Henry Furst

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Henry Furst (1893 – 1967), giornalista, scrittore, regista teatrale e divulgatore storico statunitense.

Il meglio di Henry Furst[modifica]

  • La scomparsa dalla nostra sfera di un uomo veramente grande rende sempre più precaria la concezione comune della vita e della morte. Se Shaw è morto, noi che cosa siamo? Questi grandi uomini, «eroi» come li chiamava Carlyle, sono talmente vitali che andandosene non perdono nulla e anzi sembra che portino via con sé un lembo della vita. (da L'inesauribile Bernard Shaw, p. 112)
  • La moglie del re Sciah-riar, durante la notte, appena finiva di raccontare una favola, subito ne iniziava un'altra; ebbene Sainte-Beuve è la Shahrazàd della letteratura moderna. (da Sainte-Beuve, p. 166)
  • Forse gli uomini di oggi non vibrano più per un Tito che rinuncia all'impero per la donna amata, ma soltanto per il gaudente che rinuncia all'impero per una consorte di terza mano.
    Io sto con Racine; la nostra epoca si conservi le sue rivistine a fumetti, che vendono tanti milioni di esemplari da regalare villini a tutti i redattori. Tra i romanzieri unanimisti e Grand Hotel, preferisco semmai Grand hotel. Ma resto con Racine. Se siamo di fronte, veramente, a un nuovo Medioevo, non c'è da sgomentarsi troppo. Ogni Medioevo termina. E Racine resterà. (da Racine, p. 201)
  • L'uomo che si è staccato dalla sua cultura appare come una lumaca fuori dal suo guscio; incapace di vivere. (da Il tramonto dell'Occidente, p. 216)
  • Uomo senza civiltà, lumaca senza guscio. (da Il tramonto dell'Occidente, p. 217)
  • Altri popoli faranno pascere il loro bestiame in «Place de l'Opéra», e in Piazza Colonna, slavi e mongoli abbevereranno i loro cavalli nella fontana di S. Pietro. E l'uomo civile fa segno con la mano, sopra la siepe degli anni che glielo nasconde, all'uomo civile dei secoli futuri. Boezio saluta Erasmo, Cassiodoro fa cenno a Dante. La civiltà si disfa e diviene humus e dall'humus nasce una nuova civiltà. E fra l'una e l'altra non c'è che l'humus, il quale dorme ed è humus! (da L'humus della civiltà, p. 346)
  • Le biblioteche d'Italia sono le figliastre del fisco. (da Schede sparse, 1 dicembre 1959, p. 364)
  • Noi dei nostri traditori facciamo la roccia su cui è fondata la nostra Chiesa, scegliendoli con questa previsione certa, consapevoli della nostra inerme debolezza senza guida e della nostra onnipotenza quando siamo guidati. Loro (gli atei) vanno di tradimento in tradimento, e ogni volta sembrano farsi di sasso per la sorpresa. Noi perdoniamo, invece, e i nostri traditori diventano i nostri martiri e testimoni migliori; mentre la loro strada è segnata dalle forche su cui muoiono i loro capi i quali avrevvero dovuto guidarli verso il paradiso terrestre invece di cadere, come è più probabile, tutti nella medesima fossa! (da Schede sparse, 15 settembre 1953, pp. 364-365)
  • Non se n'è ancora accorto nessuno che viviamo in un'èra nuova?
    Sì, se ne sono accorti tutti; soltanto non sanno decidere quale èra sia. (da Schede sparse, 17 dicembre 1954, p. 366)
  • Ascoltando la sinfonia del Franco Cacciatore, ho pensato con quale stupore gli uomini devono avere ascoltato la musica di Weber al suo primo apparire. Non c'era mai stato nulla di simile. Il motivo dell'aria di Agathe, che entra come un peana, ha buttato giù tutta la musica del settecento. Per quasi cent'anni non si salvò nessuno, appena Mozart. Wagner giunse poi ai tempi dei nostri nonni provocando un'uguale sorpresa. (da Schede sparse, 15 giugno 1956, p. 369)
  • La scienza cerca di convincermi che l'universo non ha centro, ma io so che il centro dell'universo è la croce sul Calvario. Il mio universo funziona; quello degli scienziati va alla deriva e conduce al manicomio. (da Schede sparse, 28 giugno 1956, p. 370)
  • Anche il nome del movimento che si dice «attualismo» deriva dal senso scolastico. Dicendo che ogni realtà è attuale, non dicono, evidentemente, che è presente; ciò non significherebbe assolutamente nulla. Vogliono dire invece che la realtà è un susseguirsi di atti, non un passare dalla potenza all'atto di un medesimo substrato. Negano il substrato senza il quale non v'è mutamento, perché non v'è nulla che resta, nulla che muta. La vita ridotta a questo schema è, nelle parole terribili di Macbeth, «il racconto narrato da un idiota, pieno di chiasso e di rabbia, senza significato alcuno». Una specie di panteismo infuriato, ogni divenire trasformato in essere, ogni relativo in assoluto, ogni cosa e ogni fase del divenire un atto puro. La filosofia di Gentile non è così nuova come sembra. Chi fu che disse: «Sarete come dèi, conoscenti il bene e il male»? Sono le prime parole di filosofia sussurrate a un orecchio umano. (da Schede sparse, 6 febbraio 1958, p. 371)
  • Il sistema democratico è come il cielo di Lombardia: tanto bello quando è bello; funziona tanto bene quando funziona. (da Schede sparse, 22 maggio 1958, p. 372)
  • Gli elementi della felicità sono dati a tutti sotto forme diverse. Beato colui che sa combinarli, misero colui che resta inerme e disperato davanti alle vuote convenzioni degli uomini. (da Schede sparse, 9 maggio 1963, p. 378)
  • I due filosofi sono immortali, e ciascuno dei due ha i suoi pregi. Preferiamo sceglierci Aristotele come guida nella vita, e Platone come ispiratore dei nostri sogni. Ma sarebbe una triste vita quella in cui fossimo costretti a rinunciare all'uno o all'altro. (da Schede sparse, 8 aprile 1965, p. 379)
  • [...] contro i capricci e le teorie più bizzarre della "maggioranza" non esiste appello. La metà più uno ha un diritto divino. Noi preferiamo quello dei re. (da Schede sparse, p. 381)
  • La grande ricchezza dell'individualismo in Italia dove «un Marcel diventa ogni villan», rende difficile a un italiano accettare la gloria dei suoi compagni. Di Vasari ve n'è uno solo. (da Italia madre di grandi uomini, New York Times' Book Review, 25 febbraio 1933, p. 417)

