Edgar Morin

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Edgar Morin (2011)

Edgar Morin, pseudonimo di Edgar Nahoum (1921 – vivente), filosofo e sociologo francese.

Citazioni di Edgar Morin[modifica]

  • Contrariamente ai due dogmi che si oppongono, l'uno per il quale il soggetto non è niente, l'altro per il quale il soggetto è tutto, il soggetto oscilla tra il tutto e il niente. Io sono tutto per me, io non sono niente nell'Universo. Il principio di egocentrismo è il principio per il quale io sono tutto, ma poiché tutto il mio mondo si disintegrerà, alla mia morte, per questa mortalità, appunto, io non sono niente. L'"io" è un privilegio inaudito e nello stesso tempo la cosa più banale, perché tutti possono dire "io". Nello stesso modo c'è oscillazione del soggetto tra egoismo e altruismo. Nell'egoismo io sono tutto e gli altri sono niente, ma nell'altruismo io mi sacrifico, sono del tutto secondario rispetto a coloro ai quali mi do. L'individuo soggetto rifiuta la morte che lo inghiotte, ma è tuttavia capace di offrire la vita per le sue idee, per la patria e l'umanità. Ecco la complessità della nozione di soggetto.[1]
  • Quando parlo di complessità, mi riferisco al significato elementare della parola latina complexus, "ciò che è tessuto insieme". I componenti sono diversi, ma occorre guardare all'intera figura come un arazzo. Il vero problema (della riforma del pensiero) è che abbiamo imparato troppo bene a separarci. Meglio imparare a relazionarsi. Relazionarsi, intendo dire non solo stabilire una connessione da un estremo all'altro, ma stabilire una connessione che sia ad anello. Inoltre, nella parola "relazione", c'è il "re": è il ritorno del ciclo su sé stesso. Ma il ciclo è autoproduttivo.
Quand je parle de complexité, je me réfère au sens latin élémentaire du mot "complexus", "ce qui est tissé ensemble". Les constituants sont différents, mais il faut voir comme dans une tapisserie la figure d’ensemble. Le vrai problème (de réforme de pensée) c'est que nous avons trop bien appris à séparer. Il vaut mieux apprendre à relier. Relier, c’est-à-dire pas seulement établir bout à bout une connexion, mais établir une connexion qui se fasse en boucle. Du reste, dans le mot relier, il y a le "re", c’est le retour de la boucle sur elle-même. Or la boucle est autoproductive.[2]
  • Vi sono due difficoltà preliminari quando si voglia parlare di complessità. La prima sta nel fatto che il termine non possiede uno statuto epistemologico. Ad eccezione di Bachelard, i filosofi della scienza e gli epistemologi lo hanno trascurato. La seconda difficoltà è di ordine semantico. Se si potesse definire la complessità in maniera chiara, ne verrebbe evidentemente che il termine non sarebbe più complesso.[3]
  • Nel campo della complessità vi è qualcosa di ancor più sorprendente. È il principio che potremmo definire ologrammatico. L'ologramma è un'immagine fisica le cui qualità (prospettiche, di colore ecc.) dipendono dal fatto che ogni suo punto contiene quasi tutta l'informazione dell'insieme che l'immagine rappresenta. E nei nostri organismi biologici, noi possediamo un'organizzazione di questo genere: ognuna delle nostre cellule, anche la cellula più modesta come può essere una cellula dell'epidermide, contiene l'informazione genetica di tutto il nostro essere nel suo insieme. Naturalmente solo una piccola parte di questa informazione è espressa in questa cellula, mentre il resto è inibito. In questo senso possiamo dire non soltanto che la parte è nel tutto, ma anche che il tutto è nella parte.[3]

Dove va il mondo?[modifica]

  • Il futuro sarebbe molto semplice da predire se l'evoluzione dipendesse da un fattore predominante e da una causalità lineare.
  • Il passato è costruito a partire dal presente, il quale seleziona ciò che, ai suoi occhi, è storico, vale a dire precisamente ciò che, nel passato, si sviluppa per produrre il presente.
  • L'evoluzione è deriva, devianza, creazione, ed è interruzioni, perturbazioni, crisi.
  • La più grande illusione è credere di conoscere il presente perché ci siamo.
  • La prima difficoltà di pensare il futuro è di pensare il presente.

I sette saperi[modifica]

  • La conoscenza non può essere considerata come un attrezzo ready made, che si può utilizzare senza esaminarne la natura. (p. 11)
  • La comprensione è contemporaneamente il mezzo ed il fine della comprensione umana (p. 14)
  • L'etica deve formarsi nelle menti a partire dalla coscienza che l'umano è allo stesso tempo individuo, parte di una società, parte di una specie (p. 15)
  • Ogni conoscenza porta con sé il rischio dell'errore e dell'illusione (p. 17)
  • La capacità emozionale è indispensabile alla messa in opera di comportamenti razionali (p. 19)

La conoscenza della conoscenza[modifica]

