Arturo Pérez-Reverte

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
(Reindirizzamento da L'ombra dell'aquila)
Arturo Pérez-Reverte

Arturo Pérez-Reverte (1951 – vivente), scrittore e giornalista spagnolo.

Citazioni di Arturo Pérez-Reverte[modifica]

  • L'Europa di oggi si trova al termine di un ciclo. Davanti a questa situazione due sono le possibilità: la disperazione dell'idiota o la consolazione della cultura. La cultura, quella vera, è dannatamente importante. Non ci metterà in salvo dal disastro ma come un analgesico ci permetterà di sopportarlo meglio.[1]
  • L’Europa è andata a farsi friggere. Dante, Virgilio, Montaigne sono morti. Quello che scrivono non entra nei 140 caratteri di un tweet. E oggi questo vogliamo: bianco o nero, senza sfumature. Non educhiamo i ragazzi alla complessità, dobbiamo essere tutti uguali, ma siccome ci sono i mediocri dobbiamo essere tutti mediocri.[2]
  • Leggendo i miei libri, la gente deve soltanto incuriosirsi, poi deve andare e cercare altri libri, altre fonti per capire la storia. E questo va fatto con rigore. Io lo faccio. Però non ricostruisco la storia, la uso invece per illustrare il presente, per capire e per far capire di più il mondo.[3]
  • [Totò] È la mia passione perché, oltre che grande interprete, è il simbolo di una Italia furba ma un po' ingenua, in cui non esisteva solitudine. Un'epoca che avete vissuto voi in Italia, soprattutto a Napoli e anche noi in Spagna. Ma che ora non esiste più. Quando cammino per le vie della città, nei Quartieri Spagnoli o nelle strade del centro storico provo una profonda malinconia, perché sono il segno del tempo che è passato e non ritornerà.[4]
Wuz.it, a cura di Grazia Casagrande, 27 settembre 2007[5]
  • In tutte le guerre provavo simpatia per quelli con cui stavo: se ero con i palestinesi solidarizzavo con i palestinesi, quando ero con gli israeliani invece avevo simpatia per loro e mi sembra normale che sia così quando si condivide con qualcuno il cibo, le sigarette, la conversazione. Nella guerra dei Balcani è stata la prima volta in vita mia in cui non ho sentito simpatia per nessuno: donne tristi, uomini crudeli e bimbi pericolosi.
  • Tendiamo a confondere innocenza con ignoranza. A volte chiamiamo innocente l'ignorante. Mi spiego meglio. L'uomo non è mai stato innocente, è un animale pericoloso in territorio pericoloso, che sia migliore o peggiore dipende dalle circostanze, dal suo clan, dalla sua tribù, dal suo gruppo. Se ha mangiato e se ha famiglia è migliore, se non ha mangiato e ha fame o ha bisogno di una donna è peggiore. Altra cosa è l'ignoranza. L'uomo per molto tempo è stato ignorante e superstizioso e a volte confondiamo questa condizione con l'innocenza. È molto importante per me questa sfumatura perché l'ignorante può essere cattivo o buono, a seconda di chi lo dirige.
  • Adesso però ci sono tanti mezzi d'informazione, c'è internet, ci sono i giornali, la televisione, l'istruzione obbligatoria (sto parlando dell'Occidente) e non c'è alcuna giustificazione per l'ignoranza, la stupidità, il fanatismo, la superstizione. C'è una sola spiegazione: l'uomo è un animale perverso e pericoloso.
  • Per prepararsi a morire bisogna trovare la serenità unita alla lucidità, ma nessuno muore lucido o sereno se ha i cassetti di casa in disordine. Ogni libro è un modo per mettere ordine a un cassetto di casa mia. Quando uscivo dall'albergo per andare al fronte, a Beirut o a Sarajevo, dove mi trovavo in quel momento, pensavo che potevo non ritornare e immaginavo il cameriere dell'hotel che avrebbe raccolto le mie cose per mandarle alla mia famiglia e così lasciavo tutto ordinato, pulito, ben piegato, non lasciavo vestiti sporchi… Continuo a vivere come se fossi in quella stanza d'albergo.
  • Quasi tutti i film tratti dai miei romanzi non sono belli eppure i libri continuano a piacere.
  • Il problema di tanti giovani scrittori, anche pieni di talento, è che credono che la rottura significhi partire dal nulla, disprezzano i vecchi maestri e non sanno che si può imparare moltissimo da Agatha Christie e da Dostoievski. Il talento non significa ripetere meccanicamente, ma dare un giro di vite in più ai vari elementi. Nel teatro di Sofocle o di Euripide, c'è già tutto, nessuno ha inventato nulla da allora l'abbiamo solo adattato alle varie epoche.
Corriere della sera, 20 ottobre 2010
  • L'eroe maschile, come il capitano Alatriste, può essere solo un eroe stanco. Di lui già sappiamo che cosa gli accadrà dopo la battaglia. La donna invece ha appena un secolo di esistenza letteraria: è lei adesso il personaggio più moderno e potente.
  • Lo sguardo di una donna è diverso da quello dell' uomo e, da allora, mi sforzo di capire il mistero di quell'occhiata.
  • [A proposito di Javier Marías] Un romanziere puro. Un grande amico. Da bambini leggevamo gli stessi libri: con una differenza, quelle storie lui voleva scriverle, e io viverle.

