Ray Harryhausen

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Harryhausen nel 2006
Premio Gordon E. Sawyer (1991)

Ray Harryhausen (1920 – 2013), ideatore di effetti speciali e produttore cinematografico statunitense.

Citazioni di Ray Harryhausen[modifica]

Da Incontro con Ray Harryhausen

Andrea Ferrari, Robot. Rivista di fantascienza, anno II, maggio 1977

Scena de Gli Argonauti
  • Ricordo un buffo aneddoto che fece venire un complesso di colpa a tutta la troupe mentre stavamo girando il finale di A trenta milioni di chilometri dalla Terra. Il vostro governo ci aveva gentilmente messo a disposizione truppe e carri armati per le scene in cui lo Ymir viene abbattuto in cima al Colosseo: ma quello che nessuno sapeva è che tutta la strada intorno al Colosseo era stata riasfaltata due giorni prima delle riprese, e quando i carri armati cominciarono a manovrare i loro cingoli massacrarono il fondo stradale! Temo che il comune sia stato costretto a far riasfaltare tutto da capo.
  • Gli occhi dell'Ymir erano azzurri; li facemmo di quel colore per dargli un'aria più umana. Fra l'altro, la prima sceneggiatura aveva molto più a che fare con la mitologia nordica di quanto si sia poi realizzato.
  • Il mio film preferito è Gli argonauti, che è anche quello che più ci è venuto a costare e quello che ha realizzato gli incassi più alti: fu uno dei primi dieci campioni d'incasso in Inghilterra quando uscì nel '63.
  • Animai deliberatamente Talos con movimenti rigidi e meccanici e sono rimasto molto sorpreso quando mi sentii criticare per i suoi movimenti a scatti.
  • [Sull'idra ne Gli Argonauti] Quella fu una sequenza difficilissima da realizzare. Ogni volta che squillava il telefono e dovevo andare a rispondere, ritornavo al mio mostro chiedendomi quale delle sette teste si muovesse verso il basso e quale verso l'alto!
  • [Sugli scheletri de Gli Argonauti] Mi ci vollero quattro mesi di lavoro ventiquattr'ore su ventiquattro per ottenere mezzo minuto di combattimento sullo schermo. Fu un lavoro folle, credevo d'impazzire. Ma bisogna essere un po' pazzi per fare un lavoro come il mio, no?

Da «Attenti ai miei mostri li creo con la fantasia vera macchina di trucchi»

La Stampa, 19 settembre 1982

  • Considero l'elettronica, nel campo degli effetti speciali cinematografici, come una stampella: se uno non sa camminare, che la usi pure, otterà qualche risultato. Io, lo confesso, me ne avvalgo sporadicamente. Penso tuttavia che prima che con mezzi chimici, ottici, fisici, il vero effetto speciale mozzafiato si debba ottenere ricostruendo con le proprie mani (e con tutti i mezzi tecnici controllabili che abbiamo a disposizione) le immagini fantastiche che ci suggerisce la fantasia o il copione. Il caleidoscopio elettronico non sempre è manovrabile a proprio piacimento.
  • Ma quali sono le cose che ancora oggi lasciano a bocca aperta il grande pubblico? Facciamo due esempi: il buon mostricciattolo extraterrestre che in un recentissimo film ha fatto piangere di commozione gli Stati Uniti e comincia a far piangere anche gli europei. Oppure, il pubblico rimane a bocca aperta dinanzi alla sequenza di una stanza dove tutti gli oggetti, improvvisamente, cominciano a volteggiare per aria.
  • Il buon mostricciattolo extraterrestre non è figlio dell'elettronica, ma di abilissime mani e di azzeccatissimi materiali: gli oggetti che volano così bene per aria non sono mossi da computers ma da una serie successiva di back-projection, di mascherature, di fotogrammi "reali" montati uno sull'altro con infinito pazienza, sia pure con una sofisticatissima moviola. È ancora l'uomo, non le macchine, che costruisce con le sue mani il fantastico.

