Aleksandr Isaevič Solženicyn

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Aleksandr Solženicyn nel 1974
Medaglia del Premio Nobel
Medaglia del Premio Nobel
Per la letteratura (1970)

Aleksandr Isaevič Solženicyn (1918 – 2008), scrittore, drammaturgo, dissidente e storico russo.

Citazioni di Aleksandr Solženicyn[modifica]

  • Alla fine della mia vita posso sperare che il materiale storico i temi storici, i quadri di vita e i personaggi da me raccolti e presentati, riguardanti gli anni durissimi e torbidi vissuti dal nostro Paese, entreranno nella coscienza e nella memoria dei miei connazionali [...]. La nostra amara esperienza nazionale ci aiuterà nella possibile nuova ripresa delle nostre mutevoli fortune, ci metterà in guardia e ci terrà lontani da rovinose rotture.[1]
  • Bisogna saper migliorare con pazienza quanto ogni giorno ci offre. [2]
  • C'è una parola che si usa molto oggi: "anticomunismo". È una parola molto stupida e mal composta perché dà l'impressione che il comunismo sia qualche cosa di primitivo, di basico, di fondamentale. E così, prendendolo come punto di partenza, anticomunismo è definito in relazione a comunismo. Per questo affermo che la parola è stata mal scelta e fu composta da gente che non conosceva l'etimologia: il concetto primario, eterno, è Umanità. Ed il comunismo è anti-Umanità. Chi dice "anti-comunismo", in realtà sta dicendo anti-anti-Umanità. Un costrutto molto misero. Sarebbe come dire: ciò che è contro il comunismo è a favore dell'Umanità. Non accettare, rifiutare questa ideologia comunista, inumana, è semplicemente essere un essere umano. Non è essere membro di un partito.
There is a word very commonly used these days: "anti-communism." It's a very stupid word, badly put together. It makes it appear as though communism were something original, something basic, something fundamental. Therefore, it is taken as the point of departure, and anti-communism is defined in relation to communism. Here is why I say that this word was poorly selected, that it was put together by people who do not understand etymology: the primary, the eternal concept is humanity. And communism is anti-humanity. Whoever says "anti-communism" is saying, in effect, anti-anti-humanity. A poor construction. So we should say: that which is against communism is for humanity. Not to accept, to reject this inhuman Communist ideology is simply to be a human being. It isn't being a member of a party.[3]
  • Gli uomini hanno finito per convincersi, partendo dalle loro stesse disgrazie, del fatto che le rivoluzioni distruggono il carattere organico della società; che danneggiano il corso naturale della vita; che annientano i migliori elementi della popolazione dando campo libero ai peggiori; che nessuna rivoluzione può arricchire un Paese. [2]
  • Il popolo ha indubbiamente diritto al potere, ma quel che vuole il popolo non è il potere (solo un due per cento lo desidera), bensì, prima di tutto, un ordine stabile.[4]
  • Nella vita sociale, libertà e uguaglianza tendono a escludersi reciprocamente, sono antagoniste: infatti, la libertà distrugge l'uguaglianza sociale, è proprio questa una della funzioni della libertà, mentre l'uguaglianza limita la libertà, perché diversamente non vi si potrebbe giungere. [2]
  • Più di mezzo secolo fa, quando ancora ero un bambino, ricordo che un certo numero di anziani offriva questa spiegazione per i disastri che avevano devastato la Russia: "Gli uomini hanno dimenticato Dio, perciò tutto questo è accaduto". Da quel giorno, ho passato 50 anni a lavorare sulla storia della nostra rivoluzione (la rivoluzione russa); ho letto centinaia di libri, raccolto centinaia di testimonianze personali. Ma se mi fosse domandato di formulare in maniera più concisa possibile la principale causa della rovinosa rivoluzione che ha inghiottito quasi 60 milioni di russi, non potrei metterla in maniera più accurata che ripetendo: "Gli uomini hanno dimenticato Dio, perciò tutto questo è accaduto."[5]
  • Questa antica triunità della Verità, del Bene e della Bellezza non è semplicemente una caduca formula da parata, come ci era sembrato ai tempi della nostra presuntuosa giovinezza materialistica. Se, come dicevano i sapienti, le cime di questi tre alberi si riuniscono, mentre i germogli della Verità e del Bene, troppo precoci e indifesi, vengono schiacciati, strappati e non giungono a maturazione, forse strani, imprevisti, inattesi saranno i germogli della Bellezza a spuntare e crescere nello stesso posto e saranno loro in tal modo a compiere il lavoro per tutti e tre.[6]
  • Sarebbe assolutamente vano sperare che la rivoluzione possa rigenerare la natura umana. [2]
  • Si può rimpiangere un regime che scriveva dio con la minuscola e Kgb maiuscolo?[7]
  • Sono infinitamente difficili tutti gli inizi, quando la semplice parola deve smuovere l'inerte macigno della materia. Ma non c'è altra strada se tutta la materia non è più tua, non è più nostra. Anche un grido può provocare una valanga in montagna.[8]
  • Un uomo d'ingegno sa di possedere sempre molto, non si rammarica di dover dividere con altri.[9]

