Paolo Di Paolo

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Paolo Di Paolo

Paolo Di Paolo (1983 – vivente), scrittore italiano.

Citazioni di Paolo di Paolo[modifica]

  • "Come? il turco mio fratello? mio fratello il cinese? il giudeo? il siamese?". Era il diciottesimo secolo - e Voltaire faceva il verso ai razzisti di allora, agli eterni pregiudizi, alle radici salde dell'intolleranza. "Cadono le braccia a osservare come gli uomini si comportano con gli altri uomini", sì, ma una possibilità di correggersi c'è sempre. "Dobbiamo lottare contro noi stessi", scriveva in una lettera, commentando con irritazione la frase di chi, arrivato a una certa età, sbotta: "Ormai sono fatto così". "Be', vecchio stupido, cerca di cambiare". Comincia dalle parole.[1]
  • Dopo gli anni Venti del Novecento, scrivere romanzi, fare arte, esprimersi creativamente non è più la stessa cosa. Uno può scrivere un romanzo alla Balzac, o trascinare ancora avanti le possibilità dell’impressionismo, ma intanto sono passati Joyce e Virginia Woolf, Picasso e Dalì. L’Ottocento si è esaurito lì, in quelle scariche di elettricità e di novità.[2]
  • [Su Seminario della gioventù, di Aldo Busi] Lui forse non lo sa, ma quel romanzo – una Recherche contadina e nomade, senza pruderie, senza sangue blu – guadagna sempre nuovi e giovanissimi ammiratori. E comunque, Busi ha da rimproverare molto a Proust («non ci dice mai niente dell'origine dei soldi dei suoi aristocratici»): nell'ultimo libro, Vacche amiche (Marsilio), dice di Marcel che «lui le madeleine le mangiava solo, io le sarchiavo le aravo le seminavo le falciavo le trebbiavo le macinavo le setacciavo».[3]
  • Nel Buio oltre la siepe il romanzo di Harper Lee, un uomo spara a un nero. L'ha colpito?, domanda qualcuno. "Ha sparato in aria. Ma il nero dev'essere impallidito dal terrore". Il titolo originale del libro è To Kill a Mockingbird , sparare a un uccellino. Una delle lezioni della storia viene da questa immagine, e da un fucile ad aria compressa.[4]
  • Non mi piacciono le piccole patrie, ho un’allergia istintiva per le istanze indipendentiste, anche laddove hanno ragioni storiche e sociali legittime e comprensibili. Voglio dire che le battaglie catalane, di cui senza dubbio non so abbastanza, mi sembrano in ogni caso fuori tempo. Non per recitare un falso e tutto sommato solo “estetico” cosmopolitismo, ma perché – come una volta ho sentito dire da Fernando Aramburu, l’autore di Patria – pensare che il mondo finisca col viale di casa è un po’ gretto.[2]

Mandami tanta vita[modifica]

Incipit[modifica]

Fidarsi della prima impressione può portare fuori strada. Comunque, per lui, era stata antipatia. Istintiva, quasi feroce. Si era voltato, come tutti i presenti, per il chiacchericcio insistente in fondo all'aula. La lezione su Dante durava già da un'ora, la noia lievitava insieme ai versi. L'impettito professore, con gli occhi fissi sul libro – la sagoma di un'upupa, la testa stretta e un pennacchio di capelli bianchi – commentava ostinato a voce bassa, gareggiando in monotonia con lo scroscio della pioggia. Poi dev'essere caduto un libro a terra: il rumore ha spezzato di colpo la voce e una terzina incomprensibile del Purgatorio. Allora l'upupa ha finalmente alzato gli occhi piccoli come spilli, e li ha visti.
[Paolo Di Paolo, Mandami tanta vita, Feltrinelli, 2013]

Citazioni[modifica]

  • Esiste qualcosa che davvero possa lasciare traccia, in questa eterna confusione del mondo? Una azione, un gesto umano in grado di modificare il corso delle cose? Si può agitare l'acqua di un lago con la forza delle nostre dita? Il tempo di una sola vita umana non permette di misurare il risultato di una battaglia, ma non per questo perde senso lottare. È così, monsieur, è vero? Potrebbe chiederò al tassista. Potrebbe aprire il finestrino e domandarlo ai passanti, gridare Le idee, almeno le idee, ci sopravvivono? Forse anche i sentimenti. (p. 121)
  • Sfoglia i giornali che l'amico gli ha portato, gli parla dello schema di una lettera ai giovani che vorrebbe scrivere in fretta, anche se i medici dicono che non dovrebbe nemmeno scrivere. Al punto uno avrebbe messo: la dignità del lavoro. Avrebbe chiarito il giudizio sull'Italia e sul fascismo, si sarebbe detto nemico dell'esilio – anche di questo, del proprio. Avrebbe accusato chi accetta i compromessi, chi resta a guardare. Il Risorgimento non è ancora finito, amico mio, anzi, forse deve ancora cominciare: bisogna che lo spirito della rivoluzione invada le università, le incendi. (p. 131)

Note[modifica]

  1. Da I razzisti del web, Il mio dialogo con gli intolleranti, Repubblica.it, 21 luglio 2017
  2. a b Dalla intervista di Cristiano de Majo, L’importanza degli anni Venti oggi e cent’anni fa, rivistastudio.com, 8 febbraio 2021.
  3. Da Ci vuole molta forza per essere Aldo Busi, lastampa.it, 9 agosto 2018.
  4. Da La violenza non può mai essere uno scherzo, Rep.repubblica.it, 10 agosto 2015.

Bibliografia[modifica]

  • Paolo Di Paolo, Mandami tanta vita, Feltrinelli, Milano, 2013

Altri progetti[modifica]