Da «Io che ho distrutto New York»

L'Unità, 19 settembre 1982

  • Dopo aver visto King Kong, quello vero del 1933, diventai matto per i dinosauri. Tutto il mio mondo era popolato di dinosauri.
  • Non ci credereste mai, ma i mostri che sullo schermo sembrano enormi non superano i 50 centimetri d'altezza. È la taglia giusta per lavorare. Se li facessi più grossi, quando fanno un passo ci vorrebbe un lottatore greco per sostenerli. Vi ricordate del remake di King Kong? Costruirono un modello alto 35 piedi che funzionava idraulicamente. Ma non l'hanno potuto utilizzare bene, perché occorreva troppa energia per sollevare un piede o un braccio.
  • Per la Medusa di Scontro di Titani ho fatto molte ricerche. Non potevo mica portare sullo schermo la Medusa di Cellini, così affascinante e femminile nonostante i serpenti sulla testa! Allora ho disegnato questo mostro metà serpente metà donna, orribile come un'immagine di Gorgone. È il mio istinto drammatico. Volevo che il pubblico, appena lo vedesse, dicesse: "Mio Dio, è spaventoso".
  • [Su Il mostro dei mari] Perché una piovra a sei tentacoli invece che a otto? È semplice. Meno cose ci sono da animare, più tempo si guadagna. È la stessa ragione per la quale Topolino aveva quattro dita invece che cinque.
  • A Hollywood, oggi, c'è gente che si diverte a spendere milioni di dollari. Ma non è meglio sforzarsi d'essere inventivi e realizzare un effetto spettacolare senza dilapidare una fortuna?
  • Ho distrutto più di una volta New York, San Francisco, Washington, Roma... Comunque, il maremoto di Argos nel film Scontro di Titani mi sembra veramente il più riuscito. Abbiamo girato tutte le sequenze in una settimana. Impiegavamo quattro modelli di gomma che abbiamo filmato a 96 immagini al secondo, in modo di dare l'impressione del maremoto. Il tott è stato ripreso da due cineprese. Poi abbiamo introdotto le persone in carne ed ossa e, cronometrando i loro gesti, è venuto fuori l'effetto-disastro. Sembrava proprio d'essere lì in mezzo.
  • Lo so, oggi è di moda spiegare per filo e per segno la realizzazione degli effetti speciali, ma io sono contrario. Non c'è più magia. Si riduce tutto a "tecnica". E questo è molto triste.
  • Non m'interessano i film dell'orrore. Non hanno poesia, tutto quel sangue, quei particolari da macelleria. E pensare che passo per un tecnico della paura. Preferisco divertire la gente, farla volare con la fantasia dentro mondi mai visti. Ora mi piacerebbe girare un film su Frankenstein, senza fare il solito mostro alla Boris Karloff. Chissà, però... Dopo la parodia di Mel Brooks, chi può prendere sul serio un mostro così? Sono altri i mostri che fanno paura. Sono nascosti tra noi.

Da Ricordo di un enorme robot

Intervista di Piera Detassis e Claver Salizzato, Avanti!, 22 agosto 1983

  • L'illustratore francese Gustave Dorè ha avuto una grossa influenza su di me, così come John Mar(t)in, un pittore inglese del periodo vittoriano. I disegni di Dorè, in particolare, mi hanno sempre affascinato, da quando ho visto le sue illustrazioni a Il Paradiso perduto di Milton e a L'Inferno di Dante. E, naturalmente, Willis O'Brien è stato un grande discepolo di Dorè. King Kong si avvale di molte suggestioni visive già presenti in Il Paradiso perduto di Dorè.
  • [Su Ray Bradbury] Eravamo un gruppo di amici che si divertiva molto a parlare di piattaforme spaziali, viaggi interplanetari, razzi. Cose che per l gente erano oscure e per le quali ci considerava dei pazzi. Tuttavia penso che fossimo molto più avanti del nostro tempo.
  • I mostri preistorici si prestano di più, indubbiamente, all'animazione. Non è necessario inventare niente, perché già nella mitologia greca si trovano animali fantastici e strane creature a cui non è necessario aggiungere nulla. Basta animarli. Nel caso della SF è diverso perché si lavora su cose meccaniche cóme sulla «supposizione» e anche solo inventare le brevi apparizioni delle creature extraterrestri dei dischi volanti richiede un lavoro immenso.
  • Quando nel mio ul­timo film, ad esempio, ho messo in scena Pegaso, il cavallo alato, mi sono trova­to ad affrontare un proble­ma non semplice: ognuno di noi sa bene che quella crea­tura non esiste e, in questo caso, cercare la verosimi­glianza in un essere imma­ginario di cui s'ignora l'aspetto, può essere pericoloso, puoi finire per non convin­cere nessuno. Meglio in tal caso mantenere quell'impaccio figurativo che eli­mina ogni problema di reali­smo. I miei film sono sem­pre stati un'escursione nel surrealismo, dal momento che si ha a che fare con il grottesco, con personaggi e creature soprannaturali, dei e dee che in qualche modo appartengono all'immagina­rio popolare. Di questo dob­biamo tener conto; del fatto, per fare un esempio, che quando si parla di Dio, l'immagine è sempre più grande di quello che noi siamo e perciò noi ci raffigu­riamo Dio come un gigante! Queste sono le fantasie che trovi persino nelle illustra­zioni dei libri di storia ed è anche quello che io cerco di portare sullo schermo. Non ho intenzione di far credere a nessuno che si tratti di sto­rie, eventi, personaggi reali; non ho intenzione di spinge­re verso l'immedesimazione, perciò rimango affezionato ai movimenti un po' impacciati - ma proprio per que­sto «fantastici» delle mie creazioni.

