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Giosuè Boetto Cohen

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Giosuè Boetto Cohen

Giosuè Boetto Cohen (1961 – vivente), giornalista, scrittore, conduttore televisivo, regista e curatore d'arte italiano.

Citazioni di Giosuè Boetto Cohen

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Citazioni in ordine temporale.

  • Giorgetto Giugiaro è il designer per tutti e di tutti. Non ha disegnato auto stravaganti o da sogno, ma le auto che gli italiani hanno parcheggiato sotto casa [...]. Questo lo rende un personaggio familiare, non solo per la celebrità del suo nome, ammirato e ascoltato nel mondo. Ci ha lasciato l'Alfasud e la Panda, la Uno e la Punto, ma anche l'Alfa Romeo Gt, che magari non avevamo ma desideravamo. È il genio della porta accanto.[1]
  • [Sulla Fiat 127, in riferimento a Pio Manzù] Alla fine la fecero proprio come l'avrebbe voluta lui. Abbassarono solo il cofano di un centimetro, per rendere il muso un po' più grintoso, perché il motore era piccolo e di spazio ce n'era a sufficienza.[2]
  • La storia, lo stile e il metodo di lavoro di Manzù sono completamente differenti da quelli dei vari Giugiaro, Fioravanti e Gandini. La scuola tedesca ne ha fatto forse il designer più diverso di tutti, con un approccio al prodotto automobilistico non solo edonistico, di piacere. Quando ai grandi costruttori [...] interessava solo aumentare il più possibile i volumi di vendita, Manzù immaginava l'auto come un pezzo della mobilità, un tema ben più ampio e allora praticamente sconosciuto.[2]

Corriere della Sera

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  • [Sulla Iso Isetta] La sua unica porta, da frigorifero con sterzo incorporato, è entrata nell'immaginario collettivo.[3]

Scatti della Storia – rubrica

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Citazioni in ordine temporale.

