Marc Augé

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Marc Augé

Marc Augé (1935 – 2023), etnologo e antropologo francese.

Citazioni di Marc Augé[modifica]

  • Il mondo sta diventando un'immensa città e il potere demiurgico dell'architetto è un segno dei tempi.[1]
  • Il viaggio a Disneyland risulta allora essere turismo al quadrato, la quintessenza del turismo: quel che veniamo a visitare non esiste [...].[2]
  • La crisi attuale dovrebbe fornire l'occasione per riflettere in maniera schietta sulle cause, sulla portata e sulle conseguenze della crescente diseguaglianza nel mondo, mentre a sua volta, per riprendere l'espressione di Jean-François Lyotard, la "grande narrazione" liberale perde colpi. Oggi la stragrande maggioranza degli economisti è d'accordo nel riconoscere che, se il divario di reddito tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo globalmente si è un poco ridotto, è considerevolmente aumentato quello tra i più ricchi dei ricchi e i più poveri dei poveri, sia nei paesi ricchi sia in quelli poveri. Da ciò l'apparizione e l'incremento di una grande povertà nei paesi ricchi e di una miseria assoluta nei paesi poveri.[3]
  • La riflessione sulla natura umana e sulla cultura senza dubbio non è mai stata altrettanto attuale come oggi. Non esiste democrazia senza libertà individuale e questa è minacciata dall'assegnazione dell'individuo umano a una natura pensata come destino, tanto quanto dalla sua chiusura in una cultura concepita come natura. L'avvenire dunque non è nel multiculturalismo, ossia l'inerte coesistenza di universi impermeabili uno all'altro e tendenti a rinchiudere chiunque cerchi di uscirne pur facendone parte, bensì nel trans-culturalismo, l'itinerario individuale attraverso le culture, frutto di educazione e libertà. Come dire che la Storia non è finita.[4]
  • La storia ha un senso? Quale senso? L'unico senso è la conoscenza. E l'unico ostacolo alla conoscenza è l'arroganza intellettuale degli allucinati di ogni sorta che vogliono imporre le loro convinzioni all'umanità. Certo, esistono diversi livelli di allucinazione, e non metto sullo stesso piano i teorici del liberalismo e i fanatici religiosi. Ma anche i primi sono ben lontani dalla modestia scientifica (parlo della modestia della scienza in sé, non di quella degli scienziati) che mira a spostare progressivamente le frontiere dell'ignoto.[3]
  • Mentre la scienza progredisce a velocità esponenziale, tanto la scienza di base quanto le sue ricadute pratiche, il divario tra i suoi protagonisti, o almeno i dilettanti coltivati, e la massa di chi non ha la più pallida idea delle sue poste in gioco aumenta più rapidamente rispetto a quello dei redditi. Il divario tra i paesi che si impegnano nella ricerca scientifica e quelli che ne sono alieni, nonché, all'interno di ognuno di essi, tra l'élite scientifica e i più carenti nel campo della conoscenza, aumenta più velocemente di quello delle ricchezze. George Steiner ha fatto notare che il budget per la ricerca della sola Harvard University è superiore alla somma di tutti quelli delle università europee. Se nei paesi emergenti nascono dei poli di sviluppo scientifico, al loro interno le diseguaglianze in materia di istruzione e di conoscenze sono ancora più considerevoli che nei paesi sviluppati, dove pure continuano a crescere.[3]

Diario di Guerra[modifica]

  • Il crollo delle torri del World Trade Center e l'incendio al Pentagono sono quel tipo di avvenimenti che ciascuno pensa destinati a mutare il corso della storia, senza peraltro sapere in quale direzione. Momento raro, intenso, veglia d'armi, attesa. Dopo il primo istante di stupore, affiorano le consuete domande che seguono eventi drammatici, alcune relative al passato (chi è stato? perché?), altre al futuro, e tra queste, alcune più inquiete, rassegnate e passive (che cosa accadrà?), altre già più di ordine strategico (che fare? come?).
  • Il nostro pianeta ci appare insieme piccolo e pericoloso. La sensazione di trovarsi in trappola, ordinaria e legittima quando colpisce i rifugiati e gli esuli di tutto il mondo, si diffonde anche all'interno delle cosiddette regioni sviluppate.
  • Il mondo è destinato a vivere un'altra Guerra dei Cent'anni con i suoi alti e bassi, le tempeste e i periodi di calma, ma sarà una guerra interna, civile, una guerra squisitamente politica, la cui posta in gioco consisterà nel sapere se la democrazia può trasformarsi senza perdersi, se l'utopia planetaria è realizzabile o se alla lunga e fin negli astri, avranno la meglio le ingiunzioni alterne della follia religiosa e della barbarie mercantile.
  • La paura può rendere ciechi. Ma può anche aprirci gli occhi su una realtà che normalmente guardiamo senza vedere.

