Jeffery Deaver

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Jeffery Deaver

Jeffery Deaver (1950 – vivente), scrittore statunitense.

  • I titoli delle mie antologie non sono casuali. Per quanto mi riguarda, l'effetto sorpresa è l'essenza del racconto.[1]
  • Dio non dà nulla di certo. A volte bisogna giocarsi le probabilità.[2]

Il filo che brucia[modifica]

  • Dal collo in giù, l'uomo vale un paio di dollari al giorno. Dal collo in su, vale qualunque cosa la sua mente sia in grado di produrre.
  • La paura genera rispetto. Così va il mondo.
  • I tempi cambiano. E dobbiamo cambiare anche noi. Quali che siano i rischi. Qualsiasi cosa siamo costretti a lasciarci alle spalle.

Il giardino delle belve[modifica]

Incipit[modifica]

Non appena entrò nell'appartamento poco illuminato, capì di essere un uomo morto.

Si asciugò le mani madide di sudore, si guardò attorno, la casa era silenziosa come un obitorio e gli unici deboli suoni erano quelli del traffico notturno di Hell's Kitchen e della veneziana sudicia che veniva sospinta verso la finestra dal fiato caldo del ventilatore Monkey Ward.

In quella scena non quadrava niente.

Citazioni[modifica]

  • Il sole tramonta comunque, sia sul giorno migliore sia sul giorno peggiore.
  • Mentre si avvicinava al capanno, notò che non aveva finestre. Non aveva una porta posteriore; la fuga dopo lo sparo sarebbe stata molto difficile; sarebbe stato costretto a uscire allo scoperto e a passare davanti allo stadio. Tuttavia aveva il sospetto che l'acustica avrebbe reso molto difficile individuare il punto da cui era stato esploso il colpo.

Il valzer dell'impiccato[modifica]

Incipit[modifica]

«Mamma.»
«Un minuto.»
Procedevano spedite lungo la strada tranquilla dell'Upper East Side, il sole basso in quella fresca mattina autunnale. Foglie rosse e gialle tracciavano spirali cadendo dai rami sparuti.
Madre e figlia, gravata dalla zavorra che adesso i bambini si portano a scuola.
Ai miei tempi...

Citazioni[modifica]

  • No, in gran parte la riluttanza di Ryhme a viaggiare e la sua tendenza a una vita solitaria erano dovute al semplice fatto che era, be’, un solitario. Per natura.
  • Milano era una città grigia come la pietra e polverosa, caratteristiche enfatizzate dallo sbiadito fogliame autunnale. Anche se i toni del marrone e del grigio erano mitigati dagli onnipresenti tetti rossi, Napoli era molto più colorata. E più caotica.
  • Ha presente quelli che si calano nella psicologia del personaggio che interpretano. Può essere parecchio difficile. Si finisce in posti bui. E può volerci del tempo per uscirne. Ma i più bravi investigatori sono in grado di farlo. Lincoln dice che c’è una linea sottile tra bene e male, e che i migliori agenti della Scientifica potrebbero facilmente diventare i peggiori criminali.

L'addestratore[modifica]

  • Tutti preferiscono evitare il passato. Immagino sia naturale. Nonostante i ricordi meravigliosi, quando ripensiamo a tutto ciò che abbiamo fatto e detto nel corso degli anni, i rimpianti, anche se meno numerosi delle gioie e delle soddisfazioni, sono più vivi, come carboni ardenti che non riusciamo mai a spegnere del tutto, per quanto disperatamente ci proviamo.
  • Ma il passato funziona così. Torna a trovarci solo nei momenti più strani e difficili ed è scritto nella pietra, immutabile.

L'ombra del collezionista[modifica]

Incipit[modifica]

MEZZOGIORNO

Il seminterrato.
Doveva andare nel seminterrato.
Chloe odiava quel posto.
Ma avevano terminato le 44 e le 46 del Rue du Cannes (il pacchiano abitino a fiori con l'orlo smerlato e la scollatura vertiginosa) e doveva rifornire gli espositori, riempirli per gli occhi dei clienti.

Citazioni[modifica]

  • C'è qualcosa che non fa male, nella vita, se è importante?
  • La selezione naturale si applica all'attività criminale, così come alle salamandre e alle scimmie.