Da The Harryhausen Chronicles

Lorac Productions, Inc. & Julian Seddon Films, 1997; sottotitolaggio italiano in materiale bonus, 20 Million Miles to Earth, regia di Nathan Juran, 1957, DVD, Columbia Tristar Home Entertainment, 2002.

  • Il genere fantasy è un mondo di sogni, d'immaginazione. Non deve essere realtà. Deve essere interpretazione.
  • L'animazione, per me si nutre di quella sensazione da mondo dei sogni, e non funziona se paragonata troppo alla realtà. Il genere fantasy in essenza deve trasformare la realtà in immaginazione.
  • [Su King Kong] L'enorme gorilla sull'Empire State Building m'incuriosì. Un giorno mia zia trovò i biglietti. Venne anche mia madre con noi. Entrai nel Grauman's Chinese Theatre e, una volta uscito, non fu mai più lo stesso. La teatralità, la spettacolarità... Uscii semplicemente sconvolto. Capii quello che si poteva fare con l'animazione, mi cambiò la vita.
Scena de Il mostro dei mari
  • [Su Il mostro dei mari] Un produttore voleva fare un film su una piovra che fa a pezzi il ponte Golden Gate. Mi sembrava una sfida interessante. [...] Consegnammo il copione al consiglio degli anziani di San Francisco. Dissero che non avrebbero collaborato per paura che qualsiasi scena di distruzione del loro ponte potesse suggerire che la struttura non fosse solida. E così, con vari sotterfugi, devo dire che piazzammo una cinepresa sul retro di un furgone da panettiere e andammo su e giù sul ponte, per ottenere le riprese dei fondali.
  • [Su Il mostro dei mari] Volevamo fare una storia spettacolare con pochissimi soldi. Il budget era così basso che con una piovra senza due tentacoli avremmo risparmiato soldi, in effetti speciali, e tempo. Il tempo è denaro. Così ne tagliammo due e ottenemmo una piovra a sei tentacoli. Li tenevamo nascosti sott'acqua, per non farli contare a nessuno.
  • Charles Schneer adorava ritagliare giornali. E c'era un gran parlare di UFO. Allora il nostro prossimo film diventò Earth vs. the Flying Saucers. Andai a Washington con una macchina fotografica e fotografai tutti gli esterni. Poi mandammo un operatore a fotografare i fondali in base alla mia storyboard fotografica. Non avevo mai usato prima l'animazione per oggetti meccanici, tipo una nave spaziale. Eravamo in grado di fare cose fuori dalla norma e la prendemmo come una sfida.
  • [Su La Terra contro i Dischi Volanti] Ci volevano le distruzioni, altrimenti il film non avrebbe funzionato. I dischi volanti si schiantano sulla cupola del Campidoglio e rovesciano il Washington Monument. Sono lieto che ad oggi siano ancora intatti. [...] Mi toccò animare tutta questa distruzione un fotogramma alla volta. Quando il Washington Monument viene colpito da un disco volante ogni pezzo di mattone in caduta era attaccato a un cavo individuale mentre il disco volante distruggeva il monumento, spezzandolo in due.
Scena di A 30 milioni di km. dalla Terra
  • [Su A 30 milioni di km. dalla Terra] Volevo fare un umanoide. Dopo l'esperienza con Mighty Joe Young sapevamo di poter fare di più ma non volevamo creare un uomo.
  • [Su A 30 milioni di km. dalla Terra] Volevamo che Ymir risultasse simpatico. Era fuori dal suo habitat. [...] Non era nemmeno aggressivo, a meno che il cane e il contadino non aggredissero lui. Alla fine diventa così tremendo per colpa delle torture umane. Il povero piccolo era un'anima indifesa, un pesce fuor d'acqua. Alla fine si ritrova a Roma, in cima al Colosseo. Ciò fu influenzato da King Kong sull'Empire State Building. Mi sembrava poter essere un buon finale drammatico. L'uomo, ovviamente, distrugge ciò che non riesce a comprendere.
