Wilhelm Röpke

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Wilhelm Röpke

Wilhelm Röpke (1899 – 1966), economista tedesco.

  • L'economia di mercato non è tutto; essa deve essere sorretta da un ordinamento generale, che non solo corregga con le leggi le imperfezioni e le asprezze della libertà economica, ma assicuri all'uomo un'esistenza consona alla sua natura. E l'uomo non può realizzare compiutamente se stesso se non quando si inserisce volontariamente in una comunità alla quale si senta solidamente legato. Se così non è, egli è condannato ad un'esistenza miserabile. E lo sa.[1]

Civitas humana[modifica]

  • Anche lo Stato più sano, ripetiamo, anche la morale più resistente e la società più robusta sopportano una misura massima di attività statale, di economia finanziaria statale e di interventi statali. Oltrepassata questa misura, il disgusto dello Stato, il disprezzo della legge e la corruzione si propagheranno sempre più e finiranno per avvelenare tutte le arterie della società.
  • L'economia di mercato è quel regime economico con il quale sta in piedi o crolla tutto il nostro sistema sociale e culturale.
  • L'azione decisiva [...] del cristianesimo sullo Stato e sulla società occidentale non è soltanto un caso di fortuna storica. La causa ultima e più profonda sta invece nella stessa dottrina cristiana che, contrariamente alla concezione sociale dell'antichità pagana, pone al centro il singolo individuo con la sua anima immortale desiderosa di raggiungere la salvezza.

La crisi del collettivismo[modifica]

  • È sicuro che il collettivismo non solo mantiene meno di quello che ha promesso, ma costituisce veramente una strada che porta ad un precipizio, alla negazione della libertà, alla discordia internazionale, alla paralisi e al disordine dell'economia.
  • Tutti amiamo la libertà e i diritti civili sopra ogni altra cosa, ed il collettivismo ce li toglie. Tutti desideriamo la pacifica unificazione del mondo, ed il collettivismo stende filo spinato fra i popoli. Tutti aspiriamo ad una economia ordinata, produttiva e giusta, e il collettivismo ci regala disordine, miseria e ingiustizia.
  • Non i filosofi dell'Illuminismo hanno creato le basi, bensì i greci della Ionia, gli uomini della Stoa, Cicerone e tutti quei pensatori dell'antichità classica, che hanno fatto della dignità dell'uomo, fondata sulla ragione universalmente umana, e sull'assolutezza dell'anima individuale, dell'esistenza di un regno delle idee al di là dell'arbitrio degli uomini, e dell'intangibilità di ordinamenti naturali anteriori e superiori allo Stato, le stelle polari del pensiero occidentale.
  • Il liberalismo non è – per dirlo con tutta chiarezza – nella sua essenza un abbandono del cristianesimo, bensì il suo legittimo figlio spirituale, e soltanto una straordinaria riduzione delle prospettive storiche può indurre a scambiare il liberalismo col libertinismo.
  • Il liberale diffida di ogni accumulazione di potere, perché sa che di ogni potere, che non viene tenuto nei suoi limiti da contrappesi, si fa presto o tardi abuso.

Scritti liberali[modifica]

  • Uno dei più pericolosi errori del nostro tempo è di credere che la libertà economica e la società che è basata su di essa non siano compatibili con le esigenze di un atteggiamento rigorosamente cristiano.
  • L'esperienza di un paese dopo l'altro ha mostrato che il socialismo è la strada verso la povertà e verso il disordine economico e che l'economia di mercato è la via verso il benessere generale e l'equilibrio economico.
  • L'argomento primo della mia opposizione al socialismo è pertanto che, ad onta di tutta la sua fraseologia liberale, dà troppo poco all'uomo, alla sua libertà e alla sua personalità, e troppo alla società.
  • Il socialismo, col suo entusiasmo per l'organizzazione, la centralizzazione, la irreggimentazione e la sottomissione allo Stato, viene a servirsi di strumenti che non sono compatibili con la umana libertà e dignità.
  • Il grande errore morale del socialismo consiste nella risoluta negazione che il desiderio dell'uomo di migliorare le condizioni sue e dei suoi e di prendersi la responsabilità e l'iniziativa di tale miglioramento appartenga all'ordine naturale delle cose almeno allo stesso titolo del desiderio di identificarsi con la comunità e di servire ai suoi fini.
  • I critici dell'economia di mercato di parte cristiana dovrebbero rendersi conto, più di quanto non abbiano fatto per il passato, del serio pericolo di attardarsi troppo in un moralismo dei sentimenti e di dimenticare quanto sia difficile un'etica responsabile, dato che non basta il buon cuore: occorrono anche la mente lucida e le necessarie cognizioni.

Note[modifica]

  1. Citato da Massimo Bitonci nella mozione 1/00084 del 25 giugno 2013.

Bibliografia[modifica]

  • Wilhelm Röpke, Civitas humana. I problemi fondamentali di una riforma sociale ed economica, traduzione di Ervino Pocar, Rizzoli, Milano, 1947.
  • Wilhelm Röpke, La crisi del collettivismo, traduzione di Carlo Antoni e Michele Piscione, La Nuova Italia, Firenze, 1951.
  • Wilhelm Röpke, Scritti liberali, a cura di A. Frumento, Sansoni, Firenze, 1974.

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