Lionello Venturi

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Lionello Venturi

Lionello Venturi (1885 – 1961), critico d'arte e storico dell'arte italiano.

Citazioni di Lionello Venturi[modifica]

  • [Diego Velázquez] Concentrava il suo interesse nell'aspetto fisico delle cose; e la sua arte stava proprio nell'enfasi della volumetricità dei colori, della loro consistenza, evidenza ed essenza vivente.[1] (da Painting and Painters, 1945)
  • Il mondo di Cézanne è ancora ben visuale e sensorio, proprio perché egli ne ha riconosciuto la validità attraverso la lezione impressionista e ancora adesso egli vuole fare dell'Impressionismo "une chose solide et durable comme l'art des musées". Se egli anticipa nella pittura certi fatti che saranno poi, ma con diverso risultato, del gusto cubista, è perché egli vuole raggiungere una sintesi sempre maggiore tra emozione e forma, anzi tra emozione e spazio. Quindi [...] scompagina la rappresentazione prospettica tradizionale, crea delle prospettive diverse, da vari punti di vista, identifica cioè lo spazio con una successione visiva di immagini che, ripercosse nella coscienza, daranno quella identità di spazio e tempo che Bergson, circa gli stessi anni, chiamava "durata reale". Tutto questo accadeva in Cézanne senza naturalmente nessun preconcetto teorico e senza che avesse letto Bergson. Egli compie l'analisi dello spazio secondo il principio della durata per imprimere negli oggetti, veduti da più di un punto di vista, una intensità vitale non prima raggiunta, e cioè, sia pure attraverso un'analisi, giunge ad una sintesi della visione.[2] (da Cézanne, in Enciclopedia universale dell'arte, III, 1958)
  • [Michelangelo Merisi da Caravaggio] Quando guardiamo la Vocazione di san Matteo ci accorgiamo che qualcosa di nuovo è avvenuto, qualcosa che ha mutato l'arte di Michelangelo da Caravaggio. Un nuovo modo di subordinare ogni immagine all'effetto generale di luce e ombra appare evidente, e poiché questo modo è essenziale a tutte le opere posteriori, si può dedurne che il periodo delle ricerche è finito e che lo stile dell'artista è perfettamente realizzato. Ci sono stati in tutti i tempi dei pittori realisti, che sono stati grandi artisti. Non perché abbiano riprodotto la realtà empirica in modo illusorio, ma perché l'hanno interpretata, e cioè veduta e sentita, a seconda della loro fantasia. E la loro differenza dai pittori della 'idea' è che questi evadono fantasticamente dalla realtà, mentre i 'naturalisti' interpretano la realtà e ne danno ciò che a loro sembra l'essenza. Giotto e Masaccio sono realisti come il Caravaggio, con questa differenza, ch'essi sono realisti senza un preciso programma, e il Caravaggio dovette farsi un programma per liberare polemicamente la propria fantasia da un groviglio di regole e di pregiudizi che il manierismo voleva imporgli.[3] (da Il Caravaggio)
  • Ruskin è un profeta, anche se è stato un grande peccatore, e un profeta inascoltato per quel che vi è di più essenziale nella sua parola.[4]

Da Visita a Nehru

La Stampa, 21 novembre 1954

  • Il primo ministro indiano ha il vento in poppa: ha conosciuto le lunghe prigionie inglesi, e ha lanciato dalla prigione il suo grido di dolore, durante l'ultima guerra, quando tutte le condizioni sembravano contrarie, malgrado l'indubbia rinascita del popolo indiano.
  • Nehru, che era il prigioniero di alcuni anni or sono, è ora uno degli uomini più potenti della terra, e potrà divenire domani l'arbitro della pace mondiale.
  • Il suo volto è fortemente costrutto, e non mostra l'impronta delle fatiche e delle sofferenze subite. La sua grande energia è avvolta nella calma e nel distacco appena corretto da un impercettibile sorriso. Nessuna aitanza, nessuna posa, ma evidente la coscienza del proprio potere. Non è certo il tipo dei grandi progetti, e tanto meno delle utopie, è il tipo del realizzatore che segue il principio del caso per caso, e non disdegna di curare con pazienza i residui del passato che in India sono tanti e spesso meschini e anacronistici.
  • Libertà, ha detto, è la condizione prima di ogni cultura. Se la ragione deve seguire se stessa per non sragionare, la fantasia deve volare con le proprie ali, o cadere pesantemente a terra.

