Marino Piazzolla

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Marino Piazzolla (1910 – 1985), poeta e scrittore italiano.

Citazioni di Marino Piazzolla[modifica]

  • Altra qualità romana di Trilussa fu il rispetto sentito per le idee e per le tradizioni. Egli credeva realmente nella fratellanza umana e forse perché frequenti furono le delusioni a tal proposito che si mostrò scettico verso gli uomini, restando fedele soltanto alle idee e alle istituzioni, scagliandosi invece contro gli uomini politici e, soprattutto, contro i demagoghi d'ogni colore. Trilussa ebbe vivo anche il sentimento religioso; e quando si mostrò scontroso, questo fece per solo pudore, non per vena di scetticismo. (da D'Amico ha parlato di Trilussa, La Fiera Letteraria, 15 aprile 1951, p. 2)
  • Di Moravia mi limiterò a dire che è un buon narratore ma un accorto e zelante amministratore di quella politica culturale che in Italia promette quattrini e potere. Di Montale, malgrado abbia vinto il premio Nobel, penso che non sia andato aldilà di una poesia fondata sui presupposti di un pessimismo di maniera voglio dire di un pessimismo prefabbricato e non sostenuto da una reale esperienza esistenziale, né da una visione leopardianamente profonda del mondo. Si è parlato di aridità, di processo nullificante, di un mondo che approda al niente: parole che fanno colpo su quella media e piccola borghesia come crede serio chi verseggia in modo tetro e con una cadenza che ha generato, in Italia, tanti poetini montaliani.[1]
  • Di sera come fossi sceso dalle vette di un cirro, la vidi che si torceva, tutta. Qualche guglia si beava nello spazio; e sembrò più pulita. Le torri, d'osso cupo, si composero come due immense conchiglie. Negli intagli del portale la polvere aveva vergogna di un cielo sbandierato. La piazza non ebbe più battiti. Ma il murmure della Senna investiva le pietre, messe in ordine quasi sepolcrale. Mi apparve allora la cupola, coperta da un'erba alta e morbida, in cui il vento si trovava a suo agio. I santi, istoriati nel sasso, si animarono quasi avessero nelle viscere stecchite canne d'organo. Ci fu una specie di coro diffuso nell'aria. Capii! La cattedrale soffriva per il suo ancoraggio. (da Scoperta del tempio, La Fiera Letteraria, 18 giugno 1950)
  • E a guardarli bene, ad odorarli, i fiori conservano, nella loro brevissima giornata terrena, una traccia vaga, indefinibile di un mondo che, essendo misterioso, apre il cuore dell'uomo alla speranza; ma soprattutto all'amore, che è insieme verità e bellezza della vita. Ed è così che i fiori c'insegnano a sorridere.[2]
  • Gli intellettuali di sinistra, illusi di essersi liberati dal peso di una dittatura sui generis come quella di Mussolini, ingenuamente o per calcolo, si ritrovarono a servire un tiranno molto più pericoloso di Mussolini. Ma si trattò di un tiranno lontano e che veniva rappresentato dalle azioni e dalle parole suadenti di Palmiro Togliatti, il quale si presentò agli intellettuali italiani in veste di fine dicitore, di raffinato filologo, addirittura di cruscante. Doveva essere il suo ruolo. Fare una politica che affascinasse gli uomini di cultura. Uno specchietto per allodole. (da La cultura che ha fallito, Punto interrogativo, gennaio-febbraio, 1977[3])
  • Il relativismo [...] tipico atteggiamento della filosofia contemporanea, trova le sue fonti nel Kantismo, nel Positivismo empiristico e nell'Idealismo evoluzionistico. In queste tre correnti di pensiero non vi è più posto per il principio di causalità, di sostanza e di unità. Tutta la conoscenza è ridotta a un fenomenismo che attraverso le leggi dell'ereditarietà, distrugge nell'uomo la sua essenza per esasperarne, nel tempo e nello spazio, la sola esistenza. (da Anarchia della ragione, La Fiera Letteraria, 31 dicembre 1950)
  • La filantropia [...] è la religione dei rivoluzionari con la polizza di assicurazione. E poi [...] con la filantropia e l'intelletto rivolto a sinistra s'incassano miliardi. (da J. P. Sartre, intellettuale massificato, Edizioni dell'Ippogrifo, Roma, 1973[4])
  • L'arte va ricercata più che nei fatti di cultura, nei doni che a un certo momento la civiltà più segreta offre alla fantasia umana. (da Un viaggio favoloso, La Fiera Letteraria, 4 giugno 1950)
  • L'essenziale durata di una poesia nasce da un maggiore approfondimento dell'Essere che il poeta compie nell'atto di fare poesia. Per tale ragione Saffo, Leopardi o Baudelaire sono contemporanei. I grandi poeti di un'epoca storica non sono perciò funzionari passivi dello spirito dell'epoca, ma obbediscono, come afferma Hans Sedlmayr, direttamente all'Assoluto.[5]
  • L'intellettuale! Questa parola fa paura, ma nello stesso tempo fa pena. L'intellettuale di oggi è un misto di fessaggine, di pederastia e di mutria. Pur non avendo capito nulla, né di sé, né degli altri, si presenta come l'oracolo degli oracoli. Usa un linguaggio ricercato, astruso, quasi da ebete: con la convinzione di mettere a posto il mondo, e invece non mette a posto nemmeno a se stesso. E l'intellettuale, nostro contemporaneo, sta quasi collocato sempre a sinistra (mangia però a destra), vuol fare la "rivoluzione", ma spera assicurarsi che non gli venga tolto nulla. (da J. P. Sartre, intellettuale massificato, Edizioni dell'Ippogrifo, Roma, 1973[6])
  • Massimo Bontempelli costretto a dimettersi da senatore comunista, muore nel quasi disprezzo degli scrittori militanti e antifascisti. Di lui si disse che in qualità di accademico d'Italia era stato scelto come guardia d'onore ai caduti nella rivoluzione fascista.[1]
  • Senza metafisica scompaiono tutte le certezze e si giunge a quella esasperazione esistenzialistica, la quale, facendo dimenticare all'uomo la sua essenza, lo conduce verso il nulla, creduto, in tal modo, unica realtà e unico fine. L'Enciclica [Pio XII, Humani generis], davanti a questo stato drammatico e instabile dello spirito moderno, ci ricorda soprattutto le verità ben note e fondamentali; quella verità unica che fece dire a Cristo: uomo, tu non mi cercheresti se io non fossi già in te. (da Anarchia della ragione, La Fiera Letteraria, 31 dicembre 1950)
  • Vi è un'azione del pensiero nel tempo e un'azione del corpo nello spazio. Il minimo squilibrio fra queste due azioni, proprie della vita, genera l'angoscia.[7]