  • L'origine di The 7th Voyage ha a che vedere con Mighty Joe. Volevo fare qualcosa di nuovo, e sviluppai otto grandi schizzi sulle avventure di Sinbad. Per me egli personificava l'avventura.
  • [Su Il 7º viaggio di Sinbad] Nella mitologia classica, il ciclope si incontra spesso ma mai di questa grandezza. Volevamo che avesse proporzioni tali da lasciare esterrefatto il pubblico. Ha funzionato molto bene e soprattutto l'incontro col dragone.
  • [Su L'isola misteriosa] Mantenemmo la fuga originale in mongolfiera, durante la guerra civile. Ci sembrava un inizio entusiasmante per aprire questo film. La musica di Bernard Herrmann mi ha sempre colpito per dinamismo, in quella sequenza.
  • [Su L'isola misteriosa] La storia che ci arrivò fu How to Survive on a Desert Island, cioè in pratica il concetto originario di Giulio Verne. Ci sembrò di poterlo migliorare e per rendere più interessante un film di sopravvivenza incorporammo qualche strana creatura.
  • [Sul granchio gigante ne L'isola misteriosa] Questo granchio viene dalla pescheria di Harrod's, che ci crediate o no. Non volevamo bollirlo per non farlo diventare rosso. Fu necessario affidarlo ad una signora del museo che lo fece fuori in modo corretto, poi mi consegnò le sezioni del corpo nelle quali dovevo costruire le armature per l'animazione. Mentre giravamo i primi piani estremi dove ci sono un sacco di levette e di peli che vibrano prendemmo 4 o 5 altri granchi. Erano dei granchi commestibili. Fu servita un'ottima cena, dopo il contributo dei granchi al film.
  • [Su L'isola misteriosa] C'era una sequenza dove l'ape li sigillava in una favo. Fu interessante, dovemmo girarla al contrario. In modo da distruggere la chiusura con l'ape che quindi apriva il favo. Vista alla rovescia, poi, sembrava che il favo venisse rinchiuso.
  • [Su Base Luna chiama Terra] H.G. Wells suggeriva che gli uomini-formica avessero sviluppato l'intelligenza prima degli umani sulla Terra. Volevamo tenere questo elemento, e io disegnai le creature lunari come formiche, delle formiche intelligenti.
Scena de Gli Argonauti
  • [Su Gli Argonauti] Nella storia Jason and the Golden Fleece c'era un personaggio chiamato Talos, anche se non era grande quanto lo facemmo noi. Era alto solo 3 metri. Ma quando iniziai a disegnare pensai sarebbe stato più minaccioso grande come il Colosso di Rodi. C'era l'opportunità di fondere il personaggio del Colosso di Rodi con l'uomo di metallo.
  • [Su Gli Argonauti] Certe volte rimpiangevo di aver scelto l'Idra per il film. Presentava un mucchio di problemi imprevisti in animazione. Numero uno: se squillava il telefono mentre io l'animavo poi mi dimenticavo se questa testa stava andando avanti o indietro o se questa andava su o giù, e altre questioni riguardo le varie teste. C'era di che confondersi.
  • [Su Gli Argonauti] Gli scheletri sono i miei migliori amici. Farne sette fu una vera sfida. Ho esitato a sviluppare l'idea, perché ciò che disegno va poi portato sullo schermo. Se no, è un trucco da venditori. Cerco di non disegnarlo se non so animarlo.
  • [Su Gli Argonauti] Ci sono 5 parti mobili per scheletro. 7 per 5 fa 35. Bisogna fare 35 movimenti, quando ci sono 7 scheletri visibili per ogni fotogramma. Quando c'erano tutti e 7 gli scheletri in campo allo stesso tempo ero in grado di fare in media sui 13 fotogrammi al giorno.
