Kenneth Robeson

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Kenneth Robeson, pseudonimo-nome collettivo usato da un gruppo di scrittori statunitensi, tra cui Lester Dent (1904-1959).

Incipit di alcune opere[modifica]

Il fantasma che rideva[modifica]

Alla voce "RIDERE", il dizionario dice: manifestare una spontanea reazione di ilarità attraverso una modificazione della mimica facciale e del ritmo respiratorio.
Non c'è niente di male nel ridere, tutti ridono e, a sentire gli psicologi, ridere fa bene.
Però quando a ridere è un fantasma, le cose cambiano.

Il pericolo dell'oro[modifica]

Gli avvoltoi sapevano che un festino li aspettava. Stavano sospesi quasi immobili nel cielo grigio e minaccioso, con gli occhietti luccicanti avidamente fissi sul profondo canyon sotto di loro.
La gola era tetra come una tomba. Le pareti s'innalzavano a picco e in linea retta per una distanza infinita: macigni e alberelli stentati erano allineati lungo i fianchi; al centro, un fiumiciattolo mormorava un canto lugubre. Non si sentivano altri rumori.
Ma la morte era lì, in attesa!

Il segreto delle navi scomparse[modifica]

Un letterato americano disse una volta che se un uomo avesse inventato una perfetta trappola per topi, il mondo avrebbe tracciato un sentiero fino alla sua porta.
Era il caso di Pasha Bey. Il suo prodotto non era una trappola per topi, ma era il meglio nel suo genere. Uomo moderno, Pasha Bey era diventato il capo di una vasta organizzazione specializzata nel suo settore. La fama di Pasha Bey era grande. Da tutto l'Egitto, la gente tracciava sentieri fino alla sua porta, che era più o meno dovunque, ad Alessandria. Veniva a comperare il suo prodotto, naturalmente.
Il prodotto di Pasha Bey era l'omicidio!

I teschi d'argento[modifica]

La faccia dell'uomo alto aveva un'espressione dura, raggelata, e gli occhi scuri roteavano e guizzavano inquieti. Le mani, contratte e pallide, erano appoggiate ai fianchi
A un osservatore attento, questi segni avrebbero rivelato che l'uomo era preoccupato e impaurito. Ma non c'erano osservatori attenti tra le stenografe e gli impiegati della "Settemari", che si limitavano a rivolgere all'uomo alto sorrisi adulatori da dipendenti con l'animo di conigli.

L'autostrada stregata[modifica]

Il lillà è un fiore. Qualsiasi buon dizionario informa che è un arboscello, originario dell'Oriente, che fiorisce in fitte e odorose inflorescenze di colore tra il rosa e il violetto. Nei giardini e lungo le polverose strade di campagna del New England è molto diffuso.
Però c'è un'altra caratteristica del lillà, di cui i dizionari non fanno cenno, senza dubbio perché è un attributo alquanto fantastico, e gran parte dei lettori non ci crederebbero. Si tratta di questo: "Chi coglie un fiore di lillà eccita la collera delle streghe e le scatena pericolosamente".

L'isola che non esisteva[modifica]

La scomparsa di William Harper Littlejohn non destò l'attenzione del pubblico... per il semplice fatto che il pubblico non ne seppe mai niente.
William Harper Littlejohn era un uomo molto importante. Poteva anche darsi che dieci persone su dieci, scelte a caso per la strada, dichiarassero di non averlo mai sentito nominare. Ma nel suo campo, la geologia e l'archeologia, William Harper Littlejohn era una figura di primo piano, una autentica celebrità.

L'oasi dei diamanti[modifica]

Il fronte del porto di New York era in subbuglio. Gruppetti di curiosi in attesa affollavano la zona, e altri ne arrivavano.
Su quasi tutti i moli, alla fine, dove la vista del porto è migliore, si era formato un capannello di persone intente a guardare. Si discuteva con animazione e circolavano diversi giornali.

L'orrore negli occhi[modifica]

- Mi inseguono! – gridò l'uomo scarno e dinoccolato. – Cacciateli via! – La sua voce aveva un forte suono nasale.
Aveva braccia lunghe. Agitava le grosse mani percuotendo l'aria vuota attorno a lui. All'improvviso si afferrò convulsamente i capelli con una mano. La mano ricadde stringendo una ciocca strappata.

L'uomo che scompariva[modifica]

Al principio dell'autunno, una rivista a diffusione nazionale pubblicò un grande servizio su Doc Savage. Il pezzo era vigoroso, scritto bene, e particolarmente interessante perché illustrato da una bellissima quanto rara fotografia del gigante di bronzo. Vi si parlava della straordinaria missione di Doc Savage che, come un antico cavaliere errante, percorreva il mondo da un capo all'altro raddrizzando torti, soccorrendo gli oppressi e punendo i malfattori. Si esaltavano il suo cervello educato scientificamente e i suoi muscoli poderosi, portando esempi delle sue capacità sovrumane e di alcune delle sue fantastiche avventure. L'autore del pezzo non aveva avuto bisogno di ricorrere all'immaginazione, e la rivista andò a ruba.

La fortezza della solitudine[modifica]

Fu un vero peccato che Doc Savage non avesse mai sentito parlare di John Sunlight. Perché il lavoro di Doc Savage era dare la caccia ai tipi come John Sunlight, possibilmente prima che realizzassero i loro piani sinistri. Comunque, di quel tipo Doc Savage non ne sentì parlare in tempo.
E fu anche un guaio che fosse proprio John Sunlight a scoprire la Strana Cupola Azzurra. Perché sembrava che John Sunlight fosse venuto apposta sulla terra per seminare terrore e morte tra gli altri uomini.