  • Come hanno detto Marx e Engels all'inizio dell'Ideologia tedesca, gli uomini hanno sempre elaborato false concezioni di se stessi, di ciò che fanno, di ciò che devono fare e del mondo in cui vivono. E Marx-Engels non fanno eccezione.
  • Il carattere complesso dell'attività pensante [...] associa incessamente in sé, in modo complementare, processi virtualmente antagonistici che tenderebbero ad escludersi l'uno con l'altro. Così il pensiero deve stabilire frontiere e traversarle, aprire concetti e chiuderli, andare dal tutto alle parti e dalle parti al tutto, dubitare e credere, esso deve rifiutare e combattere la contraddizione ma, nello stesso tempo, deve farsene carico e nutrimento.
  • Il pensiero è un dinamismo dialogico ininterrotto, una navigazione tra Scilla e Cariddi verso le quali la trascina ogni egemonia di uno dei processi antagonisti.
  • Se non si ha qualche separazione, non si ha neppure più né soggetto né oggetto di conoscenza; non si ha più né utilità interna di conoscere né realtà esterna da conoscere.

Le stars[modifica]

  • La star è una divinità, ed è il pubblico che la rende tale. Ma lo star system la prepara, la allestisce, la modella, la propone, la costruisce. La star è la risposta a un bisogno affettivo o mitico che non è prodotto dallo star system, ma che senza lo star system non troverebbe le sue forme, i suoi supporti e i suoi afrodisiaci. (p. 122)
  • La star è una merce totale: non c’è centimetro del suo corpo, fibra della sua anima, ricordo della sua vita che non possa essere messo sul mercato. Questa merce totale ha anche altri pregi: è la merce-tipo del grande capitalismo e quindi gli enormi investimenti, le tecniche industriali di realizzazione e di standardizzazione del sistema ne fanno un prodotto destinato al consumo di massa. La star ha tutti i pregi del prodotto di serie adottato dal mercato mondiale, come il chewing-gum, il frigorifero, il sapone da bucato, il rasoio, e così via. (pp. 124-125)

Lo spirito del tempo[modifica]

  • La cultura di massa è il riflesso pubblicitario dell'evoluzione consumistica del mondo occidentale.
  • La (ricerca della) felicità è davvero la religione dell'individuo moderno, illusoria come tutte le religioni. È una religione senza sacerdoti, che funziona industrialmente.
  • La concezione di felicità tipica della cultura di massa [...] può essere detta consumatrice nel senso più largo del termine, vale a dire che essa spinge non soltanto al consumo dei prodotti, ma al consumo della vita stessa.
  • Alta cultura e cultura di massa si ricongiungono, l'una per il suo aristocraticismo volgare, l'altra per la sua volgarità assetata di riconoscimento sociale.
  • Qualunque sia il fenomeno studiato, occorre innanzitiutto che l'osservatore studi se stesso, poiché l'osservatore o turba il fenomeno osservato, o vi si proietta in qualche misura.

Svegliamoci![modifica]

  • La cecità nei confronti della crisi in corso è dovuta a una concezione lineare e quasi meccanicista del divenire, alla convinzione che il futuro sia prevedibile, all'ignoranza del lavoro sommerso in atto sotto la superficie del presente. Confidando nel calcolo, si anestetizza continuamente l'imprevisto, il che ignora ciò che di incalcolabile c'è nelle nostre vite e nei nostri sentimenti (p. 47)
  • Eppure ci restano dei principi di speranza. Il primo è puntare sull'improbabile. I processi principali conducono verso la regressione o la distruzione, ma sono solo probabili. La speranza è nell'improbabile. Spesso, in momenti drammatici della storia, i grandi avvenimenti salvifici sono stati inattesi (p. 73)
  • Il terzo principio di speranza si fonda sull'impossibilità di durare all'infinito di qualunque sistema che trasformi la società e gli individui in macchine (p. 74)

Note[modifica]

  1. Da La testa ben fatta: riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, traduzione di Susanna Lazzari, Raffaello Cortina, Milano, 2000, p. 137. Citato in Nino Arrigo, La mitologia dell'insularità negli scrittori siciliani contemporanei: dalla leggenda di Colapesce alla "sicilitudine" di Sciascia, Agon, n. 29, aprile-giugno 2021, p. 140; riportato in unime.it.
  2. Da La stratégie de reliance pour l’intelligence de la complexité, citato in Revue internationale de systémique, vol. 9, n° 2, 1995.
  3. a b Da Le vie della complessità, in La sfida della complessità, a cura di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti, Bruno Mondadori, 2007.

Bibliografia[modifica]

  • Edgar Morin, Dove va il mondo?, prefazione di François L'Yvonne, traduzione di Bianca Spadolini, Armando Editore, Roma, 2012. ISBN 978-88-6081-985-7
  • Edgar Morin, I sette saperi necessari all'educazione del futuro, traduzione di Susanna Lazzari, Raffaello Cortina, Milano, 2001. ISBN 88-7078-698-6
  • Edgar Morin, La conoscenza della conoscenza, traduzione di Alessandro Serra, Feltrinelli, Milano, 1989. ISBN 88-07-08076-1
  • Edgar Morin, Le star, 1995, Milano, Olivares.
  • Edgar Morin, Lo spirito del tempo, traduzione di Andrea Miconi, Meltemi, Roma, 2002.
  • Edgar Morin, Svegliamoci!, traduzione di Alessandra Neve, Mimesis, Milano-Udine, 2022. ISBN 978-88-575-9108-7

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