Giovanni Bonalumi
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Giovanni Bonalumi (1920 – 2002), scrittore e saggista svizzero
Citazioni di Giovanni Bonalumi
[modifica]- «Adesso è forse tempo che c'incontriamo» le scrisse un giorno mio padre. «Perché non scendi a Bellinzona?»
A lei era venuto da ridere. A Bellinzona? Ma se lei ci andava ogni giorno! Da Lavorgo, con il treno del latte. «D'accordo!» rispose. «Troviamoci al buffet della stazione». [...] Al buffet mia madre arrivò per prima. La sala era zeppa di gente. Già stava per tornare sui suoi passi, quando un gruppetto si alzò da un tavolo. Ora le sarebbe stato facile riservarsi un posto libero accanto.
Che sciocca, aver scelto quel locale! Appena seduta – la gente attorno aveva un fare simpatico: operai per lo più, impiegati della stazione, delle Poste – subito si sentì rinfrancata, come a suo agio. Si ravviò con le dita i capelli, gli occhi fissi alla porta a vetri dell'entrata.
Mio padre adesso le sedeva accanto. E a lei non pareva vero che tutto fosse già avvenuto nel giro di così pochi istanti.[1] - Poi, un giorno, dice mia madre, saranno state le quattro, la gente fuori per i prati, dove adesso c'è il bacino della Centrale, le campane di Niva, dell'oratorio, campane per modo di dire, di poco più grandi che erano, ognuna, d'un comune campanaccio, d'un tratto si son messe a suonare, a dindonare con uno slancio, una furia da lasciar tutti sbalorditi. Qualcuno, di là del fiume, deve aver gridato qualcosa. Poi un altro, che gli era sopraggiunto accanto. E un altro ancora. Di colpo, come a un comando, uomini e donne han piantato lì quanto avevano tra mano, e i più giovani e in gamba si son buttati a correre, sbandando giù per i prati verso il ponte. [...] «È finita!» gridavano. «È finita!» «Finito cosa?» «Ma la guerra, perdio!» Così la gente attaccò a far festa, sciamando qua e là con bandiere e striscioni per tutto il resto della giornata, e dentro la notte.[2]
Per Luisa: romanzo
[modifica]- Basta pensare al paese: il più bello del mondo. E appunto perché così incantevole, tale da togliere a chicchessia la voglia di lavorare. (Beh, questa era una riflessione di comodo. L'ammetteva: non sua. Ma siccome l'aveva sorpresa sulla bocca d'uno scrittore che non era certo un pinco pallino, un germanico acquartierato ad Ascona, non gli dispiaceva fermarcisi sopra).
Un paese in cui la vita d'ogni giorno ti può pesare addosso in modo assurdo. (p. 44) - Una sera era uscito con Luisa a una festa (al Kursaal, dove neanche a farlo apposta, c'era mezzo Circolo: Fabbri, Michele con la moglie, Dino, e sul tardi, perfino Sergio che era capitato in sala con un giaccone da motociclista), ballando sentì d'improvviso una fitta all'altezza del cuore. Una sensazione strana, come una scossa che gli si era diramata per tutto il corpo. (p. 72)
- Le voci arrivavano a Giuliano una dentro l'altra, confuse. Accidenti alle bocce! Come poteva aver preso gusto a un gioco così scemo? Michele, se non altro, a quell'ora non doveva certo annoiarsi. Si alzò dalla panca sgranchendosi le gambe. Verso la frontiera, un bagliore si era levato improvviso tagliando netto la montagna verso Dirinella. Da quella parte il cielo sembrava più chiaro, senza stelle. (p. 83)
- Dai tetti di Golino sfiatava un fumo leggero che la brezza subito sperdeva contro i dossi della collina, bruna, in basso, con improvvisi slarghi di verde sui ripiani dove, accanto a grosse piante fronzute, spiccavano le macchie biancogrige delle baite. Tra mezz'ora al massimo, dirompendo attraverso la gola di Pontebrolla — già si scorgeva in fondo uno spicchio rosato di lago — il sole avrebbe toccato l'alpe. (pp. 97-98)
- Nel silenzio, proprio sopra il suo capo, quattro note di campana si staccarono esitanti: seguite da un ribattere fitto, martellante. — Toh! — fece Giuliano. — Per una volta che si svegliano anche quelli di San Quirico! — e guardò su verso la torre.
Una luce bianca, intensissima ritagliava netta nel buio la cella più alta: gente, ragazzi forse, apparivano a tratti tra le bifore, ombre che a un minimo gesto s'animavano, proiettandosi fin nell'intrico delle travi. Che facevano mai lassù? A momenti, smorendo per un attimo quella furia di accordi martellati, sembrava persino di sentirli cantare. Giuliano tendeva allora l'orecchio. Troppo tardi! Già il suono tornava precipite, una raffica lunga, beffarda, a rimbalzo sui tetti. (p. 139) - Passate le ultime case di Solduno la macchina attaccò la salita lungo lo strapiombo del fiume [Maggia]. Il sole ormai basso ne lambiva l'acqua d'un verde qua e là striato d'un ricciolo di schiuma. Di là delle pozze scure, un filare di pioppi, i prati, altri alberi ancora, piuttosto bassi che s'infittivano sul greto. Bioccoli bianchi ondeggiarono dinanzi al vetro. L'aria sapeva d'erbe, di foglie, un odore quasi acre che pizzicava le nari. (p. 180)
Note
[modifica]Bibliografia
[modifica]- Giovanni Bonalumi, Per Luisa: romanzo, Elvetica, Chiasso, 1972.
- Giovanni Bonalumi, Il profilo dell'eremita e altri racconti, Camunia, Firenze, 1996. ISBN 88-7767-201-3
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