Carlo Michelstaedter

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Carlo Michelstaedter

Carlo Raimondo Michelstaedter (1887 – 1910), scrittore, filosofo e letterato italiano.

Citazioni[modifica]

  • [Henrik Ibsen] Dopo Sofocle, è l'artista che più m'è penetrato e m'ha assorbito. (da Epistolario, a cura di S. Campailla, Adelphi, Milano, 1983)
  • [...] ripenso a Bologna, ai tre giorni passati, mi sembrano un'oasi di sole e di vita superiore più intensa che mi lascerà traccia per tutta la vita. E poi Bologna mi piace, coi suoi portici, i suoi bei palazzi rosso-scuri, le sue belle piazze vaste, il suo San Petronio imponente, il suo movimento vivace ma non affarista, movimento di gente allegra che si affolla dappertutto per vedere e farsi vedere, per godere la vita. – Mi piace la cordialità larga e sincera del popolo, mi piacciono i luoghi pubblici brulicanti, pieni di luce e di calore, e mi piacciono infine e più di tutto mi piacciono le sue donne opulente, raggianti di vita, che sorridono al sorriso, che pare si diano tutte nello sguardo... (dalla lettera alla famiglia del febbraio 1907, Epistolario scelto, in Opere, a cura di Gaetano Chiavacci, Sansoni, Firenze, 1958, p. 463)
  • Un giovane educato in un collegio religioso si volge per reazione a tutto quanto sa di ribelle alle leggi umane, e matura il cervello nelle speculazioni della psiche dell'uomo e del mistero della natura. Egli troppo vede e nel suo animo amareggiato la fonte del sentimento inaridisce. Egli lo sente e ne prova dolore, vuole perciò lanciarsi nella vita per eccitarne con le sensazioni più forti le fibre paralizzate dell'animo suo. E lo fa. Ma non può riacquistare la spontaneità perduta e si accorge d'essere sempre il medesimo. E con la crudele, abituale sincerità verso se stesso, esamina il proprio intento, lo analizza, quindi con calma e ragionata risoluzione si uccide restituendo alla madre terra le energie che in lui combattono inutili. (da Il dialogo della salute, in Opere, a cura di Gaetano Chiavacci, Sansoni, Firenze, 1958)

Dialogo della salute[modifica]

Incipit[modifica]

«Dio vi dia la salute», augurò il custode del cimitero ai due amici che uscivano. Nino protestò: — Perché irridi vecchio al nostro stato mortale? ben sai tu che a nulla ci giova la salute.

Citazioni[modifica]

  • Un buon giocatore di scacchi tace, che in ogni mossa gode il proprio piano; parla invece chi vuol illudersi d'averlo. (Rico: p. 29)
  • Ma a che bene, dimmi? a che bene se tutto si dissolve nella nebbia maledetta, se la vita stessa è l'errore di cui non siamo responsabili, ma pur ne portiamo il peso, a che bene continuare se io lo so, se tu sai che mai ci potrà esser mutamento? a che bene? Sia pur violenza quella ch'io faccia a me stesso col suicidio, e che mi importa se pur dopo io sia distrutto nell'incoscienza? (Nino: p. 51)
  • Niente da aspettare | niente da temere | niente chiedere – e tutto dare | non andare | ma permanere. | Non c'è premio – non c'è posa. | La vita tutta una dura cosa. (Rico: p. 58)

La persuasione e la rettorica[modifica]

Incipit[modifica]

So che voglio e non ho cosa io voglia. Un peso pende ad un gancio, e per pender soffre che non può scendere: non può uscire dal gancio, poiché quant'è peso pende e quanto pende dipende.[1]

Citazioni[modifica]