Citazioni su Marino Piazzolla[modifica]

  • Esilio sull'Himalaya, di Marino Piazzolla ha anzitutto questo valore di espressione di un'avventura, di un viaggio dell'anima dall'ignoranza e dall'oblio alla più desta veglia; il dolore di essere uomo è ansia di metamorfosi ed anche invocazione di speranza. (María Zambrano)
  • In Pietà della notte hai trovato un tono così giusto di discorso che tutte le tue qualità di percezione e di pensiero si integrano e si snodano con profonda naturalezza. È una bella conquista e dovrebbe fare impressione anche in mezzo al bailàmme sperimentalista: Me lo auguro per te e per tutti, caro Piazzolla. E mentre io tornerò spesso a riaprire il tuo libro, ricordati del tuo Mario Luzi. (Mario Luzi)
  • La poesia di questo giovane poeta italiano, gustata leggendo il mito Persite e Melasia, mi è parsa inventata ed espressa con quella patetica innocenza con cui i lirici greci inventavano i loro bellissimi canti. (André Gide)
  • Le favole di Dio mi sembrano un libro di vera poesia, uno di quei pochissimi che sento e che mi rileggerò. Fatto per me ormai raro, data la mia quasi sordità a troppe nuove voci. (Camillo Sbarbaro)
  • Tutto è venuto dal Sud: la religione e la morte. Nelle poesie di Marino Piazzolla si respira quest'aria di civiltà, così antica da avere dimenticato origine e svolgimento. (Pietro Cimatti)

Note[modifica]

  1. a b Da Intervista a Marino Piazzolla, Fermenti, aprile 1977; disponibile su fermenti-editrice.it
  2. Da I fiori c'insegnano a sorridere: favole per adulti, Edizioni d'arte Giorgio Ghelfi, Verona, 1973, p. 17.
  3. Ora in Omaggio a Piazzolla: vol. 1, a cura di Velio Carratoni, Fondazione Marino Piazzolla, Roma, p. 320
  4. Ora in Omaggio a Piazzolla: vol. 1, a cura di Velio Carratoni, Fondazione Marino Piazzolla, Roma, p. 305
  5. Citato in Poeti a Roma: 1945-1980, a cura di Alberto Frattini e Marcella Uffreduzzi, Bonacci editore, Roma, 1983.
  6. Ora in Omaggio a Piazzolla: vol. 1, a cura di Velio Carratoni, Fondazione Marino Piazzolla, Roma, p. 298
  7. Da E l'uomo non sarà solo, Ceschina, Milano, 1960, p. 3.

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