Roberto Donadoni

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Roberto Donadoni (2009)

Roberto Donadoni (1963 – vivente), ex calciatore e allenatore di calcio italiano.

Citazioni di Roberto Donadoni[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • [Su Arrigo Sacchi.] Con lui mi divise, almeno inizialmente, la posizione in campo. Venivo dalla provincia, ero abituato al mio tran-tran di ala tornante: pretese che mi sdoppiassi, trequartista in fase d'attacco, esterno destro di centrocampo quando la palla l'avevano gli avversari. [«Un po' numero sette, un po' numero dieci...»] Più o meno. Non è stato facile, ma bello sì: bellissimo.[1]
  • [SU Marco van Basten.] Era un falso lento. Quando andava, andava: poche balle.[1]
  • [In merito al card. Wojtyla e al card. Joseph Ratzinger] Credo che in questo momento non ci sia bisogno solo di difensori ma anche di attaccanti, come coloro che chiaramente propongono e danno qualcosa. Quindi, li schiererei chiaramente dal centrocampo in avanti. [...] [Sono entrambi] ispiratori del gioco visto che sono anche ispiratori di vita e di comportamento.[2]
  • Ero un attaccante e non potevo certo limitarmi al lavoro oscuro. Nella vita, però, mi considero un uomo del centrocampo, un mediano alla Ligabue.[3]
  • Il calcio come la vita evolve continuamente come le culture di ogni paese. È un evolversi continuo in funzione di quello che è l'andamento sociale di ogni paese. Ho vissuto esperienze da calciatore ottime, belle, all'estero, penso sia un peccato non averle fatte anche prima, così come mi sto rendendo conto, da allenatore, che lavorare in realtà diverse sia molto positivo, costruttivo, migliora anche quella che è la tua visione uscendo dal proprio orticello.[4]

"Io, il ct senza contratto, ho imparato a emozionarmi"

Intervista di Gianni Mura, Repubblica.it, 29 aprile 2008

  • [Fin da bambino] ero milanista perché mi piaceva Rivera. A 12 anni ho potuto infilare le prime Adidas Rivera della mia vita, nere con strisce rosse. Mi piaceva Rivera ma anche Cruyff, Beckenbauer, insomma i giocatori eleganti. Anche se capivo l'importanza di quelli grandi e grossi, sapevo di essere dall'altra parte.
  • [«Si ritiene un predestinato?»] A 9 anni avevo già la maglia della Cisanese. In quinta elementare, la mia classe giocava contro i ragazzi di terza media e qualche volta li batteva. All'oratorio, mi era proibito passare la metà campo, oppure potevo passarla ma non segnare. Così dribblavo tutti quelli che potevo e al momento di fare gol passavo a qualcuno.
  • Faccio fatica a ricordare quanti scudetti ho vinto. Non so dire qual è il mio gol più bello perché non me ne viene in mente uno. Non ricordo i nomi di tutti quelli con cui ho giocato, né quelli degli arbitri che mi hanno diretto. Al Milan ho vinto molto e ogni volta azzeravo tutto, pensavo alla prossima. Non mi piacevano i riflettori allora, non mi piacciono adesso.

Il mestiere di allenare

Dall'intervista a Undici nº 9; citato in Giorgio Burreddu, Rivistaundici.com, 10 maggio 2016

  • [Mio padre] veniva a vedermi giocare senza dire una parola. Di commenti non ne faceva. Né prima né dopo. Mi ha insegnato i valori, a fare le cose con rigore e serietà. L'unica minaccia, esagerata, me la fece quando venne a sapere, non so da chi, che avevo dato un pugno sulla spalla a una compagna di scuola perché non voleva darmi la figurina che mi mancava per finire la collezione. Papà mi disse, con calma, un'altra lamentela dalla scuola e ti inchiodo le orecchie al banco. Non ci fu un'altra lamentela.
  • [«L'inizio in A se lo ricorda?»] Solo che prima della partita correvo all'impazzata nel tunnel. Mi pare fosse contro l'Inter. A un certo punto mi sono detto: «Ma cosa stai facendo? Vuoi arrivare in campo senza fiato?». Poi è andato tutto bene.
  • [«Oggi che fa l'allenatore ha capito come si fa a creare un gruppo?»] Si crea da solo con le capacità dei singoli. Bisogna saper stare insieme, coi difetti e i pregi: è quella la chiave. Però credo sia una cosa abbastanza naturale, viviamo in una società e la squadra è una società in miniatura.
  • [«Che mestiere è quello dell'allenatore?»] Non è un mestiere. Non mi piace definirlo così. È una passione legata un po' a quello che ho sempre fatto, e quindi è soltanto la continuazione. Vuol dire rimanere sempre nello stesso ambiente, sentire gli stessi odori, le stesse sensazioni.

Note[modifica]

  1. a b Dall'intervista di Roberto Beccantini, Donadoni e il Milan, «lo contro Berlusconi sembra impossibile», La Stampa, 22 gennaio 2005, p. 31.
  2. Citato in Calcio: Donadoni, Wojtyla e Ratzinger 'attaccanti' in grado di proporre valori, Adnkronos, 26 novembre 2007 (via Tio.ch).
  3. Citato in Marco Azzi, Donadoni e il San Paolo, l'attrazione degli opposti, la Repubblica, 28 aprile 2009.
  4. Dall'intervista di Nicholas Gineprini, Il calcio evolve continuamente, intervista a Roberto Donadoni, Ultimouomo.com, 10 ottobre 2019.

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