Da Il profeta Solzenicyn non salva nessuno

Conferenza stampa nella Casa Bianca di Vladivostok, La Stampa, 29 maggio 1994

  • [Su Egor Timurovič Gajdar] Non ha fatto altro che liberalizzare i prezzi in condizione di monopolio, slegando così le mani al mostro dell'economia socialista.
  • Il fatto è che da noi sono seccate le radici del vero patriottismo e al suo posto si fanno strada le caricature, un patriottismo degradato, perverso, irriconoscibile, che fa paura.
  • La Russia non fu mai una federazione, come gli Stati Uniti o la Germania. Questa fu una falsificazione dei bolscevichi.
  • Perdiamo le nostre parole russe, imitiamo come scimmie quelle altrui: voucher, holding, farmer. È una malattia del nostro spirito più che della nostra lingua.

Da L'anatema del profeta Solzenicyn

Intervento nel Parlamento, La Stampa, 29 ottobre 1994

  • Nel Paese dilaga una criminalità con la C maiuscola. Ma avete visto in questi tre anni un solo processo? Una sola condanna contro i corrotti? Avete sentito di processi pubblici e di dure sanzioni?
  • Non c'è democrazia in Russia, oggi, c'è un'oligarchia di potenti che ha perduto i legami con i sentimenti del Paese.
  • La catastrofe nazionale non si è verificata il martedì nero dell'11 ottobre, ma quando il rublo è diventato equivalente a un centesimo.

Da «Russia in un lugubre vicolo cieco»

Intervista di Natalia Zhelmorova sulla prima guerra cecena, L'Unità, 12 gennaio 1995

  • [Sulla prima guerra cecena] È stupefacente: in tutto il mio viaggio per la Russia ho detto molte volte che occorre concedere l'indipendenza alla Cecenia. Ma i giornali moscoviti e la televisione hanno completamente ignorato i miei interventi.
  • Si dice la Cecenia sarà confederata con noi. Ma non abbiamo bisogno né di confederazione né di federazione. Perché tutta la federazione in Russia è una falsa invenzione leniniana. La Russia non è mai stata una federazione, essa non è mai stata creata con un amalgama di formazioni statali bell'e pronte. E anche le repubbliche di oggi quasi tutte si basano sulle minoranza.
  • La Cecenia nelle sue frontiere nazionali vere va riconosciuta. Che sia indipendente se lo vuole.
  • Queste azioni militari hanno provocato un lugubre vicolo cieco. E la situazione post-bellica sarà estremamente difficile. Ma se non riconosciamo la loro indipendenza, che cosa sarà? Una confederazione? Vuol dire l'inizio della dissoluzione di tutta la Russia. Sottomettersi semplicemente la Cecenia significa innescare una guerra civile in tutto il Caucaso, significa accendere l'ostilità con tutto il mondo musulmano.