Il cecchino paziente[modifica]

Incipit[modifica]

Erano lupi notturni, cacciatori clandestini di muri e superfici, bombardieri impietosi che si spostavano nello spazio urbano, cauti, sulle suole silenziose delle loro scarpe da ginnastica. Molto giovani e agili. Uno alto e l'altro basso. Indossavano jeans e felpe nere per camuffarsi nell'oscurità; quando si spostavano, nei loro zainetti macchiati di pittura tintinnavano le bombolette provviste di tappini adatti a pezzi rapidi e di scarsa precisione.

Citazioni[modifica]

  • Il Fato è un cacciatore paziente. Certe coincidenze sono scritte in anticipo, come cecchini acquattati con un occhio nel mirino e un dito sul grilletto, in attesa del momento adatto. (p. 15)
  • Il Destino mi faceva nuove smorfie, adesso seduto dietro il bancone, sulla spalla del cuoco giapponese che, con una fascia da kamikaze stretta sulla fronte, sfilettava del tonno rosso. Al Destino, pensai, piacciono gli scherzi e il pesce crudo. (p. 23)
  • L'essere umano passa la maggior parte della vita a cercare pretesti per attenuare i propri rimorsi. Per cancellare rese e compromessi. Ha bisogno delle infamie degli altri per sentirsi meno infame. (p. 149)
  • Vidi anche un sorriso di quelli che bisogna avere due volte vent'anni perché la vita te li disegni sulla bocca e nello sguardo. (p. 192)
  • «Sei giovane solo la vigilia della battaglia» disse dopo un istante, come se ci avesse pensato. «Poi, vinci o perdi, sei invecchiato... Capisci cosa intendo?» (p. 195)

Il club Dumas[modifica]

Incipit[modifica]

Il lampo di luce proiettò la sagoma dell'impiccato sulla parete. Penzolava immobile da una lampada al centro del salone e man mano che il fotografo gli si muoveva attorno, facendo scattare l'otturatore, l'ombra provocata dal flash si delineava via via su quadri, vetrine piene di porcellane, scaffali coperti di libri e tende aperte su grandi finestre, dietro le quali cadeva la pioggia.

Citazioni[modifica]

