Richard de Bury

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Sigillo di Richard de Bury

Richard Aungerville, noto anche come Richard de Bury (1287 – 1345), religioso, scrittore e bibliofilo britannico.

Philobiblon[modifica]

  • Nei libri Dio stesso, illimitato e altissimo, si lascia comprendere e onorare; in loro si svela la natura del cielo, della terra e dell'inferno; nei libri si vedono le leggi che reggono la vita civile, si distinguono le funzioni delle gerarche celesti e vi si disegnano le tirannidi degli angeli malvagi; non li superano le idee platoniche e neppure la cattedra di Cratone basterebbe a racchiuderli. Nei libri ritrovo vivi i morti, nei libri prevedo il futuro, nei libri trovo le geometrie dell'arte bellica e dai libri escono le leggi della pace. Nel tempo tutto si consuma e marcisce e Saturno non si stanca di divorare i suoi figli: l'oblio seppellirebbe ogni gloria terrena se Dio non vi avesse posto rimedio inventando i libri. (cap. I, Come il tesoro della sapienza si trovi soprattutto nei libri, p. 37)
  • Riflettiamo infine su come nei libri il sapere sia a portata di mano, quanto sia semplice e misterioso insieme; con quanta tranquillità, senza falsi pudori ci spogliamo davanti a loro della nostra ignoranza. I libri sono maestri che ci educano senza bacchetta né verga, senza strepiti né rabbia e non voglion favori né soldi! Se ti avvicini loro, non dormono e non sfuggono se li interroghi per sapere! Non ti riprendono se sbagli e non ti ridono in faccia per la tua ignoranza! (cap. I, Come il tesoro della sapienza si trovi soprattutto nei libri, p. 41)
  • ...è noto che le ricchezze riguardano unicamente e principalmente la parte materiale dell'uomo, mentre la forza dei libri sta nella perfezione della ragione, che sola merita il nome di bene, i libri allora – per un uomo che fa uso della ragione – sono più cari di quanto non lo siano le ricchezze. Inoltre, il fedele deve amare di più ciò che difende la sua fede nel modo più semplice, che riesce a portarla più lontano e che ne parla più distintamente: è questa la verità che si trova nei libri come ha indicato il Salvatore... (cap. II, Come, secondo ragione, si debbano amare i libri, p. 47-49)
  • La biblioteca della sapienza è dunque più preziosa di ogni bene e neppure gli oggetti più desiderabili la uguagliano. Pertanto chiunque sia acceso di zelo per la verità, la felicità, la sapienza o la scienza, e anche per la fede, deve per forza amare i libri. (cap. II, Come, secondo ragione, si debbano amare i libri, p. 51)
  • Voi, stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, voi popolo scelto per condividere il destino del Signore, voi sacerdoti e ministri, anzi voi Chiesa di Dio per antonomasia, quasi i laici non rientrino anch'essi nel suo seno! Voi che, in disparte dai laici, cantate salmi e inni all'interno del coro e servite all'altare e partecipate a messe e consacrate il vero corpo di Cristo, ministero per cui Dio vi ha tenuti in considerazione non solo più dei laici ma persino più degli angeli! [...] E chi vi ha regalato tutte queste cose, o chierici, se non i libri? Ricordatevi quanti magnifici privilegi sacerdotali vi abbiamo procurati! (cap. IV, Lamento dei libri contro i chierici sacerdoti, p. 59)
  • Oh la nostra forza infinita! Conservati a Parigi o ad Atene facciamo sentire la nostra voce in Britannia e a Roma! Immobili, tuttavia ci muoviamo perché, pur restando dove siamo, veniamo portati ovunque nelle menti di chi ci ascolta. (cap. IV, Lamento dei libri contro i chierici sacerdoti, p. 65)