Arcipelago Gulag[modifica]

Incipit[modifica]

L'anno millenovecentoquarantanove ci capitò sotto gli occhi, a me e alcuni amici, una curiosa nota nella rivista «Natura» dell'Accademia delle Scienze. Vi si diceva, in minuti caratteri, che in riva al fiume Kolyma, durante gli scavi, era stato trovato uno strato sotterraneo di ghiaccio, antico torrente gelato, e racchiusi in esso esemplari pure congelati di fauna fossile (di qualche decina di millenni fa). Fossero pesci o tritoni si erano conservati tanto freschi, comunicava il dotto corrispondente, che i presenti, spaccato il ghiaccio, li mangiarono sul posto, VOLENTIERI.

Citazioni[modifica]

  • A che limiti di mostruosità si deve ridurre la vita della gente, perché migliaia di uomini, nelle prigioni, nei cellulari e nei vagoni invochino, come loro unica speranza di salvezza, la forza sterminatrice di una guerra atomica!...
    Ma nessuno piangeva. L'odio prosciuga le lacrime. (vol. 3, parte 6, cap. 4, p. 454)
  • Come riassumere in una frase l'intera storia russa? Il paese delle possibilità soffocate. (vol. 3, parte 6, cap. 5, p. 476)
  • I prigionieri, tra gli uomini, sono quelli che più soffrono il freddo, più di qualunque altra cosa. (vol. 3, parte 6, cap. 5, p. 477)
  • Ecco l'attimo che invocavamo, i miei amici e io, quando non eravamo ancora studenti. L'attimo per il quale pregano tutti gli zek[10] del GULAG (all'infuori degli ortodossi[11]). È morto, il dittatore asiatico[12]. Ha tirato le cuoia, la carogna. Oh, chissà che incontenibile giubilo ci deve essere in questo momento là da noi nel lager speciale! Mentre qui le maestre di scuola, delle giovani ragazze russe, singhiozzano da spezzare il cuore: «Cosa ne sarà adesso di noi?» Hanno perduto la persona più cara... Vorrei urlare loro attraverso tutta la piazza: «Cosa ne sarà di voi? Semplicemente, i vostri padri non verranno più fucilati! I vostri fidanzati non verranno più arrestati! E voi non sarete più delle ČS![13]» (vol. 3, parte 6, cap. 5, p. 485)
  • Di semplice c'è una cosa sola, una verità che la nostra società rifiuta più violentemente di ogni altra: e cioè che il tronco più profondo della nostra vita è la coscienza religiosa, e non la coscienza ideologica formata dal partito. (vol. 3, parte 6, cap. 6, p. 500)
  • [...] è difficile per un cuore umano rimanere sulla via della ragione. È difficile per un fuscello non seguire il corso dell'acqua. (vol. 3, parte 6, cap. 6, p. 509)
  • Se l'arresto è il ghiaccio che ricopre di colpo un liquido, la liberazione è un timido disgelo fra due periodi glaciali.
    Fra due arresti.
    Perché in questo paese a ogni scarcerazione deve necessariamente far seguito un arresto.
    Periodo fra due arresti: questa fu la liberazione in tutti i quarant'anni precedenti a Chruščev.
    Salvagente gettato fra due isole: dimènati nell'acqua fra un reticolato e l'altro.
    Da campanella a campanella: è questo il tempo da scontare. Da reticolato a reticolato: è questa la liberazione. (vol. 3, parte 6, cap. 7, pp. 511-512)
  • [Riferendosi alle vicissitudini dei detenuti liberati e inviati al confino] È un giro vizioso: non accettano al lavoro senza un permesso di soggiorno, non danno il permesso di soggiorno se non si ha un impiego. Senza lavoro non si ha neppure la tessera del pane. Gli ex detenuti ignoravano la regola secondo la quale la MVD[14] ha il dovere di sistemarli al lavoro. E anche se qualcuno ne era al corrente, aveva paura di rivolgersi a quel ministero: c'era da essere messi dentro...
    La libertà è libertà di piangere. (vol. 3, parte 6, cap. 7, p. 513)
  • [...] il filosofo arcadico J.S. Karpuniĉ-Braven trascrive con sussiego da un libro l'aforisma: «Non basta amare l'umanità, bisogna saper sopportare gli uomini». (vol. 3, parte 6, cap. 7, p. 532)
  • [...] la verità è, per natura, come timida: quando la pressione della menzogna si fa troppo impudente, la verità tace. (vol. 3, parte 7, cap. 1, p. 545)
  • La differenza [dei lager di Chruščёv] coi lager di Stalin non è data dal regime di detenzione, bensì dalla composizione degli effettivi: non ci sono più milioni e milioni di Cinquantotto[15]. Ma, come prima, i detenuti si contano a milioni e, come prima, molti sono esseri senza difesa, vittime di una giustizia iniqua e cacciati nei lager unicamente perché il sistema vuole sopravvivere ad ed essi rappresentano il suo nutrimento.
    I dirigenti cambiano, l'Arcipelago rimane.
    Rimane perché questo regime statale non potrebbe sussistere senza l'Arcipelago. Se si liquidasse questo, anche quello cesserebbe di esistere. (vol. 3, parte 7, cap. 2, p. 569)
  • Oh, pensatori occidentali «di sinistra», così amanti della libertà! Oh, laboristi di sinistra! Oh, studenti progressisti americani, tedeschi, francesi! Tutto questo è ancora troppo poco per voi! Per voi, tutto il mio libro si riduce in sostanza a nulla. Capirete ogni cosa, e di colpo, solo il giorno che – mani dietro la schiena! – partirete voi stessi per il nostro Arcipelago. (vol. 3, parte 7, cap. 3, p. 597-598)

