Utente:Nemo bis/Citazioni/Prosecuzione

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“L’unico modo di risolvere i problemi è di conoscerli, di sapere che ci sono. Il semplicismo li cancella e così li aggrava.”

Giovanni Sartori, “Democrazia”, p. 18


“[…] Vox populi, vox dei […] ma il punto è, qui, di fondare la democrazia. E un fondamento di legittimità non attribuisce verità: attribuisce un diritto. Il popolo non ha sempre ragione nel senso che non sbaglia mai, ma nel senso che ha diritto di sbagliare, e che il diritto di sbagliare compete a chi sbaglia per sé, a danno proprio.”

Giovanni Sartori, “Democrazia”, p. 32


“Se c’è un modo di rendere inevitabile anche l’evitabile è dichiararne l’inevitabilità.”

Giovanni Sartori, “Democrazia”, p. 99


“La storia è il mito di Sisifo, ogni generazione ricomincia daccapo. Nessuno di noi nasce civilizzato: il nostro certificato di nascita porta l’anno zero. La nostra età storica, la nostra maturità di uomini del proprio tempo, deve essere sempre riconquistata, la si deve sempre ricuperare: e ogni volta il tragitto i allunga, ogni volta c’è da risalire un poco di più. Talvolta sembra che non reggiamo lo sforzo, che la linea della tradizione occidentale sia diventata troppo lunga, che non riusciamo più a ripercorrerla. Talvolta coglie il sospetto che l’habitat storico sia più civile di quanto siano civilizzati i suoi abitanti, e che le civiltà si disintegrano proprio perché finiscono per sopravanzare i loro protagonisti. Siamo gravidi di futuro, oppure stiamo perdendo il passo?”

Giovanni Sartori, “Democrazia”, p. 263


“Il razzismo finirà quando potremo dire che ci sono neri stronzi come i bianchi.”

Michele Serra, Corsera 1-7-2006 p. 19


“Uccidendo i suoi ebrei, l’Europa si è suicidata.”

George Steiner, Una certa idea di Europa, p. 19


“I parafulmini devono essere saldamente infissi nel terreno. Anche le idee più astratte e speculative devono essere ancorate nella realtà, nella materia delle cose.”

George Steiner, Una certa idea di Europa, p. 29


”La nostra capacità di previsione è ridicolmente miope (quasi sempre costruiamo le nostre ipotesi utilizzando uno specchietto retrovisore).”

George Steiner, Una certa idea di Europa, p. 51


"Il crinale fra teoria e prassi è un luogo di sosta insicuro e, alla lunga, insoddisfacente."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. V


"Già cento anni prima che fosse concluso [il contratto sociale], John Locke scriveva: 'Al principio tutto il mondo era come l'America'."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 7


"Le domande sono delle spinte alla decisione, che ci vengono poste dalla vita. Per quanto possiamo essere fantasiosi o disperati, non possiamo sottrarci ad esse. Anche quando facciamo a meno i dare una risposta alle domande, diamo una risposta carica di conseguenze. le domande sono là e si impongono a noi, che lo vogliamo o no.

I problemi al contrario li creiamo noi stessi. Essi non soltanto sono un prodotto degli uomini – lo sono anche le domande –, ma in certo modo sono sempre un prodotto di colui che aspira alla loro soluzione. a differenza delle domande, essi sono costruiti in proprio, e in questo senso sono artificiali. Noi possiamo scioglierli o no; in linea di principio possiamo anche lasciarli stare, addirittura dimenticarcene, senza che essi ci perseguitino. le domande caratterizzano il mondo della prassi, i problemi quello della teoria."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 11


"La prassi è inevitabilmente calata entro limiti temporali, la teoria è fondamentalmente svincolata dal tempo."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 13


"Talvolta il comportamento pragmatico è necessario; ma chi cerca di fare di necessità virtù, conclude poco, anzi spesso peggiora quello che è chiamato a riparare. La teoria è qualcosa di più i un piacevole lusso.

Il pragmatismo è conservatorismo sotto la veste dell'azione. Esso conserva l'esistente, nel mentre che dà l'impressione di movimento.

Il massimo di cambiamento prodotto dai pragmatici consiste nello scavare una buca per riempirne un'altra – una terapia dell'occupazione anziché occupazione, un gioco a cambiare anziché cambiamento."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 21


"La più potente forza motrice del progresso sociale nel mondo industriale è rappresentata dal fatto che i partiti politici e il loro scontro hanno fornito espressione organizzata al profondo conflitto degli interessi di classe."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 51


"Quando delle classi diventano troppo sicure della propria posizione, non si limitano a difendere lo status quo, ma lo rendono rigido."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 55


"Quanto più a lungo dominano stabili rapporti democratici, tanto più difficile diventa sciogliere il collante del cartello degli interessi."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 56


"Il delinquere, sia contro la persona sia contro la proprietà, viene colto dai gruppi del ceto medio come un fatto onnipresente, e porta quindi a richiesta di diritto e ordine in un senso meccanico esteriore, cioè in direzione di un ulteriore indurimento delle arterie della società ufficiale.

Quasi tutti gli sviluppi sociali sembrano muoversi verso una sempre più confortevole ma anche più rigida struttura di subordinazione per la maggioranza, e verso un'esistenza sempre più esposta e sradicata per le minoranze emarginate."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 62


"Quanto più rapidamente il lavoro ci sfugge (come sembra), tanto più ognuno, pieno di dubbi, si attacca ai valori e alle strutture della società del lavoro."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 160


"La tecnologia non si è tanto sostituita al lavoro, quanto piuttosto ha allontanato i lavoratori dai processi produttivi."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 164


"Ma il lavoro ha una sua valenza anche in quanto una delle forze principali per la strutturazione della vita degli uomini. Finora nessuno ha scoperto una forza ugualmente efficace. Sicché la società senza lavoro è rimasta singolarmente amorfa, priva di contorni e di significato."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 174


"Quando i tempi sono cattivi, la fantasia degli uomini viene eccitata da fini lontani, ma il tentativo di realizzare quei fini contribuisce poco a rendere migliori i tempi. [...] Utopia e rivoluzione possono apparire attraenti a coloro che sono lontani da entrambi, ma nella realtà significano quasi sempre oppressione e miseria."

Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, p. 197


“Tu stai al mondo solo perché c’è posto!”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio


“Ricco non sono io, ricco è il cimitero.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio


“Chi lavora ha sempre ragione su chi insegue le sue chimere, e intanto non lavora.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 19


“Perché il potere, contro le apparenze, si manifesta più col dare che col togliere.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 21


“La casa non sarebbe stata ugualmente mia, perché nostra non è la casa che ci facciamo, ma la casa che ci viene tramandata dai nostri padri, quella che riceviamo apparentemente gratis, in realtà attraverso il lavoro, onesto o disonesto, delle generazioni.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 42


“Ma gli odori sono più vicini al frutto dei colori, hanno in sé qualcosa di concreto, di appropriabile che i colori non hanno.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 43


“L’assenza del padre nella casa è una terribile presenza.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 64


“Perché la povertà crea intorno a sé un alone di poesia, ma stabilisce un diaframma col mondo, che per sua natura è ricco.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 73


“Figli non ne erano venuti, ma questo non aveva nessuna importanza. Né l’uno né l’altra sentivano il bisogno di continuarsi, perché non avevano il senso della propria incompletezza.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 90


“Il senso dell’utile e dell’inutile è estraneo a Dio e ai bambini: esso è l’elemento diabolico della vita.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 94


“Non c’è il minimo dubbio che Pietro Catte in astratto non sia una realtà, come non lo è alcun altro uomo su questa terra: ma il fatto è che egli è nato ed è morto (lo attestano quegli irrefutabili atti), e questo gli dà una realtà nel concreto, perché la nascita e la morte sono i due momenti in cui l’infinito diventa finito, e il finito è il solo modo di essere dell’infinito. Pietro Catte ha tentato di sottrarsi alla realtà impiccandosi a quell’albero di Biscollai: ma la sua è stata una vana speranza, perché non si può annullare il proprio essere nati. Per questo io dico che Pietro Catte, come tutti i miseri personaggi di questo racconto, è importante, e deve interessare tutti: se egli non esiste nessuno di noi esiste.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 158


“Perché in definitiva ognuno vuole essere sé stesso con la sua consapevole mediocrità.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 166


“Ognuno di noi, anche se si limita a guardare in sé stesso, si vede nella fissità di un ritratto, non nella successione dell’esistenza. La successione è una trasformazione continua, ed è impossibile cogliere e fermare gli attimi di questa trasformazione. Sotto questo profilo, si può dubitare del nostro steso esistere, o la nostra realtà è solo nella morte. La storia è un museo delle cere.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 167


“Gli animali sono eterni, perché non hanno speranza.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 260


“Per conoscersi bisogna svolgere la propria vita fino in fondo, fino al momento in cui si cala nella fossa. E allora bisogna che ci sia uno che ti raccolga, ti risusciti, ti racconti a te stesso e agli altri come in un giudizio finale.”

Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, p. 291


“Non esiste l’“inglese della regina”. La proprietà è caduta nelle mani di una società per azioni, e siamo noi ad avere il pacchetto di maggioranza!”

Mark Twain, Seguendo l’equatore


“Mi pare, del resto, che l’atteggiamento pessimistico si addica di più che non quello ottimistico all’uomo di ragione. L’ottimismo comporta pur sempre una certa dose di infatuazione, e l’uomo di ragione non dovrebbe essere infatuato. […] E poi il pessimista non raffrena l’operosità, anzi la rende più tesa e diritta allo scopo. Tra l’ottimista che ha per massima: “Non muoverti, vedrai che tutto si accomoda”, e il pessimista replicante: “Fa’ d’ogni modo quel che devi, anche se le cose andranno di male in peggio”, preferisco il secondo.”

Norberto Bobbio, Politica e cultura, Einaudi 2005, pp. 169-70


“Parliamo dunque di lavoro intellettuale per definire l’attività di chi lavora più con la mente che con le mani, e proprio per distinguere il lavoro intellettuale da quella che chiameremo funzione intellettuale. […] La funzione intellettuale si svolge dunque per innovazione ma anche attraverso la critica del sapere o delle pratiche precedenti, e soprattutto attraverso la critica del proprio discorso.”

Umberto Eco, Norberto Bobbio: la missione del dotto rivisitata, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 63-64


“Gli intellettuali non risolvono le crisi, ma le creano.”

Umberto Eco, Norberto Bobbio: la missione del dotto rivisitata, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 68


“Perché l’eredità fondamentale dell’illuminismo sta tutta qui: c’è un modo ragionevole di ragionare e, se si tengono i piedi per terra, tutti dovrebbero concordare su quello che diciamo, perché anche in filosofia bisogna dare retta al buon senso. […] Il buon senso ci dice che ci sono casi in cui possiamo concordare tutti su come vadano le cose.”

Umberto Eco, Illuminismo e senso comune, in A passo di gambero, Bompiani 2006, pp. 72-73


“Uno degli aspetti positivi della felix culpa è che, se Adamo non peccava, non avrebbe dovuto guadagnarsi il pane col sudore della fronte, e a gingillarsi tutto il giorno nell’Eden sarebbe rimasto uno zuzzurellone. Dal che emerge la provvidenzialità del Serpente.”

Umberto Eco, Dal gioco al carnevale, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 77


“Ma l’esibizionista (tale il suo dramma) non ci consente di ignorare la sua vergogna.”

Umberto Eco, La perdita della privatezza, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 89


“Ma democrazia è anche accettare una dose sopportabile di ingiustizia per evitare ingiustizie maggiori.”

Umberto Eco, Che cos’è una scuola privata, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 102


“Che cos’era la magia, che cosa è stata nei secoli e che cosa è ancora oggi, sia pure sotto mentite spoglie? La presunzione che i potesse passare di colpa da una causa a un effetto per cortocircuito, senza compiere i passi intermedi. […] La magia ignora la catena lunga delle cause e degli effetti e soprattutto non si preoccupa di stabilire provando e riprovando se ci sia un rapporto replicabile fra causa ed effetto. […] Il desiderio della simultaneità tra causa ed effetto si è trasferito alla tecnologia, che sembra la figlia naturale della scienza.”

Umberto Eco, Scienza, tecnologia e magia, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 105


“La mentalità magica vede solo un processo, il cortocircuito sempre trionfante tra la causa presunta e l’effetto sperato.”

Umberto Eco, Scienza, tecnologia e magia, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 107


“Appellarsi invece al popolo significa costruire un figmento: siccome il popolo in quanto tale non esiste, il populista è colui che si crea una immagine virtuale della volontà popolare.”

Umberto Eco, Sul populismo mediatico, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 125


“Quando il terrorismo perde, non solo non fa la rivoluzione ma agisce come elemento di conservazione, ovvero di rallentamento dei processi di cambiamento.”

Umberto Eco, Ritorno agli anni settanta, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 207


“La scuola deve insegnare ad analizzare e discutere i parametri su cui si reggono le nostre affermazioni passionali.”

Umberto Eco, Guerre sante, passione e ragione, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 221


“Tutti aspiriamo al meglio ma abbiamo imparato che talora il meglio è nemico del bene, e dunque negoziando si deve scegliere il meno peggio.”

Umberto Eco, Negoziare in una società multietnica, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 230


“Ogni cultura assimila elementi di culture vicine o lontane, ma poi si caratterizza per il modo in cui li fa propri.”

Umberto Eco, Le radici dell’Europa, in A passo di gambero, Bompiani 2006, p. 246


“La musica è il piacere che la mente umana prova quando conta senza essere conscia di contare.”

Leibniz


“Quando le cose diventano troppo complicate, qualche volta ha un senso fermarsi e chiedersi: ho posto la domanda giusta?”

Enrico Bombieri, Prime Territory, in The Sciences


“Un’equazione non significa nulla per me se non esprime un pensiero di Dio.”

Srinivasa Ramanujan


“L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi.”

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto


“Ma poi mi rendo conto che il problema della Stupidità ha la stessa valenza metafisica del problema del Male, anzi di più: perché si può persino pensare (gnosticamente) che il male si annidi come possibilità rimossa del seno stesso della Divinità; ma la Divinità non può ospitare e concepire la Stupidità, e pertanto la sola presenza degli stupidi nel Cosmo potrebbe testimoniare della Morte di Dio.”

Umberto Eco, L'Espresso, 20 luglio 2006, n. 28 anno LII, p. 170


“È sciocco dubitar di sé stessi come sarebbe dubitare del proprio miglior amico: anzi si deve cercare di essere il proprio migliore amico e di vivere così in eletta compagnia”

Henry James, Ritratto di signora, Einaudi 1976, p. 48


“Uno non rinuncia al suo paese come non rinuncia alla sua nonna: sono ambedue istituzione antecedenti alla sua scelta: elementi del complesso della sua vita che non possono esser completamente eliminati.”

Henry James, Ritratto di signora, Einaudi 1976, p. 86


“Chiamo ricca la gente ch’è in grado di realizzare gl’impulsi della propria immaginazione.”

Henry James, Ritratto di signora, Einaudi 1976, p. 177


“Quando un’amicizia cessa di crescere, comincia immediatamente a declinare, non essendoci alcun punto di equilibrio tra il piacer di più e il piacer meno.”

Henry James, Ritratto di signora, Einaudi 1976, p. 315


“[…] essendo infatti uno degli svantaggi dell’esprimere avversione, che voi non potete godere nello stesso tempo il credito dell’esprimer simpatia.”

Henry James, Ritratto di signora, Einaudi 1976, p. 484


“L’Onu è un baraccone di piccole virtù. Chi lo magnifica come una mirabile entità salvifica è un illuso e probabilmente un ipocrita.”

Giovanni Sartori, Bush e Zapatero, chi sbaglia di più, in Mala costituzione e altri malanni, Laterza 2006, p. 102


“Il centro di cui si parla in dottrina è una autocollocazione che gli elettori si assegnano su un cartoncino che raffigura una dimensione destra-sinistra. Tutto il resto è orpello.”

Giovanni Sartori, È una favola il centro che fa vincere?, in Mala costituzione e altri malanni, Laterza 2006, p. 124


“Il pessimismo è pericoloso solo se induce alla resa; ma altrimenti il male lo fa l’ottimismo e il tranquillismo che inducono a non far niente.”

Giovanni Sartori, La democrazia rischia lo svuotamento, in Mala costituzione e altri malanni, Laterza 2006, p. 145


“La scienza è sottoposta, nel suo argomentare, alle regole della logica. E per la logica io uccido esattamente quel che uccido. Non posso uccidere un futuro, qualcosa che ancoa non esiste. Se uccido un girino non uccido una rana. Se bevo un uovo di gallina non uccido una gallina. Se mangio una tazza di caviale non mangio cento storioni.”

Giovanni Sartori, La vita umana secondo ragione, in Mala costituzione e altri malanni, Laterza 2006, p. 154


“[…] la vita umana è tale proprio perché intessuta di valori che perseguiamo e disvalori che rifiutiamo, e che questo ‘tessuto di valore’ ci viene fornito dal linguaggio.”

Giovanni Sartori, Illusionisti pericolosi, in Mala costituzione e altri malanni, Laterza 2006, p. 180


“La tolleranza è innanzitutto carità. […] La tolleranza è sempre la ‘ragione del più forte’, è un segno della sovranità; è il buon viso della sovranità che, dalla sua altezza, fa capire all’altro: non sei insopportabile, ti lascio un posticino a casa mia, ma non dimenticarlo, sei a casa mia…”

J. Derrida, Decostruire il terrorismo, in G. Borradori, Filosofia del terrore. Dialoghi con Jurgen Habermas e Jacques Derrida, Laterza, Roma-Bari 2003, p. 137


“Quando si parla di ‘multiculturalismo’, anche se in termini ragionevoli o favorevoli […], si è già accettato il falso presupposto che i migranti costituiscano frammenti o avanguardie di culture diverse, si ipotizza la loro differenza e si scava un solco tra noi loro, col risultato paradossale, ma non troppo, che spesso i migranti, ricacciati nei loro contenitori culturali, etnici o religiosi, finiscono per riconoscersi in essi.”

A. Del Lago, Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, Milano 1999, p. 169


“I processi identitari sono processi dinamici, di negoziazione costante tra il sé e gli altri, mentre la rappresentazione che li vuole cristallizzati dentro certi confini (la cultura del gruppo o dell’individuo) è determinata da rapporti di forza, da esigenze materiali e da situazioni storiche.”

Maria Laura Lanzillo, Il Multiculuralismo, Laterza 2005, p. 108


“Nomina si nescis, perit et cognitio rerum.”

Linneo


"Sette giorni di febbre e duie giorni di agonia, e la signorina Orsola se ne andò da questa affollata anticamera che è il mondo dei vivi, per trasferirsi nell'unico mondo durevole e reale: quello dei personaggi di romanzo."

Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Einaudi 1996, p. 32


"I sordi hanno il privilegio i capire sempre ciò che vogliono loro."

Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Einaudi 1996, p. 56


"Forse è un bene – si disse il nostro personaggio – che la vita umana abbia un termine, e che, quando abbiamo inio di sognar tutti i nostri sogni, arrivi una mano pietoa a toglierci da un'epoca che non è più la nostra epoca."

Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Einaudi 1996, p. 103


"Nella città di fronte alle montagne, infatti, le grandi passioni sono rare, durano poco e vengono tenute nascoste dagli interessati; che – quasi sempre a ragione – ne provano vergogna."

Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Einaudi 1996, p. 136


"Le grandi opere sono prodotte dal talento, quelle grandissime dal talento e dai tempi."

Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Einaudi 1996, p. 186


"Ma i giovani – è risaputo – per loro e per nostra fortuna, non sempre si comportano come vorrebbe la logica; e gli artisti in particolare riescono a volte a lasciare una traccia di sé nella memoria degli altri, perché si avventurano su certe strade che nessuno aveva seguito prima di loro, e fanno cose che le persone considerate sagge di solito non fanno."

Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Einaudi 1996, p. 199


"Ma la pace, come la calma e come il sonno, si nomina soltanto quando è lontana."

Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Einaudi 1996, p. 227


"Ora, l'Uomo della Provvidenza non c'era più e gli scienziati della rivoluzione erano ritornati, assolutamente simili a quelli di un tempo. Avevano più o meno la stessa età, le stesse certezze, la stessa superbia che li portava a guardare con commiserazione chiunque non parlasse e non ragionasse come loro, con le stesse frasi fatte e le stesse parole d'ordine."

Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Einaudi 1996, p. 254


"Perché le ragioni della vita sono più forti di quelle della memoria, e perché gli Dei che stanno sopra le nostre teste vogliono che lo spettacolo continui, in ogni caso e qualunque cosa accada!"

Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Einaudi 1996, p. 257


"Nella città di fronte alle montagne, e in tutta Italia, il sistema delle Usl aveva e ha tuttora un solo merito, quello di essere riuscito a creare una popolazione di ammalati così resistenti e coriacei da poter sopravvivere a ogni genere di disagi e da poter superare prove tali, che in un paese meglio organizzzato e meglio amministrato riuscirebbero a far schiattare anche le persone più sane."

Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Einaudi 1996, p. 276


“Scrivo in primo luogo per i bambini perché non pensano che la letteratura serva a cambiare il mondo. Solo gli adulti hanno idee così infantili.”

Isaac Bashevis Singer


“Il pericolo più grande che minaccia il movimento operaio è la tendenza dei leader a considerare la propaganda e l'organizzazione come un mestiere.”

Errico Malatesta


"Tuttavia la modestia, se giova all'anima, non sempre è giustificata. Fra la scienza e la magia intercorre la stessa differenza che passa fra il razionale e l'irrazionale: la prima consente un'azione efficace e la seconda no, tranne che per puro caso." (D. S. Landes, Prometeo liberato, p. 36)


"Nella storia, se non nella teoria, il lungo periodo spesso non è che il breve periodo codificato e consacrato come prassi, tradizione o interesse costituito." (D. S. Landes, Prometeo liberato, p. 420)


"Vero o falso che sia, quel che si dice degli uomini occupa spesso altrettanto posto nella loro vita, e soprattutto nel loro destino, quanto quello che fanno." (Victor Hugo, I miserabili, I-I-I)


"Il successo è una cosa piuttosto lurida; la sua falsa somiglianza col merito inganna gli uomini." (Victor Hugo, I miserabili, I-I-XII)


"La collera può essere pazza e assurda e si può essere irritati a torto; ma si è indignati solo quando, in fondo, si ha ragione per qualche aspetto." (Victor Hugo, I miserabili, I-II-VII)


"La liberazione non è la libertà; si esce dal carcere, ma non dalla condanna." (Victor Hugo, I miserabili, I-II-IX)


"Soprattutto non bisogna formulare obiezioni mediante i vari pezzi della propria ignoranza." (Stendhal, La certosa di Parma, capitolo VII)


"Un individuo anche mezzo scemo, ma che sia accorto, sempre prudente, assapora spesso il piacere di avere la meglio sugli uomini di immaginazione." (Stendhal, La certosa di Parma, capitolo X)


"L'amore coglie sfumature invisibili a un occhio indifferente e ne trae conseguenze infinite." (Stendhal, La certosa di Parma, capitolo XVIII)


"L'amante pensa più spesso a giungere presso la sua diletta che non il marito a custodire la moglie; il prigioniero pensa più spesso a fuggire che non il carceriere a chiudere la porta; quali che siano dunque gli ostacoli,, l'amante e il prigioniero debbono riuscire." (Stendhal, La certosa di Parma, capitolo XIX)


"Quale insolenza verso me stesso! Perché dovrei credere di essere più intelligente oggi di quando presi la decisione [per cambiarla]?" (Stendhal, La certosa di Parma, capitolo XXI)


"E' esatto dire che, in mezzo ai bassi interessi del denaro e alla scolorita freddezza dei pensieri volgari che riempiono la nostra vita, le azioni ispirate da una vera passione mancano raramente di produrre il loro effetto, quasi che una divinità propizia si desse premura di condurle per mano." (Stendhal, La certosa di Parma, capitolo XXII)


"Nei rapporti migliori, anche i più amichevoli, i più semplici, l'adulazione e la lode sono altrettanto necessari del grasso alle ruote perché girino." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, I-I-VI)


"Al momento della partenza o di un cambiamento di vita, gli uomini che sono capaci di riflettere sui loro atti fanno ordinariamente un serio bilancio delle loro idee. In questa circostanza, ordinariamente si riesamina il passato, si fanno piani per l'avvenire." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, I-I-XXV)


"Tuttavia, l'animazione, una volta destata, non si indebolisce, ma muta carattere." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, I-II-XX)


"[...] quell'adulazione fine e sicura, che consiste nel riconoscere tacitamente che il vostro interlocutore è, con voi, il solo uomo capace di comprendere la bestialità di tutti gli altri e la saggezza e la profondità delle vostre idee." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, II-III-VI)


"Ella nominava "i nostri tempi", come in generale piace fare alla gente ottusa, che suppone di aver trovato e di conoscere a fondo le particolarità della nostra epoca, e le qualità della gente che mutano col mutare dei tempi." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, II-III-XXI)


"La bibbia ci insegna che il non avere nulla da fare, l'ozio, era la condizione di beatitudine del primo uomo avanti la sua caduta. L'amore dell'ozio resta lo stesso nell'uomo caduto, ma la maledizione pesa sempre sull'uomo, non in quanto dobbiamo guadagnare la vita col sudore della fronte, ma in quanto, per le nostre qualità morali, non possiamo essere felici oziando. Una voce misteriosa dice che siamo colpevoli perché siamo oziosi. Se l'uomo potesse trovare il modo, restando ozioso, di sentirsi utile e fare il suo dovere, ritroverebbe una parte della sua beatitudine. Una classe intera, la classe militare, gode di questo stato di oziosità obbligatoria e incensurabile, e in questo risiede l'attrattiva speciale del servizio militare." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, II-IV-I)


"Il fatalismo è indispensabile nella scienza storica per spiegare gli avvenimenti privi di senso (vale a dire dei quali non comprendiamo il perché)." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, III-I-I)


"Quando la mela è matura cade; perché? Perché è attirata dalla terra, o perché il picciolo è disseccato, i perché è disseccata dal sole, perché il vento la scuote, perché si è appesantita, o perché il monello che è in basso vuol mangiarla? Niente è causa, tutto non è che la concordanza di quelle condizioni nelle quali si produce ogni avvenimento vitale, organico, elementare; e il botanico che trova che la mela cade perché il tessuto si è decomposto, ecc., avrà altrettanta ragione del bambino che sarà in basso e si dirà che la mela è caduta perché voleva mangiarla e aveva pregato per questo." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, III-I-I)


"Pfull era uno di quei teorici che amano tanto le loro teorie da dimenticarne lo scopo, l'applicazione pratica. Per amore della teoria, essi odiano tutte le cose pratiche e non vogliono abbassarsi ad esse. Egli si rallegrava anche dell'insuccesso, perché l'insuccesso, dovuto a deviazioni, in pratica, dalla sua teoria, non faceva che fortificarla." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, III-I-X)


"Un buon giocatore che abbia perduto agli scacchi, è francamente convinto che la sua perdita sia causata dal proprio errore, e lo cerca nel principio del gioco, ma dimentica che in ogni mossa, durante tutto il gioco, vi sono stati simili errori, che non una sola mossa era perfetta. L'errore sul quale concentra l'attenzione, lo nota solamente perché l'avversario ne ha approfittato. Quanto è più complicato il gioco della guerra, che avviene in certe condizioni di tempo, in cui non è una sola volontà che guida macchine inanimate, e ove tutto deriva dagli innumerevoli cozzi di cause diverse!" (Lev Tolstoj, Guerra e pace, III-II-VI)


"All'avvicinarsi del pericolo, due voci parlano sempre ugualmente alto nell'anima dell'uomo; l'una dice molto ragionevolmente di riflettere alla qualità stessa del pericolo e al mezzo di evitarlo. L'altra dice, ancora più ragionevolmente, che è troppo penoso, troppo tormentoso pensare ai pericoli, quando prevederli tutti e scansarli non è in potere dell'uomo, di modo che val meglio, distogliersi dalle cose penose sino a che non giungano, e pensare alle cose piacevoli." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, III-II-XVII)


"Le disposizioni e gli ordini più forti, più sagaci, sembrano molto cattivi e ogni sapiente militare li critica con importanza, quand'essi non guadagnano la battaglia; mentre le disposizioni e gli ordini più mediocri sembrano molto buoni, e gli uomini seri consacrano volumi e volumi per trovare l'eccellenza di ordini cattivi, quando, grazie ad essi, la battaglia è stata vinta." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, III-II-XXIX)


"L'intelligenza umana non può comprendere la continuità assoluta del movimento. Le leggi di qualunque movimento non diventano comprensibili per l'uomo che al patto di esaminarne separatamente le unità di cui è composto. Ma al tempo stesso, dal fatto che si isolano arbitrariamente e si esaminano a parte le unità inseparabili del movimento continuo, derivano la maggiora parte degli errori umani. [...] Nell'esame delle leggi del movimento storico avviene assolutamente la stessa cosa. Il movimento dell'umanità, prodotto da una quantità innumerevole di volontà umane, si compie senza interruzione. La comprensione di queste leggi è lo scopo della storia. Ma per capire le leggi del movimento continuo,la ragione umana ammette unità arbitrarie separate. Il primo procedimento storico consiste nel prendere arbitrariamente una serie degli avvenimento ininterrotti ed esaminarla separatamente dagli altri, quando non c'è e non può esserci inizio di alcun avvenimento. Il secondo procedimento consiste nell'esaminare gli atti di un uomo, imperatore o condottiero, come la risultante delle volizioni degli uomini, mentre questa risultante non si esprime mai nell'attività di un personaggio storico preso isolatamente. La scienza storica, evolvendosi, accetta sempre unità via via più piccole per le sue ricerche e, con questo, cerca di avvicinarsi alla verità. Ma per quanto piccole siano le unità di cui la storia si serve, il fatto di separare l unità, di ammettere il cominciamento di un fenomeno qualunque, di vedere espresse dell'attività di un solo personaggio le volizioni di tutti gli uomini, questo fatto stesso, dico, lo contamina d'errore. Sotto il minimo sforzo della critica, ogni conclusione della storia cade in polvere e non lascia niente dietro di Sé, e ciò per il solo fatto che la critica sceglie per misura di osservazione un'unità più grande o più piccola – ciò che è suo diritto, poiché l'unità storica è sempre arbitraria. Soltanto prendendo per nostra osservazione l'unità infinitamente piccola – le differenziali della storia, vale a dire le aspirazioni uniformi degli uomini – e acquistando l'arte di integrare (unire le somme di questi infinitamente piccoli) possiamo sperare di comprendere le leggi della storia." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, III-III-I)


"Difatti ogni volta che vi furono conquistatori vi furono guerre, risponde la ragione umana, ma questo non prova che i conquistatori siano la causa delle guerre, e che si possano trovare le leggi della guerra nell'attività speciale di un individuo. Ogni volta che guardo il mio orologio, quando la lancetta si approssima alla cifra X, odo dalla chiesa vicina cominciare a suonare le campane, ma dal fatto che lo scampanio comincia ogni volta che la lancetta segna X non ho il diritto di concludere che la posizione della lancetta è causa del movimento delle campane." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, III-III-I)


"[...] aveva improvvisamente sentito che ricchezze, potere, vita, tutto ciò che la gente dispone e custodisce con tanta cura, non vale che per il piacere col quale si può abbandonarlo." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, III-III-XXVII)


"Negli avvenimenti storici si disegna con la più grande chiarezza la proibizione di gustare i frutti del buon albero. Solo l'attività incosciente è fruttuosa, e l'uomo che sostiene una parte negli avvenimenti storici non ne capisce mai l'importanza." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, IV-I-IV)


"[...] lo stesso imbarazzo che segue, ordinariamente, una conversazione seria e intima; è impossibile riprendere la conversazione di prima, è vergognoso dire futilità ed è noioso tacere, perché si vuole parlare e perché sembra di fingere." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, IV-IV-XXVIII)


"I domestici sono i migliori giudici ei padroni, perché non giudicano dalle conversazioni dall'espressione dei sentimenti, ma dagli atti e dal tenore di vita." (Lev Tolstoj, Guerra e pace, Epilogo-I-XII)


"Un uomo può iniziare a bere perché si sente un fallito, e diventarlo ancor più completamente perchè beve. Lo stesso sta ora avvenendo con la lingua inglese. Poiché i nostri pensieri sono fatui, la lingua diventa sgradevole e sciatta, ma la trascuratezza della lingua favorisce a sua volta la tendenza ad avere fatui pensieri." (George Orwell, Politics and the English language)

"Sapere dove andare e sapere come andarci sono due processi mentali diversi, che molto raramente si combinano nella stessa persona. I pensatori della pollitica si dividono generalmente in due categorie: gli utopisti con la testa fra le nuvole, e i realisti con i piedi nel fango." (George Orwell, Profilo di si Richiard Acland, in Gli anni dell'Observer)

"Il genio umoristico di Dickens è legato al suo senso morale. La sua comincità si esprime al massimo della forza quando scopre nuovi peccati." (George Orwell, in occasione del centenario, in Gli anni dell'Observer)


"Le opere letterarie ci invitano alla libertà dell'interpretazion, perché ci propongono un discorso dai molti piani di lettura e ci pongono di fronte alle ambiguità e del linguaggio e della vita." (Umberto Eco, Su alcune funzioni della letteratura, in Sulla letteratura)

"La dolorosa meraviglia che ci procura ogni rilettura dei grandi tragici è che i loro eroi, che avrebbero potuto sfuggire a un fato atroce, per debolezza o cecità non capiscono a cosa vanno incontro, e precipitano nell'abisso che si sono scavati con le proprie mani." (Umberto Eco, Su alcune funzioni della letteratura, in Sulla letteratura)

"L'ambiguità delle nostre lingue, la naturale imperfezione dei nostri idiomi, non rappresentano il morbo postabelico dal quale l'umanità deve guarire, bensì la sola opportunità che Dio aveva dato ad Adamo, l'animale parlante. Capire i linguggi umani, imperfetti e capaci nello stesso tempo di realizzare quella suprema imperfezione che chiamiamo poesia, rappresenta l'unica conclusione di ogni ricerca della perfezione." (Umberto Eco, A portrai of the artist as a bachelor, in Sulla letteratura)

"Emendarsi di continuo è pratica raccomandabile, a cui spesso mi attengo – ai limiti della schizofrenia. Ma ci sono casi in cui non si deve far mostra di avere cambiato idea solo per dimostrare che si è à la page. Anche nel campo delle idee, non sempre la monogamia è necessariamente segno di un'assenza di libido." (Umberto Eco, Sul simbolo, in Sulla letteratura)


“Provava dolore in tutto il corpo, dovunque premesse la mano. Dopo un po' capì che questo succedeva perché era la mano a fargli male.” (Douglas Adams, la vita, l'Universo e tutto quanto)


“In questo senso è possibile direche sia la scienza, sia l'utopia, sia la rivoluzione sono animate da una visione del tempo e della storia profondamente religisa, dove ala fine si realizza ciò che all'inizio era stato annunciato.” (Umberto Galimberti, La Repubblica delle donne 2-9-2006)


"Molte volte aveva sentito di come rabbini, professori e studiosi si insultassero a vicenda dandosi dell'analfabeta e della testa di rapa. Per quanto a fondo un uomo possa aver studiato, c'è sempre un altro che lo schernisce." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 16)


"Ma è una regola invariabile che, più una persona è forte, più forti sono le sue debolezze. È un principio di compensazione che agisce universalmente." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 50)


"Il terrore assume tutte le forme, ma la peggiore è la compassione. Quando si ama una persona e al tempo stesso si prova compassione per lei, si può essere indotti alle cose più brutali." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 50)


"Se si vede qualcuno pronto a sacrificarsi per noi, si deve sapere che ne trae il massimo piacere. Cerchiamo di impedirgli di sacrificarsi, e ci ficcherà un coltello in corpo..." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 51)


"Niente affatto: il desiderio di ingannare prova che dietro l'inganno si nasconde una verità. Gli stessi idoli testimoniano dell'esistenza di Dio." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 74)


"Stranamente, nel locale era ancora viva una mosca solitaria, nel cuore dell'inverno. Si aggrappava al bordo della zuccheriera, completamente assorta in sé come lo sono gli esseri che hanno visuto oltre il loro tempo e dovrebbero ormai essere morti." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 84)


"Due guerre mondiali erano forse prodotto della logica? Il genere umano si dibatteva in paludi di assurdo, tenebra, mistero, magia, eppure continuava a parlare di senno. Era una follia in sé. La fiduciosa lucidità dei contemporanei era una pericolosa illusione. Nel Medioevo si era più vicini alla verità di adesso. Allora se non altro si sapeva che agivano poteri sinistri. Li si chiamava persino per nome: Satana, Lucifero, Belial. La gente moderna era resa folle dalla ragione. Una banda di intellettuali aveva portato il gnere umano sul limite dell'abisso." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 317)


"Non mettere giù! Appendere la cornetta è come appendere un essere umano alla forca. Si resta lì ammutoliti come idioti, con la lingua penzoloni." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 352)


"Per qualche tempo fu preso da una sorta di gioia, un desiderio di disruzione accoppiato a un gusto per l'azzardo, una sensazione che prende spesso chi sa porsi fuori di sé stesso e guardare il proprio comportamento attraverso gli occhi di un estraneo, dopo essersi scisso in due come per magia o per una malattia fisica." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 358)


"Fa bene tutto... è il suo handicap più grave. Se si hanno le spalle larghe, si portano grossi pesi. Se una donna sa fare tutto, è costretta a farlo da sé." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 441)


"La cultura ebraica non è una sorta di erba selvtica che cresce per conto suo. È un giardino che si deve curare di continuo. Quando il giardiniere se ne scorda, o decide di scordarsene, le piante avvizziscono." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 464)


"Se uno si pianta su un tetto e vuole saltare giù, non fermarti neanche un secondo a discutere con lui, perché lo farà e ti cadrà sulla testa." (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson, p. 477)


"Perché non c'è nessun luogo dove scappare. È semplice nevrosi, e ogni nevrosi è ingenua. Ha ragione, dicendo che la società è corrotta, ma il pianeta dove dobbiamo vivere è questo. Può migliorare o peggiorare.” (Isaac B. Singer, Ombre sull'Hudson)


“La spiritosaggine dei vecchi ha in apparenza molto da spartire con la festevolezza dei bambini: l'intelletto non c'entra, non più di quanto c'entri un profondo senso dell'umorismo; in entrambi, si tratta di un luccichio che guizza scherzoso in superficie e dà un aspetto solare e gaio sia ai rimani verdi che ai tronchi grigi carichi i muffe. Però nel primo caso è veramente sola, nell'altro assomiglia di più a quei fuochi fatui generati dal legno che marcisce.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 484)


“Alla salute morale e intellettiva di un uomo contribuisce in grande misura stabilire rapporti di collaborazione con diversi individui diversi da lui, che non tengono nel minimo conto le sue mete ideali e hanno capacità e interessi incomprensibili per lui se non riesce a uscire da sé stesso.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 493)


“Per un uomo che ha sognato di assurgere alla fama letteraria e di meritarsi con tali mezzi un posto fra i grandi di questo mondo è una buona lezione– spesso una lezione dura – fare un passo fuori dall'angusto circolo in cui le sue aspirazioni sono riconosciute come degne e giuste, e scoprire che fuori da quel circolo tutto ciò che ha ottenuto e tutto ciò che ha desiderato non hanno il benché minimo valore.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 496)


“Nella nostra natura c'è però una meravigliosa, e caritatevole, valvola di sicurezza per cui chi soffre non si rende mai conto con piena intensità di ciò che sta soffrendo nel momento stesso della tortura, ma solo dopo, quando lo raggiunge l fitta del ricordo.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 527)


“Ma esiste un senso del destino, un fatalismo tanto irresistibile e inevitabile che ha la forza di una maledizione e finisce quasi sempre per costringere gli esseri umani a gironzolare come spettri che si attardano attorno al posto dove qualche importante e significativo avvenimento ha segnato con il suo colore la loro vita, tanto più irresistibile quanto più nera è la tinta che la affligge.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 552)


“Ovunque ci siano un cuore e una mente, i malanni del corpo si tingono delle loro particolarità.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 599)


“Quando una massa ignorante si mette a voler vedere con i propri occhi, è fin troppo facile che veda lucciole per lanterne. Però quando formula i suoi giudizi, come di solito fa,m con l'intuito del suo grande e generoso cuore, le conclusioni a cui arriva sono spesso tanto profonde e tanto giuste da posseder gli stessi caratteri delle verità rivelate per via soprannaturale.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 602)


“Per l'uomo falso, tutto l'universo non è vero, e quando cerchi di afferrarlo stringi un pugno di mosche: è impalpabile. E lui stesso, fino a quando si mostrerà sotto una luce falsa, sarà un'ombra, una cosa che non esiste più.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 622)


“Bisogna riconoscere un merito alla natura umana: quando non è in gioco l'interesse personale, è molto più pronta ad amare che a odiare. E anche l'odio, attraverso un processo graduale e silenzioso, si può trasformare in amore, a meno che il cambiamento sia impedito da una continua recrudescenza di nuovi stimoli che vadano a irritare l'originaria ostilità.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 637)