  • Ci sono vedove inconsolabili, e vedove a cui qualsiasi maschio adulto offrirebbe con piacere la consolazione opportuna. Liana Taillefer apparteneva, senza dubbio, alla seconda categoria. Era alta e bionda, di pelle chiara e di movimenti languidi.
  • «Una specie di detective, no?» azzardò lei in tono divertito «Un detective di libri». (Liana Taillefer)
  • Sa cosa mi piace del suo carattere, Corso?... La naturalezza con cui assume il ruolo di sicario, fra tanti demagoghi e fanfaroni che ci sono in giro... Sembra uno di quegli individui magri e pericolosi di cui diffidava Giulio Cesare... (Varo Borja)
  • «Questa non è una cosa per uomini di toga» disse Varo Borja. «Ma per uomini di spada.» (Varo Borja)
  • «Questi sono i miei libri personali; non sono in vendita. C'è chi colleziona romanzi di cavalleria, o galanti. Chi cerca Don Chisciotte o intonsi... Tutti quelli che vede hanno un protagonista: il diavolo.» (Varo Borja)
  • Da tempo ormai il suo atteggiamento nei confronti dell'inatteso si riduceva allo spassionato fatalismo di chi aspetta che la vita faccia il passo successivo.
  • «Questo è uno dei vantaggi del denaro: permette di assumere degli scagnozzi per il lavoro sporco. E uno rimane pulito» (Varo Borja)
  • «Dovremmo precisare un paio di punti, signor Corso. Una cosa è falsificare libri con spirito di lucro, un'altra, molto diversa, lavorare per amore del proprio mestiere; creare per la soddisfazione che dà in sé l'atto di creazione, o meglio, nella maggioranza dei casi, di ricreazione...» (Pedro Ceniza)
  • «Tutto torna. Strano libro, vero? Con i suoi cinque nervi sul dorso, senza titolo, e il misterioso pentacolo sulla copertina... Torchia, Venezia, 1666. Forse l'ha rilegato lui stesso. Un bel lavoro.» (Pedro Ceniza)
  • «Si sbaglia. Sono Corso. L'uomo che corre.»
    «Non sembra un uomo che corre. Anzi, sembra un tranquillo.»
  • «È una studentessa?»
    «Una specie» (Irene Adler e Lucas Corso)
  • ... «... L'arcobaleno è un ponte che va dalla terra al cielo. Cadrà in pezzi alla fine del mondo, dopo che il diavolo lo avrà attraversato a cavallo.»
    «Non c'è male. Te lo ha detto la nonna?» Scosse il capo. Ora guardava di nuovo Corso, seria e assortita.
    «Me l'ha raccontato Bileto, un amico.» Quando pronunciò il nome si fermò un istante per aggrottare la fronte, con la tenerezza di una bambina che rivela un segreto. «Gli piacciono i cavalli e il vino ed è il tipo più ottimista che conosca... Spera ancora di tornare in cielo!» (Irene)
  • «Le piace leggere romanzi gotici?»
    «Mi piace leggere.» Aveva inclinato leggermente la testa di lato e la luce disegnava di scorcio il suoi collo nudo. «Toccare i libri. Quando viaggio ne ho sempre diversi nello zaino.»
    «Viaggia molto?»
    «Sì. Da secoli.» (Lucas Corso e Irene Adler)
  • «Non mi piacciono i regali» mormorò Corso, cupo. «Una volta dei tipi accettarono un certo cavallo di legno. Artigianato acheo, c'era scritto sull'etichetta. Che idioti.» (Corso)
  • La ragazza guardava l'acqua torbida del fiume come se trascinasse ricordi. Corso la vide sorridere mentre rifletteva, assente. «Non ho mai conosciuto un Dio imparziale. Né un diavolo.» Si voltò inaspettatamente verso di lui; i suoi pensieri precedenti sembrava fossero spariti insieme alla corrente. «Credi nel diavolo, Corso?» La guardò con attenzione, ma il fiume aveva trascinato via anche le immagini che alcuni secondi prima avevano popolato quegli occhi. Ormai c'era solo verde liquido, e luce.
    «Credo nella stupidità e nell'ignoranza» sorrise alla ragazza con aria stanca «e credo che la coltellata migliore sia quella che si dà qui, vedi?» Indicò il proprio inguine. «Nella femorale. Mentre si abbraccia la vittima.»
    «Che cosa temi, Corso? Che ti abbracci?...Che il cielo ti cada in testa?...» (Irene Adler e Lucas Corso)
  • «Chi sei?»
    «Il diavolo» disse lei. «Il diavolo innamorato»
  • «Sai perché mi piace questo libro, Corso?»
    «No. Dimmelo.»
    «Perché il protagonista è sincero. Il suo amore non è un semplice stratagemma per dannare un'anima. Biondetta è tenera e fedele; ammira in Alvaro le stesse qualità che il diavolo ama nell'uomo: il suo coraggio, la sua indipendenza...»
  • Il libraio rimise il Poliphilo nella vetrina. Poi fece una risata secca, priva di allegria: «Ha qualche amico, Corso?...A volte mi chiedo se uno come lei può averne». «Vada a farsi fottere.»
    Il suggerimento era stato formulato con impeccabile freddezza. Varo Borja sorrise con lenta deliberazione. Non sembrava offeso.
    «Ha ragione. La sua amicizia non mi interessa minimamente, perché compro la sua lealtà mercenaria, solida e duratura. Non è vero?...La dignità professionale di chi onora il suo contratto anche se il re che lo ha assoldato è fuggito, anche se la battaglia è perduta, e anche se non c'è salvezza possibile...» (Varo Borja e Lucas Corso)
  • ...il cane nero è uno degli animali preferiti dal diavolo per reincarnarsi... (Baronessa Ungern)
  • «Perché il forcone e non una falce?»
    «Perché la morte falcia, ma il diavolo raccoglie.» (Corso e la Baronessa Ungern)
  • Quello si disse, era un capolavoro dell'ingegneria genetica; e si chiese da quale mescolanza di sangue, o di enigmi, fosse uscita; pelle, carne, seme e caso, si erano dati appuntamento nel tempo per collegare gli anelli della catena che terminava in lei. Tutte le donne, tutte le femmine create dal genere umano erano lì, riassunte in quel corpo di diciotto o vent'anni.
  • Corso non lo seguiva con molta attenzione, perché aveva appena fatto una scoperta. L'ombra del campanile della chiesa era proiettata per terra, vicino a loro. La sagoma ampia e scura si era mosso a poco a poco in direzione inversa al sole. Osservò che la croce sula punta restava ai pedi della ragazza, vicinissima a lei, ma senza mai arrivare a toccarla. Prudente, l'ombra della croce si manteneva a distanza.
  • Si può far dire qualsiasi cosa a un testo, soprattutto se è antico e se è stato scritto in modo ambiguo.
  • Continuava a non sapere nemmeno come riferirsi a lei; ma la ricordò nuda nella penombra, la curva dei fianchi delineata in controluce, la bocca socchiusa. Incredibilmente bella e silenziosa, assorta nella propria gioventù e allo stesso tempo serena come acque tranquille, saggia di secoli.
  • «Ciascuno deve percorrere certe strade da solo. Non hai mai sentito parlare del libero arbitrio?…» (Irene Adler)
  • «Ci sono cose che non si possono eludere, Corso. Ci sono castelli che devono ardere e uomini da impiccare; cani destinati a sbranarsi a vicenda, virtù da decapitare, porte da aprire perché altri le oltrepassino…» (Irene Adler)
  • Perché Dio e il diavolo potevano essere la stessa cosa, e ciascuno la interpretava a modo suo.

