Celso (filosofo)

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Celso (II secolo), filosofo greco antico.[1]

Il discorso vero[modifica]

Incipit[modifica]

I Cristiani stringono fra loro dei patti che violano le istituzioni tradizionali. I patti possono essere palesi, quando si fanno in conformità alle leggi, oppure occulti, quando vengono stipulati contro le istituzioni tradizionali. La cosiddetta agape dei Cristiani nasce dal pericolo comune, e vale assai più dei giuramenti. I patti fra Cristiani contravvengono alla legge comune.

Citazioni[modifica]

  • La loro morale è banale, e in confronto a quella degli altri filosofi non insegna alcunché di straordinario o di nuovo. (I, 4)
  • Questi caprai e pecorai si convinsero che esisteva un solo Dio, Altissimo o Adonai o Celeste o Sabaoth o in qualsiasi altro modo piaccia loro chiamare questo mondo; e non sapevano nulla più di questo. Non fa differenza alcuna chiamare il Dio supremo Zeus, con il nome corrente presso i Greci, o con quel certo nome che ha, poniamo, presso gli Indiani, o con quel certo altro che ha presso gli Egiziani. (I, 24)
  • La dottrina cristiana è rozza, e per la sua rozzezza e la sua debolezza nelle argomentazioni ha conquistato solo persone rozze. (I, 27)
  • Di esser nato da una vergine, te lo sei inventato tu [Gesù]. Tu sei nato in un villaggio della Giudea da una donna del posto, una povera filatrice a giornata. Questa fu scacciata dal marito, di professione carpentiere, per comprovato adulterio. Ripudiata dal marito e ridotta a un ignominioso vagabondaggio, clandestinamente ti partorì da un soldato di nome Pantera. A causa della tua povertà, hai lavorato come salariato in Egitto, dove sei diventato esperto in taluni poteri, di cui vanno fieri gli Egiziani. Poi sei tornato, e insuperbito per questi poteri, proprio grazie ad essi ti sei proclamato figlio di Dio. (Il giudeo: I, 28)
  • Ma se era tenuto a tanto per dare una dimostrazione della sua divinità, egli [Gesù] avrebbe dovuto sparire dalla croce all'improvviso. (Il giudeo: II, 68)
  • Gesù minaccia e insulta con troppa disinvoltura quando dice: "Guai a voi" e "Predico a voi" perché con questo ammette senz'altro di non essere in grado di convincere, cosa che non dovrebbe succedere non dico a un Dio, ma nemmeno a un uomo di senno. (Il giudeo: II, 76)
  • [I cristiani] Deridono coloro che adorano Zeus perché a Creta se ne mostra la tomba; ciò non di meno venerano colui che è risorto dalla tomba, senza sapere come né perché i Cretesi si comportano in questo modo. (III, 43)
  • Dicono che Dio è stato inviato ai colpevoli. E perché non a chi è senza colpa? Che male c'è a non avere colpe? (III, 62)
  • Il loro maestro va in cerca di stupidi. (III, 74)
  • Anche se una cosa ti sembra cattiva, non per questo consta che sia cattiva: perché tu non sai cosa è utile a te, o a un altro, o al tutto. (IV, 70)
  • Se venisse detto che noi regniamo sugli animali, perché diamo la caccia agli altri animali e li divoriamo, si potrebbe rispondere: «Non potremmo, piuttosto, essere stati fatti noi per loro, dal momento che essi ci cacciano e ci divorano?» Noi d'altronde abbiamo bisogno di reti, di armi, di molti uomini che ci aiutino e di cani [da utilizzare] contro quelli che cacciamo: a loro invece la natura ha dato immediatamente delle armi corrispondenti, per ridurci senza sforzo in loro potere. (IV, 78[2])
  • E alla vostra affermazione, secondo cui Dio ci ha dato il potere di catturare le fiere e di usarne a nostro piacimento, risponderemo che verosimilmente prima che esistessero le città e le arti e rapporti sociali di questo genere e armi e reti, gli uomini venivano catturati e divorati dalle fiere, mentre era rarissimo che le fiere venissero prese dagli uomini. (IV, 79)
  • Se poi gli uomini appaiono superiori agli esseri privi di ragione perché hanno costruito le città e si sono dati una struttura politica e delle magistrature e dei governi, anche questo non significa nulla, perché altrettanto fanno le formiche e le api. (IV, 80)
  • Orbene, se uno guardasse dal cielo verso la terra, quale gli apparirebbe la differenza fra quello che facciamo noi e quello che fanno le formiche o le api? (IV, 85)