Il dio oggetto[modifica]

  • Ciò che è stato chiamato un feticcio non è una cosa diversa: è ciò che genera la relazione per diventare oggetto di pensiero.
  • Gli dei sono al centro dell'universo simbolico inteso come l'insieme di rappresentazione dei sistemi dell'attività umana: si può passare dall'uno all'altro di questi sistemi, e da una pratica all'altra, solo grazie alla loro mediazione.
  • Simbolizzare è insieme costituire un oggetto (all'occorrenza con la materia di un corpo) e stabilire operativamente una relazione: senza il corpo sovrano, la relazione sociale non esiste; non ha senso dunque dire che esso la rappresenta, dato che la rappresenta solo in quanto la fa esistere.

Per un'antropologia della mobilità[modifica]

  • L'idea stessa di democrazia è sempre incompiuta, sempre da conquistare.
  • La frontiera segnala anzitutto la necessità di apprendere per comprendere.
  • Nel concetto di globalizzazione, e in coloro che si richiamano ad esso, c'è un'idea di compiutezza del mondo e di arresto del tempo che denota un'assenza di immaginazione e un invischiamento nel presente profondamente contrari allo spirito scientifico e alla morale politica

Rovine e macerie. Il senso del tempo[modifica]

  • L'antropologo parla di quel che ha sotto gli occhi: città e campagne, colonizzatori e colonizzati, ricchi e poveri, indigeni e immigrati, uomini e donne; e parla, ancor più, di tutto ciò che li unisce e li contrappone, di tutto ciò che li collega e degli effetti indotti da questi modi di relazione.
  • L'arte stessa nelle sue diverse forme è una rovina o una promessa di rovina.
  • La spettacolarizzazione del mondo è, di per sè, la propria fine; in questo senso essa vuole esprimere la fine della sua storia, la sua morte.

Tra i confini. Città, luoghi, interazioni[modifica]

  • Dietro l'ideologia della libera circolazione si celano in realtà dei rapporti di forza.
  • Il mondo è una città, un'immensa città in cui si trovano ovunque le stesse grandi imprese economiche e finanziarie, gli stessi prodotti.
  • Se nella vita dell'umanità l'urbanizzazione costituisce una tappa altrettanto importante della nascita dell'agricoltura, non si può fare a meno di notare un paradosso: che essa non definisce, come aveva fatto l'agricoltura, una nuova forma di stanzialità, ma piuttosto nuove forme di mobilità.
  • Vorrei interrogarmi sull'idea di mobilità: una nozione estremamente complessa, in quanto nell'ambiente urbano non tutto si muove, ma al tempo stesso si muovono molte cose. Forse è proprio a questo tipo di mobilità che dobbiamo pensare, se vogliamo evitare di subirla in modo acritico.

Note[modifica]

  1. Da Architettura globale, Internazionale, n. 821, 13 novembre 2009, p. 84.
  2. Da Disneyland e altri nonluoghi (L'Impossible voyage. Le Tourisme et ses images, 1997), Bollati Boringhieri, Torino, 1999, pp. 24-25; citato in Sponza Giada, Disneyland Paris. Un caso di globalizzazione dei consumi e omologazione culturale?, 2009, pp. 110-111. ISBN 978-1-4092-8875-6. Citato anche in Francesco Longo, Come salvarsi dal labirinto reale di Borges, Internazionale.it, 4 luglio 2015.
  3. a b c Da Lo spread del sapere. Il mondo diviso tra colti e ignoranti, Repubblica.it, 27 agosto 2012.
  4. Da Le relazioni sociali e il loro futuro, traduzione di Anna Bissanti, repubblica.it, 15 giugno 2006.

Bibliografia[modifica]

  • Marc Augé, Diario di guerra, traduzione di Matteo Schianchi, Bollati Boringhieri, 2002.
  • Marc Augé, Il dio oggetto, a cura di Nicola Gasbarro, Meltemi, 2002.
  • Marc Augé, Rovine e macerie. Il senso del tempo, traduzione di Aldo Serafini, Bollati Boringhieri, 2004.
  • Marc Augé, Tra i confini. Città, luoghi, interazioni, Bruno Mondadori, 2007.
  • Marc Augé, Per un'antropologia della mobilità, Editoriale Jaca Book, 2010.

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