per gli occhi. Giacché, se lo smeraldo, per il suo stupendo colore, fa bene alla vista ed anzi esercita un potere curativo su questo nobile senso, la bellezza umana agisce con potenza anche di gran lunga maggiore sui sensi e su l'intero sentimento. Chi la contempla, nulla di male può circuirlo: egli si sente in armonia con se stesso e con l'universo. (I, I)[63]
  • La mediocrità non ha consolazione più grande del pensiero che il genio non è immortale. (1967)
  • La sorte appaga i nostri desideri, ma a modo suo, per poterci dare qualcosa al di là dei desideri stessi. (1967)
  • Le donne giovani forse volgono modestamente gli occhi su questo o quel giovane, riflettendo in segreto se lo vorrebbero per marito, ma chi deve pensare a una figlia o a una pupilla volge gli occhi in una cerchia più vasta. (1967)
  • Ma chi è talmente perfetto da non far valere i propri vantaggi sugli altri, a volte in modo crudele? Chi è in posizione talmente elevata da non avere qualche volta dovuto patire tale oppressione? (2006)
  • Ma nella vita è diverso: dietro il sipario si prosegue a recitare, e quando s'alza un'altra volta, si vorrebbe non vedere e non sentire più nulla. (1967)
  • Nel vedere le molte lapidi sepolcrali, logorate dai piedi di chi va in chiesa, le stesse chiese crollate sopra le tombe, la vita dopo la morte può per sempre apparirci come una seconda vita, nella quale si entra soltanto in effigie, nell'epigrafe, in cui si sosta più a lungo che nella vera vita vissuta. Ma anche questa immagine, questa seconda esistenza, si spegne prima o dopo. Il tempo non si lascia privare del suo diritto né sugli uomini, né sui monumenti. (1967)
  • Nella sua vita infatti aveva imparato abbastanza quanto vada apprezzato ogni autentico sentimento affettuoso in un mondo in cui di fatto sono di casa indifferenza e avversione. (2006)
  • Nessuno passeggia impunemente sotto i palmizi. (1967)
  • Noi guardiamo così volentieri verso il futuro perché coi nostri taciti desideri vorremmo tanto volgere a nostro favore ciò che in esso c'è di vago e si muove di qua e di là. (1967)
  • Non possiamo imparare a conoscere le persone quando vengono da noi; dobbiamo noi andare da loro per vedere quello che sono. (2, V; 1967)
Wir lernen die Menschen nicht kennen, wenn sie zu uns kommen; wir müssen zu ihnen gehen, um zu erfahren, wie es mit ihnen steht.
  • Non si è mai appagati dal ritratto di persone che conosciamo. Per questo ho sempre compianto i ritrattisti. (1967)
  • Ogni attrazione è reciproca. (2, VII)[6]
Jede Anziehung ist wechselseitig.
  • Se le persone comuni che si eccitano e appassionatamente si angustiano per le volgari difficoltà della giornata ci strappano un sorriso di compassione, un'anima nella quale fu gettato il seme d'un grande destino e che deve attendere lo sviluppo di questa concezione, senza potere o dovere affrettare la felicità o la infelicità che ne scaturirà, ci ispira venerazione. (1967)
  • Si dà atto a tali esseri di una sorta di volontà e capacità di scelta, e si trova del tutto legittimo un termine tecnico come "Affinità elettive. (1967)
  • Un uomo che si vanta di non cambiare mai opinione è uno che si impegna a camminare sempre in linea retta, un cretino che crede all'infallibilità. In realtà, non esistono principi, ci sono soltanto avvenimenti; non esistono leggi, ci sono soltanto circostanze: l'uomo superiore sposa gli avvenimenti e le circostanze per guidarli. (1967)
  • Una parola schietta è terribile, quando d'improvviso rivela ciò che il cuore da tanto si permette. (1967)

Massime e riflessioni[modifica]