  • [Su Un milione di anni fa] Raquel Welch doveva venire sollevata da uno pterodattilo animato. Ciò rese necessario costruire un modellino di Raquel Welch in modo da poter animare lei e lo pterodattilo allo stesso momento. Scavammo una gran buca nella sabbia, e ad un certo punto Raquel Welch ci si buttava dentro. E lì sostituivamo la miniatura. Il personaggio sollevava Raquel Welch in miniatura e la trasportava su in cielo.
  • The Valley of Gwangi fu un prodotto nato da Willis O'Brien e su cui lavorò per un anno. Conteneva tutti gli elementi. Il dinosauro, che andava molto, e i cowboy. I film western in quel periodo avevano successo. Ci pareva che unendo questi elementi avremmo potuto avere successo.
  • [Sulla scena dei lasso de La vendetta di Gwangi] Io la volevo tenere, più di ogni altra cosa. Il problema tecnico era trovare qualcosa che loro tirassero davvero. Montammo un palo su di una jeep. I cowboy dovevano lanciare i loro "lasso" intorno al palo. Poi avrei pensato io a eliminare la jeep e a mettere Gwangi. In ogni fotogramma andava animato un cavo sulla testa di Gwangi che andava mantenuto in tensione anche all'altro capo.
  • [Su Kālī ne Il viaggio fantastico di Sinbad] Per fare le prove con le sei braccia e gli attori che le affrontavano dovevamo legare insieme con una cinta tre controfigure. Sul set la cosa fu piuttosto grottesca, questo va detto.
  • [Su Sinbad e l'occhio della tigre] La tigre coi denti a sciabola non si era mai vista, e pensai di crearla. I felini sono più difficile da animare degli altri animali. Fanno questi movimenti felini molto lenti. È difficile animare in quel modo.
  • C'è una certa qualità puerile che credo ognuno debba mantenere per amore delle fiabe, per amore del genere fantasy.
  • [Su Scontro di titani] Nella maggioranza dei film sulla mitologia greca Pegaso si vedeva con le ali piccole. Sembrava incredibile che quelle alette potessero sostenerlo. Per me fu una sfida creare immagini di volo convincenti che dessero davvero l'illusione di un cavallo che si leva in volo.
  • [Su Scontro di titani] Quando Perseo cerca di domarlo, Pegaso è allo stato brado. Quindi pensai di potermela cavare mostrando il cavallo che scalcia Perseo che gli salta sulla schiena e lo fa decollare. Cosa farebbe il cavallo se non cercare di disarcionarlo?
  • [Su Scontro di titani] Medusa fu molto interessante, anche se complicata da animare. Per ogni fotogramma di pellicola, ovvero un 24esimo di secondo andavano mossi 12 serpenti, la testa e la coda di ogni serpente. Poi andava mossa la mano. Poi il braccio. Il corpo andava sincronizzato col torso, con la coda, con i sonagli.
  • [Su Scontro di titani] Non volevo solo fare una donna normale con dei serpenti in testa. Una così non ti trasforma in pietra. E così decisi di renderla il più possibile brutta e darle questo potere, negli occhi, di pietrificare la gente. L'abbiamo fatta un po' serpente, malvagia. In quel modo è più minacciosa che col viso carino e i serpenti in testa.
  • I greci consideravano gli dei uguali agli esseri umani. Con le stesse debolezze e gli stessi difetti degli uomini. Erano soltanto persone più grandi che vivevano sul monte Olimpo.
  • Non credo ci fosse nessuna strana qualità che mi abbia fatto venire il complesso della divinità. Ma poi quando guardi i film, dici: "Metti sullo schermo delle immagini che sembrano vive, e tu controlli esattamente tutto ciò che fanno". Ecco perché questo concetto della mitologia greca mi interessava. Gli dei che manipolano la realtà.