«Perché la lucidità non vince mai. E non è mai valsa la pena di sedurre un imbecille.»

  • E ciascuno ha il diavolo che si merita.

Il giocatore occulto[modifica]

Incipit[modifica]

Al sedicesimo colpo l'uomo legato sul cavalletto sviene. La pelle è diventata gialla, quasi trasparente, e la testa penzola immobile dal bordo del tavolo. La luce della lampada a olio appesa alla parete fa intravedere un rivolo di lacrime sulle sue guance sporche e un filo di sangue che gli gocciola sul naso. Chi lo picchiava si ferma per un attimo, indeciso, il nerbo in una mano, mentre con l'altra si deterge dagli occhi il sudore che gli intride anche la camicia. Quindi si gira verso una terza persona che sta in piedi alle sue spalle, nell'ombra, appoggiata alla porta. L'uomo con il nerbo ora ha lo sguardo di un cane da presa che torna scornato dal padrone. Un mastino enorme, brutale, impacciato.

Citazioni[modifica]

  • Ma quello che amo davvero è che le nostre strade hanno lo stesso odore che si respira nelle stive di un brigantino: carne e pesce sotto sale, cannella e caffè... L'odore della nostra infanzia, cugina. Dei nostri rimpianti... E, soprattutto, mi piacciono quei crocevia con un cartello dove si vede disegnata una nave su un mare blu o verde; e in alto l'insegna più bella del mondo: Magazzino di prodotti d'oltremare e coloniali. (p. 465)
  • Sapete cosa mi piace della gente di mare, capitano?... Che ha viaggiato molto e parlato poco. Che sa ciò che ha visto con i propri occhi, imparando molte cose senza studiarle sui libri... Voi uomini di mare non avete bisogno di troppa compagnia, perché siete sempre stati soli. E avete quel tocco d'ingenuità, o d'innocenza, di chi scende a terra come per entrare in un luogo insicuro, ignoto. (Lolita Palma, pag. 525)
  • Ognuno di noi è schiavo di quel che dice e padrone di quel che tace.

Il maestro di scherma[modifica]

Incipit[modifica]

Sul cristallo dei panciuti bicchieri da cognac baluginava il riflesso delle candele che ardevano su candelabri d'argento. Tra una boccata di fumo e l'altra, intento ad accendere un robusto sigaro di Vuelta Abajo, il ministro, senza darlo a vedere, studiava il suo interlocutore. Non aveva il minimo dubbio che quell'uomo fosse una canaglia; ma lo aveva visto arrivare davanti alla porta di Lhardy su un'impeccabile carrozza trainata da due superbe giumente inglesi, e sulla mano dalle dita sottili e ben curate che sfilavano la fascetta dell'avana brillava un prezioso solitario montato in oro. Tutto ciò, oltre alla sua elegante disinvoltura e alle dettagliate informazioni che aveva fatto raccogliere su di lui, lo collocava automaticamente nella categoria delle canaglie di classe.