  • Nessuno parlerebbe molto in società se sapesse quante volte fraintende gli altri. (6)
  • Ogni parola che si pronuncia suscita l'idea del contrario. (9)
  • Niente rivela il carattere degli uomini più di ciò che essi trovano ridicolo. (12)
  • L'uomo dell'intelletto trova quasi tutto ridicolo, l'uomo della ragione quasi niente. (15)
  • Le passioni sono difetti o virtù, ma potenziati. (21)
  • Il contegno è uno specchio in cui ognuno mostra la propria immagine. (39)
  • Nessuno è più schiavo di chi si ritiene libero senza esserlo. (43)
  • Non si sfugge al mondo in modo più sicuro che con l'arte, e non ci si unisce ad esso in modo più sicuro che con l'arte. (52)
  • Le difficoltà si fanno tanto più grandi quanto più ci si avvicina alla meta. (56)
  • Certi libri sembrano scritti non perché da essi si impari qualcosa, ma perché si sappia che l'autore sapeva qualcosa. (72)
  • Non dovunque c'è acqua ci sono rane; ma dove si sentono gracidar le rane, lì c'è acqua. (90)
  • Chi non conosce le lingue straniere non sa niente della propria. (91)
  • Scrivere storia è un modo di togliersi di dosso il passato. (105)
  • Ciò che non si capisce non si possiede. (106)
  • Non c'è niente di volgare che, espresso in linguaggio buffonesco, non diventi umoristico. (109)
  • Ci sono nature problematiche che non sono mai all'altezza della situazione in cui si trovano e che nessuna situazione soddisfa. Ne nasce un immenso conflitto, che consuma senza gioia la loro vita. (134)
Vi sono delle nature problematiche che non sono mai all'altezza delle situazioni in cui si trovano e che nessuna situazione soddisfa. Di qui nasce l'immane conflitto che ne consuma la vita senza gioia.[6]
  • Gli Indù del deserto fanno voto di non mangiar pesce. (145)
  • Un arcobaleno che dura un quarto d'ora, non lo si guarda più. (161)
  • La superstizione è la poesia della vita. (171)
  • Chi non prova amore, deve imparare a lusingare, altrimenti non ne verrà fuori. (175)
Chi non sente amore, deve imparare ad adulare, altrimenti non può cavarsela nel mondo. (X, 20)[6]
  • Quando dalla gente si pretendono doveri e non le si vogliono riconoscere diritti, bisogna pagarla bene. (180)
  • Il bello è una manifestazione di leggi segrete della natura che, senza una tale apparizione, ci sarebbero rimaste per sempre nascoste. (183)
  • Posso promettere di essere sincero, non di essere imparziale. (184)
  • Dove si perde l'interesse si perde anche la memoria. (192)
  • Non si può vivere per tutti, in particolare per coloro coi quali non si vorrebbe vivere. (208)
  • Non scriveremo altro; con questo criterio si giudichi ciò che si sente dire ogni giorno. (219)
  • Quando un saggio fa una follia, non la fa piccola. (223)
  • Il ritmo ha qualcosa di magico, anzi esso ci fa credere che il sublime ci appartenga. (248)
Il ritmo ha qualcosa di magico; ci fa perfino credere che il sublime ci appartenga. (XIII, 6)[6]
  • Chi vive molto con i bambini troverà che nessun influsso esterno rimane in loro senza una reazione. (274)
  • Propriamente si sa solo quando si sa poco; col sapere cresce anche il dubbio. (281)
  • Gli errori dell'uomo sono in realtà ciò che lo rende amabile. (282)
  • «Tra tutti i popoli, i Greci sono quello che ha sognato nel modo più bello il sogno della vita.» (298)
  • È già come se si sapesse far da sé, quando si ricorre a un buon consiglio. (318)
  • Qual è il miglior governo? Quello che ci insegna a governarci da soli. (353)
  • Della migliore compagnia è stato detto: la sua conversazione istruisce, il suo silenzio forma. (365)
Della migliore compagnia si è detto: la sua conversazione è istruttiva, il suo silenzio formativo.[6]
  • Non c'è niente di più terribile di un'ignoranza attiva. (367)
  • La prima e l'ultima cosa che si richiede dal genio è l'amore della verità. (382)
  • Ogni saggezza è già stata pensata. Bisogna solo cercare di pensarla ancora una volta. (441)
  • Come si può conoscere se stessi? Con la contemplazione mai, sì però con l'agire. Cerca di fare il tuo dovere e saprai subito che cosa ci hai dentro. (442)
Come si può conoscere se stessi? Non mai attraverso la contemplazione, bensì attraverso l'agire. (VII, 1)[6]
  • Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Se so di che ti occupi, so anche che cosa puoi diventare. (459)
  • Idee generali e grande presunzione sono sempre in procinto di provocare terribili disastri. (471)
  • Un grande errore: credersi più di quel che si è e stimarsi da meno di quel che si vale. (476)
  • Il paragonare dei non-conoscitori è in realtà soltanto una comodità che vorrebbe dispensarsi dal giudizio. (492)
Confrontare è per l'ignorante un comodo sistema per dispensarsi dal giudicare.[9]
  • Tante cose le conosceremmo meglio, se non volessimo conoscerle troppo esattamente. (501)
Conosceremmo molto meglio moltissime cose, se non volessimo esaminarle troppo da vicino.[6]
  • Per capire che il cielo è azzurro dappertutto non c'è bisogno di fare il giro del mondo. (568)
  • Se uno loda un altro, si mette alla pari con lui. (688)
  • Non basta sapere, bisogna anche applicare. Non basta volere, bisogna anche fare. (689)
  • Niente nuoce a una nuova verità più di un vecchio errore. (715)
  • L'individualità dell'espressione è principio e fine di ogni arte. (739)
  • Le maggiori difficoltà sono là dove noi non le cerchiamo. (772)
  • Dio, quando stiamo in alto, è tutto; ma se stiamo in basso, è un supplemento della nostra meschinità. (813)
  • La religione cristiana era nelle intenzioni una rivoluzione politica che, fallita, divenne poi morale. (819)
  • È meglio che si facciano delle ingiustizie che non che esse siano tolte in modo ingiusto. (833)
  • Non ama chi non vede i difetti della persona amata come virtù. (843)
  • Solo per quegli uomini che non sanno produrre niente essi stessi non esiste niente. (865)
  • Una verità ripetuta perde la sua grazia, ma un errore ripetuto è nauseabondo. (880)
  • Chi sbaglia la prima asola non si corregge abbottonandosi. (900)
  • Non si arriva mai tanto lontano come quando non si sa più dove si va. (901)
  • Un cammello spelacchiato porta pur sempre il carico di molti asini. (904)
  • Se le scimmie potessero arrivare a provare la noia, potrebbero diventare uomini. (918)
  • I legislatori o rivoluzionari che promettono insieme uguaglianza e libertà sono o esaltati o ciarlatani. (953)
  • Prima della rivoluzione tutto era aspirazione; dopo, tutto si è trasformato in pretesa. (959)
  • A regnare si impara facilmente, a governare difficilmente. (967)
  • Nei giornali tutto ciò che è ufficiale è affettato, il resto piatto. (971)
  • Nessuno invoca la libertà di stampa se non chi vuole abusarne. (972)
  • È degli anni come dei libri sibillini: quanti più se ne bruciano tanto più diventano preziosi. (990)
  • Se la gioventù è un difetto, è un difetto che si abbandona prestissimo. (991)
  • L'acutezza non abbandona gli uomini di spirito soprattutto quando hanno torto. (1011)
  • La perfezione può sussistere con la sproporzione, la bellezza solo con la proporzione. (1110)
  • Il pubblico vuol essere trattato come le donne, a cui non si deve dire nient'altro se non quello che vogliono sentire. (1019)
  • La tecnica alleata alla mancanza di gusto è la più terribile nemica dell'arte. (1129)
  • È solo per inconsapevole presunzione che non ci si vuole riconoscere onestamente come plagiari. (1146)
  • La più bella felicità dell'uomo pensante è di aver esplorato l'esplorabile e di venerare tranquillamente l'inesplorabile. (1207)
  • I matematici sono una specie di Francesi: se si parla loro, traducono tutto nella loro lingua, e allora tutto diventa subito qualcosa di completamente diverso. (1279)
  • L'uomo può vivere solo coi suoi simili e anche con loro no; giacché alla lunga non può soffrire che qualcuno sia uguale a lui. (1405)