  • Jet Caravelle. Renault Caravelle. [...] la Francia faceva sognare. Il primo aereo a reazione del mondo con i motori in coda era un oggetto del futuro [...]. E mentre, nel 1956, il bireattore compiva i suoi test, alla Renault si pensava a una piccola cabriolet con il medesimo nome, per sfidare il successo della [...] Karmann-Ghia, lanciata l'anno prima dalla Volkswagen. Non era una questione di cavalli, né di prestazioni. Era una questione di moda. Entrambe venivano da carrozzieri italiani, Ghia e Frua. La Caravelle [...] ebbe una gestazione lunga e travagliata, tra imprevisti e azioni legali. Vi parteciparono entrambi gli atelier torinesi, con contributi di esperti americani, e fu lanciata come l'auto personale di Brigitte Bardot. Ma le vendite, dopo un «coup de foudre» al Salone di New York, si fermarono a 120 mila esemplari. La piccola tedesca invece [...] ebbe molto più successo, raggiungendo [...] il mezzo milione di vetture, molte delle quali esportate in California e a Manhattan. Cosa trovassero [...] Oltreoceano nelle due cuginette europee non è facile dire. [...] non avevano nulla dello sprint di Porsche, MG, Triumph, i fenomeni del momento. Sicuramente Karman-Ghia e Caravelle erano minuscole, esotiche, consumavano la metà di una qualunque «compatta» di Detroit [...] e soprattutto erano scoperte. E una delle ragioni del mezzo flop della Caravelle fu proprio che la gente la voleva spider, mentre i due carrozzieri francesi che avevano l'appalto producevano molte più coupé. Così – e per gli acciacchi sulla strada a cui rispondeva una rete d'assistenza evanescente – i consumatori persero la pazienza. E la Renault Caravelle (come anche il Jet Caravelle, nel frattempo schiacciato da Douglas e Boeing) perse l'America.[4]
  • Nella mitologia dell'automobile [...] il Maggiolino Volkswagen brilla di una luce magica. Anche dimenticandone gli albori, le vicende europee e il numero impressionante di esemplari prodotti, il fatto che il Beetle si sia a un certo punto guadagnato il [...] mercato USA, nel pieno della «Space age» e in totale controtendenza, ne fa un caso da manuale. Piccolo, brutto (lo diceva la pubblicità), rumoroso e privo di ogni gadget o automatismo, il Maggiolino sbaragliava le monumentali berline americane sulle strade di New York, della California e nei quartieri «emergenti» di tante altre città. Una strategia di comunicazione geniale, dissacrante nei concetti quanto raffinata nella grafica, ne fece un oggetto a parte, una moda quasi irrazionale (se non fosse stato per il prezzo) che catturò due generazioni di automobilisti.[5]
  • [...] un giovane uomo, intelligente e capace di guardare lontano, che pur avendo avuto in sorte solo cinque anni di carriera ci ha lasciato una delle automobili di maggior successo, prototipi e progetti per quelle che guidiamo noi mezzo secolo dopo e una manciata di pezzi d'arredamento che sono entrati nei musei. È la storia di Pio Manzù [...], designer visionario e concretissimo al tempo stesso, precursore dei temi della sostenibilità, in anni in cui tutto sembrava ancora sostenibile. [...] padre della Fiat 127, dell'orologio Cronotime di Alessi, della lampada «Parentesi» di Flos (inventata con Achille Castiglioni) e di una piccola ma stupefacente galleria di oggetti [...][6]
  • Sull'inventore del moderno minivan si è scritto parecchio: la storia può correre indietro fino al 1913, quando Ercole Castagna carrozzò un telaio Alfa Romeo in pieno spirito bolidista. Ma [...] si elogiano anche le intuizioni dell'archistar Mario Bellini, molto meno antico di Castagna, che presentò un suo concept a New York nel 1972. Con maggiore concretezza non si può non ricordare la 600 Multipla di Dante Giacosa [...]. Pauperistica finché si vuole, multiuso e «taxi-tipo» di molte città dell'Italia del boom, è indiscutibilmente un monovolume. Anche Giorgetto Giugiaro vanta paternità nel settore: la sua Megagamma del 1978 aveva pavimento piatto, seduta alta e grandi vetrate. Ma non convinse nessuno, almeno finche Renault, ben sei anni dopo, mise in produzione il primo minivan dell'era moderna: l'Espace.[6]
  • [Sulla Fiat 600] [...] o la si prenotava con quindici mesi d'anticipo o la si doveva vincere – come premio di consolazione – a Lascia o raddoppia? [...][7]
  • [Sulla Fiat Nuova 500] [...] c'era il problema dei posti a sedere: due o quattro? Una Smart ante-litteram o una automobile vera? [...] il board aveva remato contro, perché si temeva che una 500 (che in realtà in codice si chiamava «400») troppo confortevole potesse portare via clienti alla 600. Altro che aggiungerne! Così, a un certo punto, si arrivò all'eccesso [...], al modello della «400» col padiglione calante, che avrebbe obbligato persino un ragazzo cresciutello a star seduto dietro solo con la testa piegata. Era troppo. [...] Così si fece all'italiana, padiglione rialzato, ma solo una panchetta, senza schienale, omologazione per due e rispetto delle regole lasciato a discrezione. O al buon cuore dei vigili del tempo, che assomigliavano a Alberto Sordi. [...] il lancio della spartanissima 500 serie 1 fu un flop. Solo 48 mila consegne nei primi tre anni, contro le 255 mila dei successivi e il milione del triennio '69-'71. Cosa era successo? Certamente, il prezzo iniziale, sbagliato [...], fu decurtato. Poi l'Italia era entrata nel boom, la gente aveva qualche spicciolo in più e anche le mogli guidavano e volevano la loro microcar. Ma soprattutto arrivarono i sedili posteriori e l'omologazione per quattro, che insieme a qualche cavallo in più, un paio di profili in alluminio lucidato, i coprimozzi e i vetri apribili fecero della 500 il mito che fu.[7]