“L'opinione pubblica ha un carattere dispotico: è capace di negare il più banale atto di giustizi, se le viene chiesto con troppa ostinazione come un diritto; ma altrettanto spesso concede molto più di quel che è giusto, purché si faccia appello, come tutti i despoti adorano che si faccia, esclusivamente alla sua generosità.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 639)


“Spesso questo è il destino, e questi sono i tragici sviluppi, della femminilità fisica e mentale, quando una donna incontra, e attraversa, un'esperienza di particolare crudeltà. Se la donna è tutta tenerezza, muore. Se sopravvive, la tenerezza o le viene scostata di dosso oppure – e l'effetto all'esterno è lo stesso – le si incrosta così profondamente dentro il cuore che non si lascerà mai più vedere.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 641)


“È curioso, ma le persone che hanno le idee più audaci spesso sono quelle che più tranquillamente si adeguano alle regole di comportamento vigenti nella società. A loro basta il pensiero, e non sentono il bisogno di investirlo nel sangue e nella carne dell'azione.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 642)


“È sempre così: un male fatto, simboleggiato da qualcosa o no, diventa una maledizione.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 691)


“Nessuno può indossare troppo a lungo una faccia in privato un'altra davanti alla gente senza trovarsi alla fine a non sapere più quale è quella vera.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 695)


“E invece,curiosamente, spesso passa un sacco di tempo prima che le parole incarnino le cose: due persone che scelgono di evitare un certo argomento possono avvicinarglisi fin quasi a toccarlo e ritirarsi in tutta sicurezza senza destare la belva che dorme.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 704)


“I bambini partecipano sempre, per istinto mimetico, al nervosismo di chi sta con loro; e in particolare avvertono sempre ogni turbamento o ogni sovversione imminente, di qualunque genere, nella situazione familiare.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 708)


“Gli uomini di intelligenza non comune che coltivano la morbosità possiedono questo occasionale potere di fare sforzi straordinari, i cui bruciano l'energia vitale di molti giorni, restano poi come morti per altrettanti giorni.” (Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, in Opere scelte, p. 720)


“Il ministro Berlinguer, infatti, era animato da buone intenzioni, e da queste, come insegna Manzoni, non è possibile difendersi. Lucia riesce a sfuggire alle grinfie di don Rodrigo e addirittura trasforma in un santo l'Innominato, ma con una donna Prassede non ce la fa: deve subirne i lodevoli progetti pedagogici, che sono gli unici che riescano a destare in lei un poco cristiano e impotente sentimento di odio.” (Vittorio Coletti, Berlinguer e donna Prassede, in Tre più due uguale zero: p. 51)


“Volendo imprigionare il mondo in un gioco di parole, si può dire che la scuola pubblica è passata da Croce e delizia, a una riforma che... Gentile non era, perché aristocraticamente arrogante e idealistica, ma che è stata colpita a morte da chi non essendo né Croce, né Gentile, trasformava tutto in imperfetta Letizia.” (Giuseppe Ricuperati, Le cicale e le formiche, ovvero la sconfitta di un'ape ingegnosa, in Tre più due uguale zero: p. 71)


“Fino a qualche tempo fa i conservatori erano quelli che volevano conservare lo status quo. Ma improvvisamente lo status quo è entrato in movimento e scorre come un tapis roulant verso la modernità. Così anche i conservatori si muovono con esso. E i moderni veri sono costretti a essere antimodernisti.” (Milan Kundera)


“La scuola deve sottoporre il progresso tecnologico a vaglio critico. Deve dare ai cittadini gli strumenti per analizzare la realtà sociale nei suoi diversi aspetti: la politica come la tecnologia. Questi strumenti sono la capacità di riflessione autonoma e il senso critico, che non possono venire da un'educazione schiacciata sul presente. Serve la storia, come ammaestramento per relativizzare e poter analizzare e, se del caso, criticare il presente. Per un programma politico di segno totalitario, invece, è funzionale una scuola che si allinei pedissequamente ai cantori acritici del progresso tecnologico.” (Michele Loporcaro, Una buona scuola o la società dello spettacolo: da che parte stanno i progressisti italiani?, in Tre più due uguale zero: p. 108)


“Le preoccupazioni della stampa europea non sono dovute a pietà e amore per l'Italia ma semplicemente al timore che l'Italia, come in un altro infausto passato, sia il laboratorio di esperimenti che potrebbero stendersi all'Europa intera. (Umberto Eco, da Provocare per vincere, in MicroMega n. 4/2003, p. 59)


“[Colla riforma Moratti la scuola diventa] una lunghissima anticamera davanti alla porta del capufficio. Una precocissima , spietata selezione del personale.” (Michele Serra, Il bimbo manager della Moratti, in la Repubblica del 9 ottobre 2003, p. 17)


“Il campo della storia era il memorabile, la totalità degli avvenimenti le cui conseguenze si sarebbero manifestate a lungo. Inseparabilmente, la conoscenza avrebbe dovuto durare, e aiutare a comprendere almeno in parte ciò che sarebbe successo di nuovo: «un'acquisizione per sempre», dice Tucidide. In tal modo la storia era la misura di un'autentica novità; e chi vende la novità ha tutto l'interesse a far sparire il modo di misurarla.” (Guy Debord, La società dello spettacolo, p. 195)


“La scoperta della scrittura avrà l'effetto di produrre la dimenticanza nelle anime che l'impareranno, perché, fidandosi della scrittura, queste si abitueranno a ricordare dal di fuori mediante segni estranei, e non dal di dentro e da sé medesime.” (Platone, Fedro 275a)


“L'alto concetto del progresso umano è stato privato del suo senso storico e degradato amero fatto naturale, sicchè il figlio è sempre migliore e più saggio del padre e il nipote più libero di pregiudizi del nonno. Alla luce di simili sviluppi, dimenticare è diventato un dovere sacro, la mancanza di esperienza un privilegio e l'ignoranza una garanzia di successo.” (Hannah Arendt, La morale della stori, in Ebraismo e modernità, p. 119)


“Una grandissima parte di quello che noi chiamiamo naturale, non è; anzi è piuttosto artificiale: come a dire, i campi lavorati, gli alberi e le altre piante educate e disposte in ordine, i fiumi stretti infra certi termini e indirizzati a certo corso, e cose simili, non hanno quello stato né quella sembianza che avrebbero naturalmente. In modo che la vista di ogni paese abitato da qualunque generazione di uomini civili, eziandio non considerando le città, e gli altri luoghi dove gli uomini si riducono a stare insieme; è cosa artificiata, e diversa molto da quella che sarebbe in natura.” (Leopardi, Elogio degli uccelli, in Operette morali, 17)


“[Il vecchio] pianta alberi, che gioveranno in un altro tempo.” (Catone, in Cicerone, ''De senectute'')

”Anche la scienza, a differenza della filosofia, cerca la verità ultima, non maneggiando idee, concetti, parole, ma usando numeri, formule, equazioni, potenze. La scommessa della scienza è di scoprire la chiave capace di aprire tutte le porte, fino all'ultima che custodisce il numero d'oro, la formula finale, la legge che chiarisce e svela l'ultima incognita. Ecco perché la Chiesa non si sente insidiata dalla scienza: perseguono infatti lo stesso obiettivo.” (Eugenio Scalfari, L'Espresso n. 39 anno LII, 5 ottobre 2006, p. 234)


"Il prof. Stigler scrisse una volta che noi tendiamo a considerare beni voluttuari «tutto ciò che vorremmo che gli altri non consumassero» mentre tendiamo a considerare come «bisogno» tutto ciò che consumiamo noi." (Carlo Maria Cipolla, Storia economica dell'Europa pre-industriale, cap. 3: p. 18)


"Tutto il processo economico è quindi un problema di scelte: scelte da parte dei consumatori e scelte da parte dei produttori. In ultima analisi le scelte si impongono perché le risorse sono limitate rispetto ai desideri." (Carlo Maria Cipolla, Storia economica dell'Europa pre-industriale, cap. 15: p. 137)


"La storia insegna — anche se l'uomo raramente impara — che se Atena piange Sparta non ride." (Carlo Maria Cipolla, Storia economica dell'Europa pre-industriale, cap. 26: p. 222)


"Una volta che si precisino i limiti delle proprie definizioni, si può dire quello che si vuole, ma il valore di una qualsiasi definizione dipende dall'ausilio che essa può fornire ai nostri sforzi conoscitivi." (Carlo Maria Cipolla, Storia economica dell'Europa pre-industriale, cap. 27: p. 227)


"Ma dobbiamo stare attenti a non cadere nell'errore di coloro che, abbagliati da un esasperato materialismo, ritengono che un elemento molto importante e necessario sia per questo sufficiente. È facile ma assurdo dimenticare che non sono i capitali che fanno gli uomini, ma sono gli uomini che fanno i capitali." (Carlo Maria Cipolla, Storia economica dell'Europa pre-industriale, cap. 28: p. 242)


"In effetti, una volta impostata bene la problematica è fatale che la risposta approssimata od esatta finisca con l'essere trovata." (Carlo Maria Cipolla, Storia economica dell'Europa pre-industriale, cap. 29: p. 245)


"La storia però non è mai così semplice e lineare come la si racconta: la storia è un gioco dialettico di elementi probabilstici. I disastri non sono solo preceduti da disgrazie, e il successo non fiorisce soltanto da situazioni paradisiache: di più, molti elementi o circostanze possono essere definiti come «positivi» o «negativi» solo dopo che un certo risultato si sia verificato e dopo che a tale risultato non si si sia dato un segno positivo o negativo." (Carlo Maria Cipolla, Storia economica dell'Europa pre-industriale, cap. 30: p. 248)


"Il fatto è che il processo storico non consiste nella soluzione di un ben definito set di problemi: nel processo storico la soluzione stessa d'un problema crea altri problemi." (Carlo Maria Cipolla, Storia economica dell'Europa pre-industriale, cap. 37: p. 302)


“Un viaggio in Italia ci porta davanti alla società più mobile, più fluida e più distruttrice d'Europa. [...] In nessun altro paese sarebbe permesso assalire come da noi, deturpare città e campagne, secondo gli interessi e i capricci di un giorno. Gli italiani non temano di essere poco futiristi. Lo sono più degli altri, senza avvedersene, sebbene questo non significhi sempre essere più avanzati. [...] In nessun altro paese come da noi tutto il campo sembra occupato dagli attivisti di ogni specie; in nessun altro, quasi per tacito accordo di affaristi e sociologi, è così radicata la convinzione che contino solo i problemi di denaro e di cibo. [...] Il rischio dell'Italia è di entrare nel numero dei paesi di cultura bassa, giacché è possibile essere intelligenti e di cultura bassa.” (Guido Piovene, Viaggio in Italia)


“L'etica, di fronte alla tecnica, diventa pat-etica: non si è mai visto che un'impotenza sia in grado di arrestare una potenza. Il problema è: non cosa possiamo fare noi con gli strumenti tecnici che abbiamo ideato, ma che cosa la tecnica può fare di noi.” (Umberto Galimberti, Psiche e Techne)


“Ciascuno di noi porta scritta, in una recondita particella del corpo, la propria finale condanna a morte. Ma perché andare deliberatamente a seppellirla?” (Dino Buzzati)


“Uno dei mali della nostra epoca consiste nel fatto che l'evoluzione del pensiero non riesce a stare al passo con la tecnica, con la conseguenza che le capacità aumentano, ma la saggezza svanisce.” (Bertrand Russell, La visione scientifica del mondo)


“Senza la religione staremmo tutti meglio. Saremmo liberi di esultare per il privilegio che abbiamo di essere nati, grati di vivere una vita, questa, terrena, abbandonando il presuntuoso desiderio di averne una seconda, eterna, nell'aldilà.” (Richard Dawkins, in Vivere senza dio di Enrico Franceschini, in la Repubblica del 1° novembre 2006)


“Il maestro dice che è una cosa meravigliosa morire per la fede e Papà dice che è una cosa meravigliosa morire per l'Irlanda e allora io mi domando se al mondo c'è qualcuno che ci vorrebbe vivi. I miei fratelli sono morti e mia sorella pure, ma chissà se sono morti per la fede o per l'Irlanda.” (Frank McCourt, Le ceneri di Angela, p. 116)


“Un peccato: supplizio eterno. Dieci peccati: idem. Tanto vale farsi impiccare per una pecora piuttosto che per un agnello, come direbbe mia madre.” (Frank McCourt, Le ceneri di Angela, p. 310)


“Manco per sogno [sposo il capo degli Unni], rispose Ursula, e gli unni ammazzano lei e le sue dame. Ma io mi domando perché non poteva dire di sì e salvare la vita di undicimila vergini? Perché le vergini e martiri devono sempre impuntarsi?” (Frank McCourt, Le ceneri di Angela, p. 313)


“L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a sé stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a sé stesso è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggiuo di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. ''Sapere aude''! Abbi il coraggio di servirti della tua propria [[intelligenza]]! È questo il motto dell'illuminismo.” (Kant, ''Che cos'è l'illuminismo?'')


“O dignitosa coscïenza e netta, / come t'è picciol fallo rimorso!” (Purgatorio, Canto III, 8-9)


“State contenti, umana gente, al quia.” (Purgatorio, Canto III, 36-39)


“Ché perder tempo a chi più sa più spiace.” (Purgatorio, Canto III, 78)


“Vi è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore saggezza. E chissà a quale scopo per il tuo corpo è necessaria proprio la tua migliore saggezza?” (Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra)


“E così, conferendo al nulla un potere semantico che si irradia a distanza fino a significare qualsiasi cosa, la moda risolve a buon prezzo problemi di identità che pongono fine all'angosciante interrogativo: «Chi sono?».” (Umberto Galimberti, Narcisisti e schizzati, in la Repubblica del 14 novembre 2006)


“Se la vecchiaia non mostra più la sua vulnerabilità, dove reperire le ragioni della pietas, l'esigenza di sincerità, la richiesta di risposte sulle quali poggia la coesione sociale?” (Umberto Galimberti, Narcisisti e schizzati, in la Repubblica del 14 novembre 2006)


“Quando trionfa la razionalità strumentale, che seppellisce sotto di sé ogni senso.” (Jürgen Habermas)


“Gli dei di una volta, perso l'incanto e assunte le sembianze di potenze impersonali, escono dai loro sepolcri, aspirano a dominare sulla nostra vita e riprendono la loro lotta eterna.” (Max Weber)


“Non c'è nulla più dell'onesta pretesa di mantenere distinto nella propria vità ciò che è pubblico da ciò che è privato, che ecciti l'interesse indiscreto delle piccole società perbene.” (Giorgio Bassani, Gli occhiali d'oro, cap. 2)

“«La guardi», diceva intanto Fadigati, indicandomela [la cagna]. «Forse bisognerebbe essere così, sapere accettare la propria natura. Ma d'altra parte come si fa? È possibile pagare un prezzo simile? Nell'uomo c'è molto della bestia, eppure può, l'uomo, arrendersi? Ammettere di essere una bestia, e soltanto una bestia?»Scoppiai in una gran risata.«Oh, no», dissi. «Sarebbe come dire: può un italiano, un cittadino italiano, ammettere di essere un ebreo, e soltanto un ebreo?» [...]«Che cosa dovrei fare?», lo interruppi con impeto. «Accettare di essere quello che sono? O meglio adattarmi ad essere quello che gli altri vogliono che io sia?»” (Giorgio Bassani, Gli occhiali d'oro, cap. 15)


“Dalle più violente esagerazioni, se lasciate a sé stesse, nasce col tempo una nuova mediocrità.” (Robert Musil, L'uomo senza qualità)


“La vita di un puntuale è un inferno di solitudini immeritate.” (Stefano Benni, Achille piè veloce, cap. 3)


“Il diritto è un apparato simbolico che struttura un'organizzazione sociale anche quando si sa che alcune sue norme sono destinate a rimenere inapplicate.” (Stefano Rodotà, La vita e le regole, p. 42)


“Vi è il rischio di una sorta di blocco del pensiero, della voglia e della capacità di dare risposte sociali a fenomeni sociali, con un affidarsi cieco al ready made, alle soluzioni già pronte e offerte con larghe promesse da un arsenale tecnologico sempre più ricco.” (Stefano Rodotà, La vita e le regole, p. 92)

“Meglio sarebbe se il legislatore, spogliandosi della pretesa d'onnipotenza e scoprendo il proprio limite, si astenesse dall'intervenire dove più forti e giustificate sono le ragioni della coscienza individuale, che qui davvero assume i caratteri della libertà.” (Stefano Rodotà, La vita e le regole, p. 145)


“Non si può dare fondamento costituzionale alla pretesa di considerare la vita indisponibile da parte della stessa persona. Si può ben dire che il riconoscimento della persona e della sua dignità esclude la possibilità di espropriarla del potere di decisione di fronte alla fine dell'esistenza, sancendo una sorta di estraneità dalla vita dell'intero tempo che ci porta verso il morire.” (Stefano Rodotà, La vita e le regole, p. 255)


“Nessuno vive perché lo vuole. Ma una volta che vive lo deve volere.” (da Ernst Bloch, Diritto naturale e dignità umana)


“[...] le moribonde parole dello Incas. Secondo cui la [[morte]] arriva per nulla, circonfusa di silenzio, come una tacita, ultima combinazione del pensiero.” (da Carlo Emilio Gadda, ''La cognizione del dolore'')


“[La proprietà è] un terribile, e forse non necessario diritto.” (da Cesare Beccaria, ''Dei delitti e delle pene'', § XXII)


“Il dolore o la disperazione che nasce dalle grandi passioni o illusioni o da qualunque sventura della vita non è paragonabile all'affogamento che nasce dalla certezza e dal sentimento vivo della nullità di tutte le cose, e dell'impossibilità di essere felice in questo mondo, e dalla immensità del vuoto che si sente nell'anima.” (Giacomo Leopardi, Zibaldone, 140 – 27 giugno 1820)


“Così nacque il pudore, che regna su tutti gli uomini, e in particolare sui popoli lascivi.” (Anatole France, Storia Contemporanea. Il manichino di vimini, p. 70)


“Anzi è chiaro che tutto il genere umano, non solo questo o quell'individuo, è tenuto a dedicarsi alle scienze. Infatti Dio creò l'uomo, affinché lo conoscesse, e conoscendolo lo amasse, e amandolo ne godesse; per questa ragione l'uomo è stato creato razionale e dotato di sensi. Invece l'uomo, se è vero che la ragione è fatta per le scienze, qualora non utilizzasse questo dono di Dio secondo il progetto divino, agirebbe contro l'ordine naturale di Dio – come suole notare Crisostomo – quasi non volesse usare i piedi per camminare.” (Tommaso Campanella, Apologia di Galileo, Cap. III, Seconda tesi, Dimostrazione della prima asserzione)


“L'intero plotone tace e io mi chiedo perché gente come Thompson dica agli altri certe cose. Evidentemente in questo paese uno è sempre qualcos'altro. Non può essere solo americano. [...] Essere americani non basta. Bisogna essere sempre anche qualcos'altro, irlandesi-americani, tedesco-americani, sicché viene da chiedersi come sarebbero andati avanti se qualcuno non avesse inventato il trattino.” (Frank McCourt, ''Che paese, l'America!'', p. 87, 110)


Non c'è proprio alcun dialogo tra le generazioni! I miei bambini sono degli estranei; come lo furono sempre i miei genitori. È per questo che nelle biografie i parenti sono sempre meno importanti degli amori o degli amici. Noi stiamo gli uni intorno agli altri come camerieri.” (Arno Schmidt, Dalla vita di un fauno, p. 18)


“Certo, che sono di origine borghese. Però, siccome non sono un borghese decadente, ed ho il senso delle mie responsabilità, proprio per questo milito in un partito di sinistra.” (Giorgio Bassani,

In difesa di Ferrara: 1962)


“È molto strano, me ne rendo conto, da parte mia, che sono socialista, vi venga questo invito alla conservazione. Sennonché, oggi, in questa materia, credo non esista altra via per essere autenticamente, onestamente rivoluzionari. È tempo che il proletarato assuma la piena responsabilità storica del proprio potere, è tempo che il proletariato ferrarese sappia conservarte ciò che gli è stato tramandato dagli avi aristocratici e borghesi.” (Giorgio Bassani,

In difesa di Ferrara: 1962)


“[In Italia] Dopo la dittatura non si è verificato il trapasso alla democrazia, ma solo la spartizione fra i partiti del potere e dello spazio politico. Siccome lo Stato non c'è, gli intellettuali, a seconda delle loro inclinazioni ideologiche, si lasciano assorbire dai vari potentati.” (Giorgio Bassani, La missione della cultura: 1973)