  • Chi teme la morte è già morto.
  • Chi vuol avere un attimo solo sua la vita, esser un attimo solo persuaso di ciò che fa – deve impossessarsi del presente; vedere ogni presente come l'ultimo, come se fosse certa dopo la morte; e nell'oscurità crearsi da sé la vita.
  • Il diritto di vivere non si paga con un lavoro finito, ma con un'infinita attività.
  • Il giusto è buono a ogni cosa; chi a nessuna cosa sia ingiusto sa fare ogni cosa.
  • Il peso non può mai esser persuaso.
  • La persuasione non vive in chi non vive solo di se stesso.
  • La via della salute non si vede che con gli occhi sani e fin dove l'animo giunga.
  • Ognuno gira intorno al suo pernio, che non è suo, ed il pane che non ha non può dare agli altri.
  • Tutti i progressi della civiltà sono regressi dell'individuo. Ogni progresso nella tecnica istupidisce per quella parte il corpo dell'uomo... Così ai nostri giorni sono istupiditi ad esempio i fabbri, che un tempo da un blocco di ferro sapevano a forza di fuoco, di martello e di scalpello foggiare qual si volesse oggetto, che oggi sanno appena adattare e congiungere con le viti pezzi fatti che arrivano dalle fabbriche o dalle fonderie... E al loro posto sono subentrate le masse di tristi e stupidi operai delle fabbriche che non sanno che un gesto, che sono quasi l'ultima leva delle loro macchine.
  • Un bue non becca mai grano, ma rumina sempre fieno: così lo guida il piacere.
  • Un inciampo fa cessare il triste gioco… quando la trama dell'illusione s'affina, si disorganizza, si squarcia, gli uomini, fatti impotenti, si sentono in balia di ciò che è fuori della loro potenza, di ciò che non sanno: temono senza sapere di che temano. Si trovano a voler fuggire la morte senza più avere la via consueta che finge cose finite da fuggire, cose finite cercando.

Poesie[modifica]

Incipit[modifica]

Se camminando vado solitario
per campagne deserte e abbandonate
se parlo con gli amici, di risate
ebbri, e di vita,

se studio, o sogno, se lavoro o rido
o se uno slancio d'arte mi trasporta
se miro la natura ora risorta
a vita nuova,

Te sola, del mio cor dominatrice
te sola penso, a te freme ogni fibra
a te il pensiero unicamente vibra
a te adorata.

Citazioni[modifica]

  • Tace la notte intorno a me solenne | le ore vanno e sfilan le memorie | siccome un nero e funebre convoglio. || Del cielo nelle oscurità remote | nell'ombra amica che con man soave | le grevi forme della chiesa lambe, | nell'ombra amica che gl'uomini culla | col lento canto della pace eterna | vedo di forme strane scatenarsi | una ridda veloce e affascinante | vedo la mente umana abbacinata | chinar la fronte... (da La notte)
  • Sibila il legno nel camino antico | e par che tristi rimembranze chiami | mentre filtra sottil pei suoi forami | vena di fumo. || O caminetto antico quanto è triste | che nella nera bocca tua rimanga | la legna che non arde e par che pianga | di desiderio, || ma dal profondo della sua poltrona | socchiusi gli occhi, il biondo capo chino | stese le mani al fuoco del camino | Nadia ride. (1987, p. 9)
  • Amico – mi circonda il vasto mare | con mille luci – io guardo all'orizzonte | dove il cielo ed il mare | lor vita fondon infinitamente. – | Ma altrove la natura aneddotizza | la terra spiega le sue lunghe dita | ed il sole racconta a forti tratti | le coste cui il mare rode ai piedi | ed i verdi vigneti su coronano. | E giù: alle coste in seno accende il sole | bianchi paesi intorno ai campanili | e giù nel mare bianche vele erranti | alla ventura. – || A me d'accanto, sullo stesso scoglio | sta la fanciulla e vibra come un'alga, | siccome un'alga all'onda varia e infida | φιλοβαθεία. – | S'avviva al sole il bronzo dei capelli | ed i suoi occhi di colomba tremuli | guardano il mare e guardano la costa | illuminata. – | Ma sotto il velo dell'aria serena | sente il mistero eterno d'ogni cosa | costretta a divenire senza posa | nell'infinito. | Sente nel sol la voce dolorosa | dell'universo, – e l'abisso l'attira | l'agita con un brivido d'orrore | siccome l'onda suol l'alga marina | che le tenaci aggrappa | radici nell'abisso e ride al sole. – (1987, p. 15)
  • Vita, morte, | la vita nella morte; | morte, vita, | la morte nella vita. || Noi col filo | col filo della vita | nostra sorte | filammo a questa morte. || E più forte | è il sogno della vita – | se la morte | a vivere ci aita || ma la vita | la vita non è vita | se la morte | la morte è nella vita || e la morte | morte non è finita | se più forte | per lei vive la vita. || Ma se vita | sarà la nostra morte | nella vita | viviam solo la morte || morte, vita, | la morte nella vita; | vita, morte, | la vita nella morte. (Il canto delle crisalidi, 1987, p. 17)
  • Marzo ventoso | mese adolescente | marzo luminoso | marzo impenitente. (da Marzo)
  • Pur tu permani, o morte, e tu m'attendi | o sano o tristo, ferma ed immutata, | morte benevolo porto sicuro. | Che ai vivi morti quando pur sia vano | quanto la vita il pallido tuo aspetto | e se morir non sia che continuar | la nebbia maledetta | e l'affanno agli schiavi della vita – | – purché alla mia pupilla questa luce | che pur guarda la tenebra si spenga | e più non sappia questo ch'ora soffro | vano tormento senza via né speme, | tu mi sei cara mille volte, o morte, | che il sonno verserai senza risveglio | su quest'occhio che sa di non vedere, | sì che l'oscurità per me sia spenta. (da Aprile)
  • È il piacere un dio pudico, | fugge da chi l'invocò; | ai piaceri egli è nemico, | fugge da chi lo cercò.
  • Ma nel fondo dell'occhio nero | pur viveva il lontano dolore | e parlava la voce del mistero | per l'ignoto lontano amore. | E una sera alla sponda sonante | quando il sole calava nel mare | e gli uomini cercavano riposo | al lor ozio laborioso | Itti e Senia alla sponda del mare | l'anima solitaria al suono dell'onde | per le sue corde più profonde | intendevano vibrare. | E la vasta voce del mare | al loro cuore soffocato | lontane suscitava ignote voci, | altra patria altra casa un altro altare | un'altra pace nel lontano mare. | Si sentirono soli ed estrani | nelle tristi dimore dell'uomo | si sentirono più lontani | fra le cose più dolci e care. (da I figli del mare, 1987, pp. 36-37)

