Alessandro Tassoni

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Alessandro Tassoni

Alessandro Tassoni (1565 – 1635), scrittore e poeta italiano.

Citazioni di Alessandro Tassoni[modifica]

  • Direi adunque, che chi preme nello stile e nella bellezza del dire, dovesse affaticarsi in fare la scelta delle più belle voci e frasi, che si favellino e scrivano al presente, e non di quelle, che l'uso ha dismesse: peroché come i vestimenti antichi, benché di grande fattura e spesa, non piaciono, ma si conservano per memoria riposti; così delle parole antiche suole avvenire, che si conservano per memoria ne' loro autori, ma non s'adoprano.[1]

La Secchia rapita[modifica]

Incipit[modifica]

Vorrei cantar quel memorando sdegno
ch'infiammò già ne' fieri petti umani
un'infelice e vil Secchia di legno
che tolsero a i Petroni i Gemignani.
Febo che mi raggiri entro lo 'ngegno
l'orribil guerra e gl'accidenti strani,
tu che sai poetar servimi d'aio
e tiemmi per le maniche del saio.

Citazioni[modifica]

  • Chi va cercando e suscitando risse, | Non sa che la Fortuna è donna, e vola.
  • E s'udian gli usignoli al primo albore | E gli asini cantar versi d'amore. (I, 6)
  • La balestra del Ciel scocca improvviso.
  • La Sorte ed il Saper stanno in un vaso.
  • [Venere] Lascia Gaeta, e su per l'onda corre | tanto ch'arriva a Procida e la rade, | indi giugne a Puzzòlo, e via trascorre, | Puzzòlo che di solfo ha le contrade | quindi s'andava in Nisida a raccorre, | e a Napoli scopría l'alta beltade: | onde dal porto suo parea inchinare | la Regina del mar, la Dea del mare. [2]
  • Ma un petto, senza cor, che l'aria teme, | non l'armerían cento arsenali insieme. (XI, 11)
  • Modena è una città di Lombardia, | Che nel pantan mezza sepolta siede, | Ove si suol sm... da capo a piede | Chi s'imbatte a passar per quella via. (citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 317)
  • Se in lupi si trasformano i pastori, | gli agnelli diverran cani arrabbiati: | che fra gli oltraggi quei sono i peggiori | che ci fanno color ch'abbiamo amati. (XII, 30)

Le Filippiche[modifica]

  • [Gli Spagnoli] non durano, insomma, in Italia perché sieno migliori de' Francesi, ma perché sanno meglio occultare le loro passioni e i disegni loro: pagano la nobiltà italiana per poterla meglio strapazzare e schernire; stipendiano i forestieri per aver piede negli altrui stati; avari e rapaci, se il suddito è ricco; insolenti, s'egli è povero; insaziabili in guisa che non basta loro né l'oriente né l'occidente; infestano e sconvolgono tutta la terra cercando miniere d'oro; corseggiano tutti i mari, tutte le isole mettono a sacco. Indarno si cerca mitigare la loro superbia con l'umiltà: le rapine chiamano proveccio, la tirannide ragion di stato; e saccheggiate e disertate che hanno le province, dicono di averle tranquillate e pacificate.

Note[modifica]

  1. Da Dai pensieri diversi, libro IX, Cose poetiche, istoriche e varie, quesito XV, Se trecento anni sono meglio si scrivesse in volgare italiano o nell'età presente, in Opere, a cura di Giorgio Rossi, vol. II, Prose politiche e morali, Laterza, Bari, 1930, pp. 290-291.
  2. Libro X, p. 152

Bibliografia[modifica]

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