Il flusso continuo dei taxi, sul viale maggiore, pareva la vana furia degli uomini, che ad ogni costo volesse arrivare a una fine. (Carlo Emilio Gadda, ''Un'orchestra di 120 professori'' [parte ultima]: p. 190)


C'è sempre, arriva sempre nella vita di un uomo che abbia avuto in gioventù un forte stimolo ideale, il momento in cui si prende atto definitivamente, senza più speranze né illusioni né sogni, dell'inerzia delle cose e del mondo. Il momento in cui si capisce che la fede non smuove le montagne; che le tenebre prevarranno sempre sulla luce, l'inerzia soffocherà il moto e così via. (Sebastiano Vassalli, La Chimera cap. 27, p. 260)


La vita intelligente su di un pianeta diventa tale quando, per la prima volta, elabora una ragione della propria esistenza. (Richard Dawkins, Il gene egoista, cap. 1, p. 3)

Bisogna cercare di insegnare generosità e altruismo, perché siamo nati egoisti. Bisogna cercare di capire gli scopi dei nostri geni egoisti, per poter almeno avere la possibilità di alterare i loro disegni, qualcosa a cui nessun'altra specie ha mai aspirato. (Richard Dawkins, Il gene egoista, cap. 1, p. 5)

Molte sofferenze umane sono state causate dal fatto che troppi di noi non riescono a capire che le parole sono soltanto strumenti da usare e che la semplice presenza nel dizionario di una parola come «vivente» non implica necessariamente che questa si riferisca a qualcosa di definito nel mondo reale. (cap. 2, p. 21)

La contraccezione talvolta viene attaccata perché considerata inaturale. È vero, è fortemente innaturale. Il problema è che anche lo stato assistenziale è innaturale. Penso che la maggior pare di noi creda che lo stato assistenziale sia una cosa positiva, ma esso non può esistere se non esiste anche un controllo delle nascite (innaturale), altrimenti il risultato finale sarà una miseria ancora maggiore di quella che si ha in natura. (cap. 7, p. 124)

Oh, la forza morale della collera del tutto sincera, del tutto disinteressata e giusta! (Patrick O'Brian, Doppia missione, cap. III, p. 91)

«La malattia presenta innumerevoli aspetti squallidi, molti dei quali tu conosci anche troppo bene, mio caro», disse a Jack mentre erano insieme nella cabina del commodoro, «e tra questi, in un certo senso il peggiore è il totale egoismo del malato. È vero che un organismo impegnato a sopravvivere deve necessariamente concentrari su sé stesso, ma la mente che abita quell'organismo è talmente incline a indulgere anche quando la necessità non sussiste...» (Patrick O'Brian, Doppia missione, cap. IX, p. 227)

«I matrimoni degli altri sono una perpetua fonte di perplessità», commentò Stephen. (Patrick O'Brian, Doppia missione, cap. IX, p. 248)

Di fatto, ogni silenzio consiste nella rete di rumori minuti che l'avvolge: il silenzio dell'isola si staccava da quello del calmo mare circostante perché era percorso da fruscii vegetali, da versi d'uccelli o da un improvviso frullo d'ali. (Italo Calvino, L'avventura di un poeta: p. 398)

L'essenza della libertà sta nel diritto di opporsi di difendere le nostre convinzioni solo perché sono le nostre convinzioni. (Isaiah Berlin, La libertà e i suoi traditori, 2002)

*Le leggi non vegliano sulla verità delle opinioni ma sulla sicurezza e l'integrità di ciascuno e dello Stato. (John Locke, ''Lettera sulla tolleranza'', 1689)

La libertà d'espressione è necessaria... i cittadini silenziosi sono dei perfetti sudditi di un governo autoritario. (Robert Dahl, Sulla democrazia)

Il rischio della moderna libertà è che, assorbiti nel godimento della nostra indipendenza privata e nel perseguimento dei nostri interessi particolari, rinunciamo con troppa facilità al nostro diritto di partecipazione al potere politico. (Benjamin Constant, La libertà degli antichi, p. 32 )

Semntirsi perdonare le proprie manchevolezze non è meno piacevole che perdonarle agli altri. Per un attimo intravidero le immense possibilità del bene. (Edward Morgan Forster, Camera con vista, cap. 7, p. 73)

«La quantità di gentilezza dispinibile è limitata, proprio come è limitata la quantità di luce», continuò George in tono misurato. «Ovunque ci troviamo, noi proiettiamo un'ombra su qualcosa, ed è inutile spostarsi continuamente da un posto all'altro per migliorare le cose, perché l'ombra ci viene dietro. Bisogna scegliere un posto dove non si fa danno, e rimanerci ben saldi, affrontando la luce del sole.» (Edward Morgan Forster, Camera con vista, cap. 15, p. 139)

La democrazia ha molti nemici in attesa tra le quinte, politici e movimenti per il momento costretti a giocare secondo le sue regole ma il cui intento reale è tutt'altro – populista, di manipolazione mediatica, intollerante e autoritario. Conquisteranno molto spazio, se non riformeremo rapidamente le nsotre democrazie. E non c'è ambito in cui questa riforma sia più necessaria che in seno alla stessa Unione Europea. (Paul Ginsborg, La democrazia che non c'è, p. 17 )

La società preconsumistica aveva bisogno di uomini forti, e dunque casti. La società consumistica ha invece bisogno di uomini deboli, e perciò lussuriosi. Al mito della donna chiusa e separata (il cui obbligo alla castità implicaca la castità dell'uomo) si è sostituito il mito della donna parte e vicina, sempre a disposizione. Al trionfo dell'amicizia tra maschi e dell'erezione, si è sostituito il trionfo della coppia e dell'impotenza. I maschi giovani sono traumatizzati dall'obbligo che impone loro la permissività: cioè l'obbligo di far sempre e liberamente l'amore. (Pier Paolo Pasolini, (Soggetto per un film su una guardia di PS: p. 104 Lettere luterane)

La Chiesa non può che essere reazionaria: non può che essere dalla parte del Potere; non può che accettare le regole autoritarie e formali della convivenza. (Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari)

Ora, degli italiani piccolo-borghesi si sentono tranquilli davanti a ogni forma di scandalo, se questo scandalo ha dietro una qualsiasi forma di opinione pubblica o di potere; perché essi riconoscono subito, in tale scandalo, una possibilità di istituzionalizzazione, e, con questa possibilità, essi fraternizzano. (Pier Paolo Pasolini, Il caos, Roma 1998, 13 agosto 1968)

*Finché perdura il sistema che si combatte (nella specie, il sistema capitalistico) esso non va considerato il male, perché anche sotto di esso c'è la realtà, ossia Dio. Infatti la realtà è infinitamente più estesa del sistema, ma il sistema è infinitamente più esteso di noi: e quindi, come il sistema non coprirà mai tutta la vita, noi non potremo mai giungere ai confini del sistema e scavalcarlo. (Pier Paolo Pasolini, ''Il caos'', Roma 1998, 3 settembre 1968)

La Resistenza e il Movimento Studentesco sono le due uniche esperienze democratico-rivoluzionarie del popolo italiano. Intorno c'è silenzio e deserto: il qualunquismo, la degenerazione statalistica, le orrende tradizioni sabaude, borboniche, papaline. (Pier Paolo Pasolini, Il caos, Roma 1998, 21 settembre 1968)

È esperienza di ogni giorno: si richiede la santità agli altri, per tenere tranquilla la coscienza, nel momento i cui ci si accorge che non sono santi. Ma nel momento in cui ci si accorge che lo sono, li si consacra. La consacrazione li discrimina, li cataloga: li rende innocui, e anche un po' ridicoli e ufficiali. (Pier Paolo Pasolini, Il caos, Roma 1998, 7 dicembre 1968)

Io so questo: che chi pretende la libertà, poi non sa cosa farsene. (Pier Paolo Pasolini, Il caos, Roma 1998, 7 dicembre 1968)

E quando dicevo che il Movimento Studentesco non può fare la guerra, volevo dire che la guerra la fanno gli eserciti, e che gli eserciti sono delle istituzioni. (Pier Paolo Pasolini, Il caos, Roma 1998, 15 marzo 1969)

Può un uomo collocarsi fuori dalla sua storia [...]? No, non lo può. Questo uscire dalla storia, adottando una falsa e bugiarda ottica di postero o di cherubino, è un atto caro ai reazionari, e i giornali di destra sono pieni di scrittori che si prestano a simili ascesi, atte a soddisfare il bisogno spiritualistico dei piccoli borghesi (che, sia pure inconsapevolmente, son essi i nefandi «materialisti», oggetti del loro odio). (Pier Paolo Pasolini, ''Il caos'', Roma 1998, 9 agosto 1969)

Ho capito di colpo che cosa è oggi il Movimento Studentesco. Esso è un movimento politico la cui ascesi consiste nel fare. È qualcosa di più e di diverso dal pragmatismo talvolta ricattatorio sotto il cui segno il Movimento Studentesco è cominciato: pragmatismo che non trascendeva ancora se stesso in una specie di religione di se stesso: ma era un semplice dato, non privo, nei casi peggiori (il fanatismo per Che Guevara) di vecchia retorica piccolo borghese. Ora, per la prima volta,che io sappia, nella storia il Credere nasce dal Fare: mentre dal tempo della Bibbia, attraverso San Paolo fino ai giorni nostri, il Fare non era che l'altra faccia del Credere. <br> È da supporsi che un Credere (incondito, rimosso, non affrontato, spregiato) presieda a tutta questa operazione: e che non si tratti che di un ritorno adesso, attraverso la scoperta del Fare (dell'Organizzare). (Pier Paolo Pasolini, ''Il caos'', Roma 1998, 6 dicembre 1969)


Certe cose sono sconvolgente e inaccettabili alla comune coscienza. La comune coscienza è inadattabile alle atrocità. E ci sarà pure qualche ragione. Forse perché essa, in realtà, le vuole. La comune coscienza prima non ha accettato le atrocità naziste, e poi ha preferito dimenticarle. [...] Certe cose atroci architettate o comunque volute dal Potere (quello reale non quello sia pur fittiziamente democratico) sono comunissime nella storia: dico ''comunissime'': eppure alla comune coscienza paiono sempre eccezionali e incredibili. (Pier Paolo Pasolini, ''Il caos'', Roma 1998, 20 dicembre 1969)


Il peggior criminale che abbia mai camminato su questa terra è moralmente superiore al giudice che lo condanna alla forca. (George Orwell, La strada di Wigan Pier, cap. IX, p. 164)


Da qualunque parte vi volgiate, questa maledizione della differenza di classe vi si para dinanzi come una muraglia. O meglio, non tanto come un muraglia quanto come la parete di vetro di un acquario; è così facile fingere che non ci sia e così impossibile penetrarla. (George Orwell, La strada di Wigan Pier, cap. X, p. 175)


Ogni opinione rivoluzionaria attinge parte della sua forza alla segreta certezza che nulla può essere cambiato. (George Orwell, La strada di Wigan Pier, cap. X, p. 176)


Il motivo sottinteso di molti socialisti, credo, è semplicemente un senso ipertrofico dell'ordine. L'attuale stato di cose li offende non perché causi miseria ma perché è disordinato; ciò che essi fondamentalmente desiderano, è ridurre il mondo a qualche cosa che assomiglia una scacchiera. (George Orwell, La strada di Wigan Pier, cap. XI, p. 199)


Mettete un pacifista a lavorare in una fabbrica di bombe e in due mesi egli avrà ideato un nuovo tipo di bomba. [...] qualunque altra cosa accada, il "progresso" deve continuare e il sapere non deve mai essere soffocato. [...] Non servirebbe, come in ''Erewhon'' di Butler, spaccare tutte le macchine inventate dopo una certa data, dovremmo anche distruggere l'abito mentale che, quasi involontariamente, si metterebbe a ideare nuove macchine appena le vecchie fossero state distrutte. (George Orwell, ''La strada di Wigan Pier'', cap. XII, p. 231)


Sono nuovamente colpito dal fatto che un operaio, non appena fa carriera nei sindacati o si interessa alla politica laburista, diventa, lo voglia o no, un borghese. E' così: combattendo la borghesia, ne assume l'aspetto. (George Orwell, Tra sdegno e passione, 1968)


Uno degli effetti di una vita tranquilla e civilizzata è di sviluppare un'estrema ipersensività, che tende a far sembrare disgustose tutte le emozioni primitive. la generosità diventa penoso come la malignità, la gratitudine odiosa come l'ingratitudine. (George Orwell, Tra sdegno e passione, 1968, Sguardo retrospettivo sulla guerra spagnola: p. 197)


Non può essere un semplice caso il fatto che i nazionalisti più accesi e romantici non appartengano, di solito, alla nazione che idealizzano. I capi che basano il loro fascino su la patrie o sono completi stranieri o provengono dalle zone di confine di grandi imperi. (George Orwell, Tra sdegno e passione, 1968, La mia guerra 30 giugno 1944: p. 355)


Quando sono messi a morte, i tiranni dovrebbero essere uccisi dai loro sudditi. Quelli puniti da un'autorità straniera, come napoleone, diventano martiri leggendari. [...] Ma niente martirio, niente Sant'Elena, e soprattutto nessun solenne e ipocrita processo ai criminali di guerra, con tutta la lenta e crudele pompa della legge che, dopo un certo lasso di tempo, ha la strana abitudine di soffondere di una luce romantica gli accusati e di trasformare un farabutto in un eroe. (George Orwell, ''Tra sdegno e passione'', 1968, ''Chi sono i criminali di guerra?'': p. 374)


Criminalizzare i criminali è fondamentali. Criminalizzare un'intera area politica vuol dire regalare ai criminali uno spazio insperato, e molto più vasto della nicchia asfittica nella quale si nascondono. (Michele Serra, L'amaca, ne la Repubblica del 16 febbraaio 2007)


*Scrivere un romanzo è fondamentalmente mancanza di pudore. Anche pettinarsi è mancanza di pudore, soprattutto se si fa con l'intento di mascherare la cicatrice che corre all'attaccatura dei capelli. Ma pettinarsi è una mancanza meno grave, mentre scrivere è grave. Significa mascherare la realtà, nascondere la paure, reinventare le cose che si sono dette e, soprattutto, le persone che le hanno dette. (Paco Ignacio Taibo II, ''Ritornano le ombre'', parte I, cap. XIII)


*E racconto tutto ciò perché a volte sembra, quando narriamo le nostre storie, che tutto sia semplice oggetto d'arredo; che quelli che fanno da personaggi secondari non vivano e non muoiano, e servano solo come particolari di colore, per fare in modo che noi, i personaggi principali, ci muoviamo per l'aneddoto circondati dall'incanto del paesaggio. In altre parole, né i piloti giapponesi né gli imperatori con pedana, né gli avvoltoi né gli scrittori sono elementi decorativi. (Paco Ignacio Taibo II, Ritornano le ombre, parte VII, cap. XII)


Ogni volta che viene realizzato un mutamento genetico, lo Stato sta decidendo quali siano i geni giusti e i geni sbagliati. (Jeremy Rifkin, Il secolo biotech)


Una delle principali cause della miseria delle scienze sta, molto spesso, nella loro presunzione di essere ricche. Scopo della scienza non è tanto quello di aprire la porta all'infinito sapere, quanto quello di porre una barriera all'infinita ignoranza. (Bertolt Brecht, Vita di Galileo)

Non credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare la fatica dell'esistenza umana. Se gli uomini di scienza non reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà che fonte di nuovi triboli per l'uomo. E quando, coll'andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall'umanità. (Bertolt Brecht, Vita di Galileo, Galileo: XIV)

Il misfatto di Galileo può esser considerato il «peccato originale» delle scienze naturali moderne. Della moderna astronomia, che interessava profondamente una classe nuova, la borghesia, perché appoggiaava le correnti sociali rivoluzionarie dell'epoca, egli fece una scienza specialistica strettamente limitata, la quale naturalmente proprio grazie alla sua «purezza», ossia alla sua indifferenza per il sistema di produzione, poté svuilupparsi relativamente indisturbata. La bomba atomica, come fenomeno tecnico non meno che sociale, è il classico prodotto terminale delle sue conquiste scientifiche e del suo fallimento sociale. (Bertolt Brecht, Vita di Galileo)

I diritti sono importanti; alla lunga essere trasgressivi non è molto divertente, se si rimane dei paria; e spesso non è neanche molto utile. Perciò va bene "riscoprire" gli anni settanta, purché questo non serva a far spallucce sulle battaglie in corso. Perché allora la nostalgia del gay trasgressivo mi manda in bestia. [...] Finché non esisti, non esisti; ma dal momento in cui esisti devi essere ben riconoscibile. (Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci, p. 40)

[...] un'idea che mi piace: il concetto di "trasversalità". L'ha formulato il filosofo Gilles Deleuze, riprendendolo da David Hume. E' l'idea che un effetto prodotto in un dato modo può sempre essere prodotto anche in altri modi. [....] credo che il riconoscersi omosessuali o eterosessuali non derivi in linea retta da un orientamento sessuale originario, ma nasca lungo un percorso a zig-zag, per un gioco di spinte tra le quali il desiderio gay o etero a volte svolge addirittura un ruolo accessorio. (Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci,p. 45)

Ecco, si può sperare che l'omofobia diventi questo: un repertorio di innocui stereotipi che pochi imbecilli prendono sul serio, mentre tutti gli altri ci giocano. (Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci,p. 47)

Ora, un elemento che caratterizza la condizione omosessuale è questo: mentre l'identità del nero o dell'ebreo solitamente è rafforzata dal sui nascere e maturare entro una comunità compatta (in senso spaziale e generazionale), quella dell'omosessuale, come è noto, manca di qualsiasi continuità biologica e ambientale. I gay saltano fuori in qualsiasi ceto, cultura, religione, nazione. Ci si scopre omosessuali quasi sempre da soli. E ovviamente u gay di rado è figlio di altri gay, soprattutto di gay dichiarati. [...] C'è questa ''discontinuità'', nella condizione gay, che è qualcosa di importantissimo. [...] Perché rende l'omosessualità debole e forte al tempo stesso. Debole perché in principio solitaria, dispersa in centomila città e famiglie, distribuita in gradazioni diseguali e in varianti personali, facile da dissimulare, incline ai vuoti di memoria storica. ma anche forte e tenace, perché a ogni nuova generazione rigermoglia in modo imprevedibile e non immediatamente riconoscibile. [...] ''Finora'' la cultura dominante ha quasi sempre sentito l'omosessualità come qualcosa di pericoloso – fino a circondarla a volte con un cordone sanitario – perché sapeva che l'omosessuale era ancora più ''interno'' a essa rispetto, poniamo, all'ebraismo assimilato del primo Novecento. Paradossalmente, il gay vive in un mondo etero ''che lo considera "dei suoi"'': o almeno lo fa finché la differenza non diventa evidente, e anche dopo continua a cercare di dimenticarsene. Del resti il gay stesso è ben cosciente di come, sotto moltissimi aspetti, egli abbia un mondo in comune con gli etero. (Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci)

E la morale è questa: finora l'omosessuale è apparso davvero come una parte integrante del corpo sociale omofobo e "sano", perciò la coabitazione risulta più intima e scandalosa, e il contagio, reale o metaforico, è un incubo più angosciante. (Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci,p. 53)

A causa di quella discontinuità di cui abbiamo già parlato a lungo, la compenetrazione tra l'omosessualità e l'omofobia dominante è particolarmente intima: liquida, pervasiva, corporea, originaria, inestricabile... [...] Opposizione, eterosessismo, ''e tuttavia, di fatto'', compenetrazione. Un po' come nelle liti in famiglia. Per questo la discriminazione spesso non viene percepita, neppure dai diretti interessati: più è radicata, meno è visibile. [...] Ogni gruppo discriminato tende a interiorizzare in parte i pregiudizi di cui è oggetto. (Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci,p. 87)

Ci sono molte famiglie in cui lo zio gay insaccato del suo segreto di Pulcinella pesa come un macigno sui raduni natalizi o estivi. Gli etero non saranno mai realmente liberi finché non lo saranno i gay; e questo vale, ovviamente, per ogni altro schieramento sui due versanti di un muro di discriminazione. (Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci,p. 93)

Ogni riconoscimento di diritti si trascina dietro ciarpame simile – il sospetto perbenistico verso chi di quel diritto non vuole avvalersi. dai una casa a tutti i senzatetto, e chi si ostina a rifiutarla sembrerà a molti un tipo losco, un iperbarbone. (Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci,p. 95)

L'omosessualità è semplicemente qualcosa che sta in tutti noi da sempre. Per questo si innerva (come realtà sconosciuta sfiorata, elusa, metaforizzata, taciuta, ambita, tabuizzata, perseguitata, implicata in altri discorsi...) anche nello scrittore più eterosessuale. (Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci,p. 127)

[Riferendosi a Purgatorio VI] Noi siamo stati il giardino dell'Impero, come diceva Dante. Siamo simili a un Efebo dentro al quale tutti gli altri stati hanno desiderato stare, ammirati della sua bellezza. Quando abbiamo smesso di essere u bel ragazzo che l'ha preso nel sedere, abbiamo fatto la faccia feroce, per poi sbagliare tutto.. La vocazione del nostro paese p una vocazione servile, nel bene e nel male. (Cesare Garboli, citato in Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci, Feltrinelli, 2004, p. 164)

[Occorre] inventare nuove forme di pratica politica contenenti una dimensione di universalità al di là del capitale. (Slavoj Žižek, citato in Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci, Feltrinelli, 2004, p. 67)

*Diffidate di chi viene a mettere ordine. (Denis Diderot, citato in Tommaso Giartosio, ''Perché non possiamo non dirci'', Feltrinelli, 2004, p. 73)

Quando le prospettive di buoni rapporti fra esseri umani diversi sono viste (come sempre più spesso accade) principalmente in termini di «amicizia tra civiltà» o di «dialogo tra gruppi religiosi», o di «relazioni amichevoli tra comunità diverse» (ignorando i moltissimi, diversi modi in cui gli individui si relazionano fra di loro), i progetti per la pace vengono subordinati a un approccio che «miniaturizza» gli esseri umani. (Amartya Sen, Identità e violenza, Prologo: p. IX)

L'obiettivo nobile ed elevato di perseguire l'amicizia tra le persone, nel momento in cui viene visto in un'ottica di amicizia tra civiltà, riduce repentinamente le molte sfaccettature degli esseri umani a una dimensione soltanto, mettendo la museruola a quella varietà di legami che, per molti secoli, hanno fornito terreno fertile e variegato a interazioni transnazionali, in campi come la matematica, i giochi, la politica e altre sfere di comune interesse per gli esseri umani. [...] Concentrarsi solo sulla classificazione religiosa, peraltro, oltre a trascurare altre importanti idee e interessi che sono all'origine delle azioni delle persone, ha anche l'effetto di amplificare, in generale, la voce dell'autorità religiosa. [...] La principale speranza di armonia nel nostro tormentato mondo risiede semmai nella pluralità delle nostre identità, che si intrecciano l'una con l'altra e sono refrattarie a divisioni drastiche lungo linee di confine invalicabili a cui non si può opporre resistenza. La natura di esseri umani che ci contradidstingue viene messa a dura prova quando le nostre differenze vengono ridotte a un sistema artificiale di classificazione unico e predominante. (Amartya Sen, Identità e violenza, cap. I: p. 14 ss.)