Profondo Blu[modifica]

Incipit[modifica]

Il furgone bianco e malconcio l'aveva messa a disagio.

Lara Gibson sedeva al bancone del Vesta's Grill sul De Anza a Cupertino, in California, e stringeva lo stelo freddo del suo bicchiere di Martini cercando di ignorare due giovani programmatori in piedi poco lontano da lei che le lanciavano occhiate inequivocabili.

Citazioni[modifica]

  • Chi vuoi essere?
  • L'accesso è Dio...
  • Più ti conosco, più mi convinco che non sei come tutti gli altri hacker. (Detective Bishop)
  • È che io so cosa fare. Quando sei un hacker, riesci a entrare in sintonia con le macchine. (Wyatt Gilette)
  • La giustizia degli hacker è una giustizia paziente.
  • La prima volta che il tuo computer fa le bizze, non preoccuparti. Problemi di ordinaria amministrazione. Sono certo che non corri alcun pericolo. Probabilmente.

Spirali[modifica]

  • I racconti sono come le pallottole di un cecchino. Rapidi e sconvolgenti. In un racconto io posso trasformare il bene in male e il male in peggio e, cosa ancora più divertente, quelli veramente buoni in veramente cattivi.
  • Nei miei romanzi, rispetto sempre regole molto rigide; anche se mi piace far passare i cattivi per buoni e viceversa, e far balenare la possibilità di un disastro, alla fine i buoni sono buoni e i cattivi sono cattivi, e il bene più o meno trionfa.
  • Quando al liceo mi veniva assegnata una prova di scrittura, puntualmente mi cimentavo con un racconto.

Incipit di alcune opere[modifica]

I corpi lasciati indietro[modifica]

Silenzio.
I boschi attorno al lago Mondac erano più tranquilli che mai, ben lontani dalla metropoli caotica e in continuo fermento in cui la coppia viveva.
Un silenzio perfetto, rotto solo dal verso di un uccello e dall'ipnotico gracidare di una rana.
E ora anche da un altro rumore.
Un fruscio di foglie smosse, un crepitio di rami spezzati.

Il collezionista di ossa[modifica]

Voleva soltanto dormire.
L'aereo era atterrato con due ore di ritardo e c'era stata un'attesa infinita per i bagagli. E poi l'autonoleggio aveva fatto casino: la limousine se n'era andata un'ora prima. E così, ora stavano aspettando un taxi.
Lei era in fila con gli altri passeggeri, il corpo snello piegato in avanti per il peso del computer portatile. John sproloquiava qualcosa sui tassi di interesse e su nuovi modi possibili di rinegoziare l'accordo, ma tutto ciò che lei riusciva a pensare era: Sono le dieci e mezzo di venerdì sera. Voglio mettermi in tuta e buttarmi su letto.

Il silenzio dei rapiti[modifica]

«Otto uccelli grigi, appollaiati nel buio.
Soffia un vento freddo, indelicato.»

Il piccolo scuolabus giallo raggiunse la sommità di una brusca salita sulla strada e, per un istante, tutto ciò che lei poté vedere fu un'immensa trapunta pallida di frumento, larga migliaia di chilometri, che ondeggiava, ondeggiava sotto il cielo grigio. Poi l'automezzo discese ancora una volta e l'orizzonte scomparve

«Appollaiati su un filo, sollevano le ali
e si allontanano tra le ribollenti nubi.»

Il taglio di Dio[modifica]

«È prudente?»[3]

L'uomo scomparso[modifica]

Buona sera, Riveriti Spettatori. Benvenuti.
Benvenuti al nostro spettacolo.
Abbiamo moltissime eccitanti sorprese in serbo per voi nel corso dei prossimi due giorni, in cui i nostri illusionisti, i nostri maghi, i nostri prestidigitatori tesseranno i loro incantesimi per divertirvi e intrattenervi.