Poesia e verità[modifica]

Incipit[modifica]

Premetterò al presente lavoro che forse più di ogni altro avrà bisogno di prefazione, la lettera di un amico che mi spinse ad intraprenderlo malgrado le difficoltà più o meno grandi che vi potessi incontrare.

Citazioni[modifica]

  • Nei primi tempi della vita vogliamo percorrere da soli ed indipendenti la strada sulla quale le nostre passioni ci spingono, e per non ismarrire la meta vagheggiata, respingiamo con impazienza l'ingerenza di altri; ma passati i bollori degli anni giovanili, accogliamo volentieri ogni cenno di simpatia, che ci suggerisca il pensiero di un'opera nuova.
  • Cercando di render completa (la mia biografia) colla narrazione dei miei sentimenti intimi, delle influenze estranee da me subite, di tutti i gradi del mio sviluppo, fui costretto a lasciare il cerchio della mia vita intima e privata; mi vidi ad un tratto nel mondo in mezzo a centinaia di uomini importanti, che direttamente od indirettamente avevano contribuito alla formazione della mia mente; mi trovai nelle fluttuazioni immense della politica, che aveva esercitato essa pure sopra di me quell'influenza che ha fatto subire a tutti gli uomini del nostro tempo. Non dovevo trascurare nessuno di tutti quei particolari, essendo lo scopo di ogni biografia di rappresentare l'uomo quale prodotto del suo tempo, e di mostrare come il complesso del mondo contemporaneo abbia troncato o promosso il di lui sviluppo individuale, come egli sia pervenuto a farsi un concetto degli uomini e di ogni cosa esistente, e come – se fu artista, poeta, scrittore – abbia saputo esternare questo concetto. Ma tale compito, per essere eseguito bene, richiede quasi l'impossibile, richiede che l'individuo, desideroso di ritrarre fedelmente la propria vita, conosca sé ed il suo tempo, che sappia distinguere le basi fondamentali ed immutabili del proprio carattere e l'influenza irresistibile dell'ambiente contemporaneo, il quale piega e modifica gli individui sì che ognuno degli uomini ora viventi, in quanto alla coltura ed al suo modo di agire, sarebbe diverso da quello che è, se fosse nato dieci anni prima o dopo il momento nel quale attualmente vide per la prima volta la luce del mondo.
  • Nacqui a Francoforte sul Meno il 28 agosto 1749 a mezzogiorno preciso. La congiunzione delle stelle era favorevole: il sole si trovava in Vergine; Giove e Venere si guardavano amichevolmente, senza che Mercurio si fosse frapposto; Saturno e Marte si tenevano a rispettosa distanza; la luna crescente esercitava la forza del suo riflesso, opponendosi alla mia nascita, finché non fosse trascorsa la sua ora planetaria. Forse questa costellazione favorevole, di cui in seguito gli astrologhi fecero gran caso, mi salvò da morte prematura, giacché, per colpa della levatrice poco abile, venni al mondo in istato assai grave; tutti mi credevano morto, e ci volle del bello e del buono perché finalmente vedessi la luce.
  • Nell'interiore della casa mi sentivo attirato particolarmente da una serie di vedute romane, con cui mio padre aveva ornate le pareti di un'anticamera. Erano incisioni pregevoli fatte da alcuni predecessori del Piranesi, conoscitori profondi dell'architettura e della prospettiva. Qui avevo quotidianamente dinanzi agli occhi la Piazza del Popolo, il Colosseo, la Piazza di San Pietro, l'interiore e l'esteriore del celebre Duomo, e tante altre cose. Le forme di questi edifizi si fissarono nella mia memoria, ed il genitore, al solito tanto scarso di parole, qui si lasciava andare a qualche spiegazione. Aveva un amore pronunciatissimo per la lingua italiana e per tutto quanto riguardava questo paese. Ci mostrava talvolta una piccola collezione di marmi e di altri oggetti da lui raccolti in Italia. Spendeva una gran parte del suo tempo a stendere, in lingua italiana, la descrizione del viaggio da lui fatto nella patria di Dante, valendosi in ciò dell'ajuto di un professore d'italiano, vecchio e gioviale, di nome Giovinazzi, il quale pure cantava discretamente bene, ed obbligava mia madre ogni giorno ad accompagnarlo sul clavicembalo. Imparai cosi a memoria le parole del Solitario bosco ombroso prima di capirne il senso.
  • Se i bambini crescessero così come sembrano da piccoli, avremmo una schiera di geni. (I, II; 2020, p. 145)