Considerare una persona saldamente incastrata in un'affiliazione, e in una soltanto, annulla i complessi intrecci fra molteplici gruppi e fedeltà multiple, rimpiazzando la ricchezza di una vita umana piena con una formula circoscritta che insiste sul fatto che ogni persona è «collocata» soltanto in un unico compartimento organico. (Amartya Sen, Identità e violenza, cap. II: p. 23)

La religione non è, né può essere, l'identità omnicomprensiva di un individuo. (Amartya Sen, Identità e violenza, cap. IV, p. 83)

Il riduzionismo solitarista dell'identità umana ha conseguenze di ampia portata. Un'illusione evocata per dividere gli individui in categorie straordinariamente rigide può essere usata per istigare scontri fra gruppi. (Amartya Sen, Identità e violenza, cap. IX, p. 180)

Non è un vero lettore, non è un philosophe lisant, colui che non ha mai provato il fascino accusatore dei grandi scaffali pieni di libri non letti, delle biblioteche di notte evocata da Borges nelle sua fiabe. (da George Steiner, Nessuna passione spenta: Una lettura ben fatta: p. 10)

Eppure l'atto di lettura è autentico soltanto quando conosciamo integralmente un autore, quando esaminiamo con sollecitudine particolare, anche se un po' irritata, i suoi «fallimenti» per elaborare una nostra visione personale della sua presenza. (da George Steiner, Nessuna passione spenta: Una lettura ben fatta: p. 20)

Il grido del cacciatore quando ha intrappolato una verità astratta, l'impegno della propria vita in ricerche metafisiche o matematiche perfettamente «inutili» e il terreno vasto e complesso della musica in occidente hanno la loro fonte specifica nella «disposizione mentale» greca e formano la base delle nostre teoria e pratica dell'eccellenza. (da George Steiner, Nessuna passione spenta: Gli archivi dell'Eden: p. 190)

Il pensiero assoluto è antisociale, antigregario, forse autistico. È una lebbra che cerca l'isolamento. (da George Steiner, Nessuna passione spenta: Gli archivi dell'Eden: p. 213)

In altre parole, una cultura autentica è caratterizzata dall'incoraggiamento di una formazione di base focalizzata sulla comprensione, sull'apprezzamento e sulla trasmissione delle opere migliori prodotte ieri e oggi dalla ragione e dalla fantasia. Una cultura autentica fa di quel tipo dio risposta percettiva una funzione morale e politica fondamentale. Trasforma quella «risposta» in «responsabilità», costringe quella risonanza a «essere responsabile» davanti alle occorrenze mentali eccelse. (da George Steiner, Nessuna passione spenta: Gli archivi dell'Eden: p. 209)

Dissociare le fonti della civiltà dal concetto di una minoranza è un'illusione o una menzogna sfacciata. [...] Iniettare sensibilità e rigore intellettuale nella massa della società è impossibile, se non a un livello molto limitato e superficiale. È possibile invece banalizzare, annacquare, presentare secolarmente i valori e i prodotti culturali verso i quali vogliamo indirizzare il cittadino medio. Il risultato specifico di questa operazione è il disastro della pseudo-formazione letteraria e matematica che troviamo nelle scuole secondarie e in molto di quello che si spaccia per «istruzione superiore». [...] Le banalità predigerite, il didatticismo prolisso e pomposo, l'assoluta disonestà nella presentazione che caratterizza il programma, l'insegnamento, la politica amministrativa nelle scuole secondarie, nei ''junior college'' e nelle università (quanto l'America ha svilito questo termine nobile!) aperte a tutti rappresentano lo scandalo fondamentale della cultura americana. (da George Steiner, ''Nessuna passione spenta'': ''Gli archivi dell'Eden'': p. 209)

L'intellettuale non ha scelta, salvo fra essere sé stesso o tradire sé stesso. Se pensa che la «felicità», come appare nelle definizioni fondamentali della teoria e della pratica dell'''American way of life'', sia preferibile, se non sospetta che la «felicità» in quasi tutte le sue forme sia il dispotismo dell'ordinario, del volgare, ha sbagliato mestiere. Queste cose sono organizzate meglio nel mondo del despota. Gli artisti, i pensatori, gli scrittori ricevono il tributo irremovibile dell'attenzione e della repressione politiche. Il KGB e lo scrittore serio sono pienamente d'accordo perché sano entrambi – anche perché ''agiscono entrambi in funzione di questa conoscenza'' – che una poesia (quando Pasternak citò il primo verso di un sonetto di Shakespeare alla presenza di uno Ždanov inviperito, per esempio), un romanzo, una scena di tragedia possono essere la centrale energetica degli affari umani, che niente è più carico di detonatori di sogni e di azioni che la parola, e soprattutto la parola che si conosce a memoria. [...] Imprigionare un uomo perché cita ''Riccardo III'' durante le purghe del 1937, arrestarlo a Praga perché tiene un seminario su Kant, significa valutare esattamente l'importanza della grande letteratura e della grande filosofia,. Significa onorare perversamente, ma cionondimeno onorare, l'ossessione della verità. <br>Quale testo, quale dipinto, quale sinfonia potrebbe scuotere l'edificio della politica americana? Quale atto di pensiero astratto ha qualche influenza? Chi ''se ne cura''? (da George Steiner, Nessuna passione spenta: Gli archivi dell'Eden: p. 218)

Il marxismo è essenzialmente un giudaismo che ha perso la pazienza. Il Messia ci ha messo troppo a venire, o piuttosto a non venire. Il regno della giustizia deve essere instaurato dall'uomo stesso, su questa terra, qui e ora. (da George Steiner, Nessuna passione spenta: Attraverso quello specchio, oscuramente: p. 259)

Quando la città che celebro sarà distrutta, quando gli uomini che canto saranno scomparsi nell'oblio, le mie parole perdureranno. (Pindaro)

C'è molta speranza, ma nessuna per noi. (Franz Kafka)

Tutta la narrativa, a partire dai romanzi ammuffiti nelle bibliotehce, è censurata dagli interessi della classe dominante. E soprattutto la letteratura giovanile, quella roba melodrammatica che quasi ogni ragazzo prima o poi divora, trasuda le peggiori illusioni del 1910. (George Orwell, Nel ventre della balena e altri saggi: da Le bugie settimanali per ragazzi)

Non credo che ci sia bisogno di aggiungere altro sul perché i giovani scrittori degli anni '30 si riunissero attorno al partito comunista. Offriva semplicemente qualcosa in cui credere. Era una chiesa, un esercito, un'ortodossia, una disciplina. Era una patria e – comunque dal 1935 o giù di lì – un Führer. Tutte le lealtà e le superstizioni che l'intelletto aveva apparentemente bandito ricomparvero precipitosamente sotto il trasparente dei travestimenti. Patriottismo, religione, impero, gloria militare — in una parola, Russia. Dio — Stalin. Il diavolo — Hitler. Il paaradiso — Mosca. L'inferno — Berlino. Tutti i vuoti venivano colmati. Così, dopo tutto, il «comunismo» dell'intellettuale inglese è qualcosa di abbastanza spiegabile. È il patriottismo dello sradicato. (George Orwell, Nel ventre della balena e altri saggi: da Nel ventre della balena)

Il nazionalismo è sete di potere frammista ad illusione. Ogni nazionalista è capace della più atroce disonestà ma è anche — in quanto consapevole di servire qualcosa di più grande di lui — incrollabilmente certo di essere nel giusto. (George Orwell, Nel ventre della balena e altri saggi: da Appunti sul nazionalismo)

La distinzione non è tanto tra violenza e non violenza ma tra l'avere o meno appetiti per il potere. Ci sono persone che sono convinte della malvagità degli eserciti e delle forse di polizia ma che sono, ciò nondimento, molto più intolleranti e inquisitori nel modo di vedere della persona normale la quale crede che, talvolta, sia necessario usare la violenza. Non diranno a qualcuno «Fai questo, quello o quell'altro altrimenti andrai in prigione» ma, se potranno, si insinueranno nel suo cervello e manovreranno i suoi pensieri fin nei più piccoli particolari. Principii come il pacifismo e l'anarchia, che sembrano superficialmente implicare una completa rinuncia al potere, incoraggiano piuttosto questo atteggiamento mentale. (George Orwell, Nel ventre della balena e altri saggi: da Lear, Tolstoi ed il Matto)

La pazzia non è da tutti, ma quella di Maurice risultò il fulmine che scaccia le nuvole. Il temporale non andava convando da tre giorni, come lui si figurava, bensì da sei anni. Aveva fermentato nelle tenebre dell'essere che nessun occhio perfora, l'atmosfera in cui lui era vissuto l'aveva addensato. Era esploso, e lui non era morto. Attorniato dal fulgore del giorno, sostò sulla catena montuosa che adombra la giovinezza, e vide. [...] Ogni cosa appariva talmente chiara, adesso. Aveva mentito. Era stato «rimpinzato di bugie,» così si espresse tra sé, ma le bugie erano il cibo naturale della fanciullezza, e lui se n'era pasciuto con ingordigia. La prima risoluzione che prese fu di essere più cauto in avvenire. Avrebbe vissuto lealmente, non perché importasse a nessuno, ormai, ma per stare al gioco. Non avrebbe più – ecco la prova cruciale – finto di interessarsi alle donne quando l'unico sesso che lo attraeva era il suo. Amava gli uomini e sempre li aveva amati. Smaniava dalla voglia di abbracciarli e di fondere il proprio essere nel loro. Ora, nel momeno in cui l'uomo che ricambiava il suo amore era perduto, ora lo ammetteva. (Edward Morgan Forster, ''Maurice'': cap. 10: p. 89)

Il dottor Barry aveva dato il miglior consiglio che fosse in grado di dare. Non aveva letto opere scientifiche sul soggetto che interessava Maurice, giacché non ne esistevano quando lui studiava medicina, e tutte le pubblicazioni successive erano in tedesco, e quindi sospette. Alieno per temperamento dall'affrontare quel tema, sanciva di buon animo il verdetto del consorzio civile: vale a dire, il suo verdetto era di natura teologica. Riteneva che soltanto gli esseri più depravati potessero dare una capatina in quel di Sodoma e perciò, quando un uomo di buoni antecedenti e fisico sano confessava di avere la tendenza, «corbellerie, corbellerie!» era la risposta che gli veniva spontanea. (Edward Morgan Forster, Maurice: cap. 32: p. 206)

Dopo quella crisi maurice diventò un uomo. Fin allora – posto che si possa fare una stima degli esseri umani – non era valso l'affetto di nessuno, essendo stato convenzionale, meschino, infido verso il prossimo perché lo era verso sé stesso. Ora viceversa aveva da offrire il dono più pregiato. L'idealismo e la brutalità che avevano segnato il cammino della fanciullezza si erano finalmente uniti e intrecciati a comporre l'amore. Forse, di questo amore, nessuno avrebbe voluto saperne, ma lui non poteva vergognarsene perché era «lui», non corpo o anima, e nemmeno corpo e anima, ma «lui» che operava attraverso l'uno e l'altra. Continuava a soffrire, e tuttavia un senso di trionfo si era formato altrove. La soferenza gli aveva indicato una nicchia al di là del giudizio del mondo, dove gli era consentito rifugiarsi. (Edward Morgan Forster, Maurice: cap. 11: p. 90)

Il nostro errore più grave è quello di cercare di destare in ciascuno proprio quelle qualità che non possiede, trascurando di coltivare quelle che ha. (Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano)

M'importava assai poco che l'accordo ottenuto fosse esteriore, imposto, probabilmente temporaneo; sapevo che il bene e il male sono una questione d'abitudine, che il temporaneo si prolunga, che le cose esterne penetrano all'interno, e che la maschera, a lungo andare, diventa il volto. (Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano, III, 1: p. 94)

Fino a oggi, tutti i popoli sono periti per mancanza di generosità: Sparta sarebbe sopravvissuta più a lungo se avesse interessato gli iloti alla sua sopravvivenza. [...] Tenevo a che la più diseredata delle creature, lo schiavo che sgombra le cloache delle città, il barbaro che si aggira minaccioso alle frontiere, avessero interesse a veder durare Roma. (Marguerite Yourcenar, ''Memorie di Adriano'', III, 3: p. 110)

La mia opinione su di lui si modificava senza posa, il che accade solo per gli esseri che ci toccano da vicino: gli altri, ci contentiamo di giudicarli alla grossa, e una volta per tutte. (Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano, V, 5: p. 241)

Come osano gli Schlegel disprezzare i Wilcox, quando ci vogliono persone d'ogni genere per fare un mondo? (Edward Morgan Forster, Casa Howard, cap. 12, p. 119)

Siamo di fronte a un'importante differenza col fascismo: nel comunismo è notevolmente più esaltata la qualità religiosa della fede intellettuale. Mentre nel fascismo la tentazione era esercitata principalmente dalla figura del capo, nel comunismo ad attrarre era una forza più astratta e duratura, quella della storia, e soprattutto della speranza. Il fascismo era un'ideologia del presente, il comunismo un'ideologia del futuro. [...] La speranza era sostenuta da una particolare certezza: a indurre, infatti, quelli che si sarebbero poi convertiti, ad aderire inizialmente al comunismo non era stato il semplice desiderio di un mondo migliore, ma la fede nella necessità storica della sua realizzazione. (Ralf Dahrendorf, ''Erasmiani. Gli intellettuali alla prova del totalitarismo'', p. 27)

Quel malumore bisbetico dileguò, ma il peso nell'anima rimase: raramente i temporali riaschiarano l'aria. (Edward Morgan Forster, Passaggio in India, cap. VIII, p. 90)

Come può infatti un solo essere umano soffrire di tutta la tristezza in cui si imbatte sulla faccia della terra, della pena che affligge non soltanto gli uomini, ma gli animali e le piante, e forse le pietre? L'anima si stanca subito, e nel timore di perdere quel poco che capisce, si ritrae verso i principî permanenti che l'abitudine o il caso hanno dettata, e là soffre. (Edward Morgan Forster, Passaggio in India, cap. XXVI, p. 270)

*L'idea più stravagante che possa nascere nella testa di un uomo politico è quella di credere che sia sufficiente per un popolo entrare a mano armata nel territorio di un popolo straniero per fargli adottare le sue leggi e la sua costituzione.. (Robespierre, 2 gennaio 1972: da ''Oevres'', t. VIII, pp. 81-83)

Le rivoluzioni saranno anche le «locomotive della storia», ma immancabilmente, e magari impercettibilmente, giunge il momento in cui quelle «locomotive» si scoprono terribilmente indietro rispetto ad una storia che continua a procedere, e che intanto ha macinato, sotto la sua mole, uomini, vite, idee. (Luciano Canfora, Esportare la libertà. Il mito che ha fallito, cap. II, p. 31)

Quello che ai protagonisti non fu chiaro, per lo meno non a tutti, fu che procedure di esportazione manu militari di un modello politico-sociale (considerato irrinunciabile e perciò meritevole persino di un disastroso crollo d'immagine) non si possono ripetere più volte. O si determina la scelta di strade nuove, cioè un mutamento più lungo e diluito nel tempo ma pur sempre un mutamento, o, altrimenti, la replica del meccanismo «repressione/ripristino puro e semplice dell'ordine» diventa la premessa per la fine. (Luciano Canfora, Esportare la libertà. Il mito che ha fallito, cap. III, p. 45)

Da quando l'URSS non controlla più le spinte dal basso contro la ricchezza planetaria e alla loro testa si è posto l'Islam, la sopravvivenza del mondo ricco è in pericolo. (Emanuele Severino, Corriere della sera, 17 agosto 2006, p. 1)

Reagire al velleitarismo. Proporsi obiettivi discreti, raggiungibili, anche se si intenda approfondirli ed estenderli. (Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere)

Il capitalismo maturo, al pari di quello originario, poggia su sofferenze umane non contabilizzate, ma non per questo meno frustranti e degradanti. (Federico Caffè, Scritti quotidiani, 21 febbraio 1985: p. 106)

La storia ha dimostrato che i [[capitalismo|capitalisti]] vanno carichi di ottimismo anche al loro funerale. (Paul Samuelson, intervista a ''L'Espresso'' n. 17 anno LIII del 3 maggio 2007, p. 176)

Quando il Moderno si presenta come "il nuovo" assoluto, in verità è già decrepito. [...] Le ricette pragmatiche sono acqua fresca. [...] "Sinistra" non è un bagaglio appresso che i dirigenti si portano dietro. Sono valori, programma fondamentale, identità. La retorica dell’"oltre" – oltre i partiti, oltre le tradizioni, oltre il socialismo – non dice nulla, se non è chiaro dove si va. (ntervento al 4° congresso dei Democratici di Sinistra, Firenze, 20 aprile 2007)

Tutto quello che volevo era solo una collina dove sdraiarmi. (William Faulkner, Santuario, a cura di Mario Materassi, Adelphi, Milano 2006, Horace Benbow: cap. 2, p. 21)

Che cos'è che fa pensare a un uomo che la donna che sposa o che genera potrebbe, sì, comportarsi male, ma tutte quelle che non ha sposato né generato si comporteranno male di sicuro? (William Faulkner, Santuario, a cura di Mario Materassi, Adelphi, Milano 2006, cap. 19, p. 157)

«Il tempo non è poi questo gran male, dopotutto. Basta usarlo bene, e si può tirare qualsiasi cosa, come un elastico, finché da una parte o dall'altra si spacca, e eccoti lì, con tutta la tragedia e la disperazione ridotta a due nodini fra pollice e indice delle due mani.»<br>«Resti o non resti, Horace?»<br>«Penso che resterò» disse Horace. (William Faulkner, ''Santuario'', a cura di Mario Materassi, Adelphi, Milano 2006, cap. 20, p. 172)


Dal che si vede che, dal fondo della miseria, gli agi e i piaceri della vita, in sé vani e caduchi, possono acquistare un valore spirituale vero e proprio. (Giorgio Bassani, Di là dal cuore, Mondadori, Milano 1984, Da una prigione, 5: p. 12)

La poesia è delle anime vergini, degli angeli, di chi crede. Naturalmente noi non viviamo più all'età d'Omero, e quindi ci è difficile trovare qualcosa in cui credere. Ma ad ogni modo, per essere poeti bisogna tornare a una necessaria condizione d'ingenuità. (Giorgio Bassani, Di là dal cuore, Mondadori, Milano 1984,Da una prigione, 13: p. 19)

In un mondo come il nostro, volto con sempre più consapevole determinazione, ad est e ad ovest, a nord e a sud, alla ricerca e all'impiego delle competenze e dei talenti, non mi pare che sia il caso da parte degli scrittori di invocare una inserzione nell'ingranaggio della gran macchina produttiva ancora più diffusa e completa di quella attuale. [...] E così bisogna servire, rendersi utili, collaborare [...]. L'unica cosa da pretendere sarà se mai un'altra: e cioè che il nostro servizio, la nostra colaborazione, non abbiano a risolversi in una alienazione della nostra natura e del nostro destino. [...] vendere l'anima: ecco uno sbaglio che l'utente vero, il destinatario autentico e indispensabile, così poco adatto a far parte delle inerti assemblee consumistiche vagheggiate dalle fantasie dei tecnici e dei datori di lavoro, non perdona mai. (Giorgio Bassani, ''Di là dal cuore'', Mondadori, Milano 1984, ''Lo scrittore e i mezzi di diffusione della cultura'': pp. 209 ss.)

