Pierre Drieu La Rochelle

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Pierre Drieu La Rochelle (1893 – 1945), scrittore e saggista francese.

Citazioni di Pierre Drieu La Rochelle[modifica]

  • L'estrema civiltà genera l'estrema barbarie.[1][2]
  • L'Europa si è ridotta a portare le sue chiese senza Dio, i suoi palazzi senza re come gioielli scintillanti sul seno sfatto.[3]
  • L'uomo esiste solo nella lotta, l'uomo vive solo se rischia la morte.[4][2]
  • La città non è la solitudine perché la città annienta tutto ciò che popola la solitudine. La città è il vuoto.[5][2]
  • Quel che in primo luogo io rimprovero agli ebrei è di essere dei borghesi che imborghesiscono tutto ciò che toccano. Son stati gli ebrei a imborghesire il socialismo, son stati loro a trasformare la II Internazionale, la SFIO, il Populaire in altrettante baraonde di chiacchieroni, cavillosi e impotenti.[6]

Appunti per comprendere il secolo[modifica]

  • Il Medio Evo è stata una magnifica epoca di giovinezza. Questa giovinezza non solo ha trionfato nei costumi, ma anche nelle arti, nella poesia, nella filosofia e nella religione. (cap. I, p. 14)
  • Che cos'è Rabelais? L'ultimo grande grido di gioia del Medio Evo. (cap. I, p. 16)
  • Il vero Rinascimento è tutto nel Medio Evo a cominciare dallo XI secolo, a partire da quando si è sganciato dal caos carolingio. L'arte romanica non è già il Rinascimento? (cap. I, p. 17)
  • Il Rinascimento, il tempo breve e tardivo che così è chiamato, è l'ultimo, supremo momento di quel lungo, continuo Rinascimento che è stato tutto il Medio Evo. (cap. II, p. 25)
  • Il Medio Evo ha conosciuto la gioia del corpo, il Rinascimento ne ha conosciuto il piacere. (cap. II, p. 27)
  • La Chiesa cattolica a partire dal XVI secolo perde il senso della grande creazione spirituale in Europa ed ogni vera iniziativa. Nella Controriforma, sotto le apparenze rigoriste, dove si esibisce una pomposa meschineria, essa si appoggia sulle parti più grette e più caduche del Rinascimento. Riforma in parte i suoi costumi ma soprattutto (come anche lo stesso protestantesimo, così presto inaridito nel suo slancio) essa imbocca la strada di un umanesimo razionalista che tradisce le sue origini. Essa stessa fabbrica nei suoi collegi l'umanesimo gretto del XVIII secolo che le si rivolterà contro. I Gesuiti e gli Oratoriani nei loro corsi di filosofia preparano i rivoluzionari di volta in volta troppo sentimentali e troppo razionali. (cap. III, p. 41)
  • Baudelaire e Flaubert discernono ogni bruttezza e miseria dell'uomo come l'ha creata il razionalismo diventato scientismo e macchinismo.
    Baudelaire analizza il male nel suo intimo recesso, mentre Flaubert lo situa nel suo decoro. (cap. IV, p. 47)

Diario[modifica]

  • Le memorie sono l'àncora di salvezza dei grafomani, dei poligrafi. Solo lì si fermano, si fissano. O meglio è la posterità che, avendone bisogno a tutti i costi, conferisce loro finalmente un peso. (da Nota di diario del 16 ottobre 1939, p. 95)
  • Un vero ateo è un uomo che sente atrocemente la presenza di Dio, mentre un «credente» la sente in modo delizioso e atroce al tempo stesso. E quell'ateo vive nello stesso mondo del mistico, un mondo popolato di esseri di prodigiosa concretezza spirituale; è il mondo di Santa Teresa e di San Paolo, ma ribaltato; il mondo dell'escatologia giudaico-persiana e di san Giovanni dell'Apocalisse. È soprattutto l'orizzonte esatto dell'Apocalisse. (da Nota di diario del 2 giugno 1940, p. 222)
  • Nemmeno Nietzsche ha resistito alla folgorazione della rivelazione suprema: Dio non è, io sono Dio, dunque sono solo!
    Ecco quello che, nella folgorazione, brucia gli occhi dell'uomo occidentale, incapace di restare solo. Alcuni superano la soglia: io sono solo, ma niente di ciò che sono è e ciò che erompe e si irradia nella solitudine è ciò che in me non è me, e ciò che è sé, è Dio. Ma Dio non è banalmente ciò che è, è ciò che è e insieme ciò che non è, l'essere e il non essere e qualcosa di altro da entrambi, Amen. (da Nota di diario del 29 luglio 1944, p. 417)
  • La letteratura è il contrario di una seria disciplina filosofica e religiosa che miri a raggiungere l'ascesi e ad acquistare così la concentrazione su punti via via più impercettibili. La letteratura è ricerca e culto del concreto, del particolare; per altri versi, beninteso, comporta una visione dell'universale, ma di un universale che resti presente e impegnato in tutte le sue parti. È Dio nelle sue opere, il Dio demiurgo e creatore. (da Nota di diario del 18 ottobre 1944, p. 427)
  • Il sole sugli alberi spogli. Gli alberi sembrano morti ma non lo sono: la vita è eterna. Rileggo ancora una volta il vangelo di san Giovanni. Il solo cristianesimo possibile, il cristianesimo greco: una pura epopea dello spirito, senza compromessi. Manca in San Giovanni la scena della comunione. C'è semplicemente Gesù che lava i piedi ai discepoli. Nessuna comunione carnale, ma la trasmissione dello spirito attraverso un gesto carnale di un simbolismo delicato e segreto. Il Cristo di Giovanni è il figlio di Dio, non incarnato ma affiorante nella natura umana. (da Nota di diario del 6 dicembre 1944, p. 436)