Torquato Tasso[modifica]

Incipit[modifica]

PERSONAGGI
ALFONSO II, duca di Ferrara
LEONORA PRINCIPESSA D'ESTE, sua sorella
LEONORA SANVITALE, contessa di Scandino
TORQUATO TASSO
ANTONIO MONTECATINO, segretario di Stato
La scena è nella villa di Belriguardo
ATTO PRIMO
SCENA I
Giardino adorno coi busti dei poeti; sul proscenio, a destra Virgilio, a sinistra l'Ariosto.
PRINCIPESSA e LEONORA.
PRINC: Me riguardi e sorridi, e te medesma
pur guardi e arridi. Or che hai tu? lo svela
ad un'amica! Pensierosa sembri,
ma pur gioconda.
LEON. Meco stesa io godo
ambo vederne in villereccio ammanto.
Noi sembriamo due felici pastorelle:
né diversa alla loro è l'opra nostra;
noi trecciamo corone. A me tra mano
questa a fiori diversi ognor più cresce;
con più nobile core e più sublime
intelligenza tu lo snello hai scelto
allôr gentile.

Citazioni[modifica]

  • Un magnanimo attira | magnanimi e li sa poi ritenere. (atto I, scena I)[64]
  • Solo minaccia il vile ov'è sicuro. (atto II, scena II)[65]
  • Degno mortal! Tu immoto resti e muto! | Un'onda io sembro alla balìa del turbo! | Nondimen poni mente e di tua forza | non andarne superbo. Essa natura | che base diede a queste rupi immota, | pur dié perenni i mutamenti all'onda. | I venti invia quella possente, e l'onda, | tremola tosto, increspasi, si gonfia | e spumando sormonta. In questi flutti | sì bellamente si specchiava il sole, | piover gli astri parean su questo petto, | dolcemente commosso, i miti rai. | Or la luce svanì, fuggì la calma!... | La conoscenza di me stesso io perdo | nel fervor del periglio e a confessarlo | non mi vien vergogna. Infranto è il temo, | scroscia il navil da tutte parti. Innanzi | mi s'apre il mare ad ingoiarmi! Ad ambe | braccia io m'apprendo intorno a te! Cotale | a quello scoglio ove rompa suo schifo | aggrappasi dasezzo il navigante. (atto V, scena V)

Urfaust[modifica]

Incipit[modifica]

NOTTE
Una stanza gotica a vôlta, alta ed angusta.

FAUST, inquieto, seduto allo scrittoio.
FAUST. Filosofia, giurisprudenza, medicina e purtroppo anche teologia ho ormai studiato a fondo, ahimè! con faticoso ardore; ed ora eccomi qui, povero stolto, che ne so quanto prima. Mi chiamano dottore, anzi professore, e sono già quasi dieci anni che di su, di giù, per diritto e per traverso io meno i miei scolari per il naso; e vedo che proprio nulla ci è dato disapere! Per poco non ne avrò consunto il cuore! È vero che ho più senno di tutti gli scipìti dottori, profesori, scrivani e preti: io non son tormentato da scrupoli e da dubbi, non ho paura del diavolo e dell'inferno. Ma in cambio mi è tolta anche ogni gioia; io non m'illudo di sapere qualcosa di vero, io non m'illudo di poter insegnare qualcosa, per migliorare e convertire gli uomini; io non ho poi né beni, né denaro, né onori, né pompa mondana. Nemmeno un cane potrebbe vivere più a lungo così! Perciò mi son dato alla magìa: chissà che per forza e per bocca di uno spirito qualche segreto non mi possa essere svelato, e ch'io non debba più parlare con sudata fatica di quello che non so, e conosca alfine ciò che nell'intimo tiene insieme il mondo, e veda ogni forza creatrice ed ogni seme, e non cavilli più sulle parole.