Explicit[modifica]

Non è ancora giunto il tempo di affidare alla carta l'elenco completo di coloro senza i quali questo libro non sarebbe stato scritto, rielaborato, conservato. Essi sanno. M'inchino profondamente dinanzi a loro.
Roždestvo sull'Ist'a, maggio 1968

Incipit di alcune opere[modifica]

Il primo cerchio[modifica]

Ma voi chi siete?
Le lancette traforate segnavano le cinque e cinque.
Nella cieca morente giornata decembrina il bronzo dell'orologio sull'étagère sembrava addirittura nero.
I doppi vetri dell'alta finestra, che cominciava dal pavimento, aprivano giù in basso lo sguardo sul frettoloso affaccendarsi della strada e dei portieri, che, sotto i piedi dei passanti, spazzavano la neve appena caduta ma già pesante e d'un colore bruno sporco.

Padiglione cancro[modifica]

Il padiglione cancro era il numero tredici. Pàvel Nikolàeviĉ Rusànov non era mai stato superstizioso, né avrebbe potuto esserlo, ma ebbe un tuffo al cuore quando vide scritto «padiglione N. 13» sul suo foglio di ricovero. Possibile non avessero avuto abbastanza buon senso da dare quel numero al padiglione delle protesi o a quello di patologia intestinale?
Ma era quella clinica, ormai, l'unico posto in tutta la repubblica, in cui si poteva fare qualcosa per lui.