Chi corre dietro al pubblico, vuol dire che dentro di sé non ha niente. (Giorgio Bassani, Di là dal cuore, Mondadori, Milano 1984, In risposta, II, 1: p. 264)

E pur respingendo le aberrazioni deliranti di certa medicina «industriale», o meglio fantascientifica, badiamo piuttosto, specialmente noi letterati, a debellare quella che fra le malattie contemporanee è la più diffusa nell'ambito della categoria: l'estetismo, il culto narcissistico del proprio io spirituale, insaziato di privilegi ottenuti a scapito di chi, come patrimonio personale, non può disporre che del proprio corpo, a scapito dei più... (Giorgio Bassani, Di là dal cuore, Mondadori, Milano 1984, In risposta, IV, 7: p. 357)

L'assoluto è il peggior nemico della buona politica, come la scienza dell'aspettare è la sua più fedele alleata. (Massimo d'Azeglio, discorso in Senato del 3 dicembre 1864)

*Se nessuno accettasse più di delegare ad altri il lavoro sporco cesserebbero di colpo molte violenze sulla "comunità di chi vive": umani, animali, alberi, ambiente. Pochissimi inietterebbero veleno a un condannato o bombarderebbero una [[città]]; relativamente in pochi macellerebbero un maiale, asfissierebbero un tonno, scuoierebbero castori; non molti abbatterebbero foreste o getterebbero secchiate di veleni nei fiumi. Ma, delegando, tutti contribuiscono a torture e uccisioni. (Marinella Correggia, La rivoluzione dei dettagli, cap. Salvare)

Che per nascere occorra morire, lo sanno anche gli uomini. Non lo sanno gli olimpici. Se lo sono scordato. Loro durano in un mondo che passa. Non esistono: sono. Ogni loro capriccio è una legge fatale. Per esprimere un fiore distruggono un uomo. (Il fiore)

Edipo. No, non capisci, non capisci, non è questo. Vorrei che fossero più atroci ancora. Vorrei essere l'uomo più sozzo e più vile purché quello che ho fatto l'avessi voluto. Non subìto così. Non compiuto volendo far altro. Che cosa è ancora Edipo, che cosa siamo tutti quanti, se fin la voglia più segreta del tuo sangue è già esistita prima ancora che nascessi e tutto quanto era già detto? (Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò, La strada)

''Calipso.'' Immortale è chi accetta l'istante. Chi non conosce più un domani. [...] Non c'è vero silenzio se non condiviso. [...] Chi non si ferma adesso, subito, non si ferma mai più. Quello che fai, lo farai sempre. Devi rompere una volta il destino. devi uscire di strada, e lasciarti affondare nel tempo... [...] Che cos'è vita eterna se non questo accettare l'istante che viene e l'istante che va? L'ebbrezza, il piacere, la morte non hanno altro scopo. (ibid., L'isola)

E il ritorno innumerevole dei giorni non gli parve mai destino, e correva alla morte sapendo cos'era, e arricchiva la terra di parole e di fatti. (Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò, Le streghe)

Cratos. Ma tu sai cosa sono gli uomini? Miserabili cose che dovranno morire, più miserabili dei vermi o delle foglie dell'altr'anno che son morti ignorandolo. (ibid., Gli uomini)

La morte è un supplizio nella misura in cui non è semplice privazione del diritto di vivere, ma occasione di calcolate sofferenze. (Michel Foucault, Sorvegliare e punire, 1975)

Alla pena di morte si può sostituire come cerimonia compensatrice finalmente incruenta la maledizione pubblica. (Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo)

La pena di morte, così come la si applica, è una disgustosa macelleria, un oltraggio inflitto alla persona e al corpo. (Albert Camus, Riflesioni sulla pena di morte, 1957)

La pena di morte e la violenza penale non solo possono sparire in questa società, ma anzi devono farlo. (Jean Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, 1976)

La premessa per la convivenza e il dialogo in una società multietnica è il riconoscimento teorico e pratico, che oltre alla propria cultura, possono esservi altre culture, dotate di pari valore umano, se pure a uno stadio meno avanzato di sviluppo tecnico, ossia altre forme di consapevolezza, altri complessi diesperienze umane condivise e convissute. Non si può pretendere di comunicare con ciò che si nega. (Franco Ferrarotti, Oltre il razzismo, Armando, 1992)

Ben folle è quegli | che a rischio de la vita onor si merca. (Giuseppe Parini, Il mattino, 21)

Dall'alma origin solo | han le lodevol'opre. | Mal giova illustre sangue | ad animo che langue. [...] Chi de la gloria è vago | sol di virtù sia pago. [...] È d'uopo, Achille, alzare | nell'alma il primo altare. | Giustizia entro al tuo seno | sieda e sul labbro il vero, | e le tue mani sieno | qual albero straniero | onde soavi unguenti | stillin sopra le genti. (Giuseppe Parini, L'educazione, 1764)

Invecchiando, io rivelo il mio carattere, non la mia morte. [...] Per il bene dell'umanità, bisognerebbe proibire la chirurgia cosmetica e considerare il lifting un crimine contro l'umanità. (James Hillman, La forza del carattere)

La faccia è il primo segno da cui prende le mosse l'etica di una società. [...] La faccia della persona matura è un atto di verità, mentre la maschera dietro cui si nasconde un volto trattato con la chirurgia è una falsificazione che lascia trasparire l'insicurezza di chi non ha il coraggio di esporsi alla vista con la propria faccia. Preferire una velina a una persona matura significa preferire l'anonimato di un corpo a un corpo formato da un carattere, che nell'età matura appare nella sua unicità, facendoci finalmente conoscere quel che davvero una persona è nella sua specifica unicità. [...] finisce per dar corda a quel mito della giovinezza che visualizza la vecchiaia come anticamera della morte. (Umberto Galimberti, Facciamo un lifting alle nostre idee, in L'Espresso n. 20 anno LIII, 24 maggio 2007, p. 199 )

Sia ringraziato il dubbio perché | mai fa fermar | e ci costringe sempre tutto a ricambiar. | Il mondo ch'è cambiato | dobbiamo ricambiarlo | e quello che sta fermo | rifiutarlo. (Paolo Pietrangeli, Vizi privati pubbliche virtù, in Karlmarxstrasse)

La pietà muore in ciascuno quando tutti ne hanno bisogno, e nessuno può comprendere il dolore dei suoi simili, quando questo dolore è anche il suo. (Guido Cavani, Zebio Còtal, Feltrinelli, Milano, 1961, cap. VII, p. 49)

Ora guardavano lontano tutti e due, stupiti che quella gran pace che era nelle cose non fosse anche dentro di loro. Placida pensò che la vera pace era dietro il muro a cui stavano appoggiati. (ibid., cap. VIII, p. 56)

«È un viaggio inutile come tutti i viaggi della vita e come la vita stessa,» si diceva, «ma bisogna farlo per illudersi, per credere a qualcosa, altrimenti è finita.» (ibid., cap. X, p. 70)

«Tutti mi aiutano a diventare un altro,» diceva dentro di sé, camminando, «a cancellare in me tutte le tracce del passato. Anche questo donare serve ad eliminare un uomo; diversamente nessuno si curerebbe di me.» (ibid., cap. XXVII, p. 219)

Già oggi, pochi anni dopo, si stenta a crederci, ma è un fatto: parte della sinistra italiana, per conservare intatta la visione dellesorti progressive quasi garantite, a tratti si spinse a teorizzare che le privatizzazioni e la precarietà, visto che sembravano rese necessarie dalla Storia, allora andavano classificate non soltanto come genericamente progressive, ma anche com di sinistra. (ibid., cap. I, 3, p. 33)

Già oggi, pochi anni dopo, si stenta a crederci, ma è un fatto: parte della sinistra italiana, per conservare intatta la visione dellesorti progressive quasi garantite, a tratti si spinse a teorizzare che le privatizzazioni e la precarietà, visto che sembravano rese necessarie dalla Storia, allora andavano classificate non soltanto come genericamente progressive, ma anche com di sinistra. (Flavio Baroncelli, Viaggio al termine degli Stati Uniti, cap. I, 3, p. 33)

Come quasi tutti gli ex-marxisti della mia generazione, ero un neofita del liberalismo, e nel mio entusiasmo semplicistico e ignorante lo usavo come una mazza. In sostanza, non facevo altro che adoperare il liberalismo per semplificare indebitamente la realtà, più o meno come si faceva pochi anni prima usando il marxismo. Rimaneva invariato l'atteggiamento psicologico, la presunzione semplificante. Avevo cambiato le mie idee per rimanere identico a me stesso. Di fronte alla richiesta di occuparsi seriamente e concretamente dei problemi delle donne, degli omosessuali, della gente scura di pelle, l'importante era disporre di un'elegante via di scampo. Non era poi così essenziale che, mentre anni prima la scappatoia era l'appello alla lotta di classe e a una perfetta rivoluzione, negli anni ottanta, con la crisi del marxismo, si fosse resa disponibile un'altra chiave universale: l'assolutezza dei criteri formali di uguaglianza. La sicumera rimaneva identica a se stessa. (ibid., cap. I, 3, p. 37)

È una maledizione, questa cosa che succede quando giri negli States. Tutte le realtà quotidiane che vedi finiscono per non sembrarti vere, originali, realmente esistenti. Hollywood ha lavorato tanto, e nel complesso così bene, oppure ci ha così profondamente sconvolto la mente, che buona parte della vita ordinaria degli americani ci sembra, e forse è, un nostalgico remake. (ibid., cap. II, 18, p. 123)

Che curioso paese è il nostro: c'è stato uno strano ingorgo alle frontiere, per cui abbiamo importato la correttezza politica mezz'ora prima di importare il non poterne più della correttezza politica. O forse persino viceversa. (ibid., , cap. III, 11, p. 171)

La peculiarità che maggiormente caratterizza il razzismo passivo è di essere obbligato, inevitabile; è come se si trattasse di un dato della natura, perché è per lo più costituito da reazioni indispensabili la cui necessità scaturisce da costrutti storici duraturi, solidificati, che modulano l'ambiente sociale profondamente, e si possono rettificare solo in periodi molto lunghi. (ibid., , cap. III, 12, p. 175)

La famiglia, bel brevetto del Sud. Cos'è, è il culto del triciclo del trisnonno materno, la negazione dell'esistenza degli omosessuali, il cenone di Natale, o forse la bucolica idea che le tragedie e le violenze in famiglia fanno parte del diritto naturale, purché non lo si venga a sapere in giro? Cosa c'è di speciale in questo famoso amore sudista per la famiglia? Non mi risulta che in Canada si disprezzino figli e genitori. Credo che siamo sempre troppo indulgenti con chi afferma «da noi sì che c'è il culto della famiglia». E una sorta di ricatto: io ti dico che la mia particolarità è un tremendo amore parentale e filiale, e tu adesso prova un po' a criticarmi! (ibid., , cap. III, 13, p. 177)

Si tratti di una legge, si tratti di una procedura per fare una strada, si tratti di una qualsiasi autorizzazione, la decisione deve arrivare in tempi certi: o per il sì o per il no. La democrazia è stata inventata come meccanismo per decidere attraverso la partecipazione, e non per partecipare a prescindere dalle decisioni. (Pier Luigi Bersani, intervista a La Repubblica del 28 maggio 2007)

La democrazia, come la concepiamo e la desideriamo, in breve, è il regime delle possibilità sempre aperte. Non basandosi su certezze definitive, essa è sempre disposta a correggersi perché - salvi i suoi presupposti procedurali (le deliberazioni popolari e parlamentari) e sostanziali (i diritti di libera, responsabile e uguale partecipazione politica), consacrati in norme intangibili della Costituzione, oggi garantiti da Tribunali costituzionali - tutto può sempre essere rimesso in discussione. In vita democratica è una continua ricerca e un continuo confronto su ciò che, per il consenso comune che di tempo in tempo viene a determinarsi modificandosi, può essere ritenuto prossimo al bene sociale. Il dogma - cioè l'affermazione definitiva e quindi indiscutibile di ciò che è vero, buono e giusto - come pure le decisioni di fatto irreversibili, cioè quelle che per loro natura non possono essere ripensate e modificate (come mettere a morte qualcuno), sono incompatibili con la democrazia. (Gustavo Zagrebelsky, Lo Stato e la Chiesa, Uomini senza dogmi, 4 aprile 2001)

La democrazia non presuppone affatto quel relativismo etico che il magistero della Chiesa giustamente condanna. Essa, al contrario, si alimenta di convinzioni etiche e ideali che cercano di diffondersi e di affermarsi fino a diventare forza costitutiva della società. Ciò presuppone però il libero confronto e questo, a sua volta, la libera e diretta partecipazione di coloro che vi portano le proprie convinzioni, quale che ne siano la fonte e il fondamento, laico o religioso. La democrazia è, per così dire, un regime in prima persona, non per interposta persona. Se essa è occupata da forze che agiscono come longa manus di poteri esterni, diventa il luogo di scontro e prepotenza di potentati che obbediscono alle loro regole e non rispondono a quelle della democrazia: potentati che sono, tecnicamente, irresponsabili. (ibid., Il referendum e l'astensione come arma, 27 maggio 2005)

Invece, la dottrina laica dei diritti non è quella cattolica, come risulta da un punto cruciale: per la prima, il limite dei diritti è l'uguale diritto altrui; perla seconda, l'ordine naturale giusto. La differenza è capitale. La prima dottrina mira alla libertà; la seconda, alla giustizia. Valori diversi e, in certi casi, anche in conflitto, come constatiamo, ad esempio, a proposito del riconoscimento delle unioni al di fuori della famiglia tradizionale: per gli uni, non fanno male a nessuno; per gli altri, sono comunque "disordinate". Solo mantenendo le differenze si può salvare la ricchezza delle diverse tradizioni: nella specie la tensione alla libertà (contro il quietismo oppressivo della giustizia) e la tensione alla giustizia (contro la prepotenza senza limiti). (ibid., L'identità cristiana e il fantasma dell'assedio, 5 ottobre 2005)

Ma al suo cervello il futuro non interessava. Gravato del passato, affamato d'altro ancora, già non gli lasciava spazio per immaginare, tanto meno per fare progetti per il domani. (Toni Morrison,Amatissima, traduzione di Giuseppe Natale, Frassinelli, 1988, p. 102)

La razionalità non fa più parte del nostro bagaglio intellettuale e morale. È stata picconata da tutte le parti la razionalità; accusata di essere all'origine dei delitti e del più grave tra tutti - quello della superbia. Così la luce della ragione è stata spenta, nuove ideologie si sono installate al posto di quelle crollate in rovina, fondamentalismi d'ogni tipo hanno preso il posto della tolleranza e della certezza del diritto.<br>I circuiti mediatici hanno dato mano a questa devastazione e salvo rarissime eccezioni ancora continuano in questa funzione amplificatoria e istigatrice del peggio, accreditando e ventilando versioni dei fatti prive di verità e di ragione. (Eugenio Scalfari, ''la Repubblica'', 3 giugno 2007)

Invero, nella terribile storia delle carestie mondiali è difficile trovare un caso in cui si sia verificata una carestia in un paese che avesse una stampa libera e un'opposizione attiva entro un quadro istituzionale democratico. [...] La ''libertà negativa'' della stampa e dei partiti di opposizione di criticare, scrivere e organizzare la protesta può risultare assai efficace nella salvaguardia delle ''libertà positive'' elementari della popolazione più vulnerabile. (Amartya Sen, La libertà individuale come impegno sociale, cap. 1.3, pp. 15-16)

Anche se le economie socialiste, comprese quelle gui­date da partiti comunisti in varie parti del mondo, sono state gravate da problemi economici e politici (ivi com­presa l'oppressione), i fini e gli obiettivi che hanno in pas­sato attratto la gente verso il socialismo restano a tutt'og­gi importanti come lo erano cinquant'anni fa. I concetti di giustizia sociale sono costantemente riemersi anche dopo che erano stati indeboliti dalle difficoltà incontrate nei diversi progetti di attuazione. (ibid., cap. 2.5, p. 51)

Benché il capitalismo sia, in linea di principio, fortemente indivi­dualista, esso ha contribuito in pratica a rafforzare la tendenza all'integrazione, proprio perché ha reso le no­stre vite sempre più interdipendenti. Inoltre, il benessere economico senza precedenti che le economie moderne hanno prodotto ha fatto sì che potessero essere accettati obblighi sociali che in precedenza nessuno si sarebbe po­tuto «permettere». (ibid., cap. 2.7, p. 53)

I valori sono stabiliti o convalidati e identificati attraverso la discussione, un'attività che è al tempo stesso sociale, intellettuale e creativa. (Frank Knight, Freedom and Reform, Harper, New York, 1947, p. 280)

Amici, badate che anche i servi sono uomini e hanno bevuto lo stesso latte, come noi, e non vuol dire nulla se poi mala sorte li colse. (Petronio Arbitro, Il satiricon, traduzione di A. Marzullo e M. Bonaria, Zanichelli, 1982, cap. LXXI; 1982, p. 135)

Non bisogna fidarsi troppo dei piani prestabiliti, perché la fortuna segue una sua logica, che è ben lungi dal coincidere con la nostra. (ibid., cap. LXXXIII; 1982, p. 163)

Le nevi si fermano più lungamente sui terreni incolti e trascurati; ma dove la terra, lavorata dall'aratro, diventa splendente, la brina leggera sparisce in men che non si dica. Analogamente nel cuore umano si comporta l'ira: nelle anime rozze si insedia, mentre quelle raffinate appena le sfiora e si dilegua. (ibid., cap. XCIX; 1982, p. 201)

È una cosa che non riesco a mandar giù, che il ragazzotto piaccia ad Eumolpo. Ma, del resto, che fare? Non è forse possesso comune ogni cosa bella, che sia opera della natura? Il sole spande la sua luce per tutti e la luna, con il suo innumerabile corteggio di astri, guida al pascolo anche le fiere. Ci può essere qualche cosa più attraente dell'acqua? Ebbene, essa sgorga a libera disposizione di tutti. Allora, solamente l'amore dovrà essere un furto, e non un premio? Non di meno io mi rifiuto di possedere quelle gioie, che altri non mi possono invidiare. Si tratta di un uomo solo, e, per giunta, anziano, quindi non mi darà fastidio; anche quando volesse prendersi qualche cosa, sarebbe tradito dal suo ansimare. (ibid., cap. C; 1982, p. 203)

A differenza della televisione e della stampa, il libro esige innanzitutto una struttura del tempo fatta per leggere. Il lettore deve avere un tempo organizzato in maniera tale da consentire la lettura del libro, il quale non può essere letto in una sola volta; si deve poter riprendere in mano il libro a cadenze tali per cui ogni volta ci si ricordi ciò che si è letto in precedenza. Ciò esige un tempo molto strutturato in funzione della lettura. Questa condizione non è facile da realizzare, anche perché richiede una lunga educazione alla lettura, che deve cominciare fin da piccoli. A quarant'anni non si cambia la propria struttura del tempo. (Gian Arturo Ferrari, intervista a Fabio Gambaro del 1998 in Tirature, ripubblicata in Fabio Gambaro, Dalla parte degli editori, p. 36)