Le origini della pittura veneziana 1300-1500[modifica]

Incipit[modifica]

Dalle opere rimaste della pittura veneziana del Trecento, è facile vedere che la maggior parte di esse sono strettamente collegate fra loro da una eguale tendenza di adattare le forme bizantine al movimento gotico. E però si può dire che una corrente gotico-bizantineggiante è la vera rappresentante della pittura veneziana del Trecento. E nel suo movimento lentissimo essa rappresenta una forma di arte più aristocratica e più progredita che non quella parallela dei madonneri[5] popolari, i quali non escono dalla ripetizione fedele delle forme bizantine. Eccezionali sono Antonio Veneziano e un suo seguace, che sentono il lavorio artistico extra-veneziano e lavorano a Venezia all'unisono con esso.

Citazioni[modifica]

  • [...] con lo Schiavone[6] il Crivelli ha grandi attinenze, sebbene non proprio nelle primissime opere. L'intelletto superiore, l'individualità potente che non permette di mutare le forme già fisse, il maggiore ardimento di grandi composizioni, e infine – sebbene in poca parte – la correttezza del disegno, pongono Carlo Crivelli a un grado ben più alto, e lo fan definire uno Schiavone d'ingegno. (cap. 3, p. 187)
  • Gli smalti meravigliosi del colore, la timidezza e la cura dei particolari festanti, come gemme profuse a piene mani, formano i pregi e segnano l'individualità di Carlo Crivelli, che certo mirò all'arte di Antonio da Negroponte[7], e più agli scopi della riforma squarcionesca. Si può anzi affermare che egli compie le finalità padovane proprie del ramo che, partito da Squarcione[8], per mezzo di Gregorio Schiavone porta l'arte a una riproduzione del vero rivestito di corazze metalliche dai più arditi colori. (cap. 3, p. 187)
  • Il rinnovamento ha per fine l'approssimarsi alla verità della vita, e l'abbandono del realismo di convenzione: a questo scopo è di notevole aiuto l'introduzione della tecnica [della pittura] ad olio. Con essa va per tradizione congiunto il nome di Antonello da Messina; e sebbene i documenti trovati di recente dimostrino che anche a Venezia essa era conosciuta prima della venuta di lui, è certo che il metodo antonelliano arrecò un perfezionamento, spinse la riproduzione delle vesti, delle carni, d'ogni cosa, più innanzi, più vicino al vero. (cap. 4, p. 213)
  • L'attività di Cima aumenta; e si modifica, si sviluppa il modo di concepire la scena; il paese, l'aria, le nubi divengono elementi principali del battesimo di S. Giovanni in Bragora, del 1494. Le nuvole argentee pregne di luce, non d'acqua, come risplendono ed illuminano il vario paese, ne' più deliziosi elementi pittoreschi, dalla rocciosa montagna che regge il bel castello, al Giordano, tra erbose sponde, ai mondi lontani! [...].
    Non più Mantegna, né Alvise[9], né Giovanni Bellini! il quadro non parla se non dell'ingenuità dell'anima che l'ha concepito, della luminosità che gli occhi di Cima diffondono, della penetrazione profonda della scena. L'artista sorge sopra la scuola pittorica che lo ha educato, e con schietta gentilezza d'anima un po' rozza e più sincera, fa muovere il villano che egli ricorda da bambino presso la sua casa, e i ragazzi curiosi e semplici che gli furono compagno a Conegliano. L'elaborata, faticosa tecnica d'Alvise sparisce; gli stessi elementi propri di Cima sfuggono, perché l'artista ha saputo superare il pittore, dando un'anima sola a tutte le forme degli uomini e della natura. (cap. 4, pp. 260-261)

Citazioni su Lionello Venturi[modifica]

  • L'impegno civile di Venturi è primariamente questo, riassettare i termini e i parametri di un contesto culturale che il ventennio fascista ha disassato, portare il livello del dibattito a una qualità omologabile con quella internazionale. (Flaminio Gualdoni)

Note[modifica]

  1. Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 – 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609
  2. Citato in Stefania Lapenta, Cézanne, I Classici dell'arte, Rizzoli – Skira, Milano, 2003, pp. 183-188 e frontespizio. ISBN 88-7624-186-8
  3. Citato in Francesca Marini, Caravaggio, Rizzoli/Skira, Milano. ISBN 8817008087
  4. Citato in John Ruskin, Le pietre di Venezia, traduzione di A. Tomei, Vallecchi, 1974.
  5. Usualmente "madonnari".
  6. Giorgio Chiulinovich, detto Giorgio Schiavone (tra il 1433 e il 1436–1504), pittore italiano di origine dalmata (schiavone).
  7. Pittore italiano di origine greca del XV secolo.
  8. Francesco Squarcione (1397-1468), pittore e collezionista d'arte italiano.
  9. Alvise Vivarini (1442/1453-1503/1505), pittore italiano.

Bibliografia[modifica]

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