Citazioni[modifica]

  • Chi vuol conoscere e descrivere qualcosa di vivo, deve innanzi tutto farne uscire lo spirito: allora ha in mano sua le parti: non gli manca, ahimè, che il nesso vitale. Quest'è ciò che la chimica chiama Encheiresis naturae! Fa' le corna a se stessa e non sa come! (p. 149)
  • Grigia è ogni teoria [...] e verde l'albero della vita. (p. 151)
  • MEFISTOFELE. Segui pure il detto antico di mio zio serpente; verrà certo un giorno, in cui la tua somiglianza con Dio ti farà paura. (p. 151)
  • MARGHERITA. Dunque tu non credi?
    FAUST. Non mi fraintendere, dolce creatura! Chi può dare a Dio un nome e proclamare: Io credo in lui? Colui che tutto comprende, che tutto regge, non comprende e regge me, te, se stesso? Non s'incurva lassù la vôlta del cielo? Non si stende quaggiù ferma la terra? E non salgono in alto, di qua e di là, eterne stelle? Non si specchia il mio occhio nel tuo? E l'universo tutto non s'impone alla tua mente e al tuo cuore, agitandosi in eterno mistero, visibile, invisibile, a te d'intorno? Riempiene il tuo cuore quant'è grande e se questo sentimento ti rende interamente beata, chiamalo come vuoi, chiamalo felicità! cuore! amore! Dio! Io non ho un nome per esso! Sentire è tutto, il nome è un suono e un fumo, che annebbia lo splendore celeste! (p. 190)

Viaggio in Italia[modifica]

Per approfondire, vedi: Viaggio in Italia (saggio).

Incipit di alcune opere[modifica]

Elegie romane[modifica]

Come fummo felici una volta!
Lo apprenderemo adesso attraverso di voi.

Ditemi, o pietre! parlatemi, eccelsi palagi!
Date una voce, o vie! Né tu ti scuoti, o genio?
Sì, qui un'anima ha tutto, fra queste divine tue mura,
eterna Roma! tace sol per me tutto ancora.
Oh, chi sa bisbigliarmi a quale finestra la Bella,
che l'ardor mio ristori, scorger io debba un giorno?

La fidanzata di Corinto[modifica]

Nell'ora mestissima in cui il pianeta della luce abbandona la terra, un giovane Greco partito da Atene si approssimava a Corinto, fidente di abbracciare un cittadino a lui affezionato, e per antica amicizia diletto al suo genitore. — I capi di queste due famiglie avevano un giorno solennemente sacramentato di formare dei crescenti loro figli uno sposo e una sposa.

La missione teatrale di Wilhelm Meister[modifica]

Mancavano alcuni giorni alla vigilia di Natale del 174... quando Benedetto Meister, cittadino e commerciante in M., città in Germania, né troppo piccola né troppo grande, lasciò il suo circoletto abituale, verso le otto di sera, per tornarsene a casa.[66]

Principii di filosofia zoologica e anatomia comparata[modifica]

La seduta dell'Istituto di Francia, del 22 febbraio 1830, è stata il teatro di un avvenimento significante, del quale devono essere necessariamente importanti le conseguenze. In quel santuario delle scienze, dove tutto segue in presenza di un pubblico numeroso, e con perfetta convenienza di modi, dove le parole hanno l'impronta di un carattere di moderazione che suppone un poco di quella dissimulazione che si trova nelle persone educate, dove i punti di litigio sono piuttosto lasciati in disparte che non discussi; in quel santuario appunto è sorta una discussione, che potrebbe veramente diventare una contestazione personale, ma che, veduta da vicino, ha una importanza ben maggiore.

Prometeo[modifica]

Addensa pure, o Giove, nei tuoi cieli le nuvole tenebrose, e come il fanciullo che tronca stizzoso le cime de' cardi, percuoti superbo col tuo fulmine le quercie e i lauri de' monti.

Citazioni su Johann Wolfgang von Goethe[modifica]