  • Chi si ricorda della Alfa Romeo Dauphine? La «vetturetta» – come si diceva allora – nata alla Renault nel 1956 e costruita su licenza anche al Portello, per tentare la sfida alle utilitarie Fiat? Di certo non era un cavallo da corsa come le altre Alfa del tempo. Cilindrata ottocentocinquanta, motore posteriore, andatura dimessa. Eppure occupa un posto speciale nella storia dell'auto perché, nel suo piccolo, è stata una delle prime world-car. Insieme alla Ford T, al Maggiolino, alla Renault 4 e qualche altra, ha anticipato l'era della globalizzazione dell'automobile. [...] la Dauphine «alla milanese» [...] era identica all'originale, ma con impianto elettrico Magneti Marelli e fari Carello. Dalla linea di produzione [...] ne uscirono cinquantacinquemila, fino al '64. Costruita in Francia, Spagna e Brasile in due milioni di esemplari ed esportata negli USA, la Dauphine fu anche un tassello del riavvicinamento tra i due Paesi «cugini», dopo il tradimento bellico del 1940. Il generale De Gaulle, in visita nel '59, accettò di inaugurare la catena di montaggio al Portello: uno degli eventi per i cent'anni della vittoria franco-sabauda a Solferino portava anche buoni affari.[8]
  • Venendo alla nostra «povera» Regata, era una Ritmo con la coda, un po' in linea con le tre volumi che vanno così forte nei paesi in via di sviluppo. E se la Ritmo (sicuramente la prima serie) era stata un'auto innovativa e con una forte personalità, la Regata aveva fatto tre passi indietro. Il modello diesel color carta da zucchero, con i coprimozzi piccoli, era considerato, da chi se ne intendeva, «il minimo della vita».[9]
  • La 1400 [...] fu la prima Fiat con la carrozzeria a scocca portante. Non solo lo stile, per espressa richiesta di Valletta, riprendeva in piccolo gli stilemi americani. Ma anche la progettazione della struttura – in quel momento molto innovativa – venne fatta Oltreoceano, con il controllo delle industrie Budd, specialiste mondiali. Scorrendo i memorabili diari di Dante Giacosa [...] si scopre che l'ingegnere aveva pensato alla «cassa portante» già in due studi d'anteguerra, datati 1939. Ma che non gli era stato facile convincere il management di una soluzione che riduceva i pesi, le parti e costi, ma aumentava l'incertezza. In officina si temevano le vibrazioni trasmesse da un motore fissato alla scocca, e la tenuta rigida dell'insieme. Il grande ingegnere ricorda come a Torino, allora, valesse la regola del seguire sempre la strada dei più grandi e dei più esperti. Ma in questo caso, se si fosse aspettata la Ford, telai e balestre avrebbero marciato per un altro quarto di secolo. Il debutto della 1400, la torinese che «doveva piacere agli americani», fu salutato da un plauso anche all'estero [...] e aprì la strada a una nuova generazione di Fiat.[10]
  • Era il 1956 quando dai ghiacci di Göteborg arrivò notizia del nuovo modello «Amason», berlina [...] ispirata al disegno della Alfa Romeo 1900. Ma di quest'ultimo particolare non si accorse nessuno, perché la vettura fu nei primi anni quasi sconosciuta in Italia e lo stesso si può dire di quella del Portello, oltre il Circolo polare. In ogni caso non è per la linea – pur solidamente chic – o la struttura autoportante, che la [...] Amazon (con la «z», come venne ribattezzata) è passata alla storia. Furono le cinture di sicurezza a tre punti, installate per la prima volta nel 1959 sul modello PV544 e subito trasferite sulla nuova ammiraglia, a segnare il distacco della marca svedese dal resto del mondo. Un distacco che Volvo si affrettò a condividere, per il bene comune, con altri costruttori. Ma che grazie ad un marketing lungimirante e tenace – e a una qualità di prodotto molto elevata – ha saputo ben amministrare. Ancora oggi, sulle prime pagine dei siti istituzionali e delle pubblicazioni della Casa, si fa menzione del milione di vite che sono state salvate grazie alla geniale cintura.[11]
  • [Sul Raid Pechino-Parigi] L'impresa appariva titanica per i mezzi in circolazione, considerati dal pubblico (non dai costruttori) alla stregua di attrezzi sportivi o capricci delle famiglie bene. Ma aveva un fascino irresistibile, anche in assenza di un premio (sarebbe bastata la notorietà), di regole e percorsi certi. Non esistevano infatti vincoli o limitazioni e il tragitto era dettato dall'esistenza o meno delle strade (o delle ferrovie – che vennero utilizzate talvolta modificando le ruote). Unica conditio versare una caparra di duemila franchi a garanzia della serietà della propria partecipazione. [...] A Pechino, su quaranta iscritti, si presentarono in cinque. E uno avevano solo tre ruote. Come potessero pensare i signori Pons e Foucault di attraversare l'Asia con un triciclo da sei cavalli (vapore) non è più dato di sapere. Fatto sta che i due sbiellarono nel mezzo del deserto del Gobi e poterono tornare a casa solo grazie alla fortuna e una generosa tribù di Mongoli.[12]
  • [Sulla Peugeot 403] [...] a discapito della sua meccanica tranquilla è una vettura da libri di storia. Immaginata da Jean Pierre Peugeot all'inizio degli anni '50 – per dare, alla media borghesia francese, una nuova voglia di viaggiare dopo le privazioni del dopoguerra – la 403 venne disegnata da Pininfarina [...] e fece il suo debutto al Salone di Parigi del 1955. Il carrozziere italiano, autore di uno stile classico ma molto ben proporzionato, avrebbe voluto, probabilmente, osare di più. [...] Ma contrariamente alla spregiudicatezza di Citroën, e allo stile un po' kitch di Simca, la Casa del leone puntava su un'immagine sobria, solida, concreta. La pubblicità diceva: «Peugeot: c'est serieux» (è una cosa seria!) e infatti la macchina venne fuori ottima, ma un poco noiosa. La Ds 19, lanciata lo stesso anno a qualche stand di distanza, le rubò la scena. I Peugeot non se la presero più di tanto: mentre la futuribile Deésse colpiva a prima vista (ma costava all'azienda più del prezzo di listino e si guastava continuamente) la più classica 403 funzionava come un orologio, era l'auto «tipo» della middle-class d'oltralpe e equipaggiava i taxi parigini (con il primo Diesel della marca). Ma anche le furgonette dei fruttivendoli e i rustici pick-up dell'Africa coloniale.[13]