Ben venga lo scandalo; non temiate che nello scandalo sia sommersa l'autorità dello stato: anzi, nello scandalo si erge sempre più solida l'autorità stessa. [...] È la catarsi liberatoria di ogni tensione. E voi giornalisti cosiddetti indipendenti ne siete, come dire, i sacerdoti benemeriti. [...] è lo sterco concimante della socialdemocrazia: le dirò di più, è addirittura l'antidoto contro il peggiore dei veleni, che è la presa di coscienza per la gente. [...] E io voglio vedere arrivare fra diciotto, vent'anni, nel 1987, anche l'88, scoppiare uno scandalo al giorno, all'ora: ministri, gente di direzione, industriali, gente incriminata in tangenti, in furti, una schifezza; tanto che sui giornali fanno più presto a fare la lista dei ministri che quel giorno non hanno rubato.Perché finalmente si arriverà al punto che anche noi italiani potremo gridare: Per Dio, siamo immersi nella merda fino al collo, ma è per questo che camminiamo a testa alta! (Dario Fo, Morte accidentale di un anarchico)

"Ma il giorno è vicino ormai" gli rispondo "e poi che cosa potrebbero portar via i briganti a un viandante povero e senza un soldo? Forse non lo sai, cretino, ma un uomo nudo non riuscirebbero a spogliarlo nemmeno dieci lottatori di palestra!" (Apuleio, Le metamorfosi o L'asino d'oro, introduzione, traduzione e note di Lara Nicolini, BUR, Milano, 2005, I, 15; 2005, p. 125)

Dopo avermi piegato con queste disgrazie, la crudele Fortuna mi consegnò a dei nuovi tormenti, evidentemente perché potessi, come si suol dire, fregiarmi della gloria più meritata, quella per le grandi imprese compiute in patria e all'estero. [...] Ma anche questa speranza troppo ottimista finì per tramutarsi in un disastro totale. (ibid., VII, 16; 2005, p. 461)

Noi nucleari proponiamo un patto col diavolo: possiamo fornire energia a condizione che le società future assicurino una stabilità politica e istituzioni quali mai si sono avute finora. (Alvin Weinberg, citato in Virgilio Bettini, Scorie: l'irrisolto nucleare, prefazione di Giorgio Nebbia, UTET, 2006, p. XII)

La crisi della fisica classica era derivata dall'aver supposto valide anche nel mondo microscopico, nell'ambito subatomico e nello studio degli ammassi stellari, quelle leggi che erano state verificate su una scala di distanze che andava da 10–8 metri ad almeno 10–14 metri. Era un presupposto che si rivelò arbitrario, come la Meccanica Quantistica da un lato e la Teoria della Relatività Generale dall'altro si incaricarono di dimostrare. Restò l'esigenza di garanzie da porre per evitare di ricommettere gli stessi errori. Ebbe allora, e dopo, molta popolarità nella comunità dei Fisici, la proposta di concedere cittadinanza piena solo a quelle formulazioni di teorie che si fondassero su di una definizione operativa dei concetti sui quali si basavano; che cioè potessero essere definite in termini di sperimentazioni concettuali coerenti con i dettami di una logica operativa.Si può allora ben comprendere l'inaccettabilità, anche da questo punto di vista, dell'affrontare una questione, i radionuclidi ad emivite lunghissime, alla quale il tempo – i milioni di anni – toglie ogni possibile approccio di logica operativa. (Scalia, Onufrio, 2004; citato in Virgilio Bettini, Scorie: l'irrisolto nucleare, UTET, 2006, p. 128)

Nel cuore del comunismo c'è la menzogna. La menzogna centrale, assiomatica: un regno di giustizia, una fratellanza senza classi, una liberazione dalla servitù qui e ora. In questo mondo. È questa la grande menzogna. La corruzione e il tradimento sistematici della speranza umana. (cap. VIII, pp. 54 sg.)

Il marxismo ha reso all'uomo il massimo onore. La visione di Mosè e di Gesù e di Marx, la visione di una terra giusta, di un amore per il prossimo, di un'universalità, l'abolizione delle barriere fra paesi, classi, razze, l'abolizione degli odi tribali: questa visione era – siamo rimasti d'accordo su questo, vero? – un'immensa impazienza. Ma era anche qualcosa di più. Era una sopravvalutazione dell'uomo. Una sopravvalutazione forse fatale, forse insensata, eppure magnifica, giubilante, dell'uomo. Il più grande complimento che gli sia mai stato fatto. La Chiesa ha ostentato un disprezzo tremendo per l'uomo. L'uomo è una creatura caduta dalla grazia, condannata a trascorrere la sua sentenza a vita lavorando col sudore della fronte. Polvere alla polvere. (George Steiner, Il correttore, Garzanti, 1992, cap. VIII, p. 57)

Questo è il vero genio del capitalismo: impacchettare, mettere l'etichetta con il prezzo sui sogni degli uomini. Mai valutarci al di sopra della nostra mediocrità. [...] Con quanta precisione l'America ha valutato l'uomo, riducendolo al benessere, mettendo pace tra i desideri umani e l'appagamento. (ibid., cap. VIII, pp. 60 sg.)

Sono un socialista. Sono e rimango un marxista. Perché altrimenti non potrei essere un correttore di bozze!»Questa evidenza assoluta l'aveva fulminato. Voleva allargare le braccia, ballare lì in strada.«Se trionfa la California, non serviranno più i correttori di bozze. Le macchine se la caveranno meglio. Oppure tutti i testi diventeranno audiovisivi, con programmi autocorrettori incorporati. Notte dopo notte dopo notte, Carlo, lavoro finché mi duole il cervello. Per arrivare all'esattezza perfetta. Per correggere il più infimo refuso in un testo che forse nessuno leggerà mai o che verrà mandato al macero il giorno dopo. L'esattezza. La santità dell'esattezza. Il rispetto di se stesso. Gran Dio, Carlo, devi capire quello che cerco di dire. L'Utopia significa semplicemente l'esattezza! Il comunismo significa togliere gli errata dalla storia. Dall'uomo. Correggere bozze.» (ibid., cap. VIII, pp. 67 sg.)

Questa fraternità passiva, questo patire insieme, questa rassegnata, solidale, secolare pazienza è il profondo sentimento comune dei contadini, legame non religioso, ma naturale. Essi non hanno, né possono avere, quella che si usa chiamare coscienza politica, perché sono, in tutti i sensi del termine, pagani, non cittadini: gli dèi dello Stato e della città non possono aver culto fra queste argille, dove regna il lupo e l'antico, nero cinghiale, né alcun muro separa il mondo degli uomini da quello degli animali e degli spiriti, né le fronde degli alberi visibili dalle oscure radici sotterranee. Non possono avere neppure una vera coscienza individuale, dove tutto è legato da influenze reciproche, dove ogni cosa è un potere che agisce insensibilmente, dove non esistono limiti che non siano rotti da un influsso magico. (Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, p. 68)

Per dirla in breve, il Luica scrivente in questo momento è un Luca scrivente e basta; il Luca che poco fa ascoltava musica è un Luca ascoltatore eccetera.Se però dalla finestra vedessi passare un grazioso soldato, c'è caso che mi distrarrei, diventerei un Luca desiderante, abbandonerei forse il lavoro, trovando una qualche scusa pseudo morale, e farei il possibile per tradurre in atto, anzi in una serie di atti – questi sì omosessuali, con detto soldato – quei desideri. (Luca Fontana, Come il sodomita diventò gay, in Il secolo gay, Diario del mese, gennaio 2006, p. 12)

Non esistono gli omosessuali; esistono atti omosessuali. (Gore Vidal, Pink Triangle and Yellow Star; citato in Luca Fontana, Come il sodomita diventò gay, in Il secolo gay, Diario del mese, gennaio 2006, p. 12)

[L'esotismo] è tutto ciò che è altro, significa aprirsi all'estraneità dell'Altro e sentire se stessi, tra gli altri, rivestiti di un'estraneità inquietante. (Victor Segalen, Saggio sull'esotismo)

Come ho detto prima, la coesione, i rapporto di interdipendenza esistenti nella società si basano, fra le altre cose, sulla divisione sessuale del lavoro. La questione sta quindi nel capire fino a che punto la società è disposta a tollerare la confusione fra i sessi. [...] Se si ha l'intenzione di avere più dignità, più sicurezza, e vorrei dire più maturità, è importante collocarsi all'interno di una tradizione, e non vivere antistoricamente per il presente.C'è un'ultima cosa che vorrei dire: gli omosessuali non trovano un posto nell'intera società, che possa dar loro una struttura nella quale collocarsi. Non hanno la struttura del matrimonio, o quella della famiglia, sono senza alcuna struttura, e questo determina la promiscuità e tutte le altre componenti della subcultura gay. La storia può servire per offrire agli omosessuali quelle strutture che non hanno. (George L. Mosse, intervista a Sandro Penna in Sodoma, 1984, numero 1; ripresa in Il secolo gay, Diario del mese, gennaio 2006, p. 68)

Il passato è fruttuoso non quando serve a nutrire il risentimento o il trionfalismo ma quando il suo gusto amaro ci porta a trasformarci. (Tzvetan Todorov, L'uomo spaesato, Donzelli, Roma, 1997, p. 49)

Le pagine meno gloriose del nostro passato sarebbero le più istruttive se solo accettassimo di leggerle per intero. (Tzvetan Todorov, citato in Laura Centemeri, Ritorno a Seveso: il danno ambientale, il suo riconoscimento e la sua riparazione, Bruno Mondadori, 2006, p. 1)

Trovandosi tutti più o meno sul medesimo piano per quanto riguarda le condizioni economiche, e similmente dal punto di vista dell'intelligenza e del sapere, l'unica autorità che ispira una involontaria deferenza è quella del numero. [...] "La fede nell'opinione pubblica", dice Tocqueville, "diventa in quelle contrade una specie di religione, e la maggioranza è il suo profeta". (J. S. Mill, Sulla «Democrazia in America», pp. 128-9)

Ciascuno è l'unico autentico guardiano della propria salute sia fisica sia mentale e spirituale. (John Stuart Mill, Saggio sulla libertà, Il Saggiatore, Milano, 1981, p. 36)

L'inclinazione degli uomini, siano essi governanti o semplici cittadini, a imporre agli altri, come norme di condotta, le proprie opinioni e tendenze è così energicamente appoggiata da alcuni dei migliori e dei peggiori sentimenti inerenti all'umana natura, che quasi sempre è frenata soltanto dalla mancanza di poere; e poiché quest'ultimo non è in diminuzione ma in aumento, dobbiamo attenderci che, se non si riesce a erigere una solida barriera di convinzioni morali contro di esso, nella situazione attuale del mondo il male si estenda. (ibid., p. 37-8)

Se si vietasse di dubitare della filosofia di Newton, gli uomini non potrebbero sentirsi cosí certi della sua verità come lo sono. Le nostre convinzioni piú giustificate non riposano su altra salvaguardia che un invito permanente a tutto il mondo a diÈmostrarle infondate. (ibid., p. 45)

È sentimentalismo inutile pensare che la verità semplicemente in quanto tale abbia un qualche potere intrinseco, negato all'errore, di prevalere contro le segrete e il rogo. Gli uomini non hanno piú zelo per la verità di quanto non ne abbiano spesso per l'errore, e un'adeguata applicazione di sanzioni legali o anche soltanto sociali riuscirà in generale ad arrestare la diffusione di entrambi. Il reale vantaggio della verità è che quando un'opinione è vera la si può soffocare una, due, molte volte, ma nel corso del tempo vi saranno in generale persone che la riscopriranno, finché non riapparirà in circostanze che le permetteranno di sfuggire alla persecuzione fino a quando si sarà sufficientemente consolidata da resistere a tutti i successivi sforzi di sopprimerla. (ibid., p. 53-4)

Chi può calcolare quanto perde il mondo con la moltitudine di intelletti promettenti ma uniti a caratteri deboli che non osano sviluppare alcuna linea di pensiero audace, vigorosa, indipendente, per timore di ritrovarsi con qualcosa che potrebbe venire considerato irreligioso o immorale? (ibid., p. 59)

[...] tra gli uomini l'unilateralità è sempre stata la norma, la multilateralità, l'eccezione; quindi anche nelle rivoluzioni dell'opinione una parte della verità generalmente tramonta al sorgere di un'altra. Persino il progresso, che dovrebbe assommarle, nella maggior parte dei casi si limita a sostituire una verità parziale e incompleta a un'altra; e il miglioramento consiste soprattutto nel fatto che il nuovo frammento di verità è piú richiesto, piú adatto alle necessità dell'epoca di quello che sostituisce. (ibid., p. 73)

La natura umana non è una macchina da costruire secondo un modello e da regolare perché compia esattamente il lavoro assegnato, ma un albero, che ha bisogno di crescere e di svilupparsi in ogni direzione, secondo le tendenze delle forze interiori che lo rendono una persona vivente. (ibid., p. 88)

Lo spirito di progresso non è sempre spirito di libertà, perché può cercare di imporre a un popolo dei mutamenti indesiderati; e, nella misura in cui oppone resistenza a questi tentativi, lo spirito della libertà può allearsi localmente e temporaneamente con chi si oppone al progresso; ma la libertà è l'unico fattore infallibile e permanente di progresso, poiché fa sí che i potenziali centri indipendenti di irradiamento del progresso siano tanti quanti gli individui. (ibid., p. 101)

Assumersi questa responsabilità – dare una vita che può essere una sciagura o una fortuna –, senza che l'essere che riceve la vita abbia almeno le normali probabilità di condurre un'esistenza desiderabile, è un delitto contro di lui. (ibid., p. 144)

A lungo termine, il valore di uno Stato è il valore degli individui che lo compongono [...] uno Stato che rimpicciolisce i suoi uomini perché possano essere strumenti più docili nelle sue mani, anche se a fini benefici, scoprirà che con dei piccoli uomini non si possono compiere cose veramente grandi; e che la perfezione meccanica cui ha tutto sacrificato alla fine non gli servirà a nulla, perché mancherà la forza vitale che, per fare funzionare meglio la macchina, ha preferito bandire. (ibid., p. 153)

Adesso che invecchio e m'avvicino al tipo del patriarca, anch'io sento che un'immoralità predicata è più punibile di un'azione immorale. Si arriva all'assassinio per amore o per odio; alla propaganda dell'assassinio solo per malvagità. (Italo Svevo, La coscienza di Zeno, Mondadori, 1988, cap. 4; 1988, p. 32)

Copler però non faceva bene ad analizzarmi. Spiegare a qualcuno come è fatto, è un modo di autorizzarlo ad agire come desidera. (ibid., cap. 6; 1988, p. 163)

Perciò io penso che il rimorso non nasca dal rimpianto di una mala azione già commessa, ma dalla visione della propria colpevole disposizione. La parte superiore del corpo si china a guardare e giudicare l'altra parte e la trova deforme. Ne sente ribrezzo e questo si chiama rimorso. Anche nella tragedia antica la vittima non ritornava in vita e tuttavia il rimorso passava. Ciò significava che la deformità era guarita e che ormai il pianto altrui non aveva alcuna importanza. Dove poteva esserci posto per il rimorso in me che con tanta gioia e tanto affetto correvo dalla mia legittima moglie? Da molto tempo non m'ero sentito tanto puro. (ibid., cap. 6; 1988, p. 202)

Quaggiù quando noi non ci vogliamo male ci amiamo tutti, ma però i nostri vivi desideri accompagnano solo gli affari cui partecipiamo. (ibid., cap. 7; 1988, p. 272)

Egli non studiò che la medicina e perciò ignora che cosa significhi scrivere in [[italiano]] per noi che parliamo e non sappiamo scrivere il dialetto. Con ogni nostra parola toscana noi mentiamo! Se egli sapesse come raccontiamo con predilezione tutte le cose per le quali abbiamo pronta la frase e come evitiamo quelle che ci obbligherebbero di ricorrere al vocabolario! È proprio così che scegliamo dalla nostra vita gli episodi da notarsi. Si capisce come la nostra vita avrebbe tutt'altro aspetto se fosse detta nel nostro dialetto. (ibid., cap. 8; 1988, p. 381)

Così anche -ABILE e -IBILE pagano un tributo di servitù all'irreggimentazione, che ha fatto la loro potenza: una potenza triste, senza un'ombra di varietà né un soffio di fantasia. Ma ai gerarchi basta l'autorità. (Franco Fochi, Lingua in rivoluzione, Feltrinelli, Milano, 1966, Abile, ibile, ivo, p. 103)

È questione di fatti. E i fatti, temo che siano più alti di noi (togliere, p. e., il pazzo dalle barzellette, o il gobbo dai motivi di sollazzo; così, il lavoro dalle cose mal sopportate e per nulla stimate). E allora, si smetta anche di cambiar nome ai mestieri, o professioni, o attività: perché presto o tardi cadranno anche loro nel disprezzo e nella noia; tutti. (ibid., Novissimo dizionario d'arti e mestieri, p. 160)

I diritti politici nelle mani di un grande corpo di proprietari di schiavi sono i peggiori strumenti di tirannide mai forgiati per l'oppressione dell'umanità. (James Stephen, 1841: citato in Williams 1970, p. 299; citato in Losurdo 2005, p. 218)


[Spiegando l'utilità di un «governo dispotico» in alcuni casi] Ogni legge è fatta dai loro padroni, i quali non lasceranno mai passare una misura a loro pregiudizievole. [...] La libertà dell'uomo libero è la causa della grande oppressione degli schiavi [...]. E dato che essi costituiscono la parte più numerosa della popolazione, nessuna persona provvista di umanità desidererà la libertà in un paese in cui è stata stabilita questa istituzione. (Adam Smith, ''Lectures on Jurisprudence'', Liberty Classics, Indianapolis, 1982, pp. 452-53, 182; citato in Losurdo 2005, p. 8)


E cioè, la «democrazia per il popolo dei signori» può anche andare oltre e configurarsi come socialismo per il «popolo dei signori», mentre a definire il radicalismo è per l'appunto la polemica contro la pretesa di un determinato gruppo etnico o sociale ad atteggiarsi a «popolo dei signori». (interpretando Arendt, 1986: Domenico Losurdo, Controstoria del liberalismo, Laterza, 2005, cap. V, 16, p. 179)


Sono per l'appunto la drastica restrizione del politico e la conseguente esclusione dal suo ambito proprio della dimensione più profonda della totalità sociale a suscitare le critiche di Marx. Dal punto di vista della società e della teoria politica borghese – egli osserva già negli scritti giovanili – i rapporti sociali «hanno soltanto un significato privato, nessun significato politico». Nella sua forma più sviluppata, lo Stato borghese si limita «a chiudere gli occhi e a dichiarare che certe opposizioni reali non hanno carattere politico, che esse non gli danno noia». Una volta considerati privi di rilevanza politica, i rapporti borghesi sociali e di potere nella fabbrica e nella società possono svilupparsi senza impacci o impedimenti esterni. (ibid., cap. VI, 6, pp. 194-5)


Inserite in questo contesto storico e teorico, possiamo comprendere due svolte importanti che si verificano nel corso della tradizione liberale. Sappiamo che, inizialmente, la dicotomia liberali/servili ha una forte connotazione sociale ed etnica; questa connotazione tende ad attenuarsi, quanto più significative diventano le concessioni che la comunità dei liberi si vede costretta a fare. Si comprende allora il tentativo di certi settori del movimento liberale di discernere tra liberalismo e liberismo, e di prendere così le distanze da quei settori (liberisti) che, gridando allo scandalo per ogni intervento dello Stato in ambito economico-sociale, si rifiutano di mettere in discussione i rapporti di dominio e di oppressione presenti all'interno della società civile, della «sfera privata». (ibid., cap. VIII, 12, p. 278)


Più che mai lanciati nell'espansione coloniale e più che mai abbagliati dall'idea della missione di libertà che si attribuiscono in concorrenza l'uno con l'altro, fra Otto e Novecento i diversi centri nazionali della comunità dei liberi risultano muoversi in rotta di collisione. È in questo contesto che possiamo collocare il terzo grande conflitto nella storia del liberalismo, quello che, a partire dalla [[prima guerra mondiale]], vede contrapporsi in particolare da un lato l'Inghilterra (e gli Stati Uniti), dall'altro la Germania, la più recente e ambiziosa recluta della comunità dei liberi, che già alla fine dell'Ottocento ha cominciato ad accarezzare anch'essa l'idea di un impero per la libertà, mettendosi alla testa della crociata per l'abolizione della schiavitù nelle colonie. (ibid., cap. VIII, 16, p. 291)


Ai suoi inizi, il liberalismo esprime l'autocoscienza di una classe di proprietari di schiavi o di servi, che si va formando mentre il sistema capitalistico comincia a emergere e ad affermarsi grazie anche a quelle pratiche spietate di espropriazione e oppressione messe in atto nella metropoli e soprattutto nelle colonie e da Marx descritte quale «accumulazione capitalistica originaria». Contro il dispotismo monarchico e il potere centrale questa classe rivendica l'autogoverno e il godimento tranquillo della sua proprietà (compresa quella in schiavi e servi), il tutto all'insegna del governo della legge, del rule of law. Possiamo allora dire che quella liberale è la tradizione di pensiero che con più rigore ha circoscritto un ristretto spazio sacro nell'ambito del quale vigono le regole della limitazione del potere; è una tradizione di pensiero caratterizzata, più che dalla celebrazione della libertà o dell'individuo, dalla celebrazione di quella comunità degli individui liberi che definisce lo spazio sacro. (ibid., cap. IX, 4, p. 305)