La bambola che dorme[modifica]

13 settembre 1999
Il "Figlio di Manson" riconosciuto colpevole della strage della famiglia Croyton

Salinas, California. Oggi la giuria di Monterrey County, dopo appena cinque ore di consultazione, ha riconosciuto Daniel Raymond Pell, trentacinque anni, colpevole di quattro capi d'accusa per omicidio di primo grado e uno per omicidio colposo.
"Andava fatta giustizia", ha dichiarato il pubblico ministero James J. Reynolds ai giornalisti, dopo avere comunicato il verdetto. "Abbiamo a che fare con un uomo estremamente pericoloso, autore di crimini orribili."

La dodicesima carta[modifica]

Il volto bagnato di sudore e lacrime, l'uomo corre per salvarsi la vita.
"Eccolo! Eccolo là!"
L'ex schiavo non capisce bene da dove venga la voce. Dalle sue spalle? Da sinistra o da destra? Dal tetto di una delle case decrepite che si allineano lungo queste sordide strade acciottolate? Nell'aria di luglio calda e densa come paraffina, l'uomo smilzo salta un cumulo di sterco di cavallo. I netturbini non arrivano qui, in questa parte della città. Charles Singleton si ferma presso un bancale con un'alta pila di barilotti appoggiata sopra, tentando di riprendere fiato.

La figlia sbagliata[modifica]

Megan la Svitata parcheggia l'automobile.
Non ne ha nessuna voglia. Proprio no.
Non scende, ascolta la pioggia...
Dopo un breve ticchettio il motore tacque; lei si guardava i vestiti. Solito abbigliamento: jeans JNCO; maglietta bianca senza maniche sotto una camicia da lavoro di denim scuro; scarponi militari. Metteva sempre le stesse cose. Ma oggi non ci si sentiva a suo agio, provava imbarazzo. Avrebbe dovuto indossare una gonna, almeno. I pantaloni erano troppo sformati. Le maniche della camicia penzolavano fino a sfiorare le unghie smaltate di nero e i calzini erano color minestra di carote.

La finestra rotta[modifica]

C'era qualcosa che la tormentava anche se non riusciva a capire cosa.
Come quando senti un dolorino che non se ne va.
O quando, tornando a casa, ti accorgi che c'è un uomo dietro di te... Che sia lo stesso che ti guardava in metropolitana?
O quando vedi un puntino scuro che si muove verso il tuo letto e poi sparisce... Una vedova nera?
Ma poi il suo ospite, seduto sul divano del salotto, la guardò sorridendo e Alice Sanderson dimenticò le sue preoccupazioni, se di preoccupazioni si trattava. Arthur era un tipo brillante e di bell'aspetto, certo. E, soprattutto, aveva uno splendido sorriso.

La lacrima del Diavolo[modifica]

Il Becchino è in città.
Il Becchino assomiglia a te, il Becchino assomiglia a me. Cammina lungo le strade fredde e tristi proprio come camminerebbe chiunque altro, le spalle strette a difendersi dall'aria umida di dicembre.
Non è alto e non è basso, non è grasso e non è magro. Le sue dita, nei guanti scuri, potrebbe essere grassocce, ma potrebbero anche non esserlo. I suoi piedi sembrano grandi, ma forse è soltanto la misura delle scarpe.

La luna fredda[modifica]

"Quanto tempo hanno impiegato a morire?"
L'uomo cui era stata posta la domanda sembrò non averla sentita. Guardò di nuovo nello specchietto retrovisore e si concentrò sulla guida. Era appena passata mezzanotte e le strade di Lower Manhattan erano ghiacciate. Un fronte di aria fredda aveva spazzato il cielo e trasformato la neve che lo aveva preceduto in una patina scivolosa sull'asfalto. I due uomini erano a bordo della Band-Aid-Mobile, come Vincent lo Sveglio aveva battezzato la SUV scura. Il veicolo aveva qualche anno e necessitava tanto di una revisione ai freni quando di un cambio di pneumatici. Ma portare una macchina rubata in officina non sarebbe stata un'idea saggia, specie considerando che due dei suoi ultimi passeggeri erano ora vittime di un omicidio.

La scimmia di pietra[modifica]

Erano le ombre, erano i disperati.
Per i trafficanti di esseri umani — le teste di serpente — che li trasportavano attraverso il mondo come merce avariata erano i ju-jia, i maialini.
Per gli agenti dell'Ufficio Immigrazione americano che intercettavano le loro navi, che li arrestavano e li rimpatriavano erano gli irregolari.
Erano uomini e donne pieni di speranza. Che stavano abbandonando case e famiglie e tradizioni millenarie per la dura certezza degli anni rischiosi e pieni di fatiche che li attendevano.

