Vito Mancuso

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Vito Mancuso (1962 – vivente), teologo italiano.

Citazioni di Vito Mancuso[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Meno si comprende la ricchezza e la bellezza della vita per quello che è, più si pensa che il divino sia una cosa diversa, totalmente altra, rispetto alla vita. Viceversa, più si comprende la ricchezza e la bellezza della vita per quello che è, meno si pensa il divino come una cosa diversa e totalmente altra. Il centro speculativo del Cristianesimo, l'incarnazione di Dio in un uomo, è esattamente la massima espressione di questa equazione fondamentale: pienezza della vita = divino.[1]
  • Fino a quando i cattolici italiani vorranno preservare la loro identità di cattolici senza pensarsi al servizio della società italiana, verranno meno al loro compito; e fino a quando la Chiesa tutelerà i suoi interessi particolari come una delle tante lobby senza essere davvero "cattolica", cioè universale, non sarà fedele al suo compito, che è spendersi "per la vita del mondo".[2]
  • L'amore (esistenziale e insieme intellettuale) è l'unico vero motore che porta a credere in Dio. Tutte le altre argomentazioni elaborate dalla teologia lungo i secoli per motivare la fede (grazia divina, obbedienza a Dio che si rivela e alla Chiesa che ne annuncia la rivelazione, fedeltà alla tradizione) non sono altro che tentativi indiretti di fondare l'unico, perenne, a mio avviso indistruttibile motivo che, da sempre, è alla base dello sguardo che dalla terra si rivolge al cielo, e che consiste precisamente nell'amore per la vita e per gli uomini in essa. È l'amore per gli uomini a condurre la mente a postulare l'esistenza di un senso alle loro esistenze che appaiono e scompaiono nel tempo, e a chiamare questo senso «Dio».[3]
  • È il bene ciò che mi affascina oltre ogni misura e mi spinge a riflettere, è il bene il fenomeno che intendo portare al pensiero. Sono convinto che la via per capire chi siamo passi da lì, sono convinto che cercando di capire il bene e la sua origine si giunga a contatto con lo specifico umano, sono convinto che sia il bene la chiave per entrare dentro noi stessi e compiere l'imperativo delfico «conosci te stesso». A mio avviso la peculiarità dell'essere umano è racchiusa nella risposta alla domanda sulla causa che talora spinge alcuni uomini a porre comportamenti così belli e colmi di giustizia da risultare eroici, quasi sovra-naturali, e sulla causa che spinge tutti gli altri uomini a provare un senso di ammirazione pressoché assoluta verso tali eroi del bene e della giustizia. Io ritengo che il bene (oggettivo) venga prima della bontà (soggettiva).[3]
  • Nella nostra società ormai convivono diverse concezioni del mondo e quindi diverse etiche. Il diritto, d'altra parte, non può che essere unico e valido per tutti. Il punto è semplice: il confine sta tra il deliberare sulla propria vita e sulla vita altrui. È lecito decidere per sé, non per gli altri. Io personalmente sono contrario a che si interrompa l'alimentazione di Eluana, ma la tragedia nella tragedia si dà proprio per l'assenza di un documento giuridicamente valido che ci dica la sua volontà: non sappiamo come la pensi lei. Per questo c'è bisogno del testamento biologico come strumento di libertà.[4]
  • La sacralità della vita è la vita libera. Questo è il senso profondo della creazione: Dio ci ha voluto liberi, perché senza libertà non c'è amore.[4]
  • Il rapporto dell'uomo con la verità passa necessariamente attraverso la coscienza. Il primato oggettivo della verità permane, ma non è tale da sopprimere la libertà della coscienza, la quale può persino giungere a rifiutare la verità.[5]
  • L'affermazione del primato della vita come dono non può esercitarsi a scapito di chi, tale dono, non lo riconosce o non lo vuole più. Se è un dono, dono deve rimanere, e non trasformarsi in un giogo. Nel Vangelo è lampante la libertà di cui si gode: i figli se ne possono andare da casa, le pecore allontanarsi dal gregge, persino le monete si possono perdere. Dio rispetta l'autodeterminazione dei singoli. Se così non fosse, non sarebbe la fede ciò che ci lega a lui, ma l'evidenza che non ammette deviazioni.[5]
  • La profondità della nostra percezione estetica viene misurata dalla profondità della nostra sensibilità etica; e viceversa: l'autenticità della nostra sensibilità etica viene verificata dalla autenticità della nostra sensibilità estetica. Il desiderio di bene di giustizia è sempre associato a desiderio di bellezza, e il desiderio di bellezza è autentico quando è anche desiderio universale di bene e di giustizia.[6]
  • La saggezza che presiede alla nostra alimentazione è direttamente proporzionale alla cura verso la vita degli altri viventi. Il che significa: alimentiamo veramente la nostra vita in tutte le sue dimensioni solo se curiamo al contempo la vita degli altri viventi.[7]
  • Noi non siamo semplicemente una macchina da far funzionare, siamo una libera coscienza personale, unica e irripetibile. La tecnica è uno strumento, non può diventare la padrona. Nel mare ignoto delle applicazioni tecnologiche dentro cui siamo destinati a navigare, il faro verso cui fare rotta è la libertà del singolo, di questo singolo concreto, non di un altro ipotetico, magari più bello ma diverso dall'io originario. La libertà personale è la cosa più preziosa che abbiamo, da non vendere a nessuno, neppure alla tecnologia.[8]
  • [Sulla posizione della Chiesa di fronte ai matrimoni omosessuali] Se si vuole evangelizzare e diffondere la parola della misericordia, occorre accoglienza e riconoscimento. Diversamente si emarginano le persone riducendole a cittadini di serie B. È necessario adottare lo stesso atteggiamento che la Chiesa rivolge a coloro che arrivano qui col gommone. Perché loro sì e gli omosessuali no? I principi devono passare dalla forma astratta alla loro applicazione. Si guardi al bene delle persone prima di tutto.[9]
  • Nietzsche diceva che non bisogna mai prestare ascolto a un pensiero che viene in mente quando non si è in cammino. E che avere il "sedere di pietra" – cioè, stare sempre seduti – è un peccato contro lo spirito santo. La parte del corpo con cui penso di più sono i piedi. Essi mi fanno sentire la concretezza delle cose. Giacché il pensiero è sempre immerso nel materiale.[10]
  • Intendo cattivi nel senso latino del termine: captivi, cioè prigionieri. Prigionieri della paura che immobilizza la mente e il cuore, generando chiusura e aggressività. Le bestie aggredite, aggrediscono. Quando non esercitiamo il pensiero, noi uomini non siamo diversi.[10]
  • Questa malattia [il Covid-19] attacca i polmoni, ricordandoci quanto dipendiamo dal respiro. In greco, in latino, in ebraico, in sanscrito, nella lingua indù, la parola spirito significa proprio respiro, aria che si muove, vento. La domanda è: perché tutte queste lingue, tra la tantissime parole che avevano a disposizione, sono andate a prendere proprio questa per nominare quella parte dell'essere umano che noi chiamiamo spirito?[11]
  • [Sulla posizione del Papa rispetto alle unioni gay] Da questa pienezza dell'amore il Papa ha dichiarato che le persone omosessuali non devono più essere escluse. Così dicendo egli ha preso atto di un processo inarrestabile che si va compiendo a livello planetario riconoscendo la pari dignità dell'amore omosessuale; ed è in questo senso che le sue parole rappresentano anche una vittoria della ragione. Per il Papa non deve essere stato facile pronunciarle e prima ancora concepirle. Ma l'averlo fatto denota apertura mentale, coraggio personale, discernimento spirituale e capacità di profezia. Si tratta infatti di leggere i “segni dei tempi”, come esorta il Vangelo, e il segno inequivocabile del nostro tempo è la necessità di andare oltre le chiusure dottrinali del passato per fare in modo che l'amore, da mero enunciato, diventi vita concreta per tutti. Si sta mettendo in atto quanto annunciava Gesù: “Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato”, il che vale anche per quel tipo di sabato che si chiama “dottrina”: essa è stata fatta per gli esseri umani, e non gli esseri umani per essere schiacciati dal suo dettato.[12]
  • Il primato della coscienza l'ho imparato dalla Chiesa cattolica. Basta leggere il catechismo all'articolo 1800: l'essere umano deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza. Ma anche la Bibbia è chiara, lo vediamo al capitolo 30 versetto 17 del Siracide: meglio la morte che una vita amara, meglio il riposo eterno che una malattia cronica.[13]

