Grande Inter

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Una formazione della Grande Inter nella stagione 1964-65.

Citazioni sulla Grande Inter.

  • È stato un ciclo irripetibile, sapevamo di essere i primi del mondo. (Luis Suárez)
  • Era una squadra costruita apposta per sviluppare un certo tipo di gioco. Eravamo così ben assortiti, con Facchetti e Corso che si trovavano a meraviglia. Per noi che giocavamo insieme era bello stare insieme in campo, ci aiutavamo a vicenda per arrivare ad ottenere un risultato. (Giuliano Sarti)
  • Ho vissuto in prima persona le pratiche a cui erano sottoposti i calciatori. Ho visto l'allenatore, Helenio Herrera, che dava le pasticche da mettere sotto la lingua. Le sperimentava sulle riserve (io ero spesso tra quelle) e poi le dava anche ai titolari. (Ferruccio Mazzola)
  • L'Inter era una squadra leggendaria. C'erano giocatori come Facchetti e Mazzola, e in panchina c'era un totem come Herrera, con cui avevo parlato più volte e che mi convinse a lasciare il Bayern Monaco. [La differenza tra noi e loro] Era gigantesca. Noi giocavamo al "Grünwalder Straße Stadion", che aveva una capienza di circa 12.000 spettatori, loro invece a San Siro. L'atmosfera di quello stadio mi affascinava. Volevo giocarci ad ogni costo. (Franz Beckenbauer)
  • In campo ci aiutavamo senza gelosie. Fuori non so. Penso che Suarez e Corso non si amassero molto, perché Mariolino poteva sbagliare venti passaggi di fila e restava l'idolo dei tifosi, ma se Luisito ne sbagliava uno lo fischiavano. Pensi che quando Jair è arrivato, giovanissimo, pativa la nostalgia, non gli piaceva il clima, il cibo, la città. Allora Facchetti se l'è preso in casa non so quanto tempo, Jair s'è ambientato ed è diventato una colonna nel gioco dell'Inter. Oggi quanti farebbero come Giacinto? (Aristide Guarneri)
  • Noi, allora, siamo stati ai vertici per 5-6 anni perché c'era il gruppo compatto. Si vince solamente se tutta la squadra lavora per un obiettivo. (Tarcisio Burgnich)
  • Non dimenticherò mai la luce negli occhi del nostro presidente [Angelo Moratti] dopo il nostro trionfo di Vienna. Fossi stato un pittore e avessi dovuto dipingere la 'felicità', l'avrei riprodotta con quegli occhi. (Luis Suárez)
  • L'Inter di quel periodo era un gruppo compatto, valido e coeso, con tanti campioni a disposizione. Il presidente, Angelo Moratti, fu molto bravo ad amalgamare la nostra compagine. Abbiamo vinto tutto e non poteva che andare così, eravamo fortissimi. (Mario Corso)
  • [«Pensa che dal dibattimento [sul doping all'Inter negli anni 1960] uscirà un'immagine diversa dell'Inter vincente di quegli anni?»] Non lo so, non mi interessa. Se avessi voluto davvero fare del male all'Inter, in quel libro avrei scritto anche tante altre cose. Avrei parlato delle partite truccate e degli arbitri comprati, specie nelle coppe. Invece ho lasciato perdere... (Ferruccio Mazzola)
  • Quando Keith Botsford, il mio collega americano, ed io stavamo investigando quello che abbiamo chiamato The Years of the Golden Fix, è emerso che le vittorie europee dell'Inter degli anni 1960 furono frutto di corruzione e imbrogli nei quali Angelo Moratti giocò un ruolo cruciale in un sistema messo in piedi da due uomini ora deceduti: Deszo Szolti, faccendiere ungherese, e Italo Allodi, il serpentino. (Brian Glanville)
  • [Dopo la sconfitta per 1-0 dell'Inter a Mantova nell'ultima giornata del campionato 1966-1967] Siamo stati grandi quando si vinceva, cerchiamo di essere grandi anche ora che abbiamo perduto. Forse siamo rimasti troppo tempo sulla cresta dell'onda. E tutti a spingere per buttarci giù. Ora saranno tutti soddisfatti. (Angelo Moratti)

Sandro Mazzola[modifica]

  • Credo che abbia fatto delle cose che non stanno né in cielo né in terra.
  • La mia Inter aveva qualcosa che nessun'altra squadra aveva: noi eravamo sia solidi che tecnici, una combinazione che ha reso quell'Inter una delle migliori squadre di sempre.
  • [Alla domanda «La grande Inter non è mai stata una squadra di amici: è vero?»] No. Il problema erano i ritiri; siccome eravamo sempre insieme, quando Herrera, che era un cerbero, ci lasciava liberi, ognuno tornava a casa. Ma in campo eravamo uniti, un gruppo di ferro. Una volta contro il Borussia Dortmund, per difendere Jair, cercai di picchiare due tedeschi che erano il doppio di me.

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