corriere.it, 16 aprile 2016.

  • La Isetta, capolavoro minimalista di tecnologia e design, cessava le vendite in Italia, suo Paese natale. La bloccavano gli «interessi dell'industria nazionale» (alias lo strapotere Fiat), un prezzo – 480 mila lire – troppo simile a quello delle auto vere (la Topolino) e i due soli posti che, ragionevolmente, si poteva pensare di occupare, anche se era reclamizzata per tre. Qualche storico dell'auto, per ammorbidire gli strali della concorrenza, sottolinea che anche la sicurezza giocò un ruolo, perché pensare di fare un frontale con l'Isetta [...] non faceva gola a nessuno.
  • [...] l'ingegner Renzo Rivolta – titolare delle industrie Iso – abituato a vender frigoriferi, ma pronto a sfidare l'accoppiata Valletta-Giacosa sul terreno delle utilitarie, dopo nemmeno due anni gettò la spugna. O meglio, passò la mano. Perché alle poche Isetta prodotte dal 1953, in quello che oggi è diventato l'ufficio postale di Bresso [...], ne sarebbero seguite ben 160 mila, costruite anche in Francia, Brasile e soprattutto in Germania, da una ditta di nome Bmw. La Isetta d'Oltralpe ebbe un motore migliore, finestrini scorrevoli, un piccolo ma provvidenziale impianto di riscaldamento. Ma, nella sostanza, l'idea rimase quella di Rivolta e il progetto quello degli ingegneri aeronautici Preti e Raggi, ritoccato qua e là dalla matita di Michelotti.
  • A contribuire alla storia tutta straniera della prima city-car furono diversi fattori. Quello strano uovo scoppiettante era anche un problema di marketing: le famiglie «affluenti» della ricostruzione si potevano comprare al massimo una macchina. L'Isetta era una ideale seconda, terza macchina. Un po' come [...] la Smart. Non che la Fiat 500C fosse un salotto (la «lussuosa» 600 arrivò solo nel '55), ma senz'altro dava quell'impressione di automobile che alla Isetta sempre mancò.

corriere.it, 16 giugno 2016.