Citazioni[modifica]

  • Il giorno in cui si estinguerà l'ultimo maestro d'armi, quanto di nobile e onorevole possiede ancora la lotta ancestrale dell'uomo contro l'uomo scomparirà.
  • La pistola non è un'arma ma un trucco volgare. Se sono disposti a uccidersi, gli uomini lo devono fare faccia a faccia; non da lontano, come infami delinquenti da strada. L'arma bianca possiede un'etica che manca a tutte le altre... E, se mi è concesso, direi addirittura una mistica. La scherma è la disciplina mistica del vero cavaliere.

Il pittore di battaglie[modifica]

Incipit[modifica]

Nuotò per centocinquanta bracciate verso il mare aperto e altrettante per tornare indietro, come ogni mattina, finché sentì sotto i piedi i ciottoli della riva. Si asciugò con il telo che aveva appeso a un tronco portato dal mare, si infilò camicia e ciabatte e risalì lo stretto sentiero che conduceva dalla caletta fino alla torre di avvistamento. Lì si preparò un caffè e si mise al lavoro, aggiungendo azzurro ai grigi per definire l'atmosfera adeguata.

Citazioni[modifica]

  • Erano sottili e ben strani, pensava, i collegamenti che si potevano stabilire tra cose in apparenza non connesse: dipinti, parole, ricordi, orrore. Sembrava che tutto il caos del mondo, disseminato in qualche modo sulla Terra dal capriccio di dèi ubriachi o imbecilli – una spiegazione valeva l'altra – o di spietate fatalità, potesse vedersi di colpo ordinato, trasformato in un insieme dalle proporzioni precise, sotto la chiave di un'immagine inaspettata, una parola detta per caso, un sentimento, un quadro contemplato insieme ad una donna morta dieci anni prima, ricordato adesso e ridipinto alla luce di una biografia diversa da quella di chi l'aveva concepito. Di uno sguardo che forse lo arricchiva e lo spiegava. (pag. 93)
  • Fece un mezzo giro. Con un gesto abbracciò la gente seduta nei bar all'aperto e i turisti che passeggiavano sul molo, con le loro abbronzature e i loro calzoncini corti e i loro bambini e i loro cani.
    "Li guardi. Così civilizzati nei limiti del possibile e finché non gli costa troppo sforzo. Chiedendo le cose per favore, quelli che ancora lo fanno... Li metta in una stanza chiusa, li privi del necessario e li vedrà sbranarsi fra di loro." (pag. 106)
  • Se ogni guerra è una sorta di viaggio all'inferno, l'Africa è la sua scorciatoia. (pag. 251)

La carta sferica[modifica]

Incipit[modifica]

Scrutiamo la notte. È quasi perfetta, con la Stella polare visibile nel suo punto preciso del cielo, cinque volte a destra della linea formata da Merak e Dubhe. La Stella polare resterà dove si trova per i prossimi ventimila anni, e tutti i naviganti che la contempleranno si sentiranno sollevati nel trovarcela, perché è un bene che qualcosa resti immutabile da qualche parte finché le persone avranno bisogno di tracciare rotte su una carta nautica o sul paesaggio vago di una vita. Se continuiamo a prestare attenzione alle stelle, troveremo Orione senza alcuna fatica, quindi Perseo e le Pleiadi. È facile, perché la notte è tersa e non ci sono nuvole; neppure un soffio di brezza. Il vento da sudovest è cessato al tramonto e la darsena è uno specchio nero che riflette le luci delle gru del porto, i castelli illuminati sulle montagne e i bagliori – rispettivamente verde a sinistra e rosso a destra – dei fari di San Pedro e di Navidad.

Citazioni[modifica]