Goethe nella campagna romana (Wilhelm Tischbein, 1787)
  • All'assioma di Pitagora «i numeri governano il mondo» Goethe ha aggiunto : «è almeno certo che le cifre insegnano come il mondo è governato.» (Edmond Potonié)
  • Egli si gitta per entro la storia, né la studia con longanimità, quasi temendo di perdere ispirazione o di trovare gli uomini diversi da quelli che bisognano al suo pensiero; la suggella della sua immaginazione, anzi che riceverne ei stesso l'impronta: né s'arretra pure dinanzi alle volgarità della vita, poiché naturalmente nella sua anima si colorano pur quelle di un lume di bello e di vero in tutto ideale. Le più schiette immagini, i più semplici affetti, sono da lui quasi sempre tessuti sopra un fondo di cose alte e straordinarie: ne appaiono fiori, per la bellezza e la fragranza simili a quelli de' nostri prati, ma spuntati fra le rocce ed i precipizi di un mondo diverso dal nostro. (Giovita Scalvini)
  • Giunse a concezioni fondamentali per la scienza dell'organico che hanno la stessa importanza delle leggi fondamentali di Galileo per quella dell'inorganico. (Rudolf Steiner)
  • Goethe, accusato spesso di ateismo dal volgo dei credenti del suo tempo, è uno spirito intimamente religioso. La divinità egli la sente aleggiare intorno a sé nell'aria fresca dei campi liberi e fecondi, la scorge nell'inesauribile energia vivificante sparsa in tutto l'universo, la coglie persino nei fenomeni più umili, negli istinti degli animali, nel germogliare dei semi, nello schiudersi dei fiori. Religione e scienza si fondono nel suo spirito in una unità superiore, che è intuizione filosofica, visione artistica, poesia. (Cesare Ranzoli)
  • Goethe era un rispettabile cittadino, un pedante, un noioso, uno spirito universale, ma segnato col marchio di fabbrica tedesco, l'aquila bicipite. La serenità di Goethe, la sua tranquilla, olimpica disposizione, non è altro che il sonnolento stupore di una divinità borghese tedesca. (Henry Miller)
  • Göthe fu l'ultimo eco di una letteratura che ricadeva in silenzio: Richter il primo di una che cominciava a parlare. (Carlo Dossi)
  • Goethe. – Non un avvenimento tedesco ma europeo: un grandioso tentativo di superere il XVIII secolo con un ritorno alla natura, con un elevarsi alla naturalità del Rinascimento, una sorta di autosuperamento da parte di questo secolo. Egli ne portava dentro i più forti istinti. (Friedrich Nietzsche)
  • Ho comunque già rilevato altrove che se un uomo ha ricevuto tutto l'affetto della madre, conserva per tutta la vita una sensazione di trionfo, una fiducia nel successo che non di rado gli procura effettivamente successo. Ed è possibile che Goethe abbia dato questo titolo alla sua autobiografia: «La mia forza ha le sue radici nel mio rapporto con mia madre». (Sigmund Freud)
  • In Leonardo come in Goethe è l'amore il mistero che sta alla base dell'universalità. (Hermann Hesse)
  • La musica di Mendelssohn appare a Goethe come un corrispettivo della propria poesia. E invero, se Mendelssohn non ha mai detto parole inaspettate come le ha dette Goethe, se non ha mai conosciuto il prodigioso modo goethiano di accordare la vertigine sulla cadenza del concetto logico, egli ha saputo tuttavia accordare il fondo romantico, l'aspirazione romantica dell'animo con la struttura classica della mente. (Giulio Confalonieri)
  • Ora, noi crediamo che il classicismo goethiano possa essere concretamente interpretato nei suoi esiti estetici e culturali solo se viene riportato alla considerazione del fenomeno della Rivoluzione francese. (Giuliano Baioni)
  • Parlando delle leggende eroiche della tradizione romana, Goethe ha detto: se i Romani sono stati così grandi da inventare simili cose, noi dovremmo essere «almeno grandi abbastanza per crederci»: parole di acuto biasimo per quella critica pedantesca la quale «per una verità miserabile ci priva di qualche cosa di grande, che per noi varrebbe di più.» (René Fülöp-Miller)
  • «Può essermi assai gradito avere delle idee senza saperlo e vederle addirittura con gli occhi».
    Se Goethe sostiene di non aver colto la pianta originaria solo con il pensiero, ma anche con la «visione», ciò può significare soltanto con l'intuizione o con la «rivelazione» come aveva detto Hamann. Goethe vede la potenza di configurare nell'indistinto e nella sua pienezza o, come dice egli stesso, nella «natura». Schiller, al contrario, la vede nello spirito. Costui è dunque l'interlocutore più libero, Goethe il più potente, perché è della libera volontà e dei suoi limiti che si tratta in questo confronto, certo, il più significativo che si sia affrontato dai tempi di quello tra Lutero ed Erasmo sullo stesso tema. (Ernst Jünger)
  • Quanta differenza tra la religiosità di Goethe e quella di un altro scienziato filosofo, Biagio Pascal! Entrambe sono profondamente agnostiche, come ogni vera ed alta forma di religiosità; anche per Pascal Dio non può essere oggetto di dimostrazione, non può essere abbracciato nella sua natura infinita dal nostro sguardo: Vere tu es Deus absconditus, egli esclama con Isaia. Ma, mentre la religione del poeta tedesco gravita verso l'esterno, quella del matematico francese è tutta interna; questa è la religione del cuore, quella la religione del cervello. Goethe vede Dio con gli occhi dell'intelletto e della fantasia; Pascal sente Dio nello spirito come misericordia e come consolazione. (Cesare Ranzoli)
  • Se si dovesse scegliere un unico individuo come esemplare incarnazione della visione del mondo cosmopolita e della sensibilità empatica universale, Goethe sarebbe una scelta quasi obbligata. [...] Goethe guardava al mondo, alla natura e alla traiettoria della coscienza umana in maniera molto simile all'attuale generazione del nuovo millennio, che vive nel mondo cosmopolita del ventunesimo secolo. A lui si potrebbe attribuire l'appellativo di «uomo di tutte le epoche». (Jeremy Rifkin)
  • Sento in lui un certo atteggiamento di condiscendenza nei confronti del lettore, una certa mancanza di quell'umile dedizione che, soprattutto, nei grandi uomini, ci è di tanto conforto. (Albert Einstein)
  • Volgarità è, essenzialmente, dare del tu a Platone o a Goethe. (Nicolás Gómez Dávila)

Note[modifica]