Donne Americane[modifica]

  • Ho inteso dire, un giorno, in una bettola di Sciras, da un cantastorie, che quattro cose ci vogliono per una buona musica: un violino, un liuto, una cetra e un'arpa. Quattro gli elementi per fare un bel giardino: rose, mirto, tulipani e gigli. E quattro cose per fare una vita come si deve: vino, danaro, gioventù e amore. Ma vivendo con te non mi manca nessuna di tutte queste cose. (da Dedica)
  • L'italiano è un animale sociale; quando cerca sul serio la solitudine, l'organizza in consorzio e si fa monaco. (da Emily, p. 28)
  • Nel deserto, dice Balzac, vi è tutto, e nulla: Dio, senza gli uomini. Nel deserto di pietre che è la città moderna, vi è il vuoto assoluto, il terrore senza nome: gli uomini, senza Dio. (da Emily, p. 35)
  • [...] il vero infelice è quello che in mancanza di oggetti reali corre appresso a fantasmi da lui stesso creati, chimere ippogrifi sirene; l'ambizioso, lo sciagurato, o quello che li riassume tutti, il Don Giovanni, accecato dalla grazia della creatura.
    Questa grazia esiste, è una cosa reale, innegabile; ma l'attrazione che spesso esercita su di noi è dovuta appunto alla lontananza, alla percezione del «non-io». Infatti nessuno soggiace al proprio fascino, o, se il caso di Narciso può veramente attuarsi, è quando l'individuo si accorge con immediatezza del singolare fatto, celato ai più, che non si può possedere pienamente nemmeno se stessi. (da Muriel, p. 112)

Citazioni su Henry Furst[modifica]

Ernst Jünger[modifica]

  • Gli uomini agiscono su di noi con la loro polarità, col loro orizzonte. Sorprendeva in Henry l'intensità del sentimento e della ragione. L'aura era forte e anonima come una potenza della natura, che irradiava ora un calore gradevole ora un fluido elettrico. Così entriamo in una stanza in penombra dove ci sentiamo subito bene. Quando poi gli occhi si sono assuefatti alla poca luce, riconosciamo il numero dei quadri alle pareti, i libri, le opere d'arte. Questa è la vera via verso l'autore: conduce dall' Eros verso lo spirito, non in senso opposto, come avviene per certi matrimoni di artisti, che cominciano ammirevolmente e finiscono in modo tragico: Psiche si è bruciata le ali alla fiamma.
  • [Jünger sfoglia le lettere dell'amico Henry Furst, scomparso nel 1967, annotandone alcuni fra i più significativi passi] Li ho scelti a caso, dal fascio delle lettere, come da un gioco di carte. Un mazzo di fiori, raccolti dall'erbario, senza farne una scelta precisa. Sembrano tuttavia schiudersi nel ricordo, come i fiori del tè, nell'Estremo Oriente. Il meglio si trova in un altro foglio, quello che non porta traccia di penna, sull'altra facciata che non può essere descritta: Henry era un genio dell'amicizia. Da lì sorgeva quella ricchezza che dispensava. Come un navigante, che si apparecchia al grande viaggio, lasciò tre o quattro fogli in inglese: A vele spegate verso la morte. E questa aggiunta: «Il cuore parla al cuore, ma quel che dice si sottrae alla parola».
  • Nel suo stile di vita, egli rappresentava ancora la classe degli hommes de lettres, i quali rapidamente si estinguono e, per la verità, in modo più rapido nei paesi germanici che nei latini. Quel che li distingue è il loro modo di vivere, caro alle Muse, dietro il quale si cela un eminente lavoro. Per la loro esistenza vale lo stesso criterio che per l'opera d'arte nella quale non deve scorgersi la fatica. Questo è soltanto possibile quando l'artista trova nel suo lavoro un godimento. Con questa classe svaniscono anche i biotopi classici, o assumono carattere da museo.

Bibliografia[modifica]

  • Henry Furst, Il meglio di Henry Furst, a cura di Orsola Nemi, traduzione delle Corrispondenze di Letteratura italiana pubblicate nel New York Times's Book Review di Orsola Nemi, prefazione di Mario Soldati, introduzione di Ernst Jünger, Longanesi, 1970.
  • Henry Furst, Donne americane, seguite da La morte di Mozart, Longanesi & C. Milano 1957

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