Un giorno nella vita di Ivan Denisovič[modifica]

Alle cinque di mattina, come ogni mattina, fu suonata la sveglia: a colpi di martello contro un pezzo di rotaia, accanto alla baracca del comando.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Citazioni su Aleksandr Solženicyn[modifica]

  • È passato al misticismo. Molti dissidenti e molti di coloro che, per una ragione o per l'altra, han dovuto lasciare l'Unione Sovietica potevano essere buoni e utili cittadini russi. (Gian Carlo Pajetta)
  • Ho letto i libri di Solženitzyn, ma in inglese, inventa nuove parole, e ha devastato la vecchia lingua russa, che è così bella. (Aleksandra L'vovna Tolstaja)
  • È un grande scrittore, non v'è dubbio. Ma mi sembra che non sappia bene come stiano le cose adesso. Ha vissuto troppo tempo fuori dal paese. Veniamo dalla stessa regione, io da una famiglia di contadini poveri, lui da benestanti che parecchie decine di anni fa avevano già la Rolls Royce. Capisco perché va dicendo certe cose. (Michail Gorbačëv)
  • L'opera e la figura di Solženicyn, genio collerico della Russia, sono state fra le rivelazioni del nostro tempo. Con la sua imponente rappresentazione dei gulag ha scosso nell'intimo la cultura ideologica europea, a sinistra e anche all'estrema sinistra, più di Trockij e Chruščëv insieme, più di Orwell, Koestler, Gide, Serge, Merleau-Ponty e dei loro attenti lettori. (Alberto Ronchey)
  • Quello è pronto a regalare tutto, anche il Kazakhstan. Come risultato la Russia si ridurrebbe a Tula, e lui ci starebbe bene, come Tolstoj. (Vladimir Žirinovskij)
  • Scacciato dalla Russia per decreto di un'autorità che non poteva tollerarlo più né imprigionarlo ancora, prima Solženicyn fronteggiò con asprezza e superbia resistenti a ogni omologazione le insidie pubblicitarie dei mass-media occidentali, inalberando la sua ideologia amoderna, amarxista, aliberale, russa indigena, arcaica non meno di quella sua barba da profeta in battaglia. Poi scomparve nelle campagne del Vermont e tacque: «Qui è troppo facile parlare, non parlo». (Alberto Ronchey)

Note[modifica]

  1. Da Il sole 24 ore, 4 agosto 2008.
  2. a b c d Da Dalla Vandea ai gulag: Il filo rosso di Solzenicyn, Avvenire, 27 settembre 2009 (archiviato dall'url originale il 1º ottobre 2009)..
  3. Da un discorso pubblico tenuto a Washington il 30 giugno 1975; da Solzhenitsyn: The Voice of Freedom, p. 30.
  4. Da Come dobbiamo ricostruire la Russia. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  5. Citato in Edward E. Ericson, Jr., "Solzhenitsyn – Voice from the Gulag", Eternity, October 1985, pp. 23–24.
  6. Da Lezione per il Premio Nobel, in Opere, t. IX, YMCA Press, Vermont-Paris 1981, p. 9.
  7. Citato in Antonio Socci, Nostalgici del Dio minuscolo, il Giornale, 29 dicembre 2005.
  8. Citato in: Marcello Veneziani, Imperdonabili, Venezia, 2017, ISBN 978-88-317-2858-4, p. 311.
  9. Da Il primo cerchio.
  10. Abbreviazione di zaključënnnyj (detenuto).
  11. Detenuti rimasti fedeli all'ideologia comunista.
  12. Iosif Stalin.
  13. Člen semi (membro della famiglia), individuo incriminato in quanto «membro della famiglia» di un nemico del popolo.
  14. Ministerstvo vnutrennych del (Ministero degli Interni).
  15. Detenuti condannati per attività controrivoluzionaria in base all'articolo 58 del Codice penale.

Bibliografia[modifica]

  • Aleksandr Isaevič Solženicyn, Il primo cerchio (V pervom kruge), traduzione di Pietro Zveteremich, Arnoldo Mondadori Editore, 1970.
  • Aleksandr Isaevič Solženicyn, Arcipelago Gulag, 3 voll., traduzione di Maria Olsûfieva, Oscar classici moderni, Arnoldo Mondadori Editore, 1995.
  • Aleksandr Isaevič Solženicyn, Padiglione cancro (Ràkovyi kòrpus), traduzione di Chiara Spano, Newton Compton editori, 1994.

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