  1. Da Ammonimento; citato in Lirici tedeschi dei secoli XVIII-XIX, p. 155.
  2. Da Ballate.
  3. Citato in Erich Fromm, Avere o essere?, traduzione di Francesco Saba Sardi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2008, p. 155.
  4. Da Faust Urfaust, vol. secondo, Garzanti, Milano 1994, p. 1041.
  5. a b Da Epigrammi.
  6. a b c d e f g h i j k l Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  7. Citato in Marino Freschi, Goethe: l'insidia della modernità, p. 23.
  8. a b Citato in Johann-Peter Eckermann, Conversazioni con Goethe.
  9. a b c Citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  10. Da Xenie miti, libro IX; citato in Sigmund Freud, L'avvenire di un'illusione. Il disagio della civiltà, a cura di Roberto Finelli e Paolo Vinci, traduzione di Sossio Giametta, Newton Compton, Roma, 2010. ISBN 978-88-541-2472-1
  11. Citato in Jostein Gaarder, Il mondo di Sofia.
  12. Citato in Albino Luciani, Illustrissimi, Edizioni A.P.E. Mursia, Milano, 1979, p. 41.
  13. Motto posto all'inizio della sezione Arte (Kunst) dell'edizione delle Opere di Goethe del 1815; citato in Johannes Brahms, Album letterario, traduzione di Artemio Focher, EDT, Torino, 2007.
  14. Da ''Scientific Studies, a cura di Douglas Miller, Suhrkamp, New York, p. 121; citato in Vandana Shiva, Vacche sacre e mucche pazze, traduzione di Giovanna Ricoveri, Derive Approdi, Roma, 2001, p. 84.
  15. Da Letteratura e vita.
  16. Dalla lettera a Charlotte von Stein del 14 dicembre 1786. (DE) In Italienische Reise, Carl Hanser Verlag, Monaco, 1992, p. 933.
  17. Citato in Giulio Confalonieri, Storia della musica, Edizioni Accademia, Milano, 1975.
  18. Citato in AA.VV., Il libro dell'astronomia, traduzione di Roberto Sorgo, Gribaudo, 2017, p. 34. ISBN 9788858018347
  19. Citato in Karlheinz Deschner, Sopra di noi... niente, Ariele, 2008.
  20. Attribuita anche a Peter Schilling e Arthur Schopenhauer (Il mondo come volontà e come rappresentazione).
  21. Da Sprüche in Prosa, 1819.
  22. Citato in Marino Freschi, Goethe: l'insidia della modernità, p. 45.
  23. Citato in Gerolamo Bottoni, prefazione a Carlo Goldoni, La locandiera, Carlo Signorelli Editore, Milano, 1934.
  24. a b Da Scritti postumi.
  25. Da Adler und Taube.
  26. Citato in Lev Tolstoj, I diari, traduzione di Silvio Bernardini, Longanesi, Milano, 1980, p. 234.
  27. Da Conforto nelle lacrime, in Poesie d'amore, a cura di Anna Reali, Newton Compton, Roma, 2011. ISBN 9788854130432
  28. Da Poesia e verità, I, 2.
  29. Da Ponderazione, vv. 5-8; citato in Lirici tedeschi dei secoli XVIII-XIX, p. 128.
  30. Da Tasso, I, 2.
  31. Da Letteratura e vita.
  32. Citato in Raccolta di massime pensieri e verità, 1972, editrice Arcobaleno, Genova, p. 7.
  33. Da Detti sparsi.
  34. Citato in Marino Freschi, Goethe: l'insidia della modernità, p. 23.
  35. Citato in Elena Croce, La patria napoletana.
  36. Da Coraggio, vv. 1-5; citato in Lirici tedeschi dei secoli XVIII-XIX, p. 125.
  37. Da Motti in rima.
  38. Da una conversazione con Eckermann, 9 ottobre 1828; citato in Attilio Brilli, Viaggi in corso, Il mulino, 2004, p. 16.
  39. Citato in Rina La Mesa, Viaggiatori stranieri in Sicilia, Cappelli, 1961; Goethe: "evocazione".
  40. Da Ervino e Elmira; Citato in Aa. Vv., Dammi mille baci, e ancora cento. Le più belle citazioni sull'amore, a cura delle Redazioni Garzanti, Garzanti, 2013.
  41. O anche «Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera». Goethe lo scrisse polemizzando con Isaac Newton in merito alla natura della luce. Cfr. Walter Mariotti, Un mondo alla rovescia, Il Sole 24 Ore, Milano, 2009, p. 122. ISBN 978-88-6345-070-5.
  42. Da Götz von Berlichingen, atto I.
  43. Da Götz von Berlichingen, atto V.
  44. Da Clavigo, I, 1.
  45. Da Dalla mia vita. Poesia e verità, traduzione di Alba Cori, Utet, Torino, 1957, vol. II, p. 877 e p. 1012; citato in Hans Küng e Friedrich Schleiermacher, Religioni, etica mondiale, destinazione dell'uomo, a cura di Domenico Venturelli, Il melangolo, 2002, p. 168. ISBN 8870184722
  46. Citato in Edward H. Carr, Sei lezioni sulla storia, a cura di R. W. Davies, traduzione di Carlo Ginzburg, Einaudi, 2016, p. 133.
  47. Citato in George Steiner, Una lettura contro Shakespeare, in Nessuna passione spenta, traduzione di Claude Béguin, Garzanti, 2001, p. 51.
  48. J. P. Eckermann, Gespräche mit Goethe, Lahr, 1948, pag. 235, trad. it.: Colloqui con Goethe, Sansoni, 1947
  49. (EN) Cfr. The Goethe Society of North America.
  50. a b Secondo Fumagalli le ultime parole pronunciate da Goethe sarebbero «Apri anche l'altra imposta per fare entrare un poco più di luce.». Tuttavia nel corso degli anni la versione che si è maggiormente diffusa è «Più luce!». Secondo Fumagalli questo sarebbe un esempio di come "la traduzione si compiaccia di abbellire le frasi dei grandi uomini".
  51. Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, pp. 285 e 294.
  52. Citato in Daniel Purdy, Goethe Yearbook 18, Volume 18, Camden House, 2011, p. 107 ISBN 1571134913.