La gang delle comete[modifica]

Il caso di Willard Spanner fu quasi incredibile. Era troppo assurdo. I giornali che pubblicarono la storia erano certi che ci fosse stato uno sbaglio da qualche parte. D'accordo, siamo nel ventesimo secolo, l'era delle meraviglie. Ma possibile...
Alle 15 esatte, nel quartier generale di Doc Savage a New York, ronzò il telefono. Alle quindici in punto, ora locale.

La legione degli spettri[modifica]

Leo Bell, impiegato presso un ufficio telegrafico di Boston, era un tipo equilibrato, e non credeva certo ai fantasmi. O almeno non ci credeva alle dieci in punto di quella sera, mentre si spostava dietro il banco raddrizzando i blocchi di moduli per telegrammi.
Alle dieci e cinque minuti lo scetticismo di Leo riguardo ai fantasmi subì una brusca scossa.

La piramide d'oro[modifica]

La Morte si muoveva nel buio.
Avanzava furtiva lungo una putrella d'acciaio. Duecento metri più sotto si spalancavano baratri con pareti di vetro e mattoni: le strade di New York. Laggiù, gli ultimi lavoratori si affrettavano verso casa. La maggior parte avevano l'ombrello e non guardavano in su.
Ma anche se avessero alzato gli occhi, con tutta probabilità non si sarebbero accorti di niente. La notte era nera come le ali di un enorme pipistrello. La pioggia cadeva insistente e monotona. Il cielo umido avvolgeva come un sudario opprimente le cime degli alti edifici.

La pelliccia misteriosa[modifica]

Quando l'aereo atterrò sul campo di stoppie d'avena alla foce del Mississippi, vicino a Saint Louis, erano circa le dieci del mattino.
Un contadino aveva portato la sua mandria a pascolare sul campo, e tra gli animali c'era un toro ombroso che diventava un diavolo con gli sconosciuti.
Infatti caricò l'aviatore, ma questi lo uccise con una lancia.
Naturalmente il proprietario del toro rimase sbalordito.

La terra dell'eterna notte[modifica]

È ridicolo dire che una mano umana assomiglia a una farfalla. Eppure, quella mano vi assomigliava. Forse era il modo come si muoveva, fluttuava, esitava, riprendeva a muoversi, con qualcosa che ricordava un film al rallentatore.
Anche il colore contribuiva alla suggestione. La mano era bianca, innaturale. Pareva fatta di madreperla. C'era qualcosa di serpentino, di orrendo nel modo come volteggiava e palpitava, senza mai stare ferma un momento. Faceva pensare a una falena bianca, velenosa.

Mercanti di sterminio[modifica]

Joe Goopy incontrò "la cosa" per primo. Due suoi compagni "la" videro accadere. Non credettero ai loro occhi e reagirono con l'indifferenza di chi non s'impressiona più di niente. Joe Goopy probabilmente avrebbe fatto come loro. Era piuttosto stanco di vivere.

Morte per fuoco[modifica]

L'uomo tentava di correre. Il respiro gli usciva affannoso. Di tanto in tanto torceva la testa per gettare occhiate rapide e impaurite dietro di lui.
Lungo il corpo gli scorrevano rivoli di sudore. La faccia era di uno strano rosso ciliegia, le labbra gonfie e scarlatte. I piedi sollevavano piccole nuvole di polvere.

Taz[modifica]

La "Spiaggia Paradiso" è uno dei tanti stabilimenti balneari di Long Island, nei sobborghi di New York City. Durante l'estate è frequentatissima dagli abitanti di Manhattan, che hanno lavorato duro per cinque giorni nella grande città e ci vengono in cerca di riposo, per il fine settimana. È un posto tranquillo, molto ricercato anche per questa ragione.
Il primo sabato di settembre la quiete abituale del luogo fu inaspettatamente sconvolta.

Bibliografia[modifica]

  • Kenneth Robeson, Il fantasma che rideva, traduzione di Bianca Russo, Arnoldo Mondadori Editore, 1975
  • Kenneth Robeson, Il pericolo dell'oro, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1975
  • Kenneth Robeson, Il segreto delle navi scomparse, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1975
  • Kenneth Robeson, I teschi d'argento, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1975
  • Kenneth Robeson, L'autostrada stregata, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1974
  • Kenneth Robeson, L'isola che non esisteva, traduzione di Fedora dei Scattola, Arnoldo Mondadori Editore, 1974
  • Kenneth Robeson, L'oasi dei diamanti, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1975
  • Kenneth Robeson, L'orrore negli occhi, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1974
  • Kenneth Robeson, L'uomo che scompariva, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1975
  • Kenneth Robeson, La fortezza della solitudine, traduzione di Bianca Russo, Arnoldo Mondadori Editore, 1975
  • Kenneth Robeson, La gang delle comete, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1975
  • Kenneth Robeson, La legione degli spettri, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1975
  • Kenneth Robeson, La piramide d'oro, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1974
  • Kenneth Robeson, La pelliccia misteriosa, traduzione di Rossella Sanità, Arnoldo Mondadori Editore, 1975
  • Kenneth Robeson, La terra dell'eterna notte, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1974
  • Kenneth Robeson, Mercanti di sterminio, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1974
  • Kenneth Robeson, Morte per fuoco, traduzione di Angela Campana, Arnoldo Mondadori Editore, 1974
  • Kenneth Robeson, Taz, traduzione di Bianca Russo, Arnoldo Mondadori Editore, 1975

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