Incipit de L'anima e il suo destino[modifica]

Il principale obiettivo di questo libro consiste nell'argomentare a favore della bellezza, della giustizia e della sensatezza della vita, fino a ipotizzare che da essa stessa, senza bisogno di interventi dall'alto, sorga un futuro di vita personale dopo la morte.

Note[modifica]

  1. Citato in La fede è mistero oltre la ragione, Corriere della sera, 10 gennaio 2008.
  2. Da La religione civile che manca all'Italia, la Repubblica, 13 gennaio 2008.
  3. a b Da Il teologo che vuole rifondare la fede «Così ho cambiato idea sull'amore», Corriere della Sera, 27 maggio 2008.
  4. a b Da Il teologo Mancuso: libertà di scelta punto d'incontro tra laici e cattolici, Corriere della Sera, 22 luglio 2008.
  5. a b Da Spetta alla persona decidere sulla sua vita, Corriere della Sera, 6 ottobre 2008.
  6. Da La via della bellezza, Garzanti, Milano, 2018.
  7. Da Questa vita, Garzanti, Milano, 2015, p. 111.
  8. Da «Ma è oscurantismo? No, tutela dell'uomo», Corriere della Sera, 9 dicembre 2008.
  9. Nozze gay, Mancuso: I cattolici pensino al Papa, chi sono loro per giudicare? intervista di Valerio Varesi, 17 dicembre 2014 La Repubblica
  10. a b Dall'intervista di Nicola Marenzi, Intervista a Vito Mancuso: "Con Francesco tensioni fortissime, c'è il rischio che la Chiesa si spezzi, huffingtonpost.it, 3 dicembre 2017.
  11. Da «Stiamo già cambiando», Huffington Post.it, 12 aprile 2020.
  12. Da La Repubblica, 22 ottobre 2020
  13. Dall'intervista Il fine vita è nella Bibbia. Invito i prelati contrari a un dibattito pubblico, ilrestodelcarlino.it, 3 marzo 2024.

Bibliografia[modifica]

  • Vito Mancuso, L'anima e il suo destino, Cortina Editore, Milano, 2007.

Voci correlate[modifica]

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