  • Molto molto tempo fa, prima delle prove dei cuochi, prima delle cucine del diavolo, prima dell'agnello lessato in salsa di coriandolo prodigio della nuova tavola, Mario Soldati [...] inventò la televisione eno-gastronomica. Poche stelle e stellati di oggi ne hanno sentito parlare, perché la Tv nel frattempo è molto cambiata, ma Viaggio nella valle del Po, alla ricerca di cibi genuini, ha fatto conoscere – con un garbo oggi struggente – luoghi, opere e storie «padane» al resto del Paese. E, con lo stesso garbo, le ha mescolate ai menu dei ristoranti più veri, alle ricette più segrete, alle bottiglie più inaspettate e a quella «salama da sugo» che è rimasta celebre [...]. Soldati è piacevolissimo da seguire anche a distanza di [...] anni, negli studi televisivi e nelle grotte dove stagionano i formaggi, nella fabbrica della mortadella o tra i vitigni del Lambrusco.
  • La Campagnola [...] era un mezzo unico. Primo fuoristrada dell'Italia moderna, fu pensato per le commesse militari, ma ebbe un nome e una vocazione agricola. Servivano forse a distrarre le maestranze e i clienti da un passato che bruciava ancora. Pare che Fiat, vincitrice del concorso contro Alfa Romeo, ebbe dal ministero della Difesa qualche soffiata di troppo e si presentò con la vettura già pronta.
  • Per progettare la Campagnola l'ingegner Giacosa e i suoi uomini studiarono la Jeep che il nuovo modello doveva sostituire, rifacendola più grande e più versatile, per adattarla a usi e situazioni diverse. Ma guardarono anche agli sviluppi della Land Rover, che nel 1951 vendeva la Serie 1 da 80 pollici, ma aveva capito che presto la misura del passo avrebbe dovuto crescere. Come la Land Rover, anche la Campagnola nacque e visse a lungo con motori spompati. [...] Del resto, quando si va nei campi, arati o di battaglia, non bisogna correre e il fuoristrada di allora – lo dice la parola – non era nato per l'asfalto.

corriere.it, 30 settembre 2016.

  • I Saloni internazionali e i loro archivi raccontano la storia dell'automobile come nessun altro. Soprattutto quella degli anni ruggenti, prima della nascita delle riviste specializzate e molto prima dell'avvento della televisione. Sono una miniera di aneddoti, colpi di scena, speranze, trionfi e cadute. Talvolta difficili da motivare, o che ci fanno sorridere a tanti anni di distanza.
  • [...] al Salone di Parigi del 1996 [...], in un'epoca assolutamente «matura» dell'auto e delle sue vetrine, fece la sua comparsa un'idea che è riuscita a cambiare le nostre strade. Nuovissima e già vista al tempo stesso, sempre attesa e sempre rimandata, semplice e complicatissima produrre, spiegare alla gente, vendere. È la Smart, che ancora oggi ci affascina, anche se non ne abbiamo mai avuta una e ci siamo saliti sopra una manciata di volte. [...] un veicolo senza capo (il cofano anteriore) né coda (tutto quello che dovrebbe stare dietro) [...] e un interno così spazioso e sfizioso da farci dimenticare di stare chiusi in due metri e mezzo.
  • [...] iniziò la sua rivolta tecnologica e di stile contro il vecchio mondo delle micro-car, i pauperismi del dopoguerra, l'ibridazione necessaria ma superata tra scooter e quattro ruote. Questo traguardo storico, raggiunto ad altissimo prezzo industriale e commerciale, è stato il merito maggiore del progetto Smart.
  • Dalle auto mignon della Germania anteguerra, alle comiche microcar ungheresi, alle nostre Isetta, Varzina, Milanina [...] tutti hanno avuto i loro due metri e mezzi di celebrità. Ma per farne un fenomeno, un'invidia, un'icona ci voleva il genio di Nicolas Hayek, l'inventore della meteora Swatch, e un gruppo come Daimler-Benz [...]. A dire il vero era stata Volkwagen a credere per prima all'orologio viaggiante, ma con una decisione – a posteriori – sbagliata [...] Ferdinand Piëch [...] aveva bloccato tutto, pensando di fare meglio e da solo. Così [...] Hayek il temerario era sbarcato a Stoccarda [...]. Il resto è nella memoria di tutti: il ritardo di oltre sei mesi per i test dell'alce, tecnici e manager silurati, un prezzo di lancio sbagliato, l'uscita della Swatch dalla compagine societaria. Quello che resta della lunga marcia della piccola Smart è un successo planetario, da libri di scuola.