  • Era un bene non aspettarsi niente dalla gente e che la borsa da viaggio fosse abbastanza leggera da potersela buttare sulle spalle e camminare fino al porto più vicino, senza rimpiangere quanto ci si lasciava alle spalle. Benvenuti a bordo. Da migliaia di anni, anche da prima che le concavi navi salpassero per Ilio, c'erano stati uomini con rughe attorno alla bocca e cuori piovosi di novembre, quelli la cui indole spinge, presto o tardi, a guardare con interesse il foro nero di una pistola, per i quali il mare aveva sempre rappresentato una soluzione e che sempre avevano intuito quando era ora di prendere il largo. E anche prima di saperlo in modo consapevole, Coy era stato uno di loro per vocazione e per istinto. Una volta in una taverna di Veracruz, una donna – erano sempre le donne a formulare quel tipo di domande – gli aveva chiesto perché faceva il marinaio e non l'avvocato o il dentista. Lui si era limitato a fare spallucce prima di rispondere, dopo un bel pezzo, quando lei ormai non se lo aspettava più: «Il mare è pulito». Ed era vero. In alto mare, l'aria era fresca, le ferite cicatrizzavano più in fretta e il silenzio si faceva intenso quanto bastava per rendere sopportabili le domande senza risposta e giustificare i propri silenzi. (p. 22)
  • Il mare è fatto così. Puoi essere il miglior marinaio del mondo, ma arriva lui e ti liquida. L'unica consolazione è comportarti al meglio...
  • Non sta abbracciando me, non sta abbracciando un uomo a cui assegnare un volto, una voce, una bocca. Non era per me che gemeva con tanto dolore le altre volte, non è me che si immagina adesso, ma l'eroe rude, virile e silenzioso che prima reclamava con la voce roca. Il sogno che loro, tutte loro, portano sulla pelle e nel ventre da che mondo e mondo: colui che le ha fecondate e che poi se n'è andato alla volta di Troia su navi nere. L'uomo la cui ombra nemmeno i cinici sacerdoti, i pallidi poeti, gli assennati uomini di pace e di parola che spiano accanto alla tela non terminata, sono mai riusciti a cancellare del tutto.

La pelle del tamburo[modifica]

Incipit[modifica]

Il pirata informatico si infiltrò nel sistema centrale del Vaticano undici minuti prima di mezzanotte. Trentacinque secondi dopo, uno dei computer collegati alla rete principale dette l'allarme. Solo una spia luminosa intermittente sullo schermo segnalava l'inserimento automatico del controllo di sicurezza in seguito a un'intrusione esterna.

Citazioni[modifica]

  • E la fede è molto importante in questo secolo che agonizza così dolorosamente, non le pare? Sono state tentate tutte le rivoluzioni e sono rimaste solo le sconfitte. Le barricate sono deserte, e i paladini delle solidarietà si sono trasformati in solitari che si aggrappano a ciò che possono per sopravvivere. [...] Non si è mai sentito come uno di quei pedoni rimasti indietro, abbandonati in un angolo della scacchiera, che odono spegnersi il rumore della battaglia, mentre si sforzano di restare in piedi, chiedendosi se c'è ancora un re da continuare a servire? (Gris Marsala a Lorenzo Quart)
  • Scorgeva, in lontananza, la sagoma di un uomo che camminava da solo, all'imbrunire. Un templare solitario, in una pianura deserta, sotto un cielo senza Dio. Chiuse gli occhi, angosciato. Tentava di pregare, sfidando il vuoto nascosto in ogni parola. Sentiva un'immensa solitudine. Una tranquilla e disperata tristezza.

La Regina del Sud[modifica]

Incipit[modifica]

Squillò il telefono e lei seppe che l'avrebbero uccisa. Lo seppe con una tale sicurezza che rimase immobile, il rasoio alzato, i capelli appiccicati alla faccia nel vapore dell'acqua calda che gocciolava sulle piastrelle. Drin. Rimase fermissima, trattenendo il respiro come se l'immobilità o il silenzio potessero cambiare il corso degli eventi già accaduti. Drin. Era nella vasca da bagno e si stava depilando la gamba destra, con l'acqua insaponata che le arrivava alla vita, e le venne la pelle d'oca come se avesse appena aperto il rubinetto dell'acqua fredda. Drin. Nello stereo della camera da letto Los Tigres del Norte cantavano le storie di Camelia la Texana. Tradimento e contrabbando, dicevano, non possono andare d'accordo. Aveva sempre temuto che certe canzoni fossero presagi, e di colpo si erano trasformate in realtà cupa e minacciosa. Il Biondo ci scherzava sopra; ma quello squillo dava ragione a lei e torto al Biondo.

