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Luigi Antonio Lanzi

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Luigi Antonio Lanzi

Luigi Lanzi (1732 – 1810), gesuita, archeologo e storico dell'arte italiano.

Citazioni di Luigi Lanzi[modifica]

  • Michelangiolo Amerighi o Morigi da Caravaggio è memorabile in quest'epoca, in quanto richiamò la pittura dalla maniera alla verità, così nelle forme che ritraeva sempre dal naturale, come nel colorito che, dato quasi bando a' cinabri e agli azzurri, compose di poche, ma vere tinte alla giorgionesca. Quindi Annibale [Carracci] diceva in sua lode che costui macinava carne; e il Guercino e Guido assai l'ammirarono e profittarono de' suoi esempi. (da Storia pittorica della Italia, tomo primo, libro terzo, epoca quarta, Remondini di Venezia, Bassano, 1795-1796)
  • [Canaletto] ama il grand'effetto, e nel produrlo tiene alquanto del Tiepolo, che talvolta gli fa le figure; e ovunque muove il pennello, sian fabbriche, sian acque, sian nuvole, sian figure, imprime un carattere di vigore, che par vedere gli oggetti nell'aspetto che più impone. Usa qualche libertà pittoresca, sobriamente però, e in modo che il comune degli spettatori vi trova natura, e gl'intendenti vi notan arte. Questa possedé in grado eminente.[1] (da Storia pittorica della Italia, tomo secondo, libro primo, epoca quarta, Remondini di Venezia, Bassano, 1795-1796)

Notizie della scultura degli antichi e dei vari suoi stili[modifica]

  • Fidia, quell'ingegno maraviglioso che seppe insieme riunire nel suo stile la grandiosità e la minutezza [...]; Fidia dico fu l'Omero di questa muta poesia; egli è alla testa della scuola greca; e il suo Giove Olimpico e la sua Minerva Lemnia furono quasi la sua Iliade; e la sua Odissea rimase sempre in venerazione appo tutti. (cap. III, p. 47)
  • Prima di passare oltre, dee nominarsi un altro antico di età non certa, assai celebrato da Dionisio Alicarnasso per la sottigliezza e per la grazia [...]; quantunque, come dicemmo altrove, egli tenesse alquanto del rigido nelle posizioni; e fosse nato più per rappresentare uomini che Dei. È questi Calamide, il quale scolpì cavalli senza che altri lo uguagliasse; e nel viso di Sosandra[2] espresse così bene la verecondia e il sorriso, che Luciano la preferì per questa parte alla Venere di Prassitele sorridente anch'essa, ma con meno di venustà. (cap. III, p. 49)
  • Policleto è, dopo Fidia, il nome più rispettato nella storia della scoltura. Nella idea del bello e nella diligenza è anteposto da Quintiliano e da Strabone ad ogni altro. Misurando egli il suo talento con quel di Fidia, non osò competer con lui nel carattere più sublime: si occupò a formare de' simulacri giovanili. Alcuni presso Quintiliano credettero, che sotto il suo scarpello gli uomini crescessero in beltà; ma gli Dei decrescessero. (cap. III, pp. 50-51)
  • [Policleto] Egli fu il primo a stabilire in una sola gamba le figure[3]; egli il primo a determinare le proporzioni con un libro circa la simmetria, e con una statua tutta conforme a' suoi precetti, ch'egli nominò il Canone o il Regolo. Per tale opera gli artefici lo riguardarono come un legislatore; e quindi viene probabilmente che le statue greche, come riflette Winkelmann paiono condotte quasi tutte con le stesse leggi fondamentali, e uscite, per dir così, dalla stessa scuola. (cap. III, 51-52)
  • Mirone fece il Discobulo in una nuova attitudine; e forse anche nella positura delle sue statue stanti o sedenti fu assai vario: certo è che Quintiliano nella varietà delle posizioni lo adduce in esempio. Inoltre i suoi soggetti furono ben vari: non solo egli figurò uomini, ma eziandio animali di diverse specie, e fra questi la celebre vacca, in cui lode abbiamo 36 epigrammi nell'Antologia greca lib. IV, e tanti altri versi latini, che quest'opera sembra essere stata fra tutte la più pregiata dalle Muse e da Apollo. Mirone sarebbe stato uguale ad ogni altro, se alla fecondità nell'arte avesse unita la espressione degli animi, e la diligenza per ammorbidire i suoi lavori, specialmente ne' capelli e ne' peli: ma non giunse mai a questa finezza. (cap. III, pp. 54-55)
  • Prassitele si accostò al vero, se crediamo a Quintiliano, però senza dar nello scoglio de' naturalisti, ch'è d'imitarlo senza scelta. Anzi le sue opere eran bellissime per consenso comune degli scrittori; piene di espressione, piene di movenza, e par che il suo talento prevalesse nel delicato; trovandosi così lodata la sua Diana, e il suo Bacco, e i due Cupidi, e le due Veneri uguagliate al cielo. (cap. III, p. 57)
  • Insieme con lui [Prassitele] fiorì Eufranore scultore e pittore; del cui disegno in pittura parlando Plinio, dice che costumò di far grandi gli articoli e le teste, e i corpi a proporzione troppo svelti; ond'egli non è lodato in tal genere dall'Istorico. Non sappiamo se tal disegno trasferì anche alla statuaria; ma è verisimile. (cap. III, pp. 57-58)

Citazioni su Luigi Lanzi[modifica]

  • Il Lanzi è delle glorie più grandi d'Italia, a cui gli stessi stranieri s'inchinano. Nell'abate Lanzi l'Europa riverì sempre e riverisce meritamente il padre della dialettologia paleoitalica, padre veramente, perché primo ne raccolse con diligenza e ne vagliò con critica sana i monumenti scritti. (Giacomo Zanella)[4]
  • Il Lanzi, malgrado le imperfezioni e gli errori dell'opera sua, è una delle glorie più grandi d'Italia in questo genere di studii, avendo portato una gran luce nello studio dell'antichità, e determinato il retto metodo ermeneutico, che si deve tenere nella interpretazione dei monumenti di essa. (Francesco Moroncini)
  • Luigi Lanzi prese a trattare la questione degli Etruschi, che il Tiraboschi avea appena toccato. Dopo studii accuratissimi egli pubblicò un Saggio di lingua etrusca: titolo forse un po' ambizioso; in quanto, se di questa lingua ci rimangono moltissimi monumenti, la conoscenza di essa è ancora un desiderio. Egli si ferma sulle antichissime inscrizioni greche e latine, dalle quali deriva l'alfabeto, l'ortografia e una specie di grammatica pel suo etrusco, colla quale si fa ad interpretare i monumenti; non accorgendosi che, se per l'egiziano poté lo Champollion dalla conoscenza del cofto[5] passare alla scoperta dei caratteri, per l'etrusco invece si doveva dai caratteri passare alla scoperta dell'alfabeto e della grammatica, impresa mille volte più malagevole. (Francesco Moroncini)

Note[modifica]

  1. Citato in Canaletto, I Classici dell'arte, a cura di Cinzia Manco, pagg. 181 – 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\CAG\0608462
  2. Afrodite Sosandra.
  3. Statue nelle quali, per accrescerne la naturalezza, il corpo gravita su una gamba, mentre l'altra è leggermente flessa.
  4. Citato in Giulio Natali, Il settecento, vol. 1, Milano, Vallardi, 1929, p. 445.
  5. variante di "copto".

Bibliografia[modifica]

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