  • Fu dunque grazie a questa nomea che mi si aprirono le librerie dei più antichi monasteri, si schiusero scrigni, si svuotarono i ripiani e ne uscirono manoscritti, risvegliati e storditi dalla luce improvvisa dopo tanti secoli di sonno passati in quei bui sepolcri. Lì, preziosissimi volumi un tempo splendidi giacevano senz'anima, lasciati per terra a marcire nell'incuria o a imputridire, coperti dai nidi dei topi e straziati dai morsi dei vermi. In quei luoghi ritrovai libri dimenticati, che pure una volta indossavan porpora e lino, ricoperti di polvere e crini buttati per terra a far da casa ai tarli. Non potevo resistere e, nei ritagli di tempo mi perdevo tra quelle povere carte con un piacere ancora più grande di un raffinato speziale che si aggiri tra gli aromi della sua farmacia: così ritrovavo la spinta e l'oggetto del mio amore. (cap. VIII, Come ci capitò l'occasione di acquistare un gran numero di libri, p. 109)
  • ...più che estinguere, la giurisprudenza porta ad alimentare il fuoco delle liti tra gli uomini, liti generate da un'infinita cupidigia, con una selva di leggi che ognuno può tirare dalla sua parte [...] chi professa quest'arte sarà più propenso alla lite che non alla pace e interpreterà il diritto non secondo l'intenzione del legislatore ma ne violenterà il senso fino a raggiungere con i suoi imbrogli il suo fine. La forza di queste ragioni, anche se mi ha posseduto fin da piccolo il morbo d'amore dei libri – un amore che mi ha posseduto come un languore voluttuoso – ha pesato nel distogliere la passione dai libri di diritto, così che ho fatto meno sforzi e speso meno soldi per comprarli. (cap. XI, I motivi che mi fecero preferire i libri delle arti liberali a quelli di diritto, p. 145-147)
  • Anche se indubbiamente il desiderio di conoscere è naturale per tutti gli uomini, la voglia di imparare non è cosa da tutti; la maggior parte, anzi, assaggiato quanto lo studio sia fatica e provata la stanchezza sulla propria pelle, butta alla leggera la noce ancor prima di aver rotto il guscio per gustarne il gheriglio. (cap. XIII, Perché non ho trascurato le favole dei poeti, p. 153)
  • Coloro che, per svolgere con efficacia il proprio dovere più hanno bisogno del sapere, costoro devono più di ogni altro dimostrare il sentimento e la gratitudine che il loro cuore nutre verso i sacri custodi del sapere. [...] Per questa ragione prìncipi e prelati, giudici e dottori, e chiunque governi il bene comune più degli altri han bisogno di sapienza e così più degli altri dovranno mostrare il loro attaccamento ai libri, scrigni del sapere. (cap. XIV, Chi debba amare di più i libri, p. 159)
  • ...Anche il Salvatore ha esercitato il mestiere di scrivere quando, inchinatosi, scrisse col dito sulla sabbia [...] O serenità della scrittura: cosa unica al mondo per la quale s'inchina persino il Creatore dell'intero universo, Lui, davanti al cui nome non c'è ginocchio che non si fletta! Unico e venerando mestiere, di gran lunga superiore a tutti gli altri che l'uomo può compiere con le mani, in grado di piegare umilmente il petto del Signore e per il quale il dito di Dio funge da penna! [...] la volontà di Dio ha fornito l'uomo delle dita per scrivere e non per combattere... (cap. XVI, Quanto sia meritorio scrivere libri nuovi e ridare lustro ai vecchi, p. 177)

Citazioni su Richard de Bury[modifica]

  • Uomo di vivace ingegno, esperto abbastanza di lettere [...] che fin dai primi anni fu delle riposte cose curiosissimo indagatore... Ed egli [quando gli chiesi notizie dell'isola di Tile] o che sperasse potermi mantener la promessa, o che vergognasse di confessare la propria ignoranza [...], o che per avventura (né vorrei crederlo) sentisse invidia dell'aprirmi questo segreto, risposemi che avrebbe sciolto il mio dubbio quando fosse tornato alla sua patria ed ivi avesse potuto consultare i suoi libri, de' quali aveva copia tragrande. (Francesco Petrarca)

Bibliografia[modifica]

  • Riccardo da Bury, Philobiblon o l'amore per i libri, introduzione di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, traduzione di Riccardo Fedriga, Rizzoli, Milano 1998, ISBN 881717243X

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