Diario di un delicato[modifica]

  • Per me un quadro è l'articolazione di una preghiera, un mezzo magico per raggiungere l'al di là, in seno al mondo. (p. 32)
  • Orribile cedimento dell'essere, orribile migrazione dell'essere verso l'assenza, verso il nulla. Ai nostri occhi male aperti, male iniziati, cosa sarebbe Dio senza gli dèi? Non bisogna passare attraverso l'Inferno per meritare il cielo? (p. 41)
  • Gli adolescenti che si impennano fieramente immobili sui loro piccoli cavalli, sul fregio del Partenone, erano di carne e non di marmo. E portavano nelle loro piccole teste filosofie sottili, contraddittorie, amare. E sarebbero diventati i «pallidi» discepoli di Socrate che Aristofane vitupera nelle Nubi. Così la gloria del fregio è solo un breve momento di equilibrio tra il primitivo e il decadente. Già maturo, finalmente maturo, non ancora troppo maturo: il tempo è breve per i popoli come per gli individui. (p. 49)
  • Non posso vivere impunemente vicino a un altro uomo. Chi ha una maschera d'uomo ha sempre dentro di sé qualcosa di umano; e la distruzione dell'umano che opera in se stesso è ancora un atto umano; che mi tocca, mi ferisce. (p. 44)
  • Quando non ci sono più eroi, non ci sono più santi. Occorre una grande forza vitale per criticare la vita: con lo stesso movimento atletico l'uomo accetta e rifiuta la vita. (p. 50)
  • Il centro della mia vita è la vertigine della solitudine. (p. 84)

Incipit di Fuoco fatuo[modifica]

Alain prese a fissare Lydia intensamente. Ma era da quando era arrivata a Parigi, tre giorni prima, che la scrutava così. Cosa si aspettava? Un'improvvisa rivelazione, di lei o di sé.[7]

Citazioni su Pierre Drieu La Rochelle[modifica]

  • Certo che ho conosciuto Rigaut!. Sono proprio io che l'ho presentato a Drieu. Ciò che lo affascinava in Jacques Rigaut è il fatto che lui piaceva agli uomini, piaceva alle donne, anche alle donne a cui Drieu non piaceva affatto. È questo che l'attirava verso Rigaut. Ma poi Drieu ha scritto su di lui cose spaventose in La valise vide... (Louis Aragon)

Note[modifica]

  1. Da Les chiens de paille.
  2. a b c Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  3. Da Le jeune européen, Gallimard, 1927; citato in Ideario antiborghese, a cura di Mario Bozzi Sentieri, Edizioni Il Settimo Sigillo, 1989.
  4. Da Fuoco fatuo.
  5. Da Gilles.
  6. In un articolo dedicato al movimento operaio; citato in Paul Sérant, Romanticismo fascista (Romantisme fasciste), traduzione di Adriana Dell'Orto, Ciarrapico editore, Roma, 1983, p. 97.
  7. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Pierre Drieu La Rochelle, Appunti per comprendere il secolo, traduzione di Tiberio Graziani, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma, 1985.
  • Pierre Drieu La Rochelle, Diario: 1939-1945, traduzione di Roberta Ferrara, il Mulino, Bologna. ISBN 88-15-04787-5
  • Pierre Drieu La Rochelle, Diario di un delicato, a cura di Milo De Angelis, con un'intervista a Louis Aragon di Frédéric Grover, SE, Milano, 1998. ISBN 9788877104120

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