Sfugge la vita[modifica]

  • Filosofo ed Artista nel loro fondamento sono una sola cosa.
  • Gli uomini galleggiano alla superficie della società come un ago sulla superficie dell'acqua – per l'equilibrio delle forze molecolari; ma un lieve soffio basta a farli sommergere per sempre e a far veder loro com'era malsicuro il loro fondamento di fronte alla necessità, ch'essi s'illudevano d'aver superato.
  • Il filosofo non riposa – non vive quoquo modo secondo i dettami del rito questa vita, nella speranza d'un'altra eterna in Dio, ma vuole la sua propria vita libera – la vita della conoscenza.
  • Lo schizzo mette l'anima dell'artista molto più a nudo che l'opera d'arte.
  • L'uomo è il nucleo individuale più vasto, in lui la materia (tutto il tempo e tutto lo spazio) vede sé stessa.
  • Socrate è il filosofo: Aristotele professa il sistema della propria filosofia.
  • Solo nella morte egli avrà la libertà solo nella morte egli avrà la vera attività in quanto avrà riconosciuto che la vera attività non esiste cioè che la vera attività è il nulla.
  • Tintoretto mi sembra grande [...] Egli manca però completamente della vera espressione.
  • Vana cosa è la filosofia se esce dalla vita – è l'ultima illusione, e l'ultimo gioco del vecchio rimbambito – è l'ultimo ottimismo che arresta la vita nel suo glorioso svolgimento verso l'universale.

Incipit di Volo per altri cieli è la mia vita[modifica]

Cade la pioggia triste e senza posa
a stilla a stilla
e si dissolve. Trema
la luce d'ogni cosa. Ed ogni cosa
sembra che debba
nell'ombra densa dileguare e quasi
nebbia bianchiccia perdersi e morire
mentre filtri voluttüosamente
oltre i diafani fili di pioggia
come lame d'acciaio vibranti.

Citazioni su Carlo Michelstaedter[modifica]

  • Egli, al pari di pochissimi e rarissimi pensatori che lo hanno preceduto, s'è ucciso per accettare fino all'ultimo, onestamente e virilmente, le conseguenze delle sue idee — s'è ucciso per ragioni metafisiche. (Giovanni Papini)

Note[modifica]

  1. Carlo Michelstaedter, La persuasione e la rettorica, a cura di Sergio Campailla, Adelphi, Milano, 1999.

Bibliografia[modifica]

  • Carlo Michelstaedter, Dialogo della salute, in Scritti, 2 voll., A. F. Formiggini, Genova, 1912, vol. I.
  • Carlo Michelstaedter, La persuasione e la rettorica, in Opere, a cura di Gaetano Chiavacci, Sansoni, Firenze, 1958.
  • Carlo Michelstaedter, Poesie, a cura di Sergio Campailla, Adelphi Edizioni, Milano, 1987.
  • Carlo Michelstaedter, Sfugge la vita. Taccuini e appunti, a cura di A. Michelis, Aragno, Torino, 2004.
  • Carlo Michelstaedter, Volo per altri cieli è la mia vita, Fara Editore s.a.s., Santarcangelo di Romagna (RN).

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