Tra il forte e il debole, tra il ricco e il povero, tra il padrone e il servitore è la libertà che opprime, è la legge che affranca. (Jean-Baptiste Henri Lacordaire, 1848; citato in Lorenzo Milani, lettera 29/50 del 30 ottobre 1950, in Progetto Lorenzo)


Ho imposto questa penitenza alla signora, non per giuoco o crudeltà, ma per il migliore dei motivi; e non me ne scuserò pertanto con lei quando ritornerà:—L'ho fatto per rintuzzare un gusto pernicioso insinuatosi in altre migliaia di persone oltre a lei,—di leggere tutto di seguito, più in cerca dell'avventura, che della profonda erudizione e conoscenza che un libro di questo stampo, se letto come dovrebbe, non può mancare di impartire loro.——La mente dovrebbe abituarsi a fare sagge riflessioni e trarre interessanti conclusioni mentre procede nella lettura; un'abitudine che fece affermare a ''Plinio'' il Giovane, «Di non avere mai letto un libro tanto brutto, da non averne tratto alcun profitto». La storia della ''Grecia'' e di ''Roma'', letta affrettatamente senza questa attitudine e applicazione,—è meno utile, dico io, della storia di ''Parismus'' e ''Parismenus'', o dei Sette Campioni di ''Inghilterra'', per sopra mercato. [...]<br>È una terribile sfortuna per questo mio libro, ma ancor più per la Repubblica delle Lettere;—tanto che lamia viene inghiottita senza sforzo se si considera quella,--che questa stessa abbietta brama di nuove avventure in ogni cosa, si sia così profondamente insinuata nelle nostre abitudini e umori,—e che siamo così intenti a soddisfare l'impazienza della nostra concupiscenza per questa via,—che non mandiamo giù se non le parti più grossolane e carnali di una composizione:—Le sottili allusioni e le scaltrite informazioni della scienza fuggono, come spiriti, verso l'alto;——le pesanti digressioni morali verso il basso; e tanto le une che le altre sono perdute per il mondo non più di quanto lo sarebbero se fossero rimaste in fondo al calamaio.<br>Mi auguro che al lettore non ne siano sfuggite molte, interessanti e curiose come questa, nella quale è stata pizzicata la lettrice. Vorrei che ottenesse il suo effetto;—e che tutta la brava gente, maschi e femmine, potesse apprendere, dal suo esempio, non solo a leggere ma a pensare. (Laurence Sterne, ''Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo'', a cura di Lidia Conetti, Mondadori, 1992<sup>3</sup> ,vol. I, cap. XX; 1982, p. 57)


—Rinunciando a esercitarlo perdiamo talvolta il diritto a lamentarci;——ma più spesso ne triplichiamo la forza. (ibid., vol. II, cap. IV; 1982, p. 91)


Mentre gli ignoranti, attraverso queste fonti d'informazione, erano tutti occupati a scendere in fondo al pozzo, dove la <small>VERITÀ</small> tiene la sua piccola corte,—i dotti erano occupati a modo loro a pomparla attraverso la fonte dell'induzione dialettica—a loro non interessavano i fatti—loro ragionavano— (ibid., vol. IV, ''Il racconto di Slawkenbergius''; 1982, p. 252)

È strano osservare il trionfo di incidenti insignificanti sulla mente:—Quanto peso abbiano incredibilmente nel formare e guidare le nostre opinioni, tanto degli uomini che delle cose,—sì che quisquilie più leggere dell'aria, sospingono nell'anima una convinzione, e ve la piantano così irremovibilmente,—che tutte le dimostrazioni di Euclide, se potessero essere indotte ad aprirvi una breccia, non riuscirebbero a scalzarla. (ibid., vol. IV, cap. XXVII; 1982, p. 304)


Senza dubbio, se si può fare qualche affidamento sulla Logica, e non sono accecato dall'amor proprio, deve esserci qualcosa del vero genio in me, semplicemente per questo sintomo, che ignoro che cosa sia l'invidia: poiché non mi accade mai di fare una brillante scoperta che tenda a promuovere il bello scrivere, senza renderla immediatamente pubblica; poiché desidero che tutta l'umanità possa scrivere bene come me.<br>——Cosa che farà certamente, se pensa altrettanto poco. (ibid., vol. IX, cap. XII; 1982, p. 601)


Ciò che spaventa realmente i bambini è rappresentato dalle cose che non capiscono, che magari nessun adulto spiega loro, non certo i mostri o i "cattivi" delle fiabe. Harry insegna a combattere la paura con un'arma del tutto speciale e alla portata di tutti: la conoscenza di se stesso e degli altri e delle tecniche magiche (leggi studiare) che apprende alla Scuola di Magia e Stregoneria, faticando sui libri. (Rita Ricci, Harry Potter: l'avventura di crescere. Psicologia dell'adolescenza e magia della fiaba, EDUP, 2005, p. 18)


Su chi erotiche cose dice o fa | lo zio di Gellio tuonava e rituonava. | Gellio sfuggì a ogni censura: | inculando la moglie dello zio | fece di lui la statua del Silenzio. | Inculasse anche lo zio | lo zio non fiaterebbe. (Catullo, Le poesie, Einaudi, Torino 1969, p. 238)


Lungi dall'essere l'unico 'naturale', l'atto procreativo, in natura, fra la più sconcertante profusione, il più delle volte non è che un caso fortuito. [...] la voluttà che l'atto di fecondazione porta seco, nell'un sesso e nell'altro, non è necessariamente ed esclusivamente legata a quest'atto. [...] Non è la fecondazione che l'animale cerca, è semplicemente la voluttà. Cerca la voluttà - e trova la fecondazione per caso fortuito. (André Gide, Corydon, Dall'Oglio, Milano 1952, p. 83)


La società repressiva e la morale dominante considerano "normale" soltanto l'eterosessualità - e, in particolare, la genitalità eterosessuale. La società agisce repressivamente sui bambini, tramite l'educastrazione, allo scopo di costringerli a rimuovere le tendenze sessuali congenite che essa giudica "perverse" [...]. L'educastrazione ha come obiettivo la trasformazione del bimbo, tendenzialmente polimorfo e "perverso", in adulto eterosessuale, eroticamente mutilato ma conforme alla Norma. (Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, Feltrinelli, 2002, I, 2; p. 17)


Ma il divieto antiomosessuale deve la sua forza, e il suo carattere di costrizione, proprio al rapporto con la sua controparte inconscia, il desiderio latente e non eliminato di omosessualità, ossia quella necessità profonda che manca di riconoscimento cosciente: "fondamento del tabù è un'azione proibita verso la quale esiste nell'inconscio una forte inclinazione" (Freud). (ibid., p. 72)


Tale tipo di concezione, sostenendo che il maschio "attivo" è essenzialmente eterosessuale nel coito anale tra uomini, come minimo rivela l'identificazione "confusivi" (direbbe Fornari: ma in questo caso non lo direbbe...) tra altro sesso (rispetto a quello maschile, dal momento che la definizione di eterosessualità comporta necessariamente differenza tra i sessi) e buco: in altri termini, si è dell'altro sesso se si viene usati come buco. Così, applicando assurde categorie eterosessuali all'omosessualità, questa concezione denuncia il proprio carattere ottusamente maschilista e rivela come l'eterosessualità stessa si basi sulla negazione della donna (e come l'eterosessualità maschile venga fatta coincidere col ruolo di chi fotte).L'altro sesso (la donna) è buco: poco importa se questo buco appartiene al corpo di una donna o a quello di un uomo [...]. (ibid., p. 157)

Nulla più del socialismo messianico, del socialismo che mira all'età dell'oro, alla città del sole, alla perfetta giustizia, nulla più di tale socialismo ripugna alla concezione cristiana. Il cristianesimo, per la sua insuperabile pregiudiziale pessimistica, non può neppur concepire la totale salvazione e liberazione degli uomini sulla terra, e in virtù di un ordinamento terreno. L'inferno è la sanzione della carità violata. Solo la pena può realizzare la giustizia. La condanna eterna è la grande forza di disciplina del mondo. (Giovanni Spadolini, Il papato socialista, Longanesi, 1969, I, I; p. 16)


Sul piano storico, cos'è infatti il comunismo se non l'ultimo erede della Riforma, del romanticismo e della filosofia classica tedesca? Per definizione, esso è il nemico giurato della Chiesa. Il suo fondamento è lo Stato; il suo principio la rivoluzione; il suo metodo la lotta; il suo ideale l'immanenza; il suo fine la giustizia. (ibid., I, III; p. 64)


La causa dell'autorità è santa per la Chiesa, in quanto nell'autorità vive un raggio di Dio. (ibid., II, III; p. 102)


Si sostiene da più parti che le varietà frutto del miracolo della moderna agricoltura industriale, la Rivoluzione Verde, hanno evitato la carestia grazie alle loro rese più elevate. Ma queste rese più elevate scomparirebbero se si guardasse alle rese complessive di tutti i prodotti realizzati in un'azienda agricola. Le varietà della Rivoluzione Verde hanno fatto aumentare la produzione di grano riducendo quella di paglia, e questa «spartizione» è stata ottenuta impedendo la crescita delle piante, il che ha permesso loro – tra l'altro – di tollerare dosi massicce di fertilizzante chimico. (Vandana Shiva, Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma, 2001)


Conservare la biodiversità è impossibile, finché essa non sia assunta come la logica stessa della produzione. Il «miglioramento» – dal punto di vista dell'impresa o da quello dell'agricoltura occidentale o della ricerca forestale – è spesso una perdita per il Terzo mondo, specie per i poveri. Non è infatti inevitabile che la produzione si contrapponga alla diversità: l'uniformità, come modello produttivo, è inevitabile solo nel contesto del controllo e del profitto. (Vandana Shiva, Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, 1995)


Ma la sostanza piú profonda è un'altra: in tutto questo lo Stato si impegna con un potere altro, indipendente e sovrano, a rispettare la propria Costituzione, cioè se stesso. Bella dimostrazione di una sovranità superiorem non recognoscens! Che ne avrà in cambio dalla Chiesa? Dei due poteri indipendenti e sovrani, la Chiesa vive e gode di privilegi sul territorio dello Stato, e non viceversa. Che sapienza giuridica! In cambio, l'uno e l'altro potere (i governi, non lo Stato!) avranno il vantaggio di esercitare il loro duplice controllo sulle masse popolari. È questa la ragione vera di ogni Concordato: imporre due poteri sui cittadini. (Mario Alighiero Manacorda, Scuola pubblica o privata?, Editori Riuniti, Roma, 1999, p. 82)


Ci si dimentica che il compito dello Stato nei riguardi dell'istruzione è qualcosa di piú che un servizio, essendo una sua funzione sociale primaria. Lo sapevano molto bene i nostri padri risorgimentali, che considerarono contestualmente obbligo scolastico e obbligo militare, per educare cittadini capaci di servire la Patria nel corpo e nello spirito. (ibidem, p. 116)


Del resto la fotocopia è uno strumento di estrema utilità, ma molte volte costituisce anche un alibi intellettuale: cioè uno, uscendo dalla biblioteca con un fascio di fotocopie, ha la certezza che non potrà di solito mai leggerle tutte, non potrà neanche poi ritrovarle perché incominciano a confondersi tra di loro, ma ha la sensazione di essersi impadronito del contenuto di quei libri. Prima della xerociviltà costui si faceva lunghe schede a mano in queste enormi sale di consultazione e qualcosa gli rimaneva in testa. Con la nevrosi da fotocopia c'è il rischio che si perdano giornate in biblioteca a fotocopiare libri che poi non vengono letti. (Umberto Eco, De bibliotheca)


Prendo ad esempio Calogero: laicità è un metodo di convivenza di tutte le ideologie e di le filosofie possibili, che debbono rispettare, come regola primaria, il principio che nessuno può pretendere di possedere la verità. (Carlo Flamigni, La scienza non ha bisogno di nessun dio, il manifesto, 11 settembre 2007)


Tanto ci si può illudere sulla bontà di una cosa! (Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi, a cura di Piero Bernardini Marzolla, Einaudi, 1994, VI, 438, p. 231)


Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo, | decoro e mente al bello italo regno, | nelle adulate reggie ha sepoltura | già vivo, e i stemmi unica laude. (Ugo Foscolo, Dei Sepolcri, 142)


"In uno stato normale," disse, "gli uomini sono liberi di esser contenti, abbastanza contenti, o scontenti. In uno stato in cui si suppone che tutti siano contenti, nasce il sospetto che nes­suno lo sia. In ciascuno dei casi, noi formiamo un solido tutto." (Gustaw Herling, Un mondo a parte, traduzione di Gaspare Magi riveduta dall'autore, Feltrinelli, 1994, cap. I, p. 32)


L'intero sistema del lavoro forzato nella Russia sovietica – in tutti i suoi stadi: interrogatori, udienze, carcere preliminare, e infine il campo – è inteso principalmente non a punire il colpe­vole, ma piuttosto a sfruttarlo economicamente e trasformarlo psicologicamente. La tortura non viene usata negli interrogatori in base a un principio, ma come strumento ausiliario. Lo scopo reale di un'udienza non è di estorcere al prigioniero la firma a un'accusa fittizia, ma la disintegrazione completa della sua per­sonalità individuale. (ibidem, p. V, p. 82)


Coloro che aspetta­no ancora qualcosa dal futuro possono parlare di speranza; ma come si può infondere speranza in un uomo che è troppo debole anche per troncare le sue sofferenze? Come avrei potuto con­vincere quest'uomo fondamentalmente religioso, che implorava una rapida morte come la più grande benedizione da Dio, che il maggior privilegio dell'uomo è l'esser padrone della propria volontà anche in schiavitù, e che egli conserva pur sempre il diritto di far la sua ultima scelta tra il vivere e il morire? (ibidem, cap. X, p. 166)


È uno sbaglio credere che solo chi è stato un mendicante possa capire la miseria e la sofferenza dei suoi antichi compagni. Al contrario, niente disgusta di più un uomo, e lo incita alla ribellione, del quadro della sua condizione umana portata al punto estremo di degradazione, apparsogli im­provvisamente davanti agli occhi. (ibidem, cap. XIV, p. 240)


Nella misura in cui l'Olocausto è giunto a definire la disumanità nel nostro tempo, esso ha dunque svolto una funzione fondamentalmente morale. La «moralità post-Olocausto» ha potuto svolgere questo ruolo, tuttavia, solo attraverso una forma sociologica: è diventata una metafora di collegamento che gruppi sociali di diverso potere e legittimità hanno utilizzato per definire logicamente come bene o come male gli eventi storici in corso. Ciò che l'Olocausto ha identificato come il male più profondo è l'impiego sistematico ed organizzato della violenza contro i membri di un gruppo collettivo stigmatizzato, sia esso definito secondo criteri primordiali o ideologici. Questa rappresentazione non solo ha identificato come male radicale i colpevoli e le loro azioni, ma ha interpretato come male anche i non-attori. Secondo i criteri della moralità post-Olocausto ad ogni individuo è ora richiesto, normativamente, lo sforzo di intervenire contro qualsiasi Olocausto, al di là di ogni considerazione di costi e conseguenze personali. (Jeffrey Alexander, La costruzione del male, il Mulino, 2006, cap. I, p. 91)


Nella storia delle società umane, è spesso accaduto che diversi resoconti narrativi dello stesso evento fossero in competizione tra loro, e si alternassero nel corso del tempo. Nel caso dello sterminio degli ebrei compiuto dai nazisti, ciò che era un tempo descritto come il preludio e la spinta verso il progresso morale e sociale è stato ricostruito come l'innegabile dimostrazione che nemmeno i più «moderni» sviluppi della condizione umana possono assicurare un progresso se non in un senso puramente tecnico. (ibidem, cap. I, pp. 118-9)


Il male, da semplicemente disgustoso ad assolutamente brutale, è profondamente coinvolto nella costruzione simbolica e nella conservazione istituzionale del bene. Per questo lo status istituzionale e culturale del male deve essere continuamente rivitalizzato. La linea che distingue il sacro dal profano deve essere tracciata e ritracciata ripetutamente; questa demarcazione deve mantenere la sua vitalità, o tutto sarà perduto. [...] Attraverso fenomeni come gli scandali, il panico morale, le punizioni pubbliche e le guerre, le società forniscono le occasioni per avere di nuovo esperienza e quindi ricristallizzare i nemici del bene. Esperienze violente di orrore, repulsione e paura creano le opportunità per la purificazione che mantiene viva quella che Platone chiamava «la memoria della giustizia». (ibidem, cap. III, p. 179)


Altre carte continuano a cadere, le mani vanno e vengono. Che curiosa occupazione, non sembra né un gioco, né un rito, né un'abitudine. Credo ch'essi lo facciano per occupare il tempo, semplicemente. Ma il tempo è troppo vasto, non si lascia riempire. Tutto ciò che uno vi getta s'ammollisce e si stira. Per esempio questo gesto della mano rossa, che raccoglie le carte incespicando, è fiacco. Bisognerebbe scucirlo e tagliarlo dentro. (Jean-Paul Sartre, La nausea, La biblioteca di Repubblica, 2003, p. 32)


Ecco che cosa ho pensato: affinché l'avvenimento più comune divenga un'avventura è necessario e sufficiente che ci si metta a raccontarlo. È questo che trae in inganno la gente: un uomo è sempre un narratore di storie, vive circondato delle sue storie e delle storie altrui, tutto quello che gli capita lo vede attraverso di esse, e cerca di vivere la sua vita come se la raccontasse. [...] Avrei voluto che i momenti della mia vita si susseguissero e s'ordinassero come quelli d'una vita che si rievoca. Sarebbe come tentar d'acchiappare il tempo per la coda. (ibidem, p. 53-55)


Tutto era pieno, tutto era in atto, non c'era intervallo, tutto, perfino il più impercettibile sussulto, era fatto con un po' d'esistenza. E tutti questi esistenti che si affaccendavano attorno all'albero non venivano da nessun posto e non andavano in nessun posto. Di colpo esistevano, e poi, di colpo non esistevano più: l'esistenza è senza memoria; di ciò che scompare non conserva nulla — nemmeno un ricordo. [...] Ogni esistente nasce senza ragione, si protrae per debolezza e muore per combinazione. (ibidem, p. 167)


Come un'innumerevole moltitudine di chiese e monasteri, colle loro cupole, le loro guglie, le loro croci, è disseminata per la santa e pia terra di Russia; cosí un'innumerevole moltitudine di stirpi, di generazioni, di popoli si affolla, svaria e si agita sulla faccia della terra. E ciascun popolo, che porta in sé il pegno delle sue forze, riboccante di spirituali forze creatrici, di spiccate caratteristiche proprie, e di tutto quello che ha avuto in dono da Dio, ciascuno in maniera originale si differenzia dagli altri con un suo proprio linguaggio, nel quale, qualunque cosa esprima, riflette nel modo di esprimerla un lato dell'indole che gli è propria. (Nikolaj Vasilevič Gogol, Le anime morte, Einaudi, 1977. I, 5, p. 107)


Sempre nella vita, dovunque, fra gl'irti strati suoi piú bassi, ruvidi di miseria e bruttati di muffa, o tra le freddamente uniformi, noiosamente forbite classi superiori – dovunque, almeno una volta, interviene sul cammino dell'uomo un'apparizione, dissimile da tutto quello che gli è accaduto di veder finora; e, almeno una volta, desta in lui un sentimento, dissimile da tutti quelli ch'è destinato a provare nel corso della vita. (ibidem, I, 5; p. 89)


[...] quel sonno mirabile, di cui dormono solo i fortunati che non sanno che siano né emorroidi, né pulci, né troppo elevate capacità intellettuali. (ibidem, I, 6; p. 130)


E si palesò chiaramente che genere di creatura sia l'uomo: saggio, intelligente e assennato in tutto quello che tocca gli altri, ma non se stesso. Che lungimiranti, ben fondati consigli sa porgere nei casi difficili della vita! – Che testa perspicace! – grida la folla: – che carattere incrollabile! – Ma lascia che su questa testa perspicace s'abbatta qualche sciagura, e che venga a trovarsi lui in persona nei casi difficili della vita, e vedrete dove va a finire tanto carattere! s'è già bell'e smarrito, l'uomo incrollabile, e n'è scappato fuori un miserevole pusillo, un inconsistente, debole fanciullo, o semplicemente un minchione, come diceva Nozdrëv. (ibidem, I, 10; p. 209)