La sedia vuota[modifica]

Scese a portare dei fiori nel luogo in cui il ragazzo era morto e la ragazza era stata rapita.
Scese perché era grassa, aveva la faccia butterata e non aveva molti amici.
Scese perché ci si aspettava che scendesse.
Scese perché voleva farlo.
Goffa e madida di sudore, Lydia Johansson percorse il ciglio di terra battuta della Route 112, dove aveva parcheggiato la sua Honda Accord, quindi, con cautela, scese lungo il pendio fino alla riva fangosa dove il Canale Blackwater incontrava le acque opache del fiume Paquenoke.
Scese perché pensava che fosse la cosa giusta da fare.
Scese, anche se aveva paura.

La strada delle croci[modifica]

Qualcosa non quadrava.
L'agente della California Highway Patrol, un giovane con i capelli biondi e ispidi che spuntavano da sotto il cappello d'ordinanza, percorreva la Highway 1 in direzione sud all'altezza di Monterey a bordo della sua Ford Crown Victoria. A destra dune di sabbia, a sinistra un groviglio di negozi fatiscenti.
Ma qualcosa non quadrava. Che cosa?

Lo scheletro che balla[modifica]

Quando Edward Carney salutò sua moglie Percey, non avrebbe mai immaginato che quella fosse l'ultima volta che la vedeva.
Salì sulla sua automobile, che era parcheggiata in un preziosissimo posto auto sull'Ottantunesima Strada Est a Manhattan, e si immise nel traffico. Carney, osservatore per natura, notò un furgone nero parcheggiato nelle vicinanze di casa loro. Un furgone con i finestrini a specchio ricoperti di schizzi di fango. Lanciò un'occhiata al veicolo malridotto, riconobbe le targhe del West Virginia e si rese conto di averlo visto in strada diverse volte negli ultimi giorni. Poi, però, le macchine incolonnate davanti a lui ripresero a muoversi. Carney riuscì a passare un attimo prima che il semaforo cambiasse dal giallo al rosso e si dimenticò completamente del furgone. Ben presto si ritrovò sulla FDR Drive, nel flusso diretto verso nord.

Nero a Manhattan[modifica]

Per la prima volta in sei mesi, si sentiva al sicuro.
Dopo due cambi d'identità e tre nuovi indirizzi, cominciava davvero a credere di averla scampata.
Una nuova sensazione si era impossessata di lui, una tranquillità inconsueta. Era da tanto che non provava nulla di simile, pensò, mettendosi a sedere sul letto della sua camera d'albergo, con vista sullo strano arco argentato che incorniciava il lungofiume di St. Louis. Respirò l'aria primaverile del Midwest.

Pietà per gli insonni[modifica]

Come una culla, il furgone mortuario lo faceva oscillare dolcemente.
Il malandato veicolo procedeva scricchiolando lungo una strada di campagna, asfalto screpolato e gibboso. Gli pareva che quel viaggio durasse da alcune ore ma non si sarebbe stupito scoprendo che si trattava invece di giorni o settimane. Poi ci fu uno stridio di freni consumati e si sentì sballottare da una brusca svolta. Adesso erano sul fondo liscio di una statale, e in rapida accelerazione.
Sfregò il volto contro un'etichetta satinata all'interno della sacca. Non poteva vederla in quel buio ma ricordava le parole elegante intessute in nero su giallo.

Sotto terra[modifica]

"Tempo fa mi hanno raccontato un aneddoto su di te", disse Marty, "e non sapevo se crederci."
Pellam non lo guardò neppure. Stava tornando in città al volante del Winnebago Chieftain 43. Avevano appena scovato una vecchia casa colonica a un chilometro e mezzo di distanza e offerto al proprietario esterrefatto milletrecento dollari per girare due scene nella sua veranda, a patto di poter sostituire per un paio di giorni, nel vialetto d'ingresso, la sua Nissan arancio arrugginita con una mietitrebbiatrice. Per tutti quei soldi il contadino si era anche detto disposto a mangiarsela la macchina, se solo fosse stato quello che loro volevano.
Pellam gli aveva risposto che non ce n'era bisogno.