Citazioni[modifica]

  • Era troppo tardi per la paura, la paura ti viene prima che le cose succedano, e poi, quando ci sei dentro, ti consoli pensando che tutto finisce. L'unica vera paura è che la fine si faccia desiderare troppo. (p. 29)
  • Se sei un delinquente, ripeté César "Batman" Güemes, non puoi far altro che rigare dritto. (p. 41)
  • Qualsiasi cosa dicano, il denaro sporco toglie la fame proprio come quello pulito. E assicura lusso, musica, vino e donne. Poi muori presto e amen. Sono pochi i narcos che arrivano alla pensione, perché la destinazione naturale è la prigione o il cimitero. (p. 42)
  • Spesso le immagini e le situazioni e le fotografie non sono compiute finché non si realizzano gli avvenimenti successivi; come se restassero in sospeso, provvisorie, solo per vedersi confermate o smentite in un secondo tempo. Ci facciamo delle foto, non per ricordare, ma per completarle poi con il seguito della nostra vita. Per questo ci sono foto riuscite e foto non riuscite. Immagini che il tempo mette al loro posto, attribuendo ad alcune un significato particolare e scartandone invece altre che si spengono da sole, proprio come se i loro colori sbiadissero con il passare degli anni. (p. 81)
  • I libri sono porte che ti fanno uscire in strada, diceva Patricia. Con i libri impari, studi, viaggi, sogni, immagini, vivi altre vite e moltiplichi per mille la tua. […] E servono anche per tenere a bada tante brutte cose: i fantasmi, la solitudine e altre stronzate del genere. A volte mi chiedo come possiate farcela, voi che non leggete. (p. 153)
  • Magari la vita è semplicemente così, si diceva sconcertata, e il passare degli anni, la vecchiaia, quando arriva, significa solo che ti fermi per guardarti indietro vedi le strane persone che sei stata e non ti ci riconosci neanche più. (p. 176)
  • Poteva darsi, concluse, che l'ambizione, i progetti, i sogni e persino il coraggio, o la fede – persino la fede in Dio, stabilì rabbrividendo – invece di darti forza, te la togliessero. Perché la speranza, persino il semplice desiderio di sopravvivere, ti rendevano vulnerabile, legandoti all'eventualità del dolore e della sconfitta. Forse da lì derivava la differenza tra certi esseri umani e gli altri, e allora ecco cosa le era successo. Forse Edmond Dantès si sbagliava, e l'unica soluzione era non fidarsi e non sperare. (p. 194)[6]
  • Perché arriva un momento, si disse, in cui guardi avanti e vedi solo quello che ti sei lasciato alle spalle: cadaveri che hai disseminato sul tuo cammino. Tra loro vaga anche il tuo, ma non lo sai. Fino a quando non lo vedi, e capisci. (p. 383)

Explicit[modifica]

Il mio sarebbe stato, inevitabilmente, un corrido di carta stampata lungo quattrocento pagine. Si fa quel che si può. Ma ero assolutamente certo che, da qualche parte, nei dintorni, qualcuno stava già componendo la canzone che presto avrebbe girato lo stato del Sinaloa e tutto il Messico, cantata da Los Tigres o da Los Tucanes, o da un altro gruppo leggendario. Una canzone che quei tipi dall'aria rude, con grandi baffi, camicie a quadretti, cappelli da baseball e da cowboy di fibra di palma seduti vicino a me, Julio ed Élmer nella stessa taverna – forse addirittura allo stesso tavolo – in cui sedeva il Biondo Dávila, avrebbero ascoltato con aria grave quando l'avessero messa nel juke-box, tutti con la loro Pacifico media in mano, annuendo in silenzio. La storia della Regina del Sud. Il corrido di Teresa Mendoza.

Incipit di alcune opere[modifica]

Il capitano Alatriste[modifica]

Non sarà forse stato l'uomo più onesto e neanche il più caritatevole della terra, ma era un uomo valoroso. Si chiamava Diego Alatriste y Tenorio e aveva combattuto come soldato nei vecchi battaglioni di fanteria durante la guerra delle Fiandre.

L'ombra dell'aquila[modifica]

Era lì, in piedi sulla collina, e Sbodonovo bruciava all'orizzonte. Era lì, piccolo e grigio con il suo mantello dei cacciatori della Guardia, circondato da piume e galloni, grifalchi e aiutanti di campo, tirando maledizioni a denti stretti, il cannocchiale incastrato sotto un sopracciglio, perché il fumo non gli permetteva di vedere cosa stava accadendo sul fianco destro. Era lì come nelle illustrazioni, calma e sangue freddo, impartendo ordini senza voltarsi, sottovoce, con la feluca calcata, mentre tutt'intorno marescialli, segretari, attendenti e ficcanaso si inchinavano rispettosamente. Sì, Maestà. In effetti, Maestà. Ci mancava altro, Maestà.

