Luigi Martini (presbitero)

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Don Luigi Martini

Luigi Martini (1803 – 1877), presbitero italiano.

Citazioni di Luigi Martini[modifica]

  • Io sono quel Don Martini Arciprete della Cattedrale, che visitava i detenuti politici nel Castello di Mantova, e li confortai nei giorni ultimi della vita, accompagnandoli tutti a Belfiore, e quindi scrissi il Confortatorio di Mantova, che mi permisi di presentarglielo come feci del mio Seminarista, e del mio buon Contadino. (da una lettera spedita il 18 aprile 1873 ad Alessandro Manzoni; citato in Cipolla 2010)

Il Confortatorio di Mantova negli anni 1851, 52, 53 e 55[modifica]

Incipit[modifica]

Erano le dieci antimeridiane del mercoledì 23 ottobre 1851, quando nella Sacristia di questa Cattedrale mi si presentò un uomo sui cinquant'anni, piangente, desolato gridando: sono rovinato, sono rovinato, D. Martini, per carità non mi abbandoni, e salvi mio figlio. Era tanta la piena del dolore, e la desolazione del misero, che non potendo più parlare, né stare in piedi, si pose a sedere sopra uno scanno della Sacristia stessa fino a che, dato sfogo al pianto ed al dolore, che lo soffocavano, tornò a gridare: per carità, mi ajuti, D. Martini, altrimenti sono disperato!

Citazioni[modifica]

  • [Rivolgendosi a Carlo Poma] A suo tempo parleremo anche della morte e della eternità, ma con misura e discrezione, perché la preparazione più bella alla morte sono non i discorsi, ma le opere buone; tal che Platone stesso diceva, che la scienza del ben vivere, è anche la scienza del bel morire. (p. 393)
  • Appena me lo consentirono le mie occupazioni del Seminario, mi recai nelle ore pomeridiane da Carlo, il quale stava leggendo. Non pareva un uomo, che fosse stato quel giorno condannato a morte da subirsi dopo tre giorni. Imperocchè era calmo e tranquillo, come chi non ha né rimorso, né paura, e sa di essere in paese amico, amato e benedetto da suoi fratelli. (p. 397)
  • Il mezzo più efficace per raddolcire le amarezze di un misero, è farlo parlare. Parlando, egli corre subito alle sue pene e alle sue miserie, perché la lingua batte dove il dente duole; e narrando i dispiaceri, manda fuori I'amaro che gli avvelena il cuore. Petrarca scriveva, che cantando, il duol si disacerba. (p. 398)
  • Esso [Carlo Poma] e i suoi compagni sospiravano la li bertà e l' indipendenza d'Italia, eredi dello spirito liberale e nazionale dei prigionieri di Spielberg, compendiato in questo programma, che si erano proposti a regola di tutta la loro vita: il giusto, il ver, la libertà sospiro. (p. 399)
  • Vincenzo Gioberti fu savio e previdente, quando consigliò doversi conseguire la libertà e l' indipendenza non colla forza materiale delle armi, ma colla forza morale dell' educazione. (p. 401)
  • Il signor Commissario [Filippo Rossi che sfuggì a un attentato alla sua vita] ne fu commosso e andò tosto a santa Teresa. Abbracciò Carlo [Poma], mandò lagrime di dolore, si trattenne lungamente con lui, e parti col desiderio, che fosse salvata la vita di lui, al quale egli era debitore della sua. Ma la sentenza era stata data. L' oracolo aveva parlato, e Socrate dovea morire. (p. 430)
  • Tazzoli stava alla destra, Poma alla sinistra, io e il Cappellano Uggeri sedevamo di fronte. Tazzoli aveva in mano il mio Crocefisso, e guardando Poma disse: – serve per tutti due. – Hai ragione. – Sei comodo Poma? – Sì. E tu? – Anch' io. Dunque Procedamus in pace. (p. 451)
  • Avevamo appena finito di recitare quelle preghiere che la nostra carrozza passando davanti la casa Poma, posta in Contrada Larga, di fianco alla Chiesa Parrocchiale di s. Barnaba, fu vista o sentita da una di lui sorella [di Carlo Poma], la quale diede un grido il più acuto e disperato, e dietro questo si udirono voci di dolore e un pianto dirottissimo. (p. 452)
  • Lungo la via non pochi amici e conoscenti di Tazzoli e di Poma li salutavano, taluni davano segni di mestizia e d'amore, mandando loro un bacio e un sospiro. Altri si levavano riverenti il cappello, e li guardavano con occhio pietoso e spesso lagrimante. (p. 453)
  • Immagini il lettore la esacerbazione del popolo circostante, quando vide deluse le sue speranze, ed invece di gridare evviva per la grazia della vita, gli fu d'uopo mandare sospiri e lagrime per la morte. Immagini le imprecazioni, che mandò; l'astio, il rancore, lo spirito di vendetta, che si suscitò nel suo cuore, e che non depose mai più. Perocché il popolo è tenace de suoi proponimenti, ed è miracolo se ritiri indietro la mano da una risoluzione, che giurò di compiere a tempo. Il mio animo rifugge dal descrivere tali cose, e si limita a ricordare che la morte data ai prigionieri di stato esacerba la maggior parte degli animi, e rinvigorisce il proposito di mandare a capo ciò, che non poterono i giustiziati. (p. 462)

Citazioni su Luigi Martini[modifica]

  • È un ottimo sacerdote, conforta i deboli, e chi si trova nella sventura; profonde tutte le sue entrate in opere caritatevoli, e allorché assiste i rei di Stato che vanno alla morte, non li costringe a compiere le cerimonie del cattolicesimo, siccome vorrebbe l'Austria. (Felice Orsini)

Bibliografia[modifica]

  • Costantino Cipolla, Dopo Belfiore. Le memorie di Attilio Mori e di Monsignor Luigi Martini (edizione di Albany Rezzaghi) ed altri documenti inediti, FrancoAngeli, Milano, 2010. ISBN 9788856817003
  • Luigi Martini, Il Confortatorio di Mantova negli anni 1851, 52, 53 e 55, secondo edizione, riveduta e corretta, Tipografia Bortolo Balbiani, Mantova, 1870.

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