Da Intervista esclusiva a Ray Harryhausen

Intervista di Edoardo Favaron, Bizzarrocinema.it, 7 dicembre 2011.

  • Ho subito capito che avrei voluto dedicarmi agli effetti speciali quando, nel 1933, ho visto King Kong al Grauman’s Chinese Theater a Los Angeles. É stata una vera rivelazione e un meraviglioso viaggio in un mondo di fantasia. Ho trascorso molto tempo a cercare di capire i trucchi con cui erano state realizzate le scene di quel film e ho così scoperto l’esistenza della tecnica stop-motion. A quel punto ho iniziato a perfezionare la mia abilità: quella sarebbe stata la mia carriera. Volevo solo inventare e realizzare delle creature tutte mie.
  • Quando ero giovane la mitologia greca non mi interessava, ma dopo Il settimo viaggio di Sinbad ne ho capito l’importanza e da quel momento ho cercato di inserire in tutte le storie qualche incredibile creatura mitologica. Nessuno aveva mai utilizzato la mitologia a fini spettacolari prima di allora, e questo è sicuramente uno dei segreti del successo di queste pellicole.
  • Sono molto orgoglioso del lavoro svolto per Il viaggio fantastico di Sinbad. Ancora oggi questo film conserva un certo fascino. Ricordo che il ruolo dell’Oracolo doveva inizialmente essere interpretato da Orson Welles, ma ha rifiutato la parte pochi giorni prima dell’inizio delle riprese.
  • Scontro di Titani è stato uno dei miei ultimi film e ne conservo un buon ricordo. Non è stato facile portare a termine questa pellicola, che ha richiesto un grande sforzo economico. Il film punta molto sulle creature fantastiche e mostruose messe in scena, anche se sono stato condizionato dal budget. Per esempio la scena con lo scorpione avrebbe potuto essere più epica e spaventosa, ma per coprire alcuni difetti tecnici siamo stati costretti a renderla più scura e anche la creatura ha perso un po’ di efficacia.

Citazioni su Ray Harryhausen[modifica]

  • Harryhausen [...] non è stato un regista o uno sceneggiatore o un produttore e nemmeno un attore. Eppure, in un certo senso, è un po’ tutte queste cose, e anche qualcuna di più. Harryhausen è stato infatti un geniale tecnico degli effetti speciali, e anche un dotatissimo “animatore”, quel tipo di artista che realizza film a “pupazzi animati”, con la differenza che i pupazzi di Harryhausen in genere sono sempre stati dei mostri o degli “alieni” inseriti in un contesto fotografico nel quale comparivano attori normali. Si è verificato così quel bizzarro effetto di fusione tra la realtà e la fantasia che è la caratteristica fondamentale di tutto il suo lavoro. (Luigi Cozzi)
  • Le invenzioni di Harryhausen sono state certamente una grande fonte di ispirazione per me, mentre stavo crescendo. È vero, alcuni dei suoi lavori saranno sempre attuali, ad esempio gli scheletri e l’idra degli Argonauti, sono stupefacenti e ancora spettacolari. La bellezza imperitura della «stop-motion»! (Phil Tippett)
  • Ray Harryhausen può infatti essere definito l’unico e il più geniale “artigiano” del cinema, e questo proprio perché i suoi film (che spesso, come i due Sinbad o l’ultimo lavoro, Scontro di titani, hanno ottenuto risultati clamorosi al box-office) sono in gran parte realizzati “a mano”, nel vero senso della parola, perché Harryhausen in realtà eseguiva tutte le sue meraviglie “effettistiche” proprio grazie alle sue mani e alla sua padronanza assoluta del mezzo tecnico. (Luigi Cozzi)

Ray Bradbury[modifica]

  • Era pazzo di The Lost World e King Kong, tanto quanto me. Stringemmo un patto: diventeremo vecchi, ma non cresceremo mai. Rimarremo diciottenni, e ameremo per sempre i dinosauri.
  • Imparammo entrambi presto a non dar retta agli altri, a concentrarsi sulla passione, a bruciare con lo sguardo, a diventare il dinosauro.
  • Tutti vogliamo avere potere. Noi, da bambini e da uomini, vogliamo controllare il mondo a modo nostro. Un modo di farlo è di scrivere storie con personaggi in vari ruoli, che vengono distrutti, o crescono. Un altro è di fare come ha fatto Ray.

Film[modifica]

Altri progetti[modifica]