L'ussaro[modifica]

La lama della sciabola lo affascinava. Frederic Glüntz non riusciva a staccare gli occhi dall'arma d'acciaio brunito che splendeva fuori dal fodero, tra le sue mani, mandando bagliori rossastri ogni volta che una corrente d'aria agitava la fiamma della candela. Ci ripassò sopra lo smeriglio, provando un brivido nel constatare la perfezione della lama affilata.

La tavola fiamminga[modifica]

Una busta è un enigma che racchiude altri enigmi. Quella era grande, gonfia, di carta di Manila, con il timbro del laboratorio impresso nell'angolo inferiore sinistro. E mentre la soppesava tra le mani cercando contemporaneamente un tagliacarte tra pennelli e barattoli di colori e vernici, Julia era molto lontana dall'immaginare fino a che punto aprirla avrebbe cambiato la sua vita.

Una questione d'onore[modifica]

Era la Cenerentola più carina che avessi mai visto. Aveva sedici anni, un libro di pirati sotto il cuscino e, come nelle favole, una sorellastra cattiva che aveva venduto la sua verginità al portoghese Almeida, che a sua volta pretendeva di rivenderla a don Máximo Larreta, proprietario delle Costruzioni Larreta e delle pompe funebri Hasta luego.

Note[modifica]

  1. Citato in Il giornale, 21 settembre 2008.
  2. Citato in Cristina Taglietti, Pérez-Reverte: io non voglio migliorare il mondo, Corriere.it, 7 settembre 2017.
  3. Citato in MessaggeroVeneto, 21 settembre 2008.
  4. Dall'intervista di Tiziana Cozzi ad Arturo Pérez-Reverte Arturo Pérez Reverte Quando i corsari erano napoletani, la Repubblica Napoli.it, 24 aprile 2007.
  5. L'uomo è un animale pericoloso in un territorio pericoloso, intervista di Grazia Casagrande
  6. Si riferisce alla lettera che Edmond Dantès scrive a Maximilian Morel: Soltanto colui che provò le più grandi sventure è atto a godere le più grandi felicità. Vivete dunque e siate felici, figli diletti del mio cuore, e non dimenticate mai che, fino al giorno in cui Dio si degnerà di svelare all'uomo i segreti dell'avvenire, tutta la più alta sapienza d'un uomo consisterà in queste due parole: "Attendere e sperare". (da Il conte di Montecristo)

Bibliografia[modifica]

  • Arturo Pérez-Reverte, Il capitano Alatriste, traduzione di Roberta Bovaia, Rizzoli, 2015. ISBN 9788817081573
  • Arturo Pérez-Reverte, Il cecchino paziente, traduzione di Bruno Arpaia, Rizzoli Editore, 2014. ISBN 9788817075633
  • Arturo Pérez-Reverte, Il club Dumas (1993), traduzione di I. Carmignani, Tropea, 1997. ISBN 8843800965
  • Arturo Pérez-Reverte, Il giocatore occulto, traduzione di Roberta Bovaia, Marco Tropea Editore, 2010. ISBN 9788855801544
  • Arturo Pérez-Reverte, Il maestro di scherma (1988), traduzione di Paola Tomasinelli, Marco Tropea Editore, 1998. ISBN 8843801678
  • Arturo Pérez-Reverte, Il pittore di battaglie (2006), traduzione di Roberta Bovaia, Marco Tropea Editore, 2007. ISBN 9788855800143
  • Arturo Pérez-Reverte, L'ombra dell'aquila (1993), traduzione di S. Sichel, Marco Tropea Editore, 2002. ISBN 8843803565
  • Arturo Pérez-Reverte, L'ussaro (2005), traduzione di Silvia Sichel, Marco Tropea Editore, 2006. ISBN 8843805789
  • Arturo Pérez-Reverte, La carta sferica (2000), traduzione di Roberta Bovaia e Silvia Sichel, Marco Tropea Editore, 2000. ISBN 8843802623
  • Arturo Pérez-Reverte, La pelle del tamburo (1995), traduzione di I. Carmignani, Net, 2003. ISBN 8851521042
  • Arturo Pérez-Reverte, La Regina del Sud (2002), traduzione di Roberta Bovaia, Marco Tropea Editore, 2003. ISBN 8843804049
  • Arturo Pérez-Reverte, La tavola fiamminga (1990), traduzione di Roberta Bovaia e Silvia Sichel, Marco Tropea Editore, edizione EST, 1999. ISBN 884380166X
  • Arturo Pérez-Reverte, Una questione d'onore (1995), traduzione di Pino Cacucci, Marco Tropea Editore, 2004. ISBN 8843804715

Voci correlate[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]