corriere.it, 11 novembre 2016.

  • L'11 novembre 1926 [...] nasceva una delle strade più celebri del mondo: la Route 66 degli Stati Uniti d'America. La segnaletica – non il famoso scudo, ma semplici pietre miliari di granito – apparve l'anno successivo, ma [...] il dado era tratto: il percorso da Chicago a Santa Monica, dalla regione dei grandi laghi alla costa della California, tracciato: 3.940 chilometri di sterrato attraverso Illinois, Mussouri, Kansas, Oklahoma, Texas, New Mexico e Arizona. Più o meno gli Stati che hanno regalato la vittoria a Donald Trump [...]
  • La Route 66 è meta di turisti da tutto il mondo, almeno quelli che hanno tempo da dedicare al paesaggio della sconfinata provincia americana. Ma è diventata addirittura un luogo sacro per il popolo mascherato che cavalca le Harley Davidson. Negli anni '50 era «l'autostrada delle vacanze», per chi le aveva (negli USA non sono un fatto scontato), e poteva permettersi di andare a passarle sulle spiagge del Pacifico. Non a caso ospitò il primo Mc Donald e drive-in d'America.
  • Prima di diventare un fenomeno di costume e, nel 1985, essere sostituita nel sistema delle freeways da strade più moderne e rettilinee, la 66 è stata teatro di fatti epocali. Fra tutti l'emigrazione di massa dagli Stati del centro e dell'est, che seguì alla crisi del 1929. Migliaia di famiglie operaie e almeno duecentomila contadini colpiti, oltre che dalla Grande Depressione, da cinque anni di siccità. Con improvvisati veicoli, non tutti a motore, si misero in marcia verso l'ovest e la speranza di un avvenire migliore. Per la ripresa ci vollero un decennio e la Seconda Guerra Mondiale. Ma, paradossalmente, qualcosa partì subito dalla Route 66, la cui transumanza innescò, per chi viveva lungo il suo percorso, un primo, benefico, ritorno degli affari.

Note

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  1. Citato in Alessandro Martini, Giorgetto Giugiaro, la vita del car designer diventa un romanzo, torino.corriere.it, 19 marzo 2021.
  2. a b Citato in La Fiat 127 e il genio di Pio Manzù in mostra al Mauto, formulapassion.it, 17 giugno 2021.
  3. Da Dalla Mehari del '68 alla Kar-a-sutra di Bellini, finita al MoMa: abitacoli ribelli, corriere.it, 8 giugno 2018.
  4. Da Quando la Caravelle perse l’America, corriere.it, 14 marzo 2016.
  5. Da Quel Maggiolino di Paul Newman, corriere.it, 4 aprile 2016.
  6. a b Da La prima monovolume della storia?, corriere.it, 4 luglio 2016.
  7. a b Da Una 500 a due posti? Vecchia storia, corriere.it, 23 settembre 2016.
  8. Da Ricordate l'Alfa Romeo Dauphine?, corriere.it, 28 ottobre 2016.
  9. Da La Regata, il Presidente e l'Avvocato, corriere.it, 8 novembre 2016.
  10. Da E Beatrice fa la patente sulla Fiat 1400, corriere.it, 9 dicembre 2016.
  11. Da L'altra Amazon: quella mitica Volvo, corriere.it, 22 dicembre 2016.
  12. Da Centodieci anni fa, la Pechino-Parigi, corriere.it, 3 marzo 2017.
  13. Da Jacques Chirac, presidente meccanico, corriere.it, 22 aprile 2017.

Altri progetti

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