Donald Sassoon

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Donald Sassoon nel 2017

Donald Sassoon (1946 – vivente), storico, scrittore e saggista britannico.

Citazioni di Donald Sassoon[modifica]

  • Ho voluto evitare di considerare l'Italia come un caso unico, perché così non è: nell' Ottocento il concetto di nazione si rinnova negli Stati Uniti dopo la guerra di secessione, in Francia con la Terza Repubblica, per non parlare delle esperienze tedesca e belga. Manca una sessione dedicata alla Gran Bretagna perché nel XIX secolo era uno dei pochi Paesi che esistevano già in quanto nazione. Tuttavia bisogna tener conto che anche in questo caso i confini cambiano in continuazione. La Gran Bretagna, comprendente anche la Scozia, esiste dal 1707, mentre il Regno Unito, con l'Irlanda, risale al 1800, e nel 1922 con l'indipendenza irlandese i confini mutarono ancora.[1]
  • La domanda se conti più essere italiano o lombardo si ripete in maniera analoga in Spagna, per i baschi e i catalani, o in Belgio, dove si accentua la divisione tra francofoni e fiamminghi, o nella stessa Gran Bretagna, con le tensioni indipendentiste in Scozia.[1]
  • L'ansia è endogena nel capitalismo. Non sei mai sicuro del tuo posto di lavoro, bisogna essere sempre pronti alle rivoluzioni tecnologiche, un concorrente di qualsiasi parte del mondo può sbaragliare la tua azienda, l'imprenditoria cambia continuamente (...). E l'ansia aumenta sempre di più. Perché esso non esiste senza crisi: queste ultime lo rigenerano.[2]
  • [L'Europa] Non ha certamente la forza di aggregazione di una nazione. Non basta la moneta unica per fare uno Stato, occorrono una difesa e soprattutto un fisco comune. Ma nessuno dei leader nazionali vuol dare alla Ue la capacità impositiva.[1]

Incipit di Sintomi morbosi[modifica]

Nella cella di una prigione fascista a Turi, nell’Italia meridionale, nel 1930, un anno dopo il crollo di Wall Street del 1929, otto anni dopo la marcia su Roma di Mussolini, tre anni prima dell’avvento al potere di Hitler, il leader del Partito comunista italiano Antonio Gramsci scrisse questa famosa riflessione:

La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati.[3]

Per descrivere la situazione attuale, a poco più di ottant’anni dalla sua morte avvenuta nel 1937, sono ancora importanti queste sue parole? Non siamo negli anni Trenta. Il fascismo non è alle porte. La democrazia liberale vige in un numero di paesi maggiore che in qualsiasi altro periodo del passato. La disoccupazione potrà anche essere aumentata se paragonata agli anni d’oro del boom del dopoguerra, ma la recessione globale del 2007-2008, per quanto seria, non è stata per nulla catastrofica come la grande depressione del 1929, almeno finora. Gramsci spiegava che la crisi, quando il vecchio muore e il nuovo non è ancora nato, consisteva in una «crisi di autorità»: le classi dominanti stavano perdendo terreno, scemava il consenso che ne sosteneva il potere e la presa ideologica sulle masse stava loro sfuggendo. Queste masse, spiegava, non seguivano più le ideologie tradizionali, ma stavano diventando progressivamente più ciniche e scettiche. Non credevano più nelle élite. E questo le élite lo sapevano.

Note[modifica]

  1. a b c Nazione e sentimento, Corriere della Sera, 10 aprile 2010.
  2. Citato in programma Festivaletteratura, Mantova, evento 131, QUANTI PEZZI DI RICAMBIO, QUANTE MERAVIGLIE, 9 settembre 2022.
  3. Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, quaderno 3 (XX), par. 34, Editori Riuniti, Roma 2012.

Bibliografia[modifica]

  • Donald Sassoon, Sintomi morbosi, traduzione di Leonardo Clausi, Garzanti, Milano, 2019. ISBN 9788811608042

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