Citazioni su Jeffery Deaver[modifica]

Note[modifica]

  1. Da La notte della paura.
  2. Da Lo scheletro che balla.
  3. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Jeffery Deaver, I corpi lasciati indietro, traduzione di Andrea Cappi e Adria Tissoni, Rizzoli, 2009. ISBN 9788817030465
  • Jeffery Deaver, Il collezionista di ossa, traduzione di Stefano Massaron, Edizioni Sonzogno.
  • Jeffery Deaver, Il Filo che Brucia, traduzione di Maria Baiocchi e Anna tagliavini, Rizzoli, 2010. ISBN 978-88-17-04076-1
  • Jeffery Deaver, Il giardino delle belve, traduzione di Maura Parolini e Matteo Curtoni, Sonzogno Editore, Milano 2004.
  • Jeffery Deaver. Il silenzio dei rapiti, traduzione di Stefano Massaron, Sonzogno, 2004. ISBN 8845420035
  • Jeffery Deaver, Il valzer dell'impiccato, traduzione di Rosa Principe, Rizzoli, Milano, 2017 ISBN 978-88-17-09450-4
  • Jeffery Deaver, L'addestratore, traduzione di Valentina Ricci, Rizzoli, 2011. ISBN 978-88-17-05883-4
  • Jeffery Deaver, L'ombra del collezionista, Rizzoli, 2014, ISBN 978-88-17-07746-0
  • Jeffery Deaver, L'uomo scomparso, traduzione di Maura Parolini e Matteo Curtoni, Edizioni Sonzogno.
  • Jeffery Deaver, La bambola che dorme, traduzione di Andrea Carlo Cappi e Cristiana Astori, Sonzogno Editore, Milano 2007.
  • Jeffery Deaver, La dodicesima carta, traduzione di Andrea Carlo Cappi, Edizioni Sonzogno.
  • Jeffery Deaver, La figlia sbagliata, traduzione di Maria Baiocchi e Anna Tagliavini, Rizzoli, 2010. ISBN 9788817043700
  • Jeffery Deaver, La finestra rotta, traduzione di Andrea Carlo Cappi, Rizzoli.
  • Jeffery Deaver, La lacrima del Diavolo, traduzione di Stefano Massaron, Edizioni Sonzogno.
  • Jeffery Deaver, La luna fredda, traduzione di Adrea Carlo Nappi, Edizioni Sonzogno.
  • Jeffery Deaver, La notte della paura, traduzione di Cristiana Astori, Andrea Carlo Cappi, Matteo Curtoni e Sandro Ossola, Rizzoli Editore, Milano 2008.
  • Jeffery Deaver, La scimmia di pietra, traduzione di Maura Parolini e Matteo Curtoni, Sonzogno, 2002. ISBN 8845422534
  • Jeffery Deaver, La sedia vuota, traduzione di Maura Parolini e Matteo Curtoni, Edizioni Sonzogno.
  • Jeffery Deaver, La strada delle croci, traduzione di Viola Alberti, Rizzoli, 2009. ISBN 9788817036818
  • Jeffery Deaver, Lo scheletro che balla, traduzione di Stefano Massaron, Edizioni Sonzogno.
  • Jeffery Deaver, Nero a Manhattan, traduzione di Michele Foschini, Rizzoli, 2009. ISBN 9788817029339
  • Jeffery Deaver, Pietà per gli insonni, traduzione di Mariapaola Dèttore, Edizioni Sonzogno.
  • Jeffery Deaver, Profondo Blu, traduzione di Maura Parolini e Matteo Curtoni, Sonzogno Editore, Milano 2001.
  • Jeffery Deaver, Sotto terra, traduzione di Cristiana Astori, Edizioni Sonzogno.
  • Jeffery Deaver, Spirali, traduzione di Matteo Curtoni, Maura Parolini, Sergio D. Altieri, Andrea Carlo Nappi, Carlo Oliva. Edizioni Sonzogno.

Voci correlate[modifica]

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