  53. Da Epigrammi veneziani, in Opere, p. 1278.
  54. Faust e Urfaust. Testo tedesco a fronte, Volume 1, traduzione di Giovanni V. Amoretti, Feltrinelli, 2002, p. 3. ISBN 88-07-82018-8
  55. ossia l'uomo come piccolo dio
  56. ossia lamentarsi, brontolare
  57. Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 246.
  58. Citato in Fruttero & Lucentini, ìncipit, Mondadori, 1993.
  59. Citato in Émile Durkheim, Il suicidio: Studio di sociologia, traduzione di Rosantonietta Scramaglia, Bur, p. 20. ISBN 88-586-3734-8
  60. Citato in Fruttero & Lucentini, ìncipit, Mondadori, 1993.
  61. Werther: p. 57.
  62. Da Il divano occidentale-orientale, a cura di Ludovica Koch, Ida Porena e Filiberto Borio, Rizzoli, Milano, 1990, p. 457. ISBN 88-17-18707-0.
  63. Johann Wolfgang Goethe, Le affinità elettive, a cura di Silvio Benco, Club degli editori, Milano, 1960.
  64. Da Tasso, in Opere, p. 209.
  65. Da Tasso, in Opere, p. 221.
  66. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • AA.VV., Lirici tedeschi dei secoli XVIII-XIX, traduzione di Antonio Zardo, Sansoni, Firenze, 1931.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Autobiografia (poesia e verità), traduzione di Adolfo Courtheoux, Sonzogno, 1886.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Dalla mia vita. Poesia e verità, traduzione di Laura Balbiani, Milano-Firenze, 2020. ISBN 9788858788714
  • Johann Wolfgang von Goethe, Elegie romane, traduzione di Luigi Pirandello, Epigrammi veneziani, traduzione di Andrea Landolfi, introduzione di Italo Alighiero Chiusano Tascabili Economici Newton, Roma, 1993. ISBN 88-7983-342-1
  • Johann Wolfgang von Goethe, Faust, traduzione di Giovita Scalvini, Edizioni Bietti, Milano, ca 1960.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Faust, traduzione di Vincenzo Errante, G. C. Sansoni, Firenze 1966.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Faust, traduzione di Franco Fortini, Mondadori, 2003.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Faust, traduzione di Guido Mancorda, BUR, 2005.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Faust, traduzione di Giovita Scalvini (parte I), Giuseppe Gazzino (II parte), Edizioni Liberamente, ISBN 978-88-6311-465-2, 2022.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister, traduzione di Isabella Bellingacci, Mondadori, Milano, 2013. ISBN 9788852036538
  • Johann Wolfgang von Goethe, I dolori del giovane Werther (Die Leiden des jungen Werthers, 1774), a cura di Giuliano Baioni, note al testo di Stefania Sbarra, Einaudi, Torino, 1998. ISBN 88-06-14484-7
  • Johann Wolfgang von Goethe, I dolori del giovane Werther, traduzione di Amina Pandolfi, Bompiani, 1987.
  • Johann Wolfgang von Goethe, I dolori del giovane Werther, traduzione di Piero Bianconi, introduzione di Silvana De Lugnani, BUR, 1991. ISBN 88-17-15108-4
  • Johann Wolfgang von Goethe, I dolori del giovane Werther, traduzione di Alberto Spaini, Einaudi, 2005.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Il divano occidentale-orientale, traduzione di Ludovica Koch, Ida Porena e Filippo Galzio, Fabbri Editori, 1997.
  • Johann Wolfgang von Goethe, La fidanzata di Corinto, traduzione di Francesco Domenico Guerrazzi, in "Traduzioni", Le Monnier, 1847.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Le affinità elettive, traduzione di Ada Vigliani, A. Mondadori.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Le affinità elettive, traduzione di Henry Furst, Rusconi Editore, 1967.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Le affinità elettive, a cura di G. Quattrocchi, Giunti, 2006.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Massime e riflessioni, traduzione di Sossio Giametta, Rizzoli, Milano, 2013. ISBN 9788858697627
  • Johann Wolfgang von Goethe, Opere, a cura di Vittorio Santoli, traduzione di F. Amoroso, Bruno Arzeni, Riccardo Bacchelli, Cristina Baseggio, A. Belli, Silvio Benco, Vittorio Betteloni, P. Bracchi, A. Buoso, Giosuè Carducci, Benedetto Croce, C. Del Lungo, C. De Lollis, F. De Sanctis, Vincenzo Errante, D. Gnoli, T. Gnoli, A. Maffei, G. Mazzoni, L. Montano, Luigi Pirandello, E. Romagnoli, V. Santoli, A. Spaini, E. Teza, Leone Traverso, A. Vago, Diego Valeri, E. Weidlich, E. Zaniboni, A. Zardo, Sansoni Editore, Firenze, 1970.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Principii di filosofia zoologica e anatomia comparata, traduzione di Michele Lessona, Roma, E. Perino, 1885.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Prometeo, traduzione di Francesco Domenico Guerrazzi, in "Traduzioni", Le Monnier, 1847.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Saggi sulla pittura: Leonardo, Mantegna, i quadri di Filostrato, a cura di Roberto Venuti, Artemide, 2006.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Torquato Tasso, traduzione di Giuseppe Rota, Oreste Garroni, Roma, 1910.
  • Johann Wolfgang von Goethe, Urfaust. Il Faust nella sua forma originaria, traduzione di C. Baseggio, UTET, 1955.

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