  • Se poi si ritiene che l'uomo sia superiore a tutti gli altri animali perché possiede sentimenti divini, sappiano i sostenitori di questa tesi che anche tale possesso può essere rivendicato da molti altri animali. E a buon diritto, certo. Quale facoltà potrebbe qualificarsi più divina di quella di prevedere o predire l'avvenire? Ora, questo potere gli uomini lo apprendono dagli altri animali […]. Inoltre nessun altro animale sembra esser più leale al giuramento dato, né più fedele nei riguardi della divinità, dell'elefante, e questo senza dubbio avviene perché gli elefanti hanno conoscenza della divinità. (IV, 88[3])
  • Riguardo alle cicogne, poi, si racconta che esse contraccambino la pietà filiale e portino nutrimento ai loro genitori in modo tale che sembrano esser più amorevoli degli uomini. (IV, 98[4])
  • Dunque l'universo non è stato fatto per l'uomo, e d'altronde nemmeno per il leone o per l'aquila o per il delfino, ma perché questo mondo, in quanto opera di Dio, risultasse compiuto e perfetto in tutte le sue parti: a questo fine tutto è stato commisurato, non in vista dei rapporti reciproci, se non incidentalmente, ma del complesso dell'universo. (IV, 99)
  • È dell'universale che il dio ha cura, è questo che la provvidenza divina non abbandona mai: [l'universo] non può subire alterazione, né il dio dopo qualche tempo può richiamarlo a sé, né la sua collera può essere provocata da uomini, più di quanto lo possa essere da scimmie o topi. A nessuno di questi esseri egli muoverà minacce: ciascuno di loro ha ricevuto il proprio destino, nella parte a lui assegnata. (IV, 99[4])
  • I Cristiani dicono che la sapienza umana è follia agli occhi di Dio. Il motivo di questa affermazione è stato esposto molto più indietro, ed è il fatto di voler fare proseliti solo fra gli incolti e gli sciocchi. (VI, 12)
  • I Cristiani sono impostori, ed evitano accuratamente le persone più sofisticate, perché poco disposte a lasciarsi ingannare; e adescano invece gli zotici. (VI, 14)
  • La sentenza di Gesù contro i ricchi, secondo cui «è più facile per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio», è stata evidentemente mutuata da Platone; Gesù ha alterato il detto platonico, in cui Platone afferma: «È impossibile per chi è eccezionalmente buono essere al contempo straordinariamente ricco». (VI, 16)
  • Di tal fatta è questo Dio, e merita di essere maledetto, secondo chi nutre queste opinioni sul suo conto, perché a sua volta ha maledetto il serpente che ha trasmesso ai primi uomini la conoscenza del bene e del male. (VI, 28)
  • Ma la più grossa stupidaggine è quella di suddividere la generazione del mondo in vari giorni, prima che esistessero i giorni: infatti quando il cielo non era ancora stato generato, la terra non si era ancora solidamente fissata e il sole non si muoveva attorno a essa, come avrebbero potuto esserci i giorni? (VI, 60)
  • È per aver frainteso la teoria della reincarnazione che i Cristiani parlano di resurrezione. (VII, 32)
  • Prestate aiuto all'imperatore con tutte le vostre forze, e impegnatevi assieme a lui nelle imprese giuste e lottate per lui e servite nel suo esercito, se egli lo esige, e combattete con lui.
    E accettate di governare la vostra patria, se è necessario fare anche questo per difendere le leggi e la pietà. (VIII, 73-75)[5]

Citazioni su Celso[modifica]

  • Cominciamo con l'indicare gli autori che attribuiscono alle bestie un'anima razionale. Nessuno — credo — ha avuto in proposito idee tanto radicali quanto il filosofo Celso, il quale, volendo combattere l'opinione dei cristiani, per i quali tutte le cose sono state fatte per l'uomo, si sforza di mostrare che le bestie non sono meno eccellenti dell'uomo e che addirittura lo superano. (Pierre Bayle)

Note[modifica]

  1. Di questo autore conosciamo, e solo in parte, un'unica opera, Alethes logos, perché citata nel testo di Origene Contra Celsum.
  2. Citato in Ditadi, p. 362.
  3. Citato in Ditadi, pp. 363-364.
  4. a b Citato in Ditadi, p. 364.
  5. Il 74 è mancante.

Bibliografia[modifica]

  • Celso, Il discorso vero, a cura di Giuliana Lanata, Adelphi, Milano 1994 (1987).
  • Gino Ditadi, I filosofi e gli animali, vol. 1, Isonomia editrice, Este, 1994. ISBN 88-85944-12-4

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