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Battaglia di Canne

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Annibale a Canne in una incisione del XIX secolo

Citazioni sulla battaglia di Canne, battaglia della seconda guerra punica nel 216 a.C.

  • Così [...] era terminata con una disfatta la maggiore battaglia che i Romani avessero fino allora combattuto: una disfatta non dovuta ad agguati né ad inferiorità numerica, non imputabile né alla stagione avversa come quella della Trebbia né al terreno insidioso come quella del Trasimeno; ma toccata nel terreno dove i Romani stessi avevano offerto battaglia e dove, superiori di numero, avevano affrontato il nemico col nerbo delle legioni ritenute invincibili. Questo anche più che l'immane disastro della primavera italica falciata nel suo rigoglio dalle spade cartaginesi sembrava dovesse far disperare della fortuna di Roma non gli alleati soltanto, ma gli stessi Romani. (Gaetano De Sanctis)
  • Nell'estate del 216 Annibale era a Cannae in un'aperta pianura dove poteva adoperare vantaggiosamente la sua cavalleria. Egli inoltre scelse la sua posizione in maniera tale che i Romani avessero in faccia lo scirocco, forte vento di sud-est che domina generalmente nell'estate. La pianura è arenosa, cosicché il vento poteva divenire molto incomodo. Varrone non conosceva altra strategia che quella di ammassare le truppe in profondità e spingerle direttamente avanti; in tal modo, sebbene egli avesse 80 mila uomini, il suo esercito aveva potenza di gran lunga minore, giacché gran parte veniva impiegata a far massa e non per la lotta. Mentre i Romani si lanciavano avanti, Annibale fece che il suo centro cedesse incurvandosi così da infrangere le falangi romane; poi disperdendo le ali romane con una brillante carica di cavalleria, gettò le proprie ali, tenute sinora nascoste, contro i fianchi destro e sinistro dei Romani e mandò la propria cavalleria a rinchiuderli alle spalle. L'esercito di Varrone era ormai nient'altro che una massa accerchiata, in gran parte rinserrata sul centro ed impossibilitata anche a combattere. (Tenney Frank)
  • Polibio afferma, cosa che difficilmente può essere creduta – infatti questo scrittore non è favorevole a Varrone – che 70 mila Romani perirono quel giorno. Annibale a quanto pare non diede quartiere. Tra i morti vi furono Paolo, Minucio, Servilio e 80 uomini di grado senatorio. Appena 10 mila soldati si salvarono. Si narra che un gruppo di giovani nobili riusciti a fuggire disperarono talmente di Roma che pensarono di cercare rifugio in Grecia o in Oriente. Il giovane Scipione, colui che quattordici anni dopo doveva diventare l’eroe della guerra andò da loro e li costrinse a prestare giuramento che non avrebbero abbandonato Roma. (Tenney Frank)

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