Modi di dire piemontesi

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  • A ven-o giù pere da mulin
Vengono giù pietre da mulino [macine]
Detto di pioggia intensa e violenta.
  • Avej la pera daré ëd la pòrta.
Avere la pietra dietro la porta.
Detto di chi non chiude la porta dopo essere passato. Questo detto fa riferimento all'uso di un rudimentale sistema di chiusura "automatica" di porte (ma in genere si trattava di portoni) che davano accesso a locali ove si svolgeva un'attività che implicava un certo andirivieni (magazzini, piccoli opifici, etc., senza escludere case di abitazione, specialmente in campagna) e nello stesso tempo era opportuno tenere la porta chiusa per vari motivi (freddo, ingresso non voluto di animali, etc.). Il sistema di chiusura consisteva in un'asta a bilanciere (od una corda con carrucola) una estremità della quale era collegata alla porta e all'altra era legato un peso (quasi sempre una grossa pietra). Aprendo la porta, e compiendo uno sforzo in più rispetto ad una porta "libera", la pietra veniva sollevata dal bilanciere (o dalla corda) e appena la porta veniva lasciata a sé stessa il peso della pietra agiva in senso opposto: l'estremità del bilanciere (o della corda) che prima era "mossa" in un senso, diventava grazie al peso della pietra, motrice e rinchiudeva la porta alle spalle di chi l'aveva aperta (oggi tale sistema è sostituito da un altro più semplice e di ridotte dimensioni: una molla). A chi sbadatamente non rinchiude una porta normale dopo essere passato, si chiede ironicamente se a casa sua ha "la pietra dietro la porta".
  • Buté ël cul ant la farin-a.
Mettere il deretano nella farina.
Dicesi di persona non benestante che sposa una persona ricca.
  • Deurme a la seren-a
Dormire all'adiaccio[1]
  • Esse come coj d'Orbassan, ch'a dijo sempre: «Adess andoma», e mai a van [2]
Essere come quelli di Orbassano, che dicono sempre «Adesso andiamo», e non vanno mai.
Variante: Esse come coj dla Volvera, ch'a dijo sempre: «Adess andoma», e a dan mai la buonasera.
Essere come quelli di Volvera, che dicono sempre: «Adesso andiamo»e non danno mai la buonasera.
  • Esse pi long che na giornà sensa pan.[3]
Essere più lungo di una giornata senza pane.
  • Fé balé i dent ant un cossòt.
Far ballare i denti in una zucchina.
Essere in miseria.
  • Feje la barba a n'euv.
Far la barba ad un uovo.
Sostenere come novità cose ormai note.
  • Perché se 'l Monvis o l'ha 'l capel ò ch'o fa brut ò ch'o fa bel.
Perché se il Monviso ha il cappello [nuvole], o farà brutto o farà bello[4]
  • Sentissi come na barca 'nt in bòsch. (Asti)
Sentirsi come una barca in un bosco.
Sentirsi fuori posto od in grosse difficoltà.
  • Smens ëd curios.
Semente di curiosi.
Si risponde così a chi chiede di che si tratta per pura curiosità.
  • Tiré i caossèt.
Tirare i calzini.
Morire.
  • Trové Gesù Bambin ant l'òrt.
Trovare Gesù Bambino nell'orto.
Dicesi di chi ha avuto un'imprevedibile fortuna.

Note[modifica]

  1. Domenico Caresio, p. 91
  2. Questo modo di dire e la relativa variante si riferiscono a quegli ospiti che indugiano troppo nel togliere, come si suol dire, il disturbo, pur proclamando di tanto in tanto di volerlo fare. I comuni di Orbassano e Volvera ci stanno solo per la rima: qualunque località il cui nome termini in –ano o, rispettivamente, in –era, può andare bene.
  3. «It ses pì long che na giornà sensa pan» («sei più lungo di una giornata senza pane»), avrebbe detto Pietro Micca, secondo la leggenda, al suo aiutante che impiegava troppo tempo ad innescare la miccia, sostituendosi a lui. L'attribuzione è tuttavia priva di qualsiasi fondamento storico.
  4. Dialetto della Granda. Si dice a chi ha affermato un'ovvietà facendo un ragionamento che porta a conclusioni già scontate in partenza.

Bibliografia[modifica]

  • Domenico Caresio, Grande raccolta di Modi di dire e Sinonimi Piemontesi (a cura di Dario Pasero), Santhià, GS Editrice, 2000, ISBN 88-87374-68-6.

Voci correlate[modifica]