I nuovi mostri

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I nuovi mostri

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Titolo originale

I nuovi mostri

Lingua originale italiano
Paese Italia
Anno 1977
Genere commedia
Regia Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola
Soggetto Age, Scarpelli, Bernardino Zapponi, Ruggero Maccari
Sceneggiatura Age, Scarpelli, Bernardino Zapponi, Ruggero Maccari
Produttore Pio Angeletti, Adriano De Micheli
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani
  • Michele Gammino: vari personaggi
  • Mario Milita: vari personaggi
  • Sergio Fiorentini: un portantino (episodio First Aid-Pronto soccorso), il parrocchiano che perde la sberla(episodio Tantum Ergo)
  • Mario Frera: il produttore del film porno (episodio Pornodiva)
  • Marcello Prando: uno dei parrocchiani (episodio Tantum Ergo), vigile (episodio Mammina e mammone)
  • Antonio Guidi: uno dei clienti della trattoria (episodio Hostaria!), il chirurgo (episodio L'uccellino della Val Padana)
Note
Musiche: Armando Trovajoli

I nuovi mostri, film italiano del 1977, regia di Dino Risi, Mario Monicelli ed Ettore Scola.

Frasi[modifica]

  • Uuh lo spigonardo selvatico! (Sua eminenza)
  • Coi saluti degli amici! (Gli assassini di Don Salvatore)
  • Picché? A mía spararo? Quando mai? (Don Salvatore)
  • Io sono qui... davanti a questo telefono... da due giorni interminabili... e due notti interminabili... per rivolgere... un appello implorante, una supplica... ai rapitori. Perché mi facciano sapere le loro condizioni... tutto quello che devo fare. Vi prego, telefonatemi! Mia moglie... non ha molta salute, ha bisogno di cure assidue, costanti, quindi telefonatemi, vi prego. A qualunque ora. Io ho pregato, ordinato a amici, parenti, conoscenti, di non telefonarmi mai in modo che il telefono sia sempre libero. Quindi chiamate, chiunque voi siate... Ascoltate questa... questa preghiera di un marito straziato... restituitemi mia moglie! (Il marito della signora rapita) [Appena la troupe televisiva lascia la casa, stacca i fili del telefono]
  • Ciao Giada, scusami con Renè e Chilone ma questa sera ho promesso a mammà di andare dalla principessa Altoprati, c'è una riunione per lo scisma Lefèbvre. Io non so neanche dove sia la casa, perché non c'è fica e non ho mai messo piede. (Giovan Maria Catalan Belmonte)
  • Via Thailandia... via Indonesia... Mah... via Birmania... in angolo con via Nuova Zelanda... via Oceania... Ma che strano, stiamo facendo il giro del mondo e mi trovo sempre in zona Eur! (Giovan Maria Catalan Belmonte)
  • Io lo so, oggi è un gran casino ovunque. Chi c'ha figa sta a casa, non s'immette nel marasma. Se uno va randagio rischia brutti incontri. Prendi il globetrotter: ti chiede un passaggio, tu elargisci, e quello te lo mette in culo, questo lo trovo grave. Guardi io fiuto, ho sempre fiutato io, sempre. Non mi buco, dice "non ti buchi", noo non mi buco, "allora sei antiquato", eeh bèh io sono come sono. (Giovan Maria Catalan Belmonte)
  • Io guardi giro con questa mia vecchia Rolls vero, perché mi serve per rimorchio. Mi dice mammà e quegli stronzi dei miei amici "ma questo è un catorcio", no, non è un catorcio, questo è un salotto viaggiante. Io prendo la mia preda, la colloco qui, mi reco in posti solitari, a contatto con la natura, la distendo su queste morbide poltrone... e pò ma' n'groppo! Alé, sotto un'altra! (Giovan Maria Catalan Belmonte)
  • Ah è l'immobilità mio caro, succede. È anche l'umidità. Accadde anche a me molto tempo fà, quando feci il navigatore solitario. Mammà mi diceva sempre: "non me rompere i coglioni, sei uno smidollato, come uomo non esisti, sei un imbriagone". E allora mi sono incazzato e un giorno ho detto: "basta, guarda mi compro una barca e mi faccio il giro del mondo e navigo da solo ecco". E così compii quest'impresa. Feci il navigatore solitario. Giorno e notte, fra cielo e mare, mare e cielo. In questa natura, padrone del mondo. Lei non sa cosa vuol dire il navigatore solitario. Solo, nell'immensità del mare, in assoluta meditazione, a contatto della natura più pura, è allora che capisci... quanto sei stronzo, a compiere queste imprese, che non servono a un cazzo. (Giovan Maria Catalan Belmonte)
  • Vedo che stupisce, ma io fui allevato da cinque nurse di cinque lingue diverse. Cinque puttane scatenate che mi hanno iniziato all'erotismo satanico. (Giovan Maria Catalan Belmonte)
  • Mi dispiace caro, ma è giunto il momento di salutarci. Sono certo che lei comprenderà l'importanza inderogabile del mio rendez-vous. Sa cosa faccio? Io la risdraio qui, dove l'ho trovata, sotto il monumento a Mussolini. D'altronde guardi, caro, forse è andata meglio così. Lei poteva capitare nelle mani di un chirurgo incazzato che avevano buttato giù dal letto durante un'ammucchiata: l'avrebbe preso, aperto, ricucito e poi lasciato il martello dentro. Venga caro. Sa cosa le dico? Lei sta molto, ma molto meglio! Ha anche ripreso i colori. Io la saluto caro, e la ringrazio infinitamente. Lei mi ha fatto scoprire un ambiente a me del tutto sconosciuto: gli ospedali. Io mi farò delle pazze risate! Mi torcerò dalle risa quando lo racconterò al Jackie! Ma ti dico io! Un ospedale che alle 11 la sorella madre ti dà lo stop perché deve fare le sue ingroppate. In un altro, due gorilla in bianco che t'informano che l'ospedale rigurgita di contadini olandesi. In quell'altro non entri se non sei un reduce di guerra. Fortuna per il malconcio che io ho ritrovato il monumento a Mussolini... (Giovan Maria Catalan Belmonte)
  • Trattatela come una regina! (Franchino)
  • Io sogno sempre i baci tuoi! I baci mendaci tuoi! I baci mordaci tuoi! Mortacci tuoi! (Alberto Sordi, L'elogio funebre)

Dialoghi[modifica]

  • Mamma: Te ricordi quanno te portavo io ai giardinetti?
    Franchino: E me ricordo sì, mà.
    Mamma: 'Na vorta te sei perzo, me feci 'nsacco de pianti...
    Franchino: Eh, pe' forza me so' perzo: stavi sempre a parlà co' le amiche, mà. Tu non è che ce stavi tanto attenta a me. A Sandro sì, al cocco de mamma: tutto a lui!
    Mamma: Guarda che per me eravate tutt'e due uguali: non c'era er cocco de mamma.
    Franchino: Uguali dici, eh? Seh seh, uguali...
  • Mamma: Franchì, pecché oggi m'hai portato qua?
    Franchino: Qua dove?
    Mamma: All'ospizio.
    Franchino: All'ospizio?
    Mamma: Eh...
    Franchino: Ecco, vedi mamma? Tu c'hai l'abilità di farmi incazzare a me! Ma che c'entra l'ospizio?? Ma ch'è, un ospizio questo??
    Mamma: Franchì, nun t'arrabbià, nun t'arrabbià a mamma...
    Franchino: Eeeh, "nun t'arrabbià, nun t'arrabbià"... Vedi mamma, noi lo facciamo per te, per il tuo bene, per il tuo avvenire. Accudita, servita, senza badare a spese: ma che credi, che ti tengono gratis, qui??
    Mamma: Sì sì, va bene, ma nun t'arrabbià, te fa male a mamma! Ma perché t'arabbi sempre?
    Franchino: Ah! Ah! Ah! E chi è arrabbiato? Io rido! Ridi pure te, mamma? "Siam tre piccoli porcellin, siamo tre fratellin, mai nessun ci dividerà..."
    Mamma: "Tralalalalà!!!"
    Franchino: Ti ricordi mamma?
    Mamma: Me ricordo, me ricordo! E quann'è che me volete portà qua?
    Franchino: Eh, e quando ti portiamo? Sai purtroppo giovedì io e Patrizia dobbiamo andare a Cetona. I Crocitti si son fatta quella casa di campagna e...
    Mamma: I Crocitti so' simpatici.
    Franchino: No, non sono simpatici: ci andiamo così e non so neanch'io perché. E sai, Patrizia ha preso un mese di ferie, la cameriera è annata a abbortì in Abbissinia e non c'è nessuno. Che fai? Stai a casa sola??
    Mamma: Beh, come sempre: ce so' rimasta tante volte.
    Franchino: E vabbè, certo. Però tutte le volte ci hai fatto stare in pensiero! Tu non sei più una bambina, mamma! Io sono tuo figlio, ho delle responsabilità. Non sono mica come il cocco di mamma che se ne frega! [...]
    Mamma: Allora me portate giovedì?
    Franchino: Eh, giovedì dici? Eh, come vuoi. Ma che facciamo? Vai e vieni, avanti e indietro? Ormai stiamo qua, mà.
    Mamma: Ma... ma io non ho portato niente, ma non c'ho niente...
    Franchino: No! No! C'hai tutto! Tu c'hai tutto mamma, guarda! [Apre il cofano dell'auto per tirare fuori la valigia] Guarda che t'ha preparato Patrizia! Guarda che valigione, perché ha detto: "Hai visto mai che mamma decide de restà?". Tutto t'ha messo, come una figlia. La verità è che tu l'hai sempre sottovalutata, l'hai sempre trattata come un'estranea. [...] È lei che vuol bene a te! Vuol più bene a te che alla sua mutti, la mamma tedesca.
  • Cameriere: Sei uno sporcaccione! Zozzo e cattivo!
    Cuoco: Ah, sono cattivo io eh? Te sei cattivo!
    Cameriere: No, sei te che non mi vuoi bene!
    Cuoco: See, me ne volessi te il bene come te ne voglio io!
    Cameriere: Ah, perché io non ti voglio bene?
    Cuoco: Diglielo tu: voglio più bene io a lui o lui a me?
    Sottocuoco